Tradizioni Celtiche

Meditare con la Nah-sinnar - 4

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08 Gennaio 2013

Secondo l’antico druidismo l’universo era solamente una illusione prodotta da uno stato vibratorio cosmico che si era propagato da un Suono primordiale da cui aveva avuto origine

Lo Shan, il Vuoto mistico degli antichi druidi e la vibrazione primordiale. Le proprietà della musica del Vuoto e l’inconsistenza della materia. Essere “vento nel vento” per vivere l’armonia e la conoscenza del Vuoto nel principio della Kemò-vad


Il concetto di Shan degli antichi druidi

L’antico druidismo riteneva che l’origine dell’universo fosse stata determinata da un Suono primordiale prodotto dall’urlo del drago ancestrale quale suo primo atto di esistenza. Un suono che nella sua estensione vibratoria avrebbe poi creato lo spazio e il tempo e dato origine alla materia e alla vita attraverso le increspature delle sue ridondanze ondulatorie, sviluppate nell’infinito dell’esistenza.

Una credenza condivisa anche da altre culture antiche e moderne. Dagli antichi Egizi che concepivano l’origine di tutte le cose provenienti dal grido primigenio del dio Thot, ai fisici del secolo scorso, come ad esempio Nikola Tesla, che vedeva nell’energia e nella vibrazionalità le basi necessarie per capire l’universo. Sino alla fisica quantistica del nostro tempo che teorizza la natura della materia come la manifestazione di infinitesimali “corde” vibranti di energia.

Non è possibile osservare direttamente il suono nella sua manifestazione ondulatoria. Esso è udibile alla sola consapevolezza percettiva dell’individuo. Il fenomeno risulta immateriale e non identificabile in alcuna forma, sebbene manifesti l’energia che lo produce attraverso le onde sonore che giungono all’udito. Onde che possiamo osservare mentre si muovono nell’acqua di uno stagno o nel terreno durante un terremoto di tipo sussultorio.

L’antico druidismo si rese conto che, se la vibrazione cosmica era l’impalcatura di tutto l’universo, tutto quanto esisteva doveva essere quindi, come per il fenomeno ondulatorio, di natura inconsistente. La materia, apparentemente solida, non era altro che una illusione prodotta dalla percezione sensoriale e dall’elaborazione della mente.

Non solo, ma anche la dimensione esistenziale di ciascun individuo, essendo determinata dalla vibrazione cosmica del Suono primordiale, risultava essere inevitabilmente inconsistente.

Questa constatazione, nella filosofia druidica, ridimensionava le aspettative egotiche dell’individuo, portandolo a riferirsi a una sintonia con l’armonia espressa dalla Natura, vista come l’unico riferimento concreto che potesse dargli il senso di esistere realmente.

L’antico druidismo concepiva l’universo nato dal Big Bang come una sorta di immenso scenario teatrale, il “mondo di Abred”, in cui si svolgeva una misteriosa rappresentazione. Una sorta di videogioco in cui l’individuo faceva esperienza del senso reale della sua esistenza.

L’antico sciamanesimo druidico aveva concepito anche l’idea che all’origine del Suono primordiale dovesse esserci stata una energia che lo aveva prodotto. Una “Causa Prima” che aveva portato a generare la vibrazione cosmica e che era intesa come il piano reale dell’esistenza.


Gli antichi sciamani del druidismo europeo utilizzavano musicalità della Nah-sinnar per entrare in relazione con la Causa Prima che aveva generato l’universo

L’universo non era altro che una emanazione virtuale della Causa Prima, che risultava consistente all’individuo solamente sulla base dell’illusione prodotta dai suoi sensi e dalle pulsioni mentali guidate dal bagaglio genetico e dalla cultura acquisita.

Per l’antico druidismo la realtà del senso dell’esistenza andava cercata oltre l’apparenza della materia, risalendo al piano di realtà effettiva, che si rivelava come fonte di armonia e di conoscenza.

Su questa base l’antico sciamanesimo druidico aveva concepito il modello cosmologico dello Shan, visto come l’aspetto dell’esistenza che rappresentava, sul suo piano reale e totalizzante, il vero aspetto della Natura, di qualità invisibile e immateriale rispetto all’esperienza ordinaria dell’individuo.

Nel concetto cosmologico di Shan, la Natura non era solamente quella che poteva essere vissuta nella prospettiva delle sue vaste pianure, delle montagne e del cielo stellato, ma la sua sostanzialità andava oltre questa interazione e prendeva corpo nella dimensione che era preesistita al Suono primordiale e che continuava ad esistere avvolgendo, nella sua effettiva realtà, l’universo nato con l’estensione della vibrazione cosmica.

