Società |
Gli Zombies invadono Torino |
04 Ottobre 2012 | ||||||||||||||
I morti viventi, un fenomeno tra la moda e la protesta sociale che sta dilagando in tutto il mondo
Da qualche anno le metropoli di tutto il mondo si trasformano nel teatro di un fenomeno alquanto inconsueto: giovani travestiti da zombies, con trucchi mostruosi e con movenze inquietanti, si radunano in cortei per le strade delle città ad appuntamenti fissi. Sono le “Zombie Walk”, le passeggiate dei morti viventi. Eventi che radunano migliaia di persone, come nel caso della Zombie Walk di Città del Messico a cui hanno partecipato più di 10.000 persone, tutte rigorosamente trasformate in zombies, o le 20.000 persone della Zombie Walk di Phoenix, Arizona. Questo fenomeno è iniziato negli USA, e precisamente a Sacramento, California, nel 2001. Ha presto invaso tutti gli States, estendendosi in Canada e in Messico, per poi rimbalzare in Australia e in Europa. Da qualche anno la Zombie Walk è arrivata anche in Italia e sembra che questo virus stia contagiando sempre più persone in maniera esponenziale. Solo nel 2012 sono già state organizzate 14 Zombie Walk nelle principali città italiane, tra cui Bologna, Roma, Genova, Milano, Brescia, Verona. Lo scorso 23 settembre era la volta di Torino: gli zombies hanno invaso il capoluogo piemontese per il terzo anno consecutivo. Ma che significato ha questo fenomeno sociale che dilaga e contagia persone di tutto il pianeta? Sarebbe fin troppo facile liquidare il fatto come una nuova moda fine a se stessa. Sicuramente la moda c’entra, ma non è tutto qui. Apparentemente è una carnevalata, un momento di ritrovo per i giovani con lo scopo di divertirsi in maniera un po’ trasgressiva, sulla scia di un filone horror iniziato nel lontano ’68 con il film di Romero “La notte dei morti viventi” e i suoi quattro sequel, poi proseguito con una infinita serie di imitazioni ed ora anche con una fortunata serie televisiva, “The Walking Dead” di Darabont, che sta mietendo successi soprattutto tra i giovani.
Come nel caso di Halloween, la ricorrenza celtica di Samain vista soprattutto come una moda americana, anche le Zombie Walk si potrebbero equivocare come una moda arrivata da oltreoceano. Ma se approfondiamo un po’ il fenomeno possiamo scoprire cose interessanti. Innanzitutto le Zombie Walk non coinvolgono solo i giovani, ma stanno diventando sempre più un fenomeno intergenerazionale a cui partecipano giovani, meno giovani e anche famigliole con bambini. Inoltre il fenomeno attraversa trasversalmente fasce culturali molto diverse tra loro, e vengono organizzate con gli scopi più differenti: per raccogliere fondi, per vendite di beneficenza, e in molti casi si sono trasformate in vere e proprie manifestazioni di protesta, come nel caso di Sassuolo, dove gli zombies sassolesi hanno manifestato il loro disagio per via delle tante chiusure dei luoghi di ritrovo che rendono impossibile lo stare insieme dopo le 10 di sera. Le Zombie Walk quindi stanno assumendo dei connotati anche culturali e ideologici, purtuttavia le manifestazioni sono sempre pacifiche e in genere non si verificano incidenti di nessun genere. Ma cos’è uno zombie? La credenza dei “morti viventi” deriva dal Vudù (o Voodoo), culto africano trapiantato ad Haiti dai Fon, popolazione che viveva nel Benin. Un culto misterioso e oscuro basato sulla possessione. Secondo questa credenza esistono gli spiriti (Loa), che si manifestano agli uomini possedendoli, sia perché devono comunicare loro le proprie necessità, sia perché la possessione è necessaria agli uomini per attivare un rapporto con il mondo dell'aldilà.
Da qui nascono le credenze vuduiste sulla stregoneria e sugli zombies, veri e propri morti viventi senza più una volontà propria. Il ruolo del Vudù è stato sempre un elemento centrale nella cultura haitiana, tanto che il dittatore Duvalier usò tale culto per terrorizzare gli abitanti e per proclamarsi “Baron Samedi”, la divinità vudù che attende e guida i morti nel loro viaggio verso l’aldilà. Secondo le credenze haitiane, i sacerdoti vudù sarebbero in grado di provocare uno stato di morte apparente che rende come morto un essere vivente, trasformandolo in loro schiavo. Tra gli haitiani c’è la convinzione che nella dittatura di Duvalier gli individui di ceto povero, dopo la loro morte, venivano resuscitati e indotti a uno stato di zombie per essere usati come schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero. Questo revival degli zombies tuttavia abbraccia uno spettro più ampio, che travalica le tradizioni popolari o la moda horror. Si può intravedere la reazione a un disagio di tipo sociale, la voglia di infrangere dei tabù, l’esigenza di uscire da uno status quo culturale limitante e privo di valori che stimolino ad andare oltre i propri confini conoscitivi. Un fenomeno sociale da tenere d’occhio, che sta dilagando e sta producendo una comunità che si sta organizzando secondo principi che rivelano la voglia di una società più civile ed evoluta.
Dal decalogo degli Zombies: “Gli zombies sono esseri indipendenti a cui non piacciono le bandiere e i partiti; gli Zombies sono grandissimi sostenitori della gentilezza e rifuggono ogni forma di intolleranza razziale o religiosa; gli Zombies sono rozzi e sporchi, ma hanno una proverbiale forma di rispetto verso i vivi; agli Zombies piacciono un sacco gli animali, li percepiscono come affini e non se ne separano mai.” Da questi principi e dall’atteggiamento dei morti viventi che partecipano alle Zombie Walk emerge un nuovo modo di stare insieme, goliardico e insieme consapevole, spesso con motivazioni rivolte a cause sociali, e con un sottofondo di riflessioni metafisiche che vanno ben al di là del semplice divertimento. Come dire: ci si può divertire senza dimenticare che siamo in transito su questo mondo. Anzi, forse con questa consapevolezza, ci divertiamo di più. Abbiamo intervistato alcuni zombies della passeggiata torinese, abbiamo chiesto che cosa significava per loro questa partecipazione, e le risposte sono state piuttosto sorprendenti. “Essere zombie è ridere del grigiore della vita ed è un modo per superare il tabù della morte. Nella nostra cultura la morte è vista come una cosa cupa e spaventosa, mentre in altre culture la si festeggia come un evento che fa parte della vita.” “Perché avere paura della morte? Perché non accettarla come un evento naturale, che magari ti può dare pace?” “C’è chi vede in queste manifestazioni qualcosa di negativo, di perverso, ma di solito questa reazione proviene proprio da quelle persone che hanno più paura della morte”.
|