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L’uomo nel ruolo di creatore: il caso della “A.I.”

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22 Dicembre 2022
L’uomo nel ruolo di creatore: il caso della “A.I.”


Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale

Da sempre l’uomo ha sognato di poter creare a sua immagine e somiglianza delle creature artificiali capaci di sollevarlo dalla fatica dei compiti più gravosi. La fantascienza dei nostri tempi ha prodotto un’ampia iconografia letteraria dove robot e androidi intelligenti popolano il mondo del futuro e, magari, si mettono in antagonismo con i loro creatori per conquistare l’indipendenza.

Esistono esempi di letteratura fantastica anche nel passato. Nella mitologia greca il dio Vulcano era assistito da servi meccanici in forma umanoide, fatti di metallo e dalle molte braccia, che obbedivano ai suoi ordini aiutandolo nel lavoro nella sua fucina infuocata. Nella tradizione ebraica abbiamo la figura del Golem, una creatura artificiale costituita da terra, che era in grado di essere animata e di obbedire ai voleri del suo creatore.

Le complesse e sofisticate macchine utilizzate dall’industria moderna sembrano testimoniare questo desiderio umano di sottrarsi, e di sottrarre il prossimo, alla fatica del lavoro manuale.

Ma la ricerca non si è fermata alle sole macchine, per quanto perfezionate esse possano essere. Per una maggiore produttività e per facilitare la capacità gestionale della produzione si vuole realizzare un servo perfetto che non abbia bisogno dell’attenzione umana per essere guidato nel suo lavoro, ma che sia completamente autonomo nel decidere e nell’agire.

L’occasione si presentò con la comparsa del computer. L’idea iniziale fu quella di realizzare una sorta di sistema esperto computerizzato che potesse operare in specifici settori in cui era richiesta l’applicazione. Un progetto relativamente semplice: ad un input di ingresso corrispondeva un output di risposta già preprogrammata nella memoria del computer. Il lavoro del sistema esperto consisteva nel cercare il dato più confacente e utile alla risposta da dare all’input ricevuto. Una sorta di azione e reazione che è stata alla base dell’evoluzione del cervello.

Da questi primi risultati si cominciò a pensare alla realizzazione di programmi più complessi che fossero in grado di simulare in maniera più perfezionata il funzionamento del cervello umano. Programmi che fossero quindi in grado di raccogliere dati spontaneamente, secondo le direttive di base ricevute, che fossero in grado quindi di imparare e di perfezionarsi nel loro specifico lavoro. Un programma che poteva prendere una sua vita autonoma e che poteva sviluppare una sua intelligenza artificiale.

Nella Praga del 1500 si racconta che un famoso rabbino, Rabbi Loew, creò un titanico guardiano per proteggere il suo popolo dalle persecuzioni antisemite, utilizzando un antico procedimento alchemico ed esoterico che era simile a quello utilizzato da Jahwé per creare Adamo. Egli definì la creatura nata dal fango e dalla magia un “Golem”.
Nella Praga del 1500 si racconta che un famoso rabbino, Rabbi Loew, creò un titanico guardiano per proteggere il suo popolo dalle persecuzioni antisemite, utilizzando un antico procedimento alchemico ed esoterico che era simile a quello utilizzato da Jahwé per creare Adamo. Egli definì la creatura nata dal fango e dalla magia un “Golem”

Il sogno era già iniziato a concretizzarsi negli anni ‘80 quando studiosi del MIT, in U.S.A., avevano ipotizzato per la prima volta la possibilità di realizzare computer in grado di assolvere a questa aspettativa. John McCarthy trovò facilmente ascoltatori e sostenitori entusiasti del suo progetto di realizzare un computer intelligente. Il fervore scientifico dell’epoca e l’idea di rendere grande l’America a mezzo di una tale realizzazione gli consentirono di ottenere finanziamenti e consensi a tutti i livelli sociali. Allora si trattava di un tentativo puramente didattico di sperimentazione a grande effetto e non mancarono i risultati.

McCarthy stesso realizzò un linguaggio di programmazione, il LISP, che era in grado di autoprogrammare i computer esistenti allora, e consentir loro di apprendere autonomamente le cognizioni necessarie al lavoro da svolgere.

Da allora in poi non si fecero più altri consistenti passi avanti nel campo dell’Intelligenza Artificiale. Ma in questi ultimi anni la tecnologia dell’informatica ha compiuto progressi tali che i progettisti di hardware sono andati molto più in là delle aspettative di McCarthy.

