Tradizioni Celtiche

Storie di Draghi, Cromlech e Templari

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05 Giugno 2021
Il famoso cromlech di Stonehenge in Inghilterra, ricostruito più volte
Il famoso cromlech di Stonehenge in Inghilterra, ricostruito più volte

A nord della città di Torino sopravvivono antiche tradizioni dell’epopea celtica. La leggenda di Fetonte, il dio disceso dalle stelle e il cerchio di pietre costruito dai suoi aiutanti di metallo dorato ci portano a contatto con il ruolo dei “cromlech sacri”, i simboli della continuità dell'antica tradizione druidica


Il ruolo dei “cromlech” nell’antica cultura celtica

I “cromlech”, i grandi cerchi di pietre erette, hanno rappresentato da sempre per i Celti importanti luoghi sacri. In parte perché erano i luoghi in cui avvenivano le grandi celebrazioni dei Solstizi e degli Equinozi, e in parte poiché vi si riunivano i druidi per studiare il cielo stellato.

In questo caso i cromlech si rivelavano dei veri e propri osservatori astronomici che consentivano di calcolare l’incedere delle stagioni, delle ore del giorno, di valutare quand’era il momento propizio per la semina e per i raccolti.

All’interno dei cromlech i druidi accoglievano i loro allievi per procedere all’insegnamento della matematica, dell’astronomia, delle pratiche terapeutiche e dell’alchimia interiore delle conquiste spirituali.

La tradizione dell’antico sciamanesimo druidico riporta che il primo cromlech fu realizzato dai due aiutanti di metallo dorato di Fetonte, il dio disceso sulla Terra con il suo carro celeste, dove avrebbe riunito i suoi primi allievi a cui insegnare la conoscenza dello “Shan”, l’esistenza vissuta nel suo aspetto reale, attraverso le scienze del Cielo e della Terra e dell’Alchimia dello spirito.

Il suo era un cromlech del tutto particolare, un grande cerchio realizzato con dodici immense pietre verticali che erano in grado di relazionarsi con l’avvento dei Solstizi e degli Equinozi. Al suo interno era posto un altro cerchio di pietre di dimensioni più ridotte che segnava lo spazio dei suoi riti e del suo insegnamento.

I cromlech rappresentavano il centro della vita sociale e spirituale delle varie popolazioni celtiche di tutta l’Europa. In molti casi all’interno del cerchio di pietre avvenivano anche spettacoli teatrali e musicali e si svolgevano riti relativi a matrimoni ed esequie dei personaggi importanti delle comunità che li aveva eretti.

Si trovano ancora tracce di cromlech nei vari paesi europei, dall’Italia alla Slovenia. Ne esistono ancora, pressoché intatti, soprattutto nei paesi nordici. Possiamo citare quello di Callanish in Scozia e quello, famoso, di Stonehenge in Inghilterra.

I Cavalieri di Re Artù intorno alla Tavola Rotonda in un dipinto medievale. La Tavola è raffigurata con il centro vuoto, in cui compare il Graal
I Cavalieri di Re Artù intorno alla Tavola Rotonda in un dipinto medievale. La Tavola è raffigurata con il centro vuoto, in cui compare il Graal

Non è un caso che siano sopravvissuti abbastanza intatti i cromlech che si trovano nel nord dell’Europa. A sud, dove fu più forte l’influenza dell’Impero romano e poi del cristianesimo, suo successore storico, i cromlech sono andati quasi tutti completamente distrutti. Ne rimangono poche vestigia per lo più abbandonate all’incuria del tempo, senza che nessuno si preoccupi di tutelarle nemmeno sul piano dell’interesse archeologico.

Tuttavia, a dire il vero, l’azione che ha voluto occultare l’antica storia dell’Europa, e con essa le sue profonde e millenarie radici culturali, non ha risparmiato neppure il nord Europa, poiché anche in quest’area europea i cromlech più significativi sono andati completamente distrutti. Ne esistono altri che, come Stonehenge, non sono ormai altro che il pallido riflesso di antichi miti e conoscenze andate in parte perdute.

Tutti questi cromlech, anche se la loro imponenza incute rispetto e porta alla riflessione spirituale, sono opere che, rapportate all’ampiezza della storia dei Celti, si riferiscono a periodi storici abbastanza recenti, anche se risalgono ad almeno cinque o seimila anni orsono. Ovvero sono monumenti megalitici che, sebbene diano continuità all’archetipo realizzato nell’era del mito, non rappresentano più lo schema architettonico del cromlech sacro voluto, secondo le tradizioni druidiche, da Fetonte.


Il Graal, Fetonte e il primo cromlech

I cromlech rappresentavano qualcosa di particolare e di profondo nella cultura degli antichi Celti. Rappresentavano un tempio nella natura in cui vivere il loro misticismo, ma costituivano anche un simbolo tangibile dell’antica conoscenza dei druidi, delle loro origini e, secondo la tradizione druidica, anche di tutta l’umanità.

