Tradizioni Celtiche

Le ruote solari della Città di Rama

Stampa E-mail
16 Dicembre 2013

Il complesso sacrale delle tre “ruote solari” di Borgone di Susa, in Piemonte. Alcuni gradini scavati nella roccia danno l’accesso al piano rituale

La presenza della cultura megalitica nelle Valli del Piemonte. Il ritrovamento delle “ruote solari” della Valle di Susa e il mito della ruota d’oro di Fetonte


Il mito di Fetonte e la città di Rama – Quarta Parte

Il mito di Fetonte e la presenza del megalitismo in Piemonte

Un antico mito ricordato da Ovidio parla di Fetonte, il dio figlio di Zeus che non sapendo guidare la carrozza del Sole, presa di nascosto dal padre, finì per precipitare sulla Terra in un’area dell’Europa, caratterizzata dalla confluenza di due fiumi, che molti ricercatori hanno identificato con i territori del Piemonte dove i due fiumi, la Dora e il Po, si incontrano.

Dal canto loro le tradizioni druidiche della regione raccontano che in realtà il mito nasconde in maniera allegorica un antichissimo evento che riguarda la discesa dal cielo di un dio con il suo carro d’oro fiammeggiante per portare la conoscenza all’umanità dell’alba dei tempi. Un evento che si riallaccia con molte similitudini a quello narrato nel mito del Graal, anch’esso avvenuto in tempi antichissimi e considerato come portatore di luce di conoscenza sulla Terra.

Il druidismo rurale, sopravvissuto alle epurazioni subite dall’Antica religione di origine celtica, narra ancora oggi la venuta di questo dio che, aiutato da due aiutanti di metallo dorato, costruì un grande cerchio di pietre erette ai piedi del monte Roc Maol, l’attuale Rocciamelone, luogo dove dispensava la sua conoscenza sulle scienze del cielo e della terra insieme all’Alchimia interiore.

Il mito di Fetonte viene ancora oggi legato al mito della città ciclopica di Rama, nella Valle di Susa,  che lui stesso avrebbe fondato, lasciando poi ai suoi allievi il compito di ampliarla sino a giungere alle rive del fiume Po e ai confini delle Alpi cisalpine.


La “ruota solare” di Mompantero. Ogni anno, nella ricorrenza della festa celtica di Imbolc del 1° febbraio, al di sotto di essa viene attuato il rito antichissimo del “ballo dell’orso” legato alla celebrazione dell’Antica religione celtica

In effetti in tutta la Valle di Susa e nelle adiacenti Valli di Lanzo esiste una forte presenza di tracce del megalitismo che sembra manifestare l’epicentro di un antico e memorabile evento.

Possiamo infatti osservare come in tutta l’area suddetta esista una vasta presenza di opere megalitiche di ogni genere. Su tutto il territorio sorgono tra le boscaglie, per lo più dimenticati dalla ricerca ufficiale, cromlech, menhir isolati o posti su grandi allineamenti, grandi dolmen di varie dimensioni, molti massi sacri coperti di coppelle, vari tumulus, fontane sacre e caverne rituali.

Possiamo citare l’esteso complesso sacrale scoperto negli anni ’70 nei pressi di Villafocchiardo, in Val di Susa. Un’area evidentemente destinata a culto dai discendenti dei popoli di Rama è situata su una collinetta che domina il luogo. Uno dei suoi pendii ricorda l’aspetto del fronte di una piramide Tolteca o Maia. Il pianoro è infatti  raggiungibile a mezzo di una scala intagliata nella pietra che porta sino alla sommità della presunta piramide, dove sono state rinvenute due grandi tombe neolitiche e un complesso lineare che si distingue soprattutto nella fattura di un “mascherone”  di suggestiva fattura tolteca. Sul posto sono stati ritrovati anche numerose profonde incisioni  nella pietra che raffigurano il sole fiammeggiante.

Il mito di Fetonte è legato, come quello del Graal, ad un contributo di conoscenza all’umanità dei primordi i cui individui, secondo le narrazioni del druidismo rurale, non avevano l’aspetto dell’uomo attuale ma erano alquanto giganteschi e dotati una grande forza.

