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Jungfrau e Losanna: stupefacente Svizzera |
13 Marzo 2016 | ||||||||||||||||||
Attraverso le spettacolari immagini di due grandi fotografi – Simona Bertolotto
e Marco Carulli – esploriamo due volti di un territorio bellissimo, vicino e sorprendente. Contro ogni luogo comune, scoprirete con noi una natura himalayana e una città vivacissima, gourmand e trendy, dove la noia è bandita a ogni ora del giorno e della notte
Il gioco – in questo caso il viaggio – inizia con un paradosso che si trasforma in quesito: chi non ha mai avuto pregiudizi sulla Svizzera? Non stiamo neanche a elencarli, ma sgombriamo subito il campo. In questo viaggio sono banditi cioccolato (per quanto buonissimo) e orologi a cucù, cittadine silenti dove tutto funziona ma ci si annoia moltissimo, residenti chiusi di carattere e irrimediabilmente sciovinisti, mucche e pascoli schierati come in una cartolina. Signori, la Svizzera non solo è sempre meno (molto meno) questo, ma ‘questo’ forse non lo è mai stato. Isolata dalle sue montagne, sembra imprendibile e lontana nonostante si raggiunga in poche ore da Torino, anche la nomea dei prezzi elevati (o elevatissimi) va di gran lunga ridimensionata. Esistono offerte per ogni budget, i servizi sono più che eccellenti, quello che si paga vale sempre il prezzo proposto e talvolta anche di più. Cominciamo dai collegamenti: chi vuole percorrere il nostro itinerario lasci a casa l’auto, la Svizzera è il paese dei treni: una rete ferroviaria capillare e organizzatissima (SwissTravelSystem.com) si arrampica in ogni dove, le coincidenze sono impressionanti e confermano la proverbiale puntualità degli abitanti, le formule e i pass permettono un viaggio ideale che è praticamente impossibile riproporre su quattro ruote. Basta arrivare a Milano (ovviamente in treno) e in ogni fascia oraria della giornata si aprono tutte le opportunità desiderate.
Importante annotazione: non vi parlerò di sci; primo perché non è il mio sport, secondo perché in ogni stagione la Svizzera offre altro, molto altro, ed è questa la sorpresa. Nel nostro reportage mi hanno accompagnato due ‘firme’ della fotografia torinese, due ‘occhi’ (anzi quattro) assai differenti tra loro, ideali per gustare le due dimensioni, ambientali e culturali, che intendo proporvi. Marco Carulli, che ha una solida esperienza sul fronte dei ‘grandi panorami’, ha ‘letto’ lo Jungfrau interpretando bastioni di neve e di roccia, paesaggi che esulano da ogni contesto per confrontarsi con l’assoluto della ‘vera montagna’, dove tutto è sfida, anche pericolo, dove il clima non è una componente meteorologica, ma una variabile assoluta, dominante, che va affrontata con lo spirito dei pionieri, sempre. Simona Bertolotto mi ha accompagnato a Losanna – città romantica di cultura e di tendenze, di storia e di ben assortite armonie. Il suo è uno sguardo femminile e sofisticato; perfetto per interpretare la Losanna affacciata su un lago (il Lemano) che se proprio non ti concentri sembra il mare; ma che è anche una città storica, una tappa gourmande, un approdo di tendenza, un centro d’arte e di cultura tra i maggiori d’Europa. Losanna non ha un solo volto, muta mentre ci passeggi dentro, cambia e affascina per suggestioni dolcemente contrastanti. Per Losanna la fotografia richiede uno sguardo morbido, attento alle sfumature, mutevole e curioso. Bene, pronti via. Partiamo con lo Jungfrau.
Prima tappa Meiringen, celebre grazie ai pasticceri locali, storicamente creatori del tipico dolce che ne porta il nome, ma altrettanto nota perché…qui perse la vita Sherlock Holmes. Data ufficiale, 1891: il fattaccio avvenne nella vicina cascata di Rei-chenbach, dove precipitò con il suo eterno nemico Moriarty. Conan Doyle, amante della zona, scovò il luogo ideale per l’evento – narrato nel libro ‘L’ultima avventura’ – ma in seguito fu costretto a far rinascere l’investigatore per le pressioni dei lettori. Proprio a Sherlock Holmes Meiringen dedica un piccolo e delizioso museo; ma il fascino raggiunge l’apice soggiornando nel Parkhotel du Sauvage (www.sauvage.ch): qui dormì lo stesso Conan Doyle, e l’autore narra che Sherlock Holmes vi abbia trascorso la sua ultima notte. Ma ora ci si sposta verso le vette, e verso gli avamposti che l’uomo ha creato per poterle godere nella loro massima magnificenza. Sul monte Schilthorn – a 2970 metri di quota – cambiamo eroe, ed entra in scena James Bond, quello di ‘Al servizio segreto di sua maestà’, interpretato da George Lazenby nel 1969. Le fasi più spettacolari della pellicola collocano il luogo simbolo in una piattaforma – appositamente costruita per il film e raggiungibile con una vertiginosa funivia – che sembra levarsi libera verso il cielo, come sospesa nella maestosa cornice delle Alpi.
