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Mars500: Cronaca di una Grande Avventura |
28 Marzo 2012 | ||||||||||||
Continua il racconto del viaggio simulato su Marte
L'uomo non è mai stato su Marte, è risaputo. Questo se si escludono le rappresentazioni cinematografiche o le esperienze frutto della realtà virtuale e della pura immaginazione umana. Eppure il 14 Febbraio 2011 due uomini hanno mosso i primi passi sul pianeta rosso: non si tratta di un film né di un videogioco, non è neanche un volo pindarico o un sogno ad occhi aperti. Queste “passeggiate marziane” sono figlie di un'accurata simulazione scientifica, con tanto di volo interplanetario (anche questo rigorosamente simulato). Queste simulazioni si sono svolte nell'ambito del progetto Mars500: un ciclo di esperimenti realizzati dall'agenzia spaziale russa in collaborazione con l'ESA, l'agenzia spaziale europea. Ma di che tipo di esperimenti si tratta esattamente? Quali sono gli obiettivi e le modalità con cui si sono svolti? A queste domande cercheremo di dare una risposta nel corso di questo articolo, senza comunque dimenticare di concedere spazio alla fantasia che una missione così suggestiva richiede. L’ambizioso progetto ha previsto tre esperimenti, tutti finalizzati alla simulazione di varie situazioni che si sarebbero incontrate durante un’esplorazione umana del pianeta rosso. La prima fase simulativa si è svolta nel novembre del 2007 e consisteva in un periodo di isolamento di 14 giorni, all’interno dei moduli medici EU-100 ed EU-150, con un equipaggio di 6 persone. Lo scopo di questo esperimento era quello di testare l’efficienza di questi moduli, delle strumentazioni e la loro capacità di ospitare esseri umani, nel contesto di situazioni d’isolamento prolungate. I risultati sono stati positivi ed i moduli sono quindi stati giudicati idonei allo scopo. Più impegnativa è stata la seconda fase del progetto, che ha portato ad un isolamento di 105 giorni a cavallo tra marzo e luglio del 2009, sempre con equipaggio di 6 membri (4 russi e 2 europei). Questa simulazione è stata considerata come propedeutica per l’organizzazione della fase successiva, gli obiettivi principali della ricerca erano quindi incentrati sull’equipaggio, sulla loro risposta psico-fisica all’isolamento, all’ambiente, le relazioni inter-personali e le condizioni di salute generale. I risultati ottenuti hanno permesso di definire protocolli e prassi in ambiti medico-sanitari, organizzativi, operativi e sociali. Sono state inoltre testate nuove tecnologie di supporto all’equipaggio, si sono osservati gli effetti medici e psicologici dell’isolamento prolungato e questo ha permesso di elaborare nuovi criteri di selezione del personale per la missione.
E dopo tutto questo lavoro, si arriva finalmente al pezzo da novanta del progetto: l’isolamento di 520 giorni. Una simulazione integrale del viaggio andata e ritorno su Marte, con tanto di esplorazione del suolo della durata di un mese. Andiamo con ordine. Il 18 maggio 2010 viene annunciato l’equipaggio definitivo che parteciperà alla missione, composto da un italiano, un francese, un cinese e tre russi (più una riserva russa). I sei uomini si preparano alla missione, che inizia regolarmente il 3 giugno, con l’inizio dell’isolamento e il “lancio” dalla superficie terrestre. Dopo quasi 2 settimane, il 15 giugno, la navetta virtuale salpa dalla stazione orbitante internazionale, trasferendosi dopo pochi giorni i su un’orbita eliocentrica che la condurrà a incontrare il quarto pianeta del sistema solare. Immersi nel vuoto interplanetario i membri dell’equipaggio affrontano un viaggio che si rivela tanto affascinante quanto lungo, soprattutto quando si è confinati in uno spazio ridotto, circondati dal vuoto, con la sola compagnia di altri 5 uomini e la possibilità di comunicare con l’esterno solo tramite e-mail. Dopo 6 mesi di viaggio, la sagoma rossa del pianeta è ben visibile e distinguibile ed il 24 Dicembre, la vigilia di Natale, la navetta si sposta su un’orbita a spirale decrescente verso Marte, iniziando un lento processo che la porterà il 1 Febbraio 2011, ad entrare in una stabile orbita circolare: da questa situazione può avere inizio la fase operativa di esplorazione della missione. Se questa missione non fosse una simulazione, ma un viaggio reale, il 14 Febbraio 2011 sarebbe una data indimenticabile nella storia dell’umanità: il giorno in cui i primi uomini si sono mossi su un pianeta extraterrestre. L’onore sarebbe spettato al russo Alexandr Smoleevskiy, all’italiano Diego Urbina e al cinese Wang Yue: sono loro i membri dell’equipaggio selezionati per l’esplorazione; i cosidetti “marswalkers”, che si sono alternati in 3 diverse “camminate” di esplorazione sul suolo marziano. Durante le sortite, della durata di 3 ore, i membri dell’equipaggio hanno manovrato un rover e piazzato sensori sulla superficie per raccogliere misurazioni fisiche e chimiche. Vivere su un pianeta alieno è per molti un sogno, lo è stato probabilmente da sempre per gli uomini curiosi e affascinati dal mistero rappresentato dagli astri: intere generazioni di uomini hanno vissuto le loro esistenze senza poter rispondere nei fatti a questo richiamo ancestrale.