I cromlech erano legati al mito del Graal. Quell’oggetto misterioso che incarna ancora ad oggi il significato di una conoscenza antica che sarebbe giunta dalle stelle. Non per nulla la tradizione ermetica traduce da millenni il termine “Graal” in un acronimo che suona con il significato di “Gnosis Recepita Ab Antiqua Luce”, ovvero “una conoscenza ricevuta da una antica luce”, che si sarebbe manifestata nel passato della storia del pianeta.

La tradizione ermetica descrive l’antico accaduto a mezzo della leggenda che narra di un principe degli angeli che all’inizio dei tempi sarebbe precipitato sulla terra e dalla cui fronte sarebbe caduto uno smeraldo luminoso: il “Lapis Exillis” celebrato dagli alchimisti di ogni tempo come la “pietra filosofale” con cui ogni individuo che la realizza può operare alla trasmutazione della materia grezza in oro. Una conoscenza antica in grado di elevare l’animo umano a stati percettivi di coscienza superiori e in sintonia con il Mistero mistico che anima l’universo.

La leggenda ermetica prosegue narrando come lo smeraldo fu raccolto dagli “angeli” (che su incarico degli Elohim erano custodi dell’Eden), i quali lo forgiarono in forma di coppa per consegnarlo ad Adamo ed Eva affinché lo custodissero nel segreto del loro giardino.

Quando i due progenitori biblici vennero scacciati dall’Eden, portarono con sé la coppa di smeraldo, convinti che, grazie alla conoscenza che essa manifestava, avrebbero potuto ricostruire un altro Paradiso in qualsiasi altro posto della Terra.

Tuttavia le varie peripezie a cui furono soggetti fecero sì che, dopo la loro morte, la coppa andasse perduta. La recuperò molti secoli più tardi Horus che grazie ad essa poté dar vita alla grande civiltà dell’Antico Egitto. Ma anche in questo caso, dopo la sua morte ad opera del malvagio e antagonista Seth, la coppa andò nuovamente perduta e per i millenni a venire non se ne trovò più traccia.

L’umanità, secondo l’antico druidismo, cadde nella barbarie dominata dalle religioni che, vantando ciascuna una sua verità, portarono i popoli a scannarsi tra di loro, allontanandosi sempre più dalla bellezza spirituale dell’antico Eden perduto.

 La copertina del primo numero di Les Cahiers du GRAAL, le monografie tematiche a cura del Centro Studi Giancarlo Barbadoro - Edizioni Triskel
La copertina del primo numero di "Les Cahiers du GRAAL", le monografie tematiche a cura del Centro Studi Giancarlo Barbadoro - Edizioni Triskel

Qui, nella narrazione, si innesta la saga arturiana sorta nel medioevo europeo, che racconta delle vicende del Re della Cornovaglia, Artù, il cui nome ricorda quello di Aart, il protagonista del mito druidico ricordato dai greci come Fetonte. Artù di fronte alle sofferenze del mondo si impegnò ad andare alla ricerca della coppa del Graal per ricostruire un nuovo Eden partendo da Camelot, il suo avito castello. Aiutato dal druido Merlino, che simboleggiava la sua parte mistica, raccolse intorno a sé dodici cavalieri dall’animo puro e con essi organizzò quella che nelle ballate medievali è ricordata come la “cerca del Graal”.

Al mito del Graal si sovrappone quello di Fetonte che consente di ricavare ulteriori particolari all’antico evento che vitalizzò l’umanità. Anche questo personaggio, secondo la narrazione che ne dà Ovidio nelle “Metamorfosi”, cadde dal cielo con il suo carro solare precipitando intorno alla confluenza del fiume Dora con il fiume Po in Piemonte, provocando un grande incendio.

In realtà le cronache della tradizione druidica, conservate dalle “Famiglie celtiche” dell’Europa sopravvissute alle epurazioni della Chiesa del tempo, narrano ben altro. Secondo queste, accadde che, in tempi remoti, dal cielo scese una grande luce risplendente che si rivelò essere un grande carro celeste interamente d’oro, con un “inimmaginabile potere divino”.

Una volta al suolo, da questo “carro divino” uscì quello che possiamo identificare nella figura di Fetonte, accompagnato dai due suoi aiutanti fatti interamente di metallo dorato.

Il “carro celeste”, secondo più fonti tratte dalla tradizione druidica, sarebbe disceso nel cuore dell’attuale Valle di Susa, al fianco della montagna Roc Maol, oggi conosciuta come il monte Rocciamelone, dove si apriva una grotta che si estendeva sino alle altre valli confinanti, ovvero quelle delle attuali Valli di Lanzo.