Oggi l’edificio, d’impatto fantascientifico con l’ambiente, ha preso il nome di Piz Gloria e ospita un ristorante girevole, oltre a un simpatico museo (anche interattivo) dedicato all’agente segreto preferito da sua maestà. Facendo base a Mürren, villaggio di valle che sembra uscito da un libro di fiabe, si scende per poi risalire verso lo Jungfraujoch – Top of Europe: 3454 metri, la stazione ferroviaria più alta d’Europa. Ancora oggi considerata uno dei massimi capolavori dell’ingegneria ferroviaria internazionale, e un vero e proprio ‘miracolo tecnologico’, questo treno a cremagliera venne ‘firmato’ nel 1912 dall’industriale zurighese Adolf Guyer-Zeller dopo 16 anni di lavori. Par-tendo dalla Kleine Scheidegg, il tracciato attraversa in galleria la famigerata parete nord dell’Eiger, per raggiungere lo Jungfraujoch – Top of Europe. Le soste alle fermate intermedie di Eigerwand ed Eismeer permettono ai visitatori di contemplare il grandioso scenario alpino da differenti prospettive. Arrivati in cima, nella stagione invernale, in una giornata di sole, si esce sulla neve e si ammira l’osservatorio astronomico (il più alto d’Europa, 3571 metri) e un contesto naturale mozzafiato, tra vette che si stagliano verso il cielo e mantelli candidi eternamente inviolati. Prima di cambiare radicalmente scenario e di affacciarci sul lago Lemano, merita ancora ricordare una storia ‘tutta italiana’ legata proprio a Mürren. Tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945, il villaggio (che allora contava solo 300 abitanti) ospitò circa mille ufficiali italiani che avevano lasciato la patria dopo l’armistizio. Ufficialmente definiti ‘internati’, rappresentarono una vera e propria colonia, che annoverò diverse figure poi destinate alla celebrità: Dino Risi (che sposò una ragazza del luogo), Giorgio Strehler, Franco Brusati e lo sciatore Zeno Colò. Quest’ultimo – sotto falso nome e in una formidabile cornice di tifo tricolore – si aggiudicò la celebre Lauberhorn del 1944.
Ma l’aspetto più sorprendente fu il consolidarsi di una comunità intellettuale attiva e vivacissima, un vero e proprio atelier culturale che organizzò spettacoli teatrali, conferenze, persino corsi universitari. Un mondo intellettuale che viveva di leggi proprie, circondato dalle vette, mentre il mondo continuava a incendiarsi nel secondo conflitto mondiale.
E ora la Svizzera – dopo le suggestioni himalayane dello Jungfrau – ci mostra il suo sorriso più accattivante: Losanna. Senza raggiungere i 150mila abitanti, questa località ha un tale ventaglio di scenari da lasciare per-lomeno sorpresi. I contesti ambientali di riferimento sono almeno quattro. Una ‘prospettiva lago’ che – se affrontata nelle stagioni col clima migliore – fa dichia-ratamente pensare alla Costa Azzurra: ampio e ben organizzato porto turistico, acque vissute con piglio ‘marino’ (con tanto di bagnanti, pedalò muniti di scivolo e robusta flotta di barche a vela), lungolago stile Promenade des Anglais, ristorantini con déhors e un ‘french touch’ di evidente gusto mediterraneo. Una città storica che sa di vecchia Europa, con impianto medioevale, pennellate liberty, viottoli incantati, belle piazze, una cattedrale che si staglia in alto, a dominare tutto lo scenario. Un quartiere di tendenza – il Flon – che costituisce uno dei migliori esempi di recupero sul fronte dell’architettura industriale a livello europeo, dove ‘la notte’ (in particolare nei fine setti-mana) non fa rimpiangere scenari londinesi o la Berlino di Kreuzberg. I dintorni, perché facendo pochi chilo-metri (ma proprio pochi) ci si immerge – a scelta – tra i vigneti di Lavaux (splendidi come quelli borgognoni, tutto saliscendi, ma in più con ‘vista mare’, pardon, lago…), nel verdissimo delle foreste circondate da grandi praterie (e qui ci sono le famose mucche, siamo pur sempre in Svizzera…), o sui monti dove sciare (ma già, dello sci abbiamo deciso di non parlare…). Però quello che rende irresistibile Losanna è l’armonia del contesto, verrebbe da dire l’eleganza delle muta-zioni: si passa da uno scenario all’altro senza soluzione di continuità, come se un’attenta (ma invisibile) regia avesse disposto tutto come in un teatro urbano, da godere e gustare attraversandolo.
