Scienze |
La danza cosmica delle onde gravitazionali |
02 Ottobre 2019 | ||||||||||||
La più potente predizione teorico-matematica di Albert Einstein
Tanti anni fa un eccentrico scienziato di nome “Albert” formulò una teoria rivoluzionaria chiamata “relatività generale” o, più precisamente, “geometrodinamica”, dove lo spazio veniva fuso col tempo in un unico continuum e dove qualunque oggetto in esso immerso finiva per interagire con lo stesso, deformandolo. Questa teoria, che ancora oggi rappresenta uno dei pilastri della fisica fondamentale, dice che quanto maggiore è la massa di un qualunque oggetto celeste e con esso il suo campo gravitazionale, tanto maggiormente essa deforma o incurva lo spaziotempo attorno ad essa, fino addirittura a perforarlo quando il campo diventa enorme come nel caso dei buchi neri. Una conseguenza della teoria di Albert diceva anche che se due corpi di massa enorme girano l’uno attorno all’altro in orbite molto strette fino a fondersi assieme essi possono perturbare lo spaziotempo facendolo vibrare come un lenzuolo, generando di conseguenza quelle che vengono chiamate “onde gravitazionali”: una predizione teorico-matematica che fino a pochissimo tempo fa non aveva ancora trovato un corrispettivo sperimentale nel grande laboratorio osservativo del Cosmo. Tramite esperimenti mirati come LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) e VIRGO (prende il nome dall’ammasso della Vergine – NdR) due anni fa si è finalmente riusciti a dimostrare quella che probabilmente è la più potente predizione della teoria della relatività generale di Albert Einstein, cioè la prova schiacciante che il ben noto vecchiaccio "aveva ragione" per quello che riguarda il mondo macroscopico. E cioè che grandi masse in movimento mettono in agitazione lo spaziotempo creando onde, esattamente come un sasso gettato in uno stagno crea onde concentriche in espansione.
Oggetti massicci che orbitano rapidamente attorno ad un comune baricentro quando si fondono (dando luogo a quello che in gergo scientifico viene definito col termine di "merger") sconvolgono per un attimo lo spaziotempo distorcendolo, un po’ come quando due persone tengono un lenzuolo teso con le loro mani e poi lo fanno ondeggiare. Ciò si manifesta attraverso l'emissione di onde gravitazionali, la scoperta delle quali ha confermato che la teoria di Albert Einstein è sostanzialmente giusta. Strumenti che funzionano secondo il principio dell'interferometria e Laser estremamente precisi oggi sono in grado di rilevare variazioni (spaziali) dell'ordine del millesimo di diametro del protone. Nel caso di questa epocale scoperta il livello di confidenza questa volta ha superato il fatidico fattore statistico "5 Sigma", ovvero dove il segnale vero supera il rumore: sostanzialmente è come riuscire a vedere e distinguere una farfallina nera attraverso una finestra tutta sporca di schizzi di inchiostro nero che si muovono a caso.
A tal proposito sembrava che qualche anno fa si fosse riusciti a rilevare la "eco gravitazionale" di questo atavico evento singolare, ma evidentemente la farfallina era in realtà solo una (del tutto involontaria) pareidolia numerica... Ma questo è il normale percorso della scienza: errare per imparare, lavorando duro. E tutti gli scienziati hanno il loro merito: sia quelli che involontariamente errano che quelli che godono del colpo di fortuna. E' un lavoro collettivo dove ognuno ha la sua parte nell'evoluzione della conoscenza scientifica.
Non ci sono dubbi che quando la conferma arriva ufficialmente il modello delle quattro interazioni fondamentali (elettromagnetica, nucleare forte, nucleare debole e gravitazionale) viene inevitabilmente rinforzato, anche se mancano altre conferme come l’aspetto (quantisticamente) corpuscolare della manifestazione gravitazionale, quando appunto si postulano teoricamente i "gravitoni", che però non sono stati ancora confermati sperimentalmente per via della apparente incompatibilità tra teoria della relatività generale e meccanica quantistica. Nell’arco di due anni sono stati rilevati diversi eventi cosmici, più o meno potenti, attribuibili alle onde gravitazionali, il più eclatante dei quali è la scoperta dell’istante in cui un sistema orbitante binario di buchi neri di grande massa si fonde in un solo buco nero di massa maggiorata provocando uno scuotimento enorme dello spaziotempo. Da qui sono emersi davvero “numeri estremi”, che trovo affascinante riportare:
Il segnale rilevato da LIGO e company, corrispondente ad una variazione spaziale di un millesimo del diametro del protone, è di una ampiezza, rapportata in termini spaziali come si compete ad una onda gravitazionale, infinitamente piccola per fenomeni così potenti. Quindi per rilevare onde gravitazionali occorrono eventi di potenza spropositata e rivelatori estremamente sensibili. L'interferometro Laser LIGO (che non è una antenna...) nelle sue prossime versioni triplicherà il rapporto segnale/rumore (in sostanza: la sensibilità) e allora probabilmente riusciremo anche a rilevare eventi molto meno energetici, come ad esempio il collasso di una stella di neutroni in una stella di quark. Come già accennato, eventi di onde gravitazionali possono essere rilevati anche in situazioni meno eclatanti del caso di un buco nero binario, ma questo richiede una sensibilità ancora maggiore degli strumenti per rivelarle. Può infatti accadere che in un sistema stellare binario molto stretto un buco nero risucchi letteralmente una stella di neutroni compagna orbitale, oppure che due stelle di neutroni si fondano tra loro fino a formare un buco nero. A questo proposito mi pare interessante ripercorrere il ciclo vitale di quest’ultimo caso, cosa che due decadi e mezzo fa mi fece scrivere una tesi di dottorato di 400 pagine: le stelle di neutroni in sistemi stellari binari stretti composti da una stella di neutroni e una stella gigante o supergigante blu; sistemi veramente stretti, nel senso che al massimo la stella di neutroni impiega un mese a fare un giro completo attorno ad una strana gigante blu percorrendo di solito un'orbita molto eccentrica. Sono davvero una strana coppia.