Non era neppure possibile definire la caratteristica cosmologica dello Shan poiché ogni concetto usato dalla mente umana portava ad allontanarsi dalla sua reale comprensione. Per tale motivo lo Shan era associato al concetto di Vuoto, che non significava un vuoto fisico, ma il vuoto derivante dall’assenza di concetti che potessero essergli attribuiti sul piano mentale.

Anche se apparentemente il piano invisibile e immateriale dell’esistenza poteva sembrare lontano dalla percezione ordinaria, in realtà esso era accessibile a chiunque volesse sperimentarlo ed era possibile condividere anche il senso mistico che esso manifestava. L’individuo stesso era parte della vibrazione che aveva creato la materia, e il suo stato di consapevolezza, o condizione spirituale, poteva giungere a un risveglio interiore che gli consentiva la partecipazione alla natura mistica dello Shan, anche dopo la sua morte fisica.

L’individuo che entrava consapevolmente in sintonia con la vibrazione cosmica poteva così rendersi conto dell’aspetto inconsistente dell’universo e allo stesso tempo anche dell’inconsistenza della propria identità, andando così oltre la consistenza apparente della materia prodotta dall’illusorietà dei sensi per trovare la sua completezza e certezza esistenziale nella natura del Vuoto.

Al contrario di quanti non percepivano l’immanenza del Mistero, destinati così a perdersi nell’inconsistenza della vibrazione cosmica per divenire la spazzatura cosmica di un processo evolutivo non riuscito.

Secondo l’antico druidismo, l’esperienza del Vuoto portava a realizzare il “Nah-om”, ovvero il Potere spirituale interiore che troviamo espresso nel concetto druidico di “Kemò-vad”, ovvero “danzare nel vento” per vivere il Bien-être, la dimensione di benessere che derivava dalla conoscenza del Vuoto.

Per l’antico druidismo il vento era considerato il simbolo invisibile del potere della Natura che si esprimeva con la sua forza e con il canto poetico della sua musicalità. Danzare nel vento significava quindi vivere interpretando l’armonia proposta dalla Natura. Significava “divenire vento nel vento” per vivere la reale natura dell’esistenza, realizzando una sintonia con la qualità invisibile dello Shan. Una concezione che comportava l’interpretazione mistica dell’esistenza e dava un preciso significato all’universo e all’individuo, consentendo a questi di accedere a una condizione di benessere e di conoscenza.


La Nah-sinnar rappresenta un sistema musicale basato su dodici note e sviluppato in moduli matematici ispirati ai numeri primi

Una concezione che non nasceva da nessuna teorizzazione, ma scaturiva dalla constatazione realizzata attraverso la sperimentazione diretta dell’esperienza della meditazione che porta ogni individuo all’incontro con il Mistero mistico che anima e permea tutta l’esistenza.


La Nah-sinnar e l’archetipo cosmico del suono

La musica della Natura rappresentava per gli antichi sciamani la manifestazione tangibile sul piano umano del riflesso archetipale della vibrazione cosmica prodotta dal Suono primordiale che aveva dato vita all’universo.

Per l’antico sciamanesimo druidico la musica rappresentava una qualità della Natura che, sebbene si manifestasse indefinibile e invisibile nel fenomeno ondulatorio, rivelava di possedere un potere creativo che poteva agire sull’individuo e sulle cose.

Gli antichi sciamani si erano resi conto infatti che la musica era in grado di risvegliare nel Profondo emozioni e ricordi e che poteva sollecitare anche l’intima percezione della vibrazione cosmica prodotta dal Suono primordiale sorto dal Vuoto.

Un’esperienza alla cui segreta natura ogni creatura poteva giungere introiettando intimamente la musica in stato di consapevolezza.

L’antico sciamanesimo druidico, per sviluppare in maniera ottimale il potere della musica, provvide pertanto a realizzare il sistema musicale della Nah-sinnar, la “musica del Vuoto”. Un sistema basato su dodici note concatenate tra di loro nell’esecuzione melodica secondo precisi moduli matematici ispirati alle proprietà dei numeri primi.

La Nah-sinnar amplificava le potenzialità archetipali della musica. Essa era in grado di sollecitare in maniera specifica il Profondo portando l’individuo a una condizione di Silenzio interiore, il “Sà”, in cui la rappresentazione soggettiva dell’esistenza non esisteva più, ma si rivelava invece il piano fenomenico della realtà della vibrazione cosmica e contemporaneamente quella del Vuoto da cui era stata generata.