E, a proposito di qualità dell’accoglienza, segnaliamo la Transport Card: permette l’utilizzo gratuito di tutti i mezzi pubblici (metro compresa) a chi soggiorna in città, indipendentemente dal numero di giorni previsti. Per agevolarvi nella scelta dei luoghi da non perdere, vi sottopongo la mia personale top five dedicata all’art de vivre e all’esplorazione metropolitana. Numero uno: la Cattedrale e i suoi segreti. Domina la città dal punto più alto ed è un’armonica fusione di gotico e romanico; vanta natali celebri, perché fu consacrata nel 1275 da Papa Gregorio X e dall’Imperatore Rodolfo I d’Asburgo. Nell’interno, ampio e solenne, si ammira il grande organo moderno (ma perfettamente inserito nel contesto) firmato Giugiaro e si incontra quella che è forse la più bella vetrata d’Europa, sicuramente la più originale. Magnifica e coloratissima, venne realizzata nel 1230 e accosta simboli sacri, profani e (secondo accertate versioni) persino esoterici: stagioni, mesi, segni zodiacali, figure umane, geografiche e stellari. La si scopre come un libro magico, sguardo dopo sguardo, e, ammirandola, il tempo prende altre dimensioni. Da non mancare un passaggio notturno sotto i bastioni dell’edificio; allo scoccare delle ore si potrà sentire la voce del Guet (l’antica sentinella medievale, pronta a vigilare su incendi e pericoli), che è ancora oggi attivo. L’ultimo interprete del ruolo è Renato Häusler, ogni notte sale nella sua stanzetta sul punto più alto e rassicura gli abitanti col suo caratteristico richiamo. Numero due: il Museo Olimpico. Emozionante e interattivo, ci rende partecipi di uno dei più resistenti miti globali dell’umanità: l’olimpismo, coi suoi protagonisti, con le sue folle, con le sempre rinnovate leggende di ogni sport.
Losanna, sede del Cio (Comitato Olimpico Internazionale), ne ha storicamente fatto uno dei propri emblemi. Recentemente rinnovato, non ha nulla di statico e accademico; le tecnologie accompagnano le emozioni lungo tutto il percorso, dove si procede guidati da uno spirito di condivisione degli eventi, che rende parte attiva di una grande avventura in costante divenire. Numero tre: il Flon. Imperdibile non perché sia un quartiere di tendenza (ogni città ha il proprio), né per l’impeccabile recupero industriale; ma per la vivacità naturale che si respira, per la frequentazione animatissima diurna come notturna, per l’originalità degli spazi creati, per il perfetto inserimento in un contesto urbano, dove non si presenta come un corpo estraneo, ma come il cuore pulsante della Losanna giovane e multietnica, studentesca e modaiola, un approdo perfettamente connesso con il circostante. Numero quattro: la Collection de l’Art Brut. Inaugurato nel 1976, il museo raccoglie i pezzi che Jean Dubuffet (entusiasta collezionista del genere) regalò alla città. Oggi il museo possiede 700 opere e propone sempre una mostra temporanea accanto all’allestimento principale; quella (interessantissima) attualmente visibile esplora i rapporti tra Art Brut e architettura. Ma, al di là degli aspetti organizzativi, ciò che maggiormente incanta sono la tipologia di opere presenti e la personalità degli autori: tutti ‘irregolari’ dell’arte, uomini e donne ‘fuori dai circuiti’, spesso completamente disconnessi (o in opposizione) con la civiltà che frequentavano, ma anche disgiunti da ogni corrente artistica. Un esercito di folli, malati, depressi, anarchici, asociali o ribelli; tutti geniali, tutti sorprendenti. Viene da pensare che questa sia la vera arte: spontanea, irrazionale, lontana da ogni logica di mercato. Creatività allo stato puro.
Numero cinque (il mio preferito): la passeggiata che porta dal Casino de Montbenon fino al centro storico. Volendo la si può percorrere in meno di mezz’ora, ma – all’insegna della flânerie – può occupare serenamente una giornata intera. È da questa prospettiva che Losanna permette di ammirare – in elegante sequenza – i suoi diversi scenari. Si parte da un casinò del 1908 che non fu mai tale (prevalentemente usato come luogo di spettacolo e teatro, oggi è anche ottimo ristorante), per attraversare un parco incantato che – a un certo punto – si trasforma in belvedere sul lago (o sul mare?). Poi, ammirando ville liberty e viali alberati, si scende ripidi verso il Flon e le sue atmosfere trendy; dopo ancora il centro storico – con palazzi, chiese e piazze – è proprio lì a due passi; ci si tuffa e lo scenario muta nuovamente. Ma la rotta non è solo architettonica; in alto – tra parco e belvedere – i ragazzi cenano e ‘fanno serata’, portandosi candele e bottiglie da casa, qualche acrobata tende un filo tra gli alberi, tutto fa vivere ed apprezzare la piacevolezza del momento. Si lascia Losanna pensando a quanto sia stata amata da artisti e personaggi della cultura di ogni epoca. Per restare solo ai più recenti: Hugo Pratt, George Simenon, Maurice Béjart... Città degli amanti e di chi ama la cultura, piccola capitale dell’art de vivre in una mappa europea che ancora deve segnalarla adeguatamente. Esploratela senza fretta, lascerà un segno dolce e indelebile. Foto di Simona Bertolotto e Marco Carulli Guido Barosio, giornalista, fotografo e scrittore, è direttore della rivista Torino Magazine. |