Scienze |
L’universo: un esperimento di laboratorio? |
30 Marzo 2011 | ||
Spesso accettiamo il fenomeno dell’esistenza come un dato di fatto. Ma sappiamo veramente dove ci troviamo? Scienziati di tutto il mondo si stanno ponendo questo interrogativo. E’ nato il “Calling Card Project” ovvero il “Progetto Biglietto da visita” per decifrare il codice binario trovato nella radiazione fossile del Big Bang. Un messaggio lasciato dai costruttori dell’universo?
La scienza ha ipotizzato che il nostro universo sia nato circa 13,7 miliardi di anni fa a mezzo di una grande esplosione, il “Big Bang”, che ha dato origine alla materia primordiale, quindi alle stelle e ai pianeti e, per finire, a noi stessi. Soprattutto ha dato origine a quella grande meraviglia che è la nostra capacità di essere consapevoli della nostra stessa esistenza e testimoni di tutta la maestosità dell’universo. Alcuni ricercatori sono andati oltre il piano della manifestazione del Big Bang e hanno cercato di procedere a ritroso nella filogenesi del nostro stato di esistenza. Alan Guth del Massachusetts Institute of Technology ha formulato, nell’ambito dei presupposti teoretici offerti dalla moderna fisica quantistica, l’ipotesi cosmologica detta “inflazionaria”, dall’inglese “to inflate”, che trasporta all’indietro lo scenario dell’esistenza, fino a retrocedere a una fase precedente al “grande bang”. Nella sua teoria inflazionaria Alan Guth prospetta l’idea dell’esistenza di un vuoto primigenio che possedeva già qualità quantistiche e che, collassando in certe aree della sua natura, avrebbe dato vita all’energia che, esplodendo, ha creato l’universo. Uno stato di esistenza che avrebbe modificato, per una legge quantistica di fluttuazione di campo, la sua qualità da “vero vuoto”, ossia privo dell’ energia così come la conosciamo oggi, in “falso vuoto”, ovvero nell’energia che, collassando e poi esplodendo, ha dato vita all’universo. Nella prospettiva della teoria inflazionaria, così come l’ha impostata il ricercatore e come è stata accettata da buona parte della comunità scientifica internazionale, emerge inevitabilmente la domanda circa quale “ente fenomenico” abbia dato vita al vuoto primordiale, che poi tanto “vuoto” non era, e alle leggi a cui avrebbe dovuto sottomettersi per dar vita alla nostra esistenza. Facendo eco alla teoria inflazionaria, un altro fisico quantistico di Oxford, Roger Penrose, ha affermato in proposito di credere che il Big Bang non sia stato assolutamente l’inizio di tutto, ma che si debba fare ricerca sulle vere origini dell’universo al di là di questo evento cosmico, spostando le lancette dell’evoluzione dell’esistenza a ritroso, per andare a monte dello stesso Big Bang. L’immensa esplosione del Big Bang ha prodotto nei primi istanti dell’esistenza dell’universo una elevatissima temperatura che è andata poco alla volta raffreddandosi sino a lasciare un campo di radiazione residua di microonde ancora oggi presente in tutto il cosmo, conosciuta come radiazione fossile di fondo o “CMB”, Cosmic Microwave Background. Il 30 giugno 2001 la NASA ha lanciato la sonda Explorer 80, conosciuta anche come la sonda WMAP, Wilkinson Microwave Anisotropy Probe, per raccogliere dati sulla radiazione fossile di fondo ancora presente nella espansione dell’universo successiva al Big Bang.