La narrazione druidica prosegue dicendo ancora che quando il dio si congedò dall’umanità del tempo radunò gli Ard-rì, i suoi migliori allievi, per consegnare loro una grande ruota d’oro forata al centro, dal diametro di circa due metri, in cui avrebbe riposto tutta la sua conoscenza al fine che continuassero la sua opera e che egli venisse ricordato attraverso i tempi.


La ruota d’oro di Fetonte nell’interpretazione della tradizione degli antichi Pelasgi

Occorre aggiungere che il mito di Fetonte, o altri nomi con cui venga identificato, non è circoscritto alla sola area del Piemonte, ma si estende a tutto il continente europeo e oltre, coinvolgendo  tradizioni e popoli con le sue arcaiche vicende.


Il segreto delle “ruote solari”

Tra i vari citati reperti archeologici della cultura megalitica esistenti nell’area piemontese, possiamo prendere atto del rinvenimento di una  grande quantità di ruote forate in pietra. Reperti che per la loro presenza sul territorio sembrano implicitamente ricollegarsi al mito della grande ruota d’oro di Fetonte.

Possiamo citare, tra le tante “ruote solari” conosciute, quelle di Borgone di Susa, o la ruota coppellata di Villarfocchiardo e quella di Mompantero, entrambe in Val di Susa. Oppure la ruota di Balme, nelle Valli di Lanzo.

In ogni caso non è raro imbattersi, camminando nei boschi della Valle di Susa, in una grande quantità di ruote circolari di pietra di grandi dimensioni. Ce ne sono di abbandonate e ricoperte di muschio nella pianura oppure semiscolpite in alte pareti di roccia.

Queste “ruote solari” sono state identificate dall’archeologia ufficiale come delle “macine” da essere usate nei mulini per lavorare il grano e altre sementi. Quelle che risultano scolpite parzialmente vengono considerate come abbandonate sul posto della loro estrazione per qualche motivo sconosciuto.

Tuttavia, alla luce dell’evento riferibile al mito di Fetonte e all’uso fatto dal druidismo, questa interpretazione sembra essere molto improbabile.  Innanzitutto possiamo chiederci perché queste “macine” compaiano scolpite non solamente in situazioni di facile lavorazione, ma anche su rocce poco accessibili nella loro verticale e di difficile rilevazione post lavorazione.

A Borgone di Susa, nella zona detta “del Maometto”, si possono osservare tre grandi “ruote solari”, o “macine” che dir si voglia, ricavate su una grande lastra di pietra orizzontale al livello del suolo. Qui sono stati ricavati alcuni gradini scolpiti nella pietra che danno accesso alla lastra. Nel caso si fosse trattato effettivamente di tre “macine” non ci sarebbe stato bisogno di gradini per poter far salire gli antichi “operai” sulla zona di lavoro, ed è impensabile che qualcuno di loro, già preso dalla fatica dell’intaglio di scalpello, abbia pensato di fare un lavoro supplementare scavando degli inutili gradini  nella pietra.


La “ruota solare” ricavata nella roccia all’interno di una piccola grotta della Valle di Susa testimonia il significato di culto attribuito dal druidismo millenario

Inoltre, com’è possibile che in tutta la Valle di Susa centinaia di scalpellini si siano messi a scolpire pietre nelle rocce più disparate per poi lasciarle all’improvviso sul posto senza proseguire un lavoro che poteva essere remunerativo? Una crisi del mercato delle “macine”? Non è pensabile che uno strumento indispensabile che portava lavoro redditizio ai mulini abbia potuto cessare all’improvviso. Come se la gente di tutto il Piemonte avesse smesso all’improvviso di mangiare pane.

Queste “ruote solari” non potevano essere delle semplici macine poiché in molti casi su di esse si nota la presenza di “coppelle”, sorta di intagli per lo più profondi e circolari, che per gli antichi indicava la sacralità del luogo e della stessa pietra. Come esempio si può citare il caso della cosiddetta “macina” di Villarfocchiardo che reca incise tre coppelle sulla sua superficie e le numerose coppelle che coprono pietre da sempre considerate come sacre dalla tradizione popolare. Alcune di queste “ruote solari” sono state rinvenute scolpite sulle pareti o sul soffitto, all’interno di piccole grotte, evidenti tempietti druidici nella natura.