Come si fa ad immaginare l’alba che si stende su un pianeta sconosciuto e lontano dal pianeta natale, senza provare un brivido che corre lungo la schiena? Con un piccolo sforzo di fantasia, possiamo immaginare gli uomini impiegati in questa missione, svegliarsi all’interno del modulo lander atterrato su Marte, indossare le tute spaziali e prepararsi ad affrontare il mistero che li circonda, pionieri dell’umanità su un pianeta così vicino, ma mai realmente alla portata della tecnologia umana. Tuttavia, questo rimane per il momento un sogno, così anche questi “marswalkers” virtuali, si risvegliano alla realtà, e dopo 9 giorni, il 23 febbraio, abbandonano il simulatore della superficie marziana, mentre la loro navetta decolla idealmente dalla superficie, per ricongiungersi con la nave madre, stazionante in orbita. Il resto dell’equipaggio è rimasto lì, ad orbitare chilometri al di sopra della superficie di Marte, all’interno dei confini ormai familiari della navetta, ad assicurare il collegamento con la Terra e sorvegliare le operazioni dei loro colleghi. Dopo essersi ricongiunti con la nave interplanetaria, i 3 “marswalkers” trascorrono due giorni in quarantena; una volta ricongiunti ai loro compagni di avventura, si trasferiscono tutti nel modulo “abitativo”, per riprendere il viaggio che li porterà a casa. Il 2 marzo la nave comincia a lasciare Marte, entrando in un’orbita a spirale che la allontana sempre più dal pianeta rosso, per poi abbandonarla dopo poco più di un mese, passando ad un’orbita eliocentrica che la riporterà verso la Terra. Dopo l’emozione dello sbarco su Marte, l’equipaggio torna alla routine della vita sulla navetta: nessun pianeta a riempire la vista degli oblò, soltanto lo sconfinato vuoto interplanetario, un numero incalcolabile di stelle ed il Sole che giorno dopo giorno si fa sempre più grande, impercettibilmente, ma incessantemente.
Immaginando una missione del genere, uno dei primi sentimenti evocati è lo spirito avventuriero, la sensazione di varcare lo sconosciuto, quanto di più lontano si possa immaginare dalla familiarizzazione del quotidiano, dalla noia e dalla ripetitività, dalla sensazione del già visto. Ma ogni ambiente e ogni situazione diventano familiari, se le vivi per un periodo sufficiente di tempo, e la durata prevista per il viaggio è lunga, molto lunga… I lavori quotidiani si esauriscono in fretta e le possibilità di svago offerte dagli “hobby kit” forniti all’equipaggio col tempo vengono a noia, così come succede con le stesse persone, sempre quei 5 volti, sempre le stesse voci. Proprio la capacità di far fronte dal punto di vista psicologico a questa situazione è una delle caratteristiche principali richieste per far parte dell’equipaggio di una missione del genere: non vorresti mai che un tuo compagno di viaggio cominciasse a dare i numeri in una situazione del genere! Quindi è un sollievo enorme quello che provano i nostri 6 pionieri quando, il 15 settembre, possono finalmente riprendere le comunicazioni vocali con il pianeta Terra, che ora dovrebbe apparire ben distinguibile dai loro oblò, con la sua inconfondibile aura blu. Il ritorno a “casa” si avvicina sempre più, il 13 ottobre comincia lo spostamento sull’orbita a spirale che converge verso la Terra per portare l’equipaggio al suolo natale, esattamente il 5 novembre 2011 la navetta atterra e l’isolamento termina, così come l’ultima fase del progetto Mars500. Ultima solo per il momento, perché si pensa già al passo successivo: una nuova simulazione con isolamento, del tutto simile a quella appena conclusa, con una differenza sostanziale; l’agenzia spaziale russa ha infatti richiesto di poter utilizzare la stazione orbitante internazionale come sede dell’esperimento. Richiesta che i paesi impegnati nell’impresa hanno già accettato, restano da definire i tempi, ma è ormai assicurato che l’esperimento si terrà prima del 2020. Dopo aver solleticato la fantasia e l’immaginazione, possiamo passare ad una fase più tecnica, ovvero l’analisi degli obiettivi e dei mezzi utilizzati dalla missione: che risposte ci si attendevano dall’esperimento? Quali risposte ha fornito? Con quali strumenti si sono raccolti ed analizzati i risultati? Partiamo dall’analisi delle principali problematiche di una missione interplanetaria: prima tra tutte l’impossibilità di ricevere materiali e risorse da Terra (cibo, acqua, equipaggiamento e parti di ricambio…), così come sarebbe impossibile ricevere aiuti tecnici, mentre le informazioni che sarebbe possibile ricevere sarebbero limitate (a causa del ritardo nelle comunicazioni e del volume delle trasmissioni, forzatamente limitato), addirittura si deve prevedere la possibilità che le comunicazioni siano interrotte. Il tutto aggravato dal fatto che sarebbe impossibile effettuare un rientro d’emergenza, per via delle enormi distanze che separerebbero l’equipaggio dal pianeta.