Dopo nove anni di esplorazione dello spazio la NASA ha proceduto a raccogliere i dati, consentendo ai ricercatori di realizzare una gigantesca mappa della radiazione fossile identificando la sua manifestazione in tutto l’universo. La mappa realizzata dalla NASA mostra che la radiazione di fondo non presenta una temperatura omogenea in tutto l’universo, ma si presenta con zone di diversa temperatura. Nella mappa, la WMAP ha registrato minuscole fluttuazioni di temperatura rappresentandole nella sua "bacheca" con macchie di differenti colori. Penrose, osservando le differenze di temperatura esistenti nella radiazione di fondo, è giunto all’idea che questa mappatura rappresenti una sorta di “Calling Card”, un biglietto da visita lasciato dai precedenti universi, nati e morti prima del nostro, per testimoniare la storia del buco nero massivo in cui stiamo vivendo la nostra esistenza. Valutando che i dati ricavati dalla sonda WMAP potessero essere una sorta di memoria cosmica, l’equipe di Penrose ha avanzato l’idea che l’universo derivi da un grande buco nero super massivo che implodendo su se stesso ha dato inizio ad un Big Bang. Questo porta a considerare che il nostro universo potrebbe non essere unico, in quanto prima del Big Bang che ha dato vita al nostro universo potevano essersi verificate altre esplosioni, creando altri universi. La teoria di Penrose in ogni caso non porta cambiamenti all’ipotesi di fondo della cosmologia inflazionaria, ma ha il pregio di dare un significato alla mappa ricavata dai dati della WMAP della NASA. Rimane sempre da chiarire il grande mistero che esiste a monte di tutto, la causa da cui ha origine il nostro universo, o la serie di universi che potrebbero essere nati dalla fluttuazione di campo quantistica verificatasi nel vuoto primigenio. In merito a questo interrogativo, un altro fisico quantistico, Shaun Cole, afferma che il problema più grande da risolvere non è tanto il numero di universi che possano essersi prodotti, ma piuttosto che cosa è realmente avvenuto prima del Big Bang. La lettura della mappa colorata ottenuta assemblando i dati raccolti dalla WMAP della NASA ha aperto ad una successiva, e non meno affascinante, interpretazione di quanto può rappresentare il “Biglietto da visita” cosmico in questione. I ricercatori, esaminando la mappa si sono accorti che le macchie colorate rispondenti alle differenti temperature mostravano solamente due essenziali valori di riferimento, con una variazione estremamente lieve di temperatura, dell'ordine di soli 0.00001°C. Alcuni ricercatori, rimasti incuriositi dalla singolarità del fenomeno, hanno finito per paragonare questo particolare comportamento dell’aspetto termico della mappa ad un vero e proprio messaggio in codice binario. Un codice binario che poteva trattenere, come asseriva Penrose, dati relativi alla storia del buco nero massivo che alimenta il ciclo dell’universo in cui viviamo. Ma che poteva contenere anche un preciso messaggio “intelligente” lasciato da “qualcuno”. La fantasia dei ricercatori non si è frenata di fronte a una simile ipotesi. Anzi. Dato che esistono delle regioni dell'universo talmente lontane tra loro da non poter essere collegate in maniera casuale, soltanto un “Creatore” cosmico posto al di fuori dal nostro spazio-tempo poteva collocare un messaggio nel CMB che fosse rilevabile da qualsiasi civiltà. Un messaggio che potrebbe essere stato inserito dal “Creatore” dell’universo per lasciare un preciso messaggio all’umanità. Ma di quale Creatore possa trattarsi, nei circoli scientifici del pianeta si sta discutendo ancora oggi. Alcuni ricercatori avanzano l’ipotesi che, in linea di principio, se una entità divina o una civiltà progredita avesse creato l’universo, avrebbe potuto codificare delle informazioni nel campo della radiazione fossile per informare le civiltà delle future generazioni che il loro universo è stato creato intenzionalmente, per fornire loro delle indicazioni sulla loro avventura di vita. L'idea potrebbe non essere così pazzesca come sembra. Eminenti cosmologi come Andrei Linde della Stanford University e Alan Guth del MIT si sono cimentati nel teorizzare che una civiltà altamente progredita