Scienze |
In un altro tempo e in un altro luogo: fuga dal futuro? |
10 Luglio 2022 | |||||||
Misteriosi sogni turbano senza spiegazione centinaia di persone. Sono sogni eguali per tutti che non portano a nessun riscontro con i ricordi personali. Ma sono sempre gli stessi. Si ripetono come se volessero testimoniare un’avventura vissuta chissà dove e chissà quando. Al risveglio tutti si ricordano gli stessi particolari e la stessa struggenza di un passato andato perduto. Rimane sino a sbiadire con la vita di ogni giorno il ricordo di un’antica minaccia a cui sono sfuggiti. Di affetti lasciati da qualche parte forse nel tempo, forse nello spazio. Quando queste persone si incontrano e per caso ne parlano si guardano gli uni con gli altri come vecchi compagni di una grande avventura vissuta per tutta l’umanità. O per conto di un’altra umanità. Il segreto di Bob Lazar Negli ambienti della ricerca underground americana c’è la tendenza a legare il tema della macchina del tempo con le vicende del “contatto” con civiltà aliene dello spazio. Per prima cosa c’è l’idea che gli UFO avvistati nel cielo del pianeta se sono di natura extraterrestre devono essere in grado di superare le distanze interstellari da cui provengono. Per dare un senso utile alle loro esplorazioni devono possedere necessariamente motori temporali adatti per potersi spostare contemporaneamente nel tempo e nello spazio e ritornare ai loro pianeti nella stessa epoca di partenza. Poi ci sono le testimonianze che mettono in relazione gli avvistamenti UFO a “buchi” di tempo sottratto agli stessi testimoni o a varie anomalie di funzionamento ai loro orologi. C’è anche chi mette in relazione alla presenza dei possibili viaggiatori del tempo le misteriose formazioni dei Crop Circle, i cerchi nel grano di grandi dimensioni e dalle forme complesse e matematiche. I disegni appaiono su tutto il globo in modo repentino e inspiegabile, senza che mai nessuno abbia visto qualcuno realizzarli.
Si dice che l’astronave aliena che sarebbe caduta nel New Mexico nel 1947 recasse a bordo un propulsore spazio-temporale e che il governo USA ad oggi farebbe esperimenti per utilizzarlo a scopi militari. Un testimone, il ricercatore Bob Lazar, che lavorò come assistente di Edward Teller, padre della bomba all’idrogeno e progettista dello scudo spaziale americano voluto da Ronald Reagan, afferma che la NASA sarebbe stata incaricata di sperimentare questo propulsore per poter raggiungere pianeti di altri sistemi solari da colonizzare per espandere il raggio di esplorazione dello spazio a scopo preventivo, per rilevare la presenza di eventuali civiltà extraterrestri aggressive e contenerle prima che possano minacciare la Terra.1 Altri aggiungono ancora che questa impresa sarebbe stata intrapresa anche per un disegno di conquista economica, per rafforzare il potere di una élite americana e per conquistare spazi di interscambio con altre civiltà aliene esistenti nel settore spaziale dove si trova il nostro sole. La fantascienza in cattedra Più precisamente, Adam Nash, un ricercatore americano, ha avanzato una precisa ipotesi secondo cui l’umanità sarebbe il frutto di una migrazione dal futuro dove la Terra sarebbe stata conquistata da una feroce specie aliena, sottoponendola a una rigida schiavitù. Sull’onda di questa ipotesi, negli USA stanno nascendo molti circoli di suoi sostenitori che raccolgono dati per supportarla. Sono state raccolte testimonianze di ricordi, comuni a tutti i testimoni, di eventi vissuti in altri luoghi e, sembra, in altri tempi: misteriose stanze asettiche di edifici simili a stanze d’ospedale o a vetture di treni sotterranei illuminate da una accecante luce bianca che sembra uscire dalle pareti; cruenti combattimenti contro invisibili e insidiosi nemici in un paesaggio montano simile a quello della Terra ma più desolato; ricordi di antiche costruzioni in un deserto piatto dalle tinte rossastre e senza fine. Ancora oggi sulla Terra sarebbe in corso una misteriosa e silenziosa guerra tra alieni che per conto di sconosciuti mandanti rapiscono gli uomini per carpire il segreto della fuga temporale di massa. Dall’altra parte, ci sarebbe un’altrettanto sfuggente organizzazione che cerca di occultare il segreto che potrebbe portare al portale temporale e dare il via ad una seconda invasione delle malvagie creature aliene che già una volta hanno creato problemi all’umanità. Una connection che coinvolge il presente e il passato in vicende che non hanno ancora trovato una vera spiegazione. Una vera e propria trama per un best seller di un romanzo di fantascienza. E se un visitatore ci venisse a trovare? La tecnologia e la teorizzazione della fisica attuali sono una confortante premessa che un giorno qualcuno, in qualche epoca futura se non addirittura prossima, metterà a punto una macchina in grado di viaggiare attraverso il tempo. Non sappiamo come e quando avverrà, ma con le moderne premesse della fisica, ci possiamo tranquillamente aspettare di incontrare occasionalmente, prima o poi, un “viaggiatore del tempo”.