Gli uomini del tempo che incontrarono il “dio” non erano, sempre secondo la tradizione druidica, propriamente delle creature come quelle dell’umanità di oggi. La tradizione le descrive alte almeno tre metri, veri e propri possenti giganti, simili a draghi, ricoperti di piume coloratissime e cangianti. Così come Fetonte, che nelle iconografie druidiche viene ricordato come una sorta di drago.

Fetonte insegnò a questa lontana umanità le scienze dell’agricoltura, della fusione dei metalli, della matematica e dell’astronomia, dell’uso delle terapeutica e soprattutto insegnò i segreti dell’Alchimia dell’interiore che portava all’evoluzione spirituale.

A questo scopo fece erigere dai suoi due aiutanti di metallo un grande cromlech dove si mise ad accogliere quanti, incuriositi dalla sua presenza, giungevano sul luogo. I pellegrini provenivano da ogni parte del mondo, dal lontano oriente e dal continente occidentale, attirati dalla fama cresciuta intorno alla sua presenza. Tra questi si formarono i suoi primi allievi, gli Ard-rì, che, come gli angeli della saga arturiana, presero il compito di compilare e conservare la conoscenza che il dio dispensava nel suo insegnamento.

Quando Fetonte si congedò dagli uomini del tempo, lasciò loro in dono una grande ruota forata, di circa due metri di diametro, interamente d’oro massiccio, che conteneva tutta la sua conoscenza, al fine che l’umanità continuasse nella sua evoluzione e ricordasse la sua venuta.

Dopo il suo congedo, i pellegrini continuarono a recarsi al cromlech e intorno al grande cerchio di pietre costruirono le prime abitazioni. Queste poco alla volta crebbero di numero fino a trasformarsi nell’immensa città megalitica di Rama.

Nei secoli a venire, dopo l’ascesa di Costantino e l’affermarsi del cristianesimo sul druidismo con cui aveva condiviso la rivoluzione contro l’Impero romano, le figure del Drago del druidismo e del Principe degli angeli dell’Ermetismo vennero quindi avversate, allo stesso modo con cui veniva repressa la cultura celtica che poteva contrapporsi al potere della nuova religione subentrata a quello dell’Impero romano. Nell’iconografia il Drago assunse l’incarnazione del male che combatteva, con la sua conoscenza e il suo esempio di libertà degli individui, il potere temporale della Chiesa.

 Fetonte, rappresentato in un mosaico antico, all’interno della grande Ruota d’Oro attraverso la quale, secondo il mito, avrebbe lasciato in dono all’umanità la sua conoscenza venuta dal cielo
Fetonte, rappresentato in un mosaico antico, all’interno della grande Ruota d’Oro attraverso la quale, secondo il mito, avrebbe lasciato in dono all’umanità la sua conoscenza venuta dal cielo

Del resto, nella stessa maniera, nei secoli più recenti si cercò di spodestare addirittura l’uso degli strumenti musicali del mondo celtico, come la Bagpipe e il flauto, per i Celti simboli di contatto con la Natura e di libera creatività, cercando di sostituire addirittura, ma senza successo, il flauto a "becco" con quello traverso barocco, di altra foggia e suono.

Tuttavia, nonostante le persecuzioni e i divieti della Chiesa del tempo, nell’anno mille avvenne una immensa processione di druidi, soldati, nobili e contadini che portò fino al grande cromlech di Lough Gur, in Irlanda, i simboli dell’antica cultura celtica per testimoniare la presenza della tradizione che non era scomparsa ma che continuava in “clandestinità”.


I cromlech sacri, simboli della continuità dell'antica tradizione

Il modello di struttura megalitica proprio del cromlech voluto da Fetonte fu adottato per secoli dalla cultura dei Nativi europei. In parte per rispettare e dare continuità all'antica conoscenza del Graal, a cui viene associata la figura di Fetonte, e in parte per poter utilizzare i siti megalitici sul piano dell'osservazione astronomica, consentita specificatamente da questo tipo di struttura.

Intorno al 5000 a.C., a seguito della diaspora delle popolazioni che fuggivano dal bacino fertile dell'attuale Mar Nero invaso dalle acque tracimanti del Mar Mediterraneo, i cromlech oltre alla funzione astronomica assunsero principalmente un ruolo di culto e si trasformarono in strutture più complesse, ma meno significative. Lo dimostra il caso del sito di Stonehenge, ricostruito e rimodellato più volte seguendo le esigenze sociali del tempo. Si fece quindi più rara la presenza dei cromlech sacri dell'antica tradizione, preziosi siti dove i druidi davano continuità al mito del Graal su cui si reggeva tutta la cultura celtica.