avrebbe potuto creare un nuovo universo in laboratorio concentrando un'enorme quantità di energia in un minuscolo volume di spazio. Il ricercatore Carl Sagan inserì questa ipotesi nel suo romanzo di fantascienza Contact, da cui è stato tratto l’omonimo film, nel quale gli scienziati scoprono un messaggio di un creatore cosmico celato nella natura profonda del numero pi greco. In un documento recentemente pubblicato sul sito internet "Astro-ph", i due fisici americani Stephen Hsu della University of Oregon e Anthony Zee della University of California, che hanno sviluppato una ricerca sul “Calling Card Project”, precisano: "il nostro lavoro non sostiene in alcun modo il movimento conosciuto sotto il nome “Intelligent Design”, Disegno Intelligente, ma tenta di dare risposta in maniera assolutamente scientifica alla domanda circa la natura del messaggio e con quale mezzo verrebbe trasmesso, e soprattutto, se il messaggio esista veramente". L'espediente necessario per riuscire in questa impresa, affermano Hsu e Zee, comporterebbe che il Creatore, chiunque esso sia, abbia messo a punto in maniera molto precisa il campo inflattivo primigenio, ovvero il campo fluttuante del “falso vuoto” responsabile dell'espansione iniziale dell'universo primordiale, giungendo a codificare un messaggio binario attraverso l'impiego delle macchie più calde e più tiepide del CMB stesso. I due autori prendono atto che il CMB è una "gigante bacheca nel cielo" visibile ad ogni possibile civiltà e in tutte le galassie. Hsu e Zee sostengono che i segni di un messaggio artificiale sarebbero rilevabili come deviazioni dell'andamento normale del grafico che traccia la mappa della magnitudine delle fluttuazioni di temperatura rispetto alle loro grandezze angolari. Dato il numero limitato di regioni distanti del cielo caratterizate da una dimensione specifica, Hsu e Zee deducono che vi sia una quantità massima di 100,000 dati contenuti nel messaggio. Un tale messaggio potrebbe, ad esempio, celare leggi fondamentali della fisica. Al momento, esperimenti attuali come il satellite WMAP della NASA, non posseggono né la risoluzione angolare né la sensibilità sufficiente per la rilevazione di fluttuazioni di temperatura estremamenti minuscole che sono gli elementi codificatori del messaggio; ma forse le missioni future saranno in grado di farlo. Gli autori insistono affinché ulteriori dati del campo della radiazione fossile vengano analizzati dagli scienziati al fine di rilevare eventuali configurazioni anomale. Concludono dicendo: "potrebbe addirittura trattarsi di qualcosa persino più stimolante del progetto SETI, il progetto che riguarda la ricerca di intelligenze extraterrestri nello spazio”. In una replica pubblicata sul sito Astro-ph, Douglas Scott e James Zibin della University of British Columbia controbattono dicendo che vi sono limitazioni inerenti alla capacità di qualsiasi civiltà nel poter misurare fluttuazioni di temperatura su una scala così tenue e soprattutto di grande espansione qual è l’universo. Secondo loro, Hsu e Zee sovrastimano la quantità di dati che possono essere codificati nel CMB di circa due o tre ordini di grandezza. Zibin commenta, "Mentre Hsu e Zee potrebbero dire che abbiamo fatto una valutazione pessimistica, noi diciamo che sono stati loro ad essere troppi ottimisti." A sua volta Hsu ha replicato che comunque, al di sopra di ogni disputa, entrambi i due gruppi di ricerca concordano che esiste la possibilità di codificare un messaggio universale nel CMB. Resta da vedere Chi abbia lasciato il suo messaggio nell’impianto della radiazione fossile che copre l’intero universo. Oppure potrebbe essere che non si tratti assolutamente di una “Calling Card”, ma che ci si trovi di fronte semplicemente a un fenomeno ancora sconosciuto alla scienza, che viene interpretato secondo le conoscenze attuali. E’ comunque noto che i computer delle varie università americane e giapponesi sono al lavoro nel tentativo di decifrare il presunto messaggio lasciato nel vasto testo cosmico scritto in codice binario. E’ altresì noto che alcuni ricercatori sono rimasti impressionati dai risultati ottenuti. Ma nessuno per ora intende parlare a livello ufficiale. |