La tecnologia ed i materiali impiegati per la costruzione dei microprocessori, cuore del computer, sono stati incredibilmente migliorati e perfezionati. La stessa filosofia di organizzazione operativa interna della CPU, la Central Processing Unit, del computer è stata rivoluzionata ed il sistema di Von Neumann sembra ormai sorpassato e poco rispondente ai bisogni di quanti lavorano al progetto A.I. Si è verificata una rivoluzione tecnologica che non ha lasciato indifferenti militari e industriali sulle possibili applicazioni dell’Artificial Intelligence.


Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale

Oggi, in tempi di competitività e problematici a causa dell’aumento del costo del lavoro, l’industria ha bisogno dell’A.I. per automatizzare le proprie fabbriche e ridurre il numero dei propri dipendenti. Essa ipotizza di giungere a realizzare fabbriche in cui un sistema di computer intelligenti sia in grado di provvedere a tutti i bisogni della produzione, della vendita e delle scorte di magazzino, riducendo l’intervento umano ai minimi necessari.

 I Robot domineranno il mondo?
I Robot domineranno il mondo?

Ma si pensa che l’apporto più considerevole sia stato fornito dalle necessità militari dei maggiori paesi industrializzati e tecnologicamente più avanzati.

Ad esempio, durante il periodo della “guerra fredda”, i militari dal canto loro necessitavano di soddisfare esigenze ancor più complesse, ma altrettanto stimolanti. Il loro problema, per lo meno quello degli Alti Comandi sovietici e americani, sembrava essere quello di garantirsi vicendevolmente la più sicura forma di dissuasione di impiego di armi nucleari in caso di conflitto. La filosofia era semplice: russi ed americani si facevano reciprocamente sapere che, in caso di attacco con missili nucleari, entrambi erano in grado di assicurare una risposta di rappresaglia, colpendo con altri missili nucleari le più importanti città e centri produttivi sul territorio nemico. Ciò che turbava il sonno degli Alti Comandi militari era tuttavia il comportamento che la componente umana avrebbe potuto assumere nel momento nevralgico dell’azione di ritorsione. Ad esempio avrebbe potuto verificarsi un ammutinamento tra gli uomini preposti alla rappresaglia, inorriditi di fronte alla loro personale responsabilità di scatenare un olocausto nucleare.

Gli addetti avrebbero potuto rifiutarsi di premere i pulsanti di lancio dei missili, preferendo arrendersi al nemico, il quale ne avrebbe potuto approfittare per completare il suo attacco.

Tuttavia lo scenario che si sviluppava intorno alle armi distruttive di rappresaglia tattica si presentava agli occhi dei militari in forme ancora più complesse. Poteva verificarsi un errore di rilevamento radar, scambiando delle meteoriti per missili nemici, come accadde effettivamente negli anni ‘50. Poteva accadere che una psicosi collettiva degli addetti al lancio dei missili nucleari, o un atto provocatorio di un gruppo di fanatici religiosi penetrati chissà come in un centro operativo, scatenassero una guerra nucleare non prevista.

Per questa serie di motivi i militari USA preferirono affidare i compiti più delicati all’interno delle reti di difesa nazionale a computer dotati di Intelligenza Artificiale. Vennero quindi allestiti sottomarini a propulsione nucleare, privi di equipaggio umano e guidati solamente da un computer di bordo, da destinare ad un pattugliamento nelle acque profonde degli oceani. Quando i sensori avessero segnalato la comparsa anomala di radioattività al di sopra di città americane strategiche, come New York o Boston, il computer a Intelligenza Artificiale di bordo avrebbe provveduto a lanciare missili con testata atomica su città sovietiche preselezionate.

Adesso si parla di computer intelligenti della sesta generazione. Forme di A.I. (Artificial Intelligence) molto più sofisticate in grado di comunicare volitivamente con i loro costruttori alla ricerca di dati utili ai loro compiti e addirittura di costruire altre strutture artificiali che possano facilitarle in tal senso.

 John McCarthy vinse il Premio Turing nel 1971 per i suoi contributi nel campo dell’intelligenza artificiale
John McCarthy vinse il Premio Turing nel 1971 per i suoi contributi nel campo dell’intelligenza artificiale

Forme di A.I. di questo genere potrebbero essere utilizzate dagli USA per realizzare una serie di robot intelligenti in grado di operare militarmente in aree ad alto rischio senza esporsi alla perdita di vite umane. Inoltre questa forma di A.I. potrebbe costituire un deterrente contro eventuali attacchi letali di sorpresa ai maggiori centri di difesa nazionale degli USA. Sarebbe sufficiente realizzare fortezze missilistiche interamente automatizzate. La loro gestione verrebbe affidata ad un sistema di computer intelligenti che si preoccuperebbe di controllare quanto accade all’esterno e di provvedere freddamente alla rappresaglia, senza alcun ripensamento.

Queste fortezze potrebbero essere sepolte e dimenticate in qualche luogo inaccessibile del pianeta, ma potrebbero essere costituite anche da grandi satelliti orbitali intorno alla Terra. Dall’alto sarebbe possibile colpire ogni possibile nemico e impedire l’accesso allo spazio agli indesiderati.

Oggi, la spinta maggiore nella ricerca e nella realizzazione dell’A.I. viene dal versante dell’impiego militare. Troviamo così le maggiori potenze del pianeta impegnate in una corsa senza sosta per assicurarsi la supremazia in questo campo, producendo nuova tecnologia e nuove scoperte scientifiche, sempre più vicine alla realizzazione dell’A.I.

L’argomento è a tutt’oggi coperto dal massimo riserbo ed è certo che anche quando l’opinione pubblica potrà venire a conoscenza dei risultati di questa fantastica conquista scientifica, che sino a ieri non era altro che un’ipotesi nella penna degli scrittori di fantascienza, ciò che si conoscerà non sarà altro che la punta di un immenso e fantastico iceberg.


L’Intelligenza Artificiale e l’uomo

Ciò non impedisce di interrogarci sin da ora sulla qualità e sulla natura dell’A.I. Questa riuscirà un giorno, anche lontano, grazie al progresso della tecnologia, a conquistare la capacità di un proprio stato percettivo di coscienza? Ciò probabilmente accadrà poiché la capacità autonoma non può essere rappresentata solamente dalla programmazione del software, ma anche dalla capacità di interconnessione dei processi cognitivi che alla fine giungono a identificarsi nella loro somma consapevole dei dati posseduti e del riferimento esterno a cui vanno rapportati. Una qualità innegabilmente cosciente.

L’uomo nel ruolo di creatore: il caso della “A.I.”

Questo è il percorso che ha compiuto la specie umana nella sua evoluzione sino al traguardo della coscienza. Ma quale potrà essere la qualità effettiva dello stato di coscienza dell’Intelligenza Artificiale? Sarà ipotecata dalla sua natura tecnologica, e confinata a rappresentare solamente un giocattolo meraviglioso da utilizzare al posto del computer da scrivania che usiamo oggi?

Non va dimenticato che anche gli esseri umani sono costituiti su una base di materia e rispondono ad una tecnologia biomolecolare che obbedisce a precisi schemi di funzionamento. Così è anche per il cervello considerato la sede dei processi emotivi e coscienti. Non dobbiamo dimenticare che il nostro stato d’essere si sostiene sul funzionamento interattivo delle cellule neuronali che sono alla base del funzionamento del nostro cervello. Persino l’innamoramento, meccanismo che porta alla replicazione della specie, non è altro che un meccanismo funzionale causato dall’attività di specifiche molecole sul cervello che pilotano a percepire una realtà finalizzata sovrapponendola a quella effettiva.

C’è da dire che, paradossalmente, proprio la ricerca e le applicazioni sull’Intelligenza Artificiale hanno consentito all’umanità un balzo in avanti molto importante nella conoscenza del cervello umano. Sino ad allora si sapeva ben poco oltre alla elementare fisiologia anatomica del cervello. Tutto era molto sfumato e si confondeva con le iconografie immaginative delle varie credenze religiose che sino ad allora avevano ipotecato la conoscenza di se stessi degli individui.

Se si realizzerà il panorama descritto dagli scrittori di fantascienza, e intuibile dalle concrete esigenze dei militari delle maggior nazioni del pianeta, l’umanità del futuro si troverà a coabitare con “entità” intelligenti che, per via della loro efficienza, saranno inevitabilmente ad essere inserite nei gangli nevralgici del mondo degli umani.

E sarà quindi inevitabile che prima o poi l’umanità, al di là delle sue convenienze produttive e militari, si troverà a fare dei confronti etici tra la sua natura, umana, e quella logica delle macchine dal pensiero artificiale, sia su un piano morale che su quello delle possibilità di impiego, per capire chi sia l’allievo e chi il maestro.


Dal libro “Uomini, Robot e Dei” di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel


www.giancarlobarbadoro.net


 

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