Viene piuttosto da pensare che queste “ruote solari” fossero precise opere votive realizzate per l’attività di culto dell’Antica religione insieme alla moltitudine di coppelle che si possono vedere dappertutto. La stessa pratica di culto che ha portato in Nord Europa all’edificazione dei menhir.

A ulteriore conferma che queste “ruote solari” non fossero delle “macine”, lasciate a metà d’opera da ignoti e infaticabili operai, si può citare il caso di Mompantero, dove su una roccia in verticale che sovrasta il paese, campeggia una ruota solare la cui presenza viene celebrata ogni anno, nella ricorrenza delle festa celtica di Imbolc del 1° febbraio,  con un particolare rito di origini antiche, detto “il ballo dell’orso”.


La “ruota solare” presente presso la Rocca di Cavour, in Piemonte. Il materiale friabile con cui è stata ricavata porta a considerare che non poteva rappresentare una “macina” da mulino, ma doveva costituire un preciso riferimento rituale

Se il luogo della discesa di Fetonte sulla Terra è stata la Valle di Susa  è evidente che l’intera Valle e le valli circostanti siano disseminate ancora oggi di queste “ruote solari” e che esse vengano considerate come oggetto di culto mistico dalle comunità celtiche ancora esistenti.


Tutte le vie partono da Rama

Per l’antico druidismo la ruota forata, in tutte le sue dimensioni e di qualunque materiale sia fatta, simboleggia la ruota d’oro lasciata in dono da Fetonte all’umanità al momento del suo congedo. Questa ruota possiede valori simbolici considerati importanti sul piano della conoscenza e del misticismo.

I ventidue “angoli segreti” della sua circonferenza, secondo il druidismo, costituirebbero i punti fondamentali della dottrina druidica dello Shan, il nome dato dagli antichi alla Natura. Il suo centro invisibile ad ogni percezione ordinaria, ma pur esistente poiché dava origine alla circonferenza della ruota, risultava evidente solamente all’intuizione, così come poteva esserlo la Causa Prima di tutte le cose in cui trovava senso la vita e l’intero universo.

Il mito di Fetonte, come riporta la tradizione druidica, rappresentò un evento planetario: va ricordato che il simbolo della ruota forata, o della “ruota solare” è ancora oggi presente presso molti popoli legati alla cultura del megalitismo, dall’Europa all’Australia, dall’Africa all’Asia, dalle pianure del nordamericane alle popolazioni andine, sino all’Oceania.


Una delle tante “ruote solari” che possono essere rinvenute nei boschi della Valle di Susa

Presso i Nativi nordamericani  ancora oggi conoscono la ruota forata come “ciangleska wakan”, il cerchio sacro, ovvero la “medicine wheel” così definita dai missionari europei. Presso le popolazioni native dell’antica Cina le veniva dato il semplice nome di “pi”. Esistono ruote forate anche nelle tradizioni degli aborigeni australiani. In alcune isole del Pacifico sono presenti ruote forate di varie dimensioni, alcune di esse risultano di dimensioni simili a quelle della Valle di Susa. Altre, tra  le più grandi, risultano con un diametro da 1 a 2 metri, ed erano usate anche come moneta. Gli antichi druidi dei Nativi europei la conoscono ancora oggi con il nome di “shahqt-mar”, “ruota sacra” o “ruota di luce”.

Tuttavia, nonostante le ruote forate siano presenti in maniera tanto evidente su tutto il pianeta, non esiste una effettiva ricerca da parte dell’archeologia del mondo maggioritario sul loro significato. Del resto, come potrebbero? Addirittura alcuni archeologi della cosidetta “scienza ortodossa”, brancolando nel buio, le identificano come fibbie per cinture.

Non potrebbero fare di più. Dopo che la “Discovery Doctrine”, l’editto della Chiesa del ‘400 che ha consentito le grandi colonizzazioni e la distruzione di tutte le tradizioni non cristiane, non rimangono che i Popoli naturali a conservare il significato del mito del Graal, delle “ruote solari” e del vero ricordo delle radici storiche dell’umanità.