La Nah-sinnar agiva in primo luogo con la produzione spontanea di un rilassamento corporeo che distoglieva dal disturbo dovuto ai sensi, generando uno spontaneo svuotamento della mente dai pensieri e dalle emotività di qualsiasi genere. Proprietà che era in grado di consentire all’Io di acquisire consapevolezza di sé, senza disturbi che lo potessero distogliere dall’esperienza reale del Vuoto con falsi parametri di soggettività ordinaria. Le proprietà della Nah-sinnar portavano quindi alla condizione di Silenzio interiore in cui si rendeva possibile la percezione dello stato vibratorio del cosmo.


Gli strumenti musicali impiegati dagli sciamani dell’antico druidismo europeo erano, oltre alla voce, il flauto, lo xilofono e l’arpa

Nella condizione di Silenzio interiore diveniva possibile fondere lo stato di consapevolezza con l’energia che aveva prodotto il Suono primordiale, quale timbro sonoro interiore impresso dalla Causa Prima che aveva generato lo stesso Suono.

Nella condizione di Silenzio interiore la realtà dell’esistenza si rivelava nella sua vera natura, distinguendo lo stato reale del Vuoto da quello virtuale dell’universo. Quest’ultimo, generato dalla vibrazione cosmica, adesso gli si rivelava come una fantastica illusione.

Un fantasma di esistenza che comprendeva la materia e lo stesso individuo, il quale scopriva di essere altrettanto inconsistente e relativo. Una manifestazione che aveva vissuto in maniera ordinaria e quotidiana ma che adesso si disfaceva per aprire un porta sulla assoluta realtà del Vuoto, attraverso la quale gli era possibile constatare che non esisteva alcuna materialità, ma che esistevano solamente la natura del Vuoto e la sua logica fenomenica indirizzata all’evoluzione dell’individuo.

Anzi, proprio la natura mistica del Vuoto poteva rappresentare, nell’immenso mare dell’infinito, la roccia affiorante, la “rama” degli antichi Celti, a cui aggrapparsi per trovare le effettive certezze personali e il senso reale della propria esistenza.

Nella sintonia con la manifestazione vibrazionale, l’individuo poteva rendersi conto della vera e assoluta qualità, immateriale e invisibile, della Natura, espressa dallo Shan degli antichi druidi, considerata come il vero aspetto dell’esistenza al di là dei sensi e della mente, con il suo significato di evoluzione e di valore mistico.

Un’esperienza che può portare al benessere del corpo e della mente, alla libera completezza del proprio essere e alla gioia di vita che deriva dalla conoscenza del Mistero che anima ed è immanente all’universo.


La Nah-sinnar e la meditazione

Gli sciamani dell’antico druidismo utilizzarono la Nah-sinnar per via delle sue particolari proprietà, poiché facilitava l'esperienza della meditazione consentendo di accedere a stati percettivi di coscienza superiore altrimenti difficili da realizzare.

La Nah-sinnar rappresenta ancor oggi un elemento catalizzatore che consente all’individuo di approcciarsi facilmente alla meditazione e di poter godere delle sue prospettive esperienziali senza doversi sottoporre a particolari training di apprendimento, spesso dispendiosi e alle volte anche fuorvianti, che portano a perdere tempo e denaro, correndo inoltre il rischio di essere plagiati da sedicenti “maestri”.

La meditazione è una dimensione di Bien-être. Il suo obiettivo è infatti la realizzazione del Silenzio interiore che permette di accedere al piano trascendente dello Shan, da cui trarre benessere psicofisico e conoscenza.

La meditazione si basa sulla concezione ternaria dei piani di esperienza della sfera umana che interagiscono con la natura reale dello Shan: il corpo, la mente e la dimensione dell’Io consapevole, o spirito.

Il suo postulato filosofico afferma che la mente produce una interferenza esperienziale, basata sulla soggettività dei sensi, e impedisce all’Io consapevole la percezione della natura immateriale e invisibile del piano della realtà effettiva in cui esistiamo, proponendo una dimensione parziale del Tutto finalizzata a una esperienza soggettiva. Per questo motivo l’operatività proposta dalla meditazione comporta la necessaria “tacitazione” del corpo e della mente al fine di consentire all’Io consapevole di emergere dalla loro interferenza e di potersi relazionare direttamente con il Vuoto con cui realizzare una sintonia esperienziale.