Proprio per l’importanza spirituale che i cromlech rappresentavano, durante l'invasione delle terre celtiche da parte dell'Impero romano, oltre al genocidio sistematico dei druidi seguì la distruzione dei templi di pietra che testimoniavano maggiormente le basi della loro tradizione. Furono distrutti soprattutto i cromlech che rappresentavano il simbolo per eccellenza della cultura celtica, ovvero quei cromlech che erano stati realizzati secondo la tradizione del mito di Fetonte, in cui egli insegnava ai suoi allievi. Osservatori astronomici e centri di cultura.

La successiva opera del cristianesimo del tempo continuò con l’abbattimento dei cromlech rimasti. Furono risparmiati quelli che costituivano solo dei recinti celebrativi dove avvenivano i Gorsedd e le cerimonie pubbliche, che poco alla volta furono cooptate dalla nuova religione ormai dilagante. Con questa struttura ve ne sono ancora molti, come quelli ad esempio della zona di Carnac in Bretagna.

Tuttavia, nonostante le distruzioni operate dall’Impero romano e dalla Chiesa del tempo, ancora oggi sopravvivono rare testimonianze degli antichi templi druidici realizzati secondo le disposizioni di Fetonte e considerati testimoni della tradizione che è all'origine mitica dell'umanità.

Possiamo citare quello che rimane dello Stone circle del Boroughbridge, nel North Yorkshire, oggi conosciuto con molti nomi: "The Three Sisters", "The Devil’s Arrows", "The Devil’s Bolts" o ancora "The Three Greyhounds". Le attribuzioni generiche del nome derivano dal fatto che del cerchio originario sopravvivono oggi solo tre pietre erette. A seguito della ricerca archeologica eseguita sul sito è risultato che il cromlech in origine era composto da dodici standing stones.

Lo Stone Circle di Callanish in Scozia, uno dei pochi ancora intatti
Lo Stone Circle di Callanish in Scozia, uno dei pochi ancora intatti

A Paimpont, all’interno della Foresta di Brocéliande, in Bretagna, è ancora esistente nella sua struttura originaria un piccolo cromlech realizzato sulla riva del lago che bagna la piccola cittadina. Questa cittadina, come testimonia la presenza del cromlech sacro, è legata da sempre all’antica tradizione celtica e ospita da migliaia di anni una importante comunità druidica. Lo stesso cromlech è stato usato ancora all'inizio del secolo scorso per il conferimento di un’alta carica druidica.

Un simbolo importante della continuità della tradizione del Graal nel nostro tempo attraverso la sopravvivenza dei “cromlech sacri”, è costituito dalla cosiddetta "Tomba di Merlino" che si trova nascosta nel folto bosco della foresta di Brocéliande in Bretagna. Rappresenta un luogo suggestivo su cui convergono la curiosità e la spiritualità di moltissima gente. Il sito è vissuto dai suoi visitatori in maniera particolare. Centinaia di biglietti votivi vengono infilati nelle fessure del grosso masso che, posto al centro dei due cerchi di pietre del cromlech sacro, segna il luogo che simboleggia la tomba del grande druido della saga arturiana. Numerosi altri oggetti votivi vengono appesi alla grande quercia a ridosso dei menhir e agli alberi negli spiazzi vicini.

Nei pressi del sito megalitico è stato creato anche un grande spiazzo circolare dove persone anonime ogni giorno vengono a depositare i loro pegni spirituali, costituiti da piccoli altari fatti di ciottoli, foglie e ramoscelli.

Potrebbe risultare inspiegabile tanto interesse e devozione per questo luogo se non si tenesse conto della presenza del cromlech sacro che costituisce la “tomba di Merlino”. Infatti, ad una più attenta osservazione, ci si accorge che il complesso megalitico in realtà non è altro che un cromlech dell’antico druidismo, realizzato secondo le disposizioni legate al mito di Fetonte. E oggi è chiaramente ancora il simbolo di una tradizione che non si è mai spenta e che continua in segreto a sostenere l'umanità sul suo cammino.

Un eterno riferimento per molti. Un valore morale e spirituale ancora oggi vissuto da tutti Popoli naturali del pianeta che si identificano nell’esperienza del “Cuore antico” con cui definiscono la loro continuativa condivisione storica e spirituale con il mistero mistico dello “Shan”, la natura immateriale e invisibile della realtà in cui ogni cosa esiste, fatta conoscere all’umanità dal dio disceso dalle stelle.


Tratto da: Les Cahiers du Graal, n. 1


www.giancarlobarbadoro.net
www.centrostudibarbadoro.it

Il Cerchio di Pietre di Dreamland, nel Parco della Mandria, fatto erigereda Giancarlo Barbadoro per dare continuità alla cultura celtica
Il Cerchio di Pietre di Dreamland, nel Parco della Mandria, fatto erigere da Giancarlo Barbadoro per dare continuità alla cultura celtica


 

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