Non sappiamo quale potrà essere il grado di interazione tra noi e questo viaggiatore del tempo per via delle numerose ipoteche dovute al fenomeno dei paradossi temporali e a quanto lui stesso intenda fare, rischiando di non poter più tornare al suo tempo di origine o di vedere mutato in parte l’assetto storico e culturale della sua vita personale e anche della sua epoca. Ciò di cui potremo essere certi sarà lo sbigottimento nel vederlo apparire dal nulla o, quantomeno, di sapere che è sbucato dal nulla e che è qualcuno che non è mai esistito nel nostro quotidiano e nella nostra epoca. Ancora più alieno di un alieno… Ma al di là del nostro eventuale sbigottimento avremo la prova indiscutibile che esiste un futuro davanti a noi. Un futuro che non sarebbe più quello ipotizzabile e determinato dai vettori probabilistici su cui conduciamo la nostra vita, ma si tratterebbe di un futuro già colmo di persone, oggetti, animali, piante, idee e tutto l’universo che adesso vediamo. Il nostro incontro con il viaggiatore del tempo ci creerebbe un bel problema d’ordine filosofico. Se noi rappresentiamo il suo passato, per lui dalla prospettiva della sua epoca dovremmo essere già morti da un pezzo. Eppure siamo vivi. Tanto che abbiamo la consapevolezza di esserlo e siamo in grado di interloquire con lui in maniera del tutto libera e in pieno arbitrio personale. Eppure, nel suo passato la nostra morte sarebbe già, inesorabilmente e inevitabilmente, avvenuta. Ma se noi siamo già morti, qui in quest’epoca, chi siamo in realtà? Siamo l’immagine di una cartolina olografica che fa parte di un grande videogioco che crede di esistere realmente, ma che esiste solamente in funzione della materia e del tempo che conosce? Nella stessa logica possiamo mettere anche coloro che noi crediamo morti e sepolti da millenni. Se potessimo costruire una macchina del tempo e ci recassimo un migliaio di anni indietro nel tempo, (comunque il nostro viaggiatore potrebbe farlo senza problemi), troveremmo altre creature senzienti che come noi sarebbero convinte di essere vive e non potrebbero immaginare che noi le conosciamo dai libri di storia. In questo stesso momento da qualche parte del tempo, che non riusciamo assolutamente a vedere in una percezione diretta, c’è Gengis Khan che sta andando a dormire progettando le scorrerie del suo “indomani” quando alla luce del sole si risveglierà dal suo sonno. Nello stesso momento in cui stiamo pensando al personaggio storico, da qualche altra parte del tempo, nel futuro, qualcun altro starà pensando a quello che stiamo facendo noi adesso. È paradossale, ma se incontrassimo un viaggiatore del tempo l’esperienza della nostra esistenza non potrebbe che risultare in questa prospettiva.
Se noi siamo già morti, chi siamo? Che cosa siamo? La nostra coscienza è imprigionata in una dimensione dalla quale non riesce ad uscire? Non c’è nulla di quanto le religioni ci hanno esposto da sempre? Moriamo, ma in realtà non moriamo. Cessiamo semplicemente di recitare un copione per riprenderlo alla nostra nascita, che non c’è mai veramente stata, e per morire con la nostra morte, che non ci sarà mai? Molti miti antichi parlano di un tempo che si snoda in un grande cerchio dove ogni cosa, pensieri e eventi, si ripetono in un ciclo infinito. Un sistema di esistenza che si chiude su se stessa all’infinito. Quale senso può avere la nostra esistenza se siamo imprigionati dentro ad una esistenza che non ha riferimento con un piano di realtà? Sarà forse per questa ragione che il cervello non è fatto per percepire esperienzialmente il passato e il futuro? Per non dar modo agli individui di accorgersi che sono prigionieri di un grande teatro temporale e dare loro l’illusione che sono vivi? O perché questa è una struttura spazio-temporale da cui solo la coscienza può uscire evadendo dall’illusione? Oppure, molto semplicemente, siamo solamente prigionieri del gioco della nostra mente. Una struttura nata dalle funzioni astratte del cervello che, tutto sommato, è stato costruito dalla natura per rapportarsi ad una porzione ben precisa di esperienza di tutta l’esistenza in cui ci troviamo a vivere. In realtà probabilmente è tutto più semplice e normale di quanto la nostra abitudine soggettiva ci spinge a voler interpretare attraverso la consuetudine e lo sconcerto dei paradossi. Presso l’antico druidismo c’era la convinzione che l’universo, in questo caso definito come il “Mondo di Abred”, non fosse altro che un immenso campo di esperienze dove prendere consapevolezza della propria esistenza e del piano reale del Mistero che rappresentava la vera realtà del tutto. In effetti, se viviamo la paradossalità della nostra esistenza attraverso una funzione soggettiva del cervello, quale è la mente, il senso di realtà lo possiamo probabilmente raggiungere attraverso la conquista delle potenzialità della coscienza. Potenzialità che sono intuitivamente esprimibili attraverso lo sviluppo di stati superiori di coscienza. Essi potrebbero essere l’unica esperienza che sembra sfuggire alla logica del nostro universo nato dal Big Bang comparendo dal misterioso vuoto che esisteva a priori della sua manifestazione. Non c’è dubbio. L’esperienza della padronanza del tempo può condurci sicuramente a cogliere la presenza di un Mistero che anima e dà significato a tutto l’universo. Una esperienza che consentirà di consapevolizzare che esistiamo. Esistiamo? Ma dove? E poi in fin dei conti, esistiamo proprio come crediamo di esistere? Tratto dal libro “Viandanti del Tempo” di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel |