Scienze |
Il Pian della Mussa nello spazio |
21 Dicembre 2012 | ||||
Il 9 maggio del 1952 la tranquilla quiete del Pian della Mussa, Piemonte, fu squarciata da un fragore insolito. Poche persone, intente ai primi lavori di una primavera mattiniera, favorita da un inverno avaro di precipitazioni, udirono quel frastuono e ben presto rimossero la questione. Solo molti anni dopo, precisamente nell’estate del 2009, in occasione delle commemorazioni del quarantennale dello sbarco sulla Luna, apparve su qualche giornale il ricordo del primo razzo italiano a combustibile liquido a volare con successo. Si è così scoperto che in quel lontano giorno di cinquantasette anni prima, una minuta persona di straordinaria semplicità e modestia, l’ingegnere torinese Aurelio Robotti, aveva scelto proprio il Pian della Mussa per svolgere i suoi esperimenti. In quegli anni il celebre pianoro dovette sembrare il luogo ideale per gli scopi sperimentali di uno dei pionieri delle attività spaziali italiane, così lontano dai centri abitati e comunque facilmente raggiungibile, in un periodo dell’anno ancora relativamente tranquillo.
Robotti, tenente del Genio Aeronautico e docente del Politecnico di Torino, avviò un programma di sviluppo di missili, denominati AR, dalle sue iniziali. Nel 1950 progettò il missile teleguidato contraereo AR-1, a ossigeno liquido e alcol etilico. Studiò poi l’uso di altri propellenti, come acido nitrico e anilina, sviluppando una quindicina di modelli. Il 9 maggio del 1952 il suo prototipo AR-3, lanciato dal Pian della Mussa suggerì la via concreta verso l’utilizzo di nuovi mezzi di trasporto spaziale. Il missile si alzò per alcune centinaia di metri per poi scomparire dietro una collina, come raccontò poi egli stesso. Nel 1955 il ministero dell’Aeronautica assegnò alla Whitehead-Motofides (Fiat) con sede a Livorno una commessa per missili AR-15, sempre studiati da Robotti. Il geniale pioniere si occupò, nelle sue pubblicazioni e articoli divulgativi, anche di propulsori elettrotermici, di vettori aviolanciati, dell’utilizzo dell’energia solare e dei vantaggi di una base lunare. Nel 1958 con l’astronomo Giorgio Abetti, direttore dell’osservatorio di Arcetri, curò la rubrica televisiva “Uomini nello spazio”, uno dei primi programmi scientifici e il primo dedicato all’astronautica, della neonata televisione, che proprio a Torino aveva avuto la sua culla. Morì nell’estate del 1994 all’età di 81 anni, ignorato da tutti. Ma il coinvolgimento balmese nelle sorti spaziali non si concluse. Ironia della sorte volle che qualche anno dopo proprio l’acqua a bassa mineralizzazione delle sorgenti montane che da quasi un secolo viene intubata e condotta all’acquedotto di Torino, si legasse in modo insolito alle questioni spaziali. Nel 2002 infatti una commissione scientifica scelse le acque del Pian della Mussa per rifornire l’equipaggio americano imbarcato nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
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