A queste problematiche tecniche, vanno aggiunte quelle umane, l’equipaggio deve essere cioè in grado di autogestirsi durante l’intera durata della missione, garantendo un controllo sulla salute psico-fisica e sulla capacità lavorativa, così come deve essere in grado di prendere decisioni indipendenti e risolvere i problemi emergenti. Vanno inoltre presi in considerazione in queste valutazioni altri fattori: come la capacità del gruppo di dividersi in due durante la fase di esplorazione, riuscendo comunque a lavorare sinergicamente anche in quella situazione, oppure la possibilità di far fronte a situazioni-limite, come la carenza di una determinata risorsa, la perdita di forza lavorativa da parte di membri dell’equipaggio, per malattie, infortuni o conflitti interni. Questi ultimi potrebbero infine degenerare in disordini nelle interazioni interpersonali, o addirittura insubordinazioni che potrebbero mettere a repentaglio l’intera riuscita della missione. Risulta quindi evidente che i settori fondamentali per la riuscita della missione sono quello logistico e quello umano, in quest’ultimo sono fondamentali oltre alla salute fisica dei membri dell’equipaggio, anche una solida affidabilità psicologica, un’opportuna preparazione, la corretta gestione dei rapporti interpersonali e un’accurata mescolanza caratteriale tra i vari membri. Proprio questo tipo di problemi, hanno reso necessaria la realizzazione di esperimenti come Mars500, ben prima di intraprendere una reale missione interplanetaria. Quindi gli obiettivi principali dell’esperimento possono essere riassunti nella necessità di testare soluzioni tecnico-logistiche, sperimentare e osservare le reazioni umane (sia a livello fisico che psichico) all’isolamento e alle situazioni riscontrate e infine stabilire dei protocolli per quel che riguarda non solo le fasi operative, ma anche le interazioni, sia tra i membri dell’equipaggio, sia tra loro ed il personale di Terra. Per fare questo sono stati predisposti una serie di esami (un totale di 105 durante la missione), che continuano ancora oggi e proseguiranno fino a sei mesi dalla fine dell’esperimento. La maggior parte di questi test sono riferiti all’ambito biologico, bio-chimico ed immunologico (35), ma grande rilevanza hanno avuto anche i test fisiologici e psico-fisiologici (26 per ognuno), mentre gli esperimenti operativo-tecnologici (11 in totale) e gli esami di microbiologia e le investigazioni igienico-sanitarie (8) sono stati in numero minore.
A questi si aggiunge lo studio dei report che i membri dell’equipaggio hanno costantemente fornito durante il corso dell’esperimento, così da fornire una panoramica generale completa della missione, catturando al tempo stesso il punto di vista soggettivo di ogni membro coinvolto. I risultati ottenuti da questi test non sono ancora stati resi noti, sia perché i membri dell’equipaggio si stanno ancora sottoponendo ad ulteriori esami, sia perché la mole di dati accumulati è tale da richiedere un’attenta analisi, ma siamo sicuri, così come lo sono i ricercatori dell’ESA e dell’agenzia spaziale russa, che i risultati si riveleranno di grande aiuto per i futuri esperimenti e la fatidica prima missione umana su Marte. Concludendo, se vista in termini per così dire “profani”, la simulazione psico-sociologica offerta da Mars500 è per certi versi paragonabile ad un reality show, dove i protagonisti sono astronauti in volo su una navetta diretta su Marte, con lo staff del progetto nel ruolo di “Grande Fratello”, intento ad osservare e monitorare i membri dell’equipaggio per tutti i 520 giorni della missione, prendendo appunti e studiando soluzioni ai problemi riscontrati di volta in volta. Conosceremo i protagonisti di questo “reality show” (che però è un esperimento di rilevanza mondiale) nel prossimo articolo, nel corso del quale ci dedicheremo a conoscere meglio i 6 membri dell’equipaggio (tra cui spicca anche l’italiano Diego Urbina) e la loro esperienza durante i 520 giorni di isolamento: conosceremo i moduli che li hanno ospitati (compreso quello di simulazione della superficie marziana) e raccoglieremo le loro impressioni sulle varie fasi della missione. Articoli correlati: |