La presenza della ruota forata sull’intero pianeta sembra testimoniare l’importanza storica e morale del mito di Fetonte e della cultura della città di Rama che con tutta probabilità si spinse sino ad altri continenti.

Le tradizioni del druidismo bretone e piemontese narrano che quando Fetonte ebbe accanto a sé i più preparati tra i suoi allievi, gli “Ard-rì”, li invitò ad andare ai quattro angoli della Terra a far conoscere le scienze del cielo e della terra e dell’Alchimia dell’interiore che aveva loro dispensato perché il pianeta si evolvesse in una vera e globale civilizzazione.


Un esempio di “ruote solari” appartenenti alle antiche culture dei vari continenti della Terra a testimonianza di come il mito di Fetonte appartenga ad un evento storico globale. In ordine, da sinistra in alto: la ruota dei Celti, la ruota degli Aborigeni, il “pi” dell’antica Cina, la ruota dell’Isola di Pasqua, la ruota dei Nativi nordamericani e la ruota dei Nativi africani

Per la tradizione druidica l'Europa divenne la fonte di luce che illuminò tutto il pianeta della conoscenza giunta dalle stelle portandola su tutti i continenti. Ancora oggi sui vari continenti si possono trovare altri simboli della cultura celtica, come il triskel e il drago, sia in Asia, che in Africa e in Australia. Simboli che sembrano sostenere come questa semina culturale, partita dalla città di Rama, possa avere avuto effettivamente luogo.

Un evento che potrebbe costituire una ulteriore conferma di questa semina culturale, partita dalla città di Rama, è relativo al caso della “Kemò-vad”. Essa rappresenta un’antica forma di meditazione dinamica che si abbina all’arte marziale, insegnata da Fetonte ai suoi allievi, membri dell’ordine monastico-guerriero dello “Za-basta. Una tecnica formidabile che porta al benessere interiore e a sviluppare intuizioni di natura mistica, costituendo contemporaneamente la base della pratica marziale. Ancora oggi, la Kemò-vad, trasmessa attraverso il sapere del druidismo bretone, rappresenta un’eredità storica e morale dell'antico druidismo dei Nativi europei.

Sembra quindi che la Kemò-vad sia stata anche all'origine di molte discipline orientali. C'è una leggenda poco conosciuta che è all'origine del Tai Chi, tecnica che molti associano alla forma della Kemò-vad, che narra di come questa disciplina oggi intesa di origine asiatica in realtà sia stata insegnata alla famiglia Chan, i fondatori della prima scuola del Tai Chi, da uno straniero giunto da occidente che in cambio dell'ospitalità ricevuta insegnò le tecniche interiorizzanti dell'arte del gesto, del benessere e dell'arte marziale.

Il mito degli “Ard-rì” che viaggiavano sul pianeta a portare conoscenza è presente ancora oggi in molti popoli della Terra. Ad esempio presso le popolazioni nordamericane si tramanda la figura di Kokopelli, una sorta di mercante-poeta itinerante, non sempre ritratto nei graffiti con fattezze umane, che viaggiava passando da una comunità all’altra portando mercanzie di ogni genere e beni di prima necessità per i diseredati, curvo sotto la sua grande sacca che ricorda quella di “Babbo Natale”. Allietando tutti con il suo inseparabile flauto con cui invitava alla pace e alla prosperità.

Un mito che ritroviamo anche in Europa, dove le tradizioni celtiche ricordano l’opera dei Tuatha de Danann, i “Membri del Clan della Luna”, che giungevano attraverso il cielo con le loro navi fatte di nuvole per portare aiuto e conoscenza alle genti del continente.


4 - continua


www.giancarlobarbadoro.net


Articoli correlati:
Il mito di Fetonte e la Città di Rama - 1
Il mito di Fetonte e la Città di Rama - 2
La città di Rama nelle leggende del Piemonte - 3
Le mura della Città di Rama - 5

 

Seguici su:

Seguici su Facebook Seguici su YouTube