Ecco quindi il contributo della Nah-sinnar che consente di praticare la meditazione facilitando la sua esecuzione per agevolare l’emersione dell’Io consapevole nel suo stato di lucidità superiore. Sollecitando lo spontaneo rilassamento muscolare nella tacitazione del corpo e spegnendo spontaneamente le pulsioni delle emozioni e il brusio dei pensieri, per consentire di realizzare la pacificazione della mente, il “Said”.

Ed è in questa condizione che la Nah-sinnar è in grado di sollecitare il Profondo alla percezione della vibrazione cosmica, quale ultima tappa del meditante da realizzare nel suo percorso interiore.


Gli antichi Egizi ritenevano che la musica rappresentasse la voce del dio Thot che all’origine dei tempi con il suo grido aveva dato origine all’universo, analogamente al mito celtico del drago primordiale

Tappa che costituisce l’archetipo esperienziale fondamentale che porta ad affacciarsi alla realtà dello Shan, esistente al di là di ogni aspettativa e forma di immaginazione.


La meditazione e la Visione del Vuoto

Se il meditante riesce ad introiettare l’essenza intima del “quidan”, il messaggio archetipale, contenuto nella metrica musicale della Nah-sinnar, può accedere alla percezione della vibrazione cosmica che dà vita all’universo per risalire alla sua fonte. Ovvero può risalire al Suono primordiale sino a interpretarlo come il riflesso dell’energia della Causa Prima che lo ha prodotto.

Grazie alle facoltà della Nah-sinnar, tacitate le suggestioni fuorvianti del corpo e della mente, il meditante può realizzare la condizione di Silenzio interiore. Una dimensione priva di quei “rumori” soggettivi che lo portavano a rapportarsi all’universo della materia, per trovarsi al cospetto del Vuoto e del Mistero mistico che esso rappresenta.

In questa condizione il meditante realizza la particolare esperienza che viene definita con il concetto di Visione. Un’esperienza che non rappresenta un atto immaginativo della mente o uno stato percettivo prodotto dai sensi, ma costituisce la facoltà cognitiva dell’Io consapevole nell’interagire in maniera effettiva con la natura del Vuoto.

Introiettando la musicalità della Nah-sinnar il meditante può arrivare a una sintonia con la vibrazione cosmica, come accade nel caso di due diapason che riproducono la stessa frequenza d’onda. In questa condizione si rende manifesto il piano reale dell’esistenza, lo Shan, il Vuoto concettuale che rappresenta la vera realtà delle cose e che non può essere percepito attraverso i sensi o a mezzo dell’immaginazione. L’universo così come era stato visto e vissuto sino ad allora dal meditante non esiste più nella sua realtà apparente, rivelandosi come una illusione dei sensi, del resto anch’essi fatti in ultima analisi di materia e interagenti con essa.

Attraverso l’esperienza del Silenzio interiore, entrando in sintonia con la vibrazione cosmica, il meditante può rendersi conto di essere inconsistente come l’onda che si estende nello stagno.

E tutto questo avviene anche se il meditante ha avuto sino ad allora la certezza che l’universo fosse fatto di materia tangibile, che si può toccare effettivamente, e anche se sino ad allora aveva vissuto nella sua apparenza materiale a cui aveva dato il significato di riferimento del proprio senso di esistenza.

Una vera illusione. Gli atomi stessi che costituiscono questa materia non sono altro che enti prodotti dalle increspature della vibrazione cosmica che ha costruito l’universo.

L’universo materiale che il meditante aveva vissuto prima di realizzare il Silenzio interiore, assieme alle sue certezze culturali e alla sua identità egotica, svaniscono di fronte a questa esperienza.

Si può rendere conto che prima era solamente un’ombra, il riflesso di una intimità consapevole che si sosteneva unicamente sull’illusione della mente e dei sensi.

Adesso, la sua percezione di esistere realmente si rivela nella sintonia con l’identità effettiva della Natura che non è inerte e senza senso.

La sintonia con la natura del Vuoto giunge a rappresentare per il meditante una esperienza che lo completa intimamente, consentendogli di trovare benessere e conoscenza da destinare al proprio ordinario quotidiano con cui vivere l’armonia della Natura.

Vivendo nella condizione di essere “vento nel vento”, partecipando consapevolmente e con tutto il suo potere creativo alla meravigliosa avventura della vita.


www.giancarlobarbadoro.net


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