La stella di neutroni è ciò che resta quando una stella di grande massa ed elevata temperatura esplode come supernova alla fine del suo ciclo evolutivo lasciando appunto una stella collassata, dove gli elettroni perforano letteralmente i protoni trasformando tutto in neutroni e in alcuni casi forse anche in un brodo di quark. La densità della materia in quelle condizioni, definite "degeneri", è tale che un cucchiaino della stessa peserebbe un miliardo di tonnellate. Molto spesso le stelle di neutroni si comportano anche come pulsar dal rintocco perfettamente regolare con ritmi di pulsazione fino ad un millesimo di secondo. Ciò vuol dire che questa strana stella, di massa superiore a quella del Sole e delle dimensioni solo di poche decine di chilometri, impiega un millesimo di secondo per fare un giro completo su se stessa, e siccome l'asse magnetico è disallineato rispetto a quello di rotazione (modello del rotatore obliquo) capita che a volte i nostri strumenti guardino periodicamente lungo l'asse magnetico da cui vengono sparate particelle relativistiche (radiazione di sincrotrone) da un oggetto che si comporta come un faro fortemente rotante. La gigante blu è anche essa una stella strana (più precisamente, una stella "Be", cioè una stella di tipo spettrale B con righe spettrali di emissione): ruota talmente in fretta che espelle materiale lungo il suo piano equatoriale generando un vero e proprio disco. Si potrebbe immaginare qualcosa di simile ad un Saturno ipermaggiorato in dimensioni, luminosissimo e caldissimo, e 10 volte più grande del Sole.
Questa stella brucia Idrogeno con reazioni termonucleari e lo fa talmente in fretta che il suo tempo di vita è almeno 10 volte più breve di quello di una stella come il Sole. Sta di fatto che ogni volta che la stella di neutroni compagna arriva orbitalmente al periastro con la stella Be compagna quella si ficca letteralmente dentro il suo disco equatoriale succhiando materia e formando attorno a sé un “disco di accrescimento” che quando diventa sufficientemente denso, cioè quando il sistema succhia più materia di quanta ne possa digerire, dà luogo ad esplosioni più o meno forti, spesso periodiche, secondo una modalità eruttiva simile ad una Nova ricorrente. Questo quasi-metronomo va avanti per centinaia di milioni di anni, fino a quando la gigante blu termina il suo ciclo evolutivo esplodendo anche essa come supernova, ma senza minimamente danneggiare la stella di neutroni compagna dato che il fronte d’urto ci passa in mezzo come un’onda del mare su un chiodo piantato. Diciamo che esplode un po’ di tempo dopo che la stella compagna ha fatto la stessa cosa (ovvero qualche centinaia di milioni di anni dopo), dal momento che è di massa leggermente inferiore e quindi di vita più lunga. Sta di fatto che alla fine ci troviamo con un sistema binario stretto composto da due stelle di neutroni in rapida rotazione attorno ad un comune baricentro. E ovviamente il sistema scompare alla vista, perlomeno a quella ottica. I modelli matematici ci dicono che presto forze viscose portano l'orbita a spiraleggiare verso l'interno fino a che le due stelle di neutroni si fondono in un unico oggetto, ma a spese di una enorme quantità di energia. Questa energia si esplica prevalentemente in due modi: un lampo nella banda Gamma (le più alte energie dell'universo) e l'emissione transiente di onde gravitazionali. Bene, tutto questo è stato scoperto giusto un anno fa, in seguito a osservazioni combinate su uno spettro molto esteso di lunghezze d'onda, e grazie alle doti performanti dei principali interferometri gravitazionali operanti nel mondo (lo statunitense LIGO e l'italiano VIRGO).
In precedenza sono stati osservati molti lampi Gamma (GRB: Gamma RayBurst) ma mai prima era stata osservata l'emissione simultanea di onde gravitazionali. Questo ci ha permesso di capire molte cose, soprattutto che la reale origine dei lampi Gamma è dovuta a stelle di neutroni che si fondono tra loro in forma di coalescenza esplosiva denominata "chilonova", che la nucleosintesi di elementi chimici pesanti, incluso l'oro, avviene prevalentemente in queste configurazioni, e che, noto il valore assoluto dell'energia prodotta (in questo caso specifico 10^41 erg/sec, 15 ordini di grandezza inferiori all'energia prodotti dai buchi neri binari in coalescenza) che ci si aspetta come standard in questo tipo di fenomeni e noto il valore apparente dell'energia misurata da qua, è possibile calcolare la distanza delle galassie in cui questi oggetti si trovano, potendo così usare quelle che definiamo come "candele campione" che adesso ci permetteranno di calcolare la distanza di galassie lontanissime e quindi di perfezionare il valore della costante di Hubble e conseguentemente il modello cosmologico.
Nel video: animazioni delle onde gravitazionali accompagnate da musica elettronica dell’autore https://youtu.be/SlFURQWzzZc |