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Arriva la nuova nuvola: si chiama Asperitas... |
14 Aprile 2017 | ||
...e sembra un oceano in tempesta. Il fenomeno atmosferico inserito all’interno dell’Atlante delle nubi aggiornato dopo anni dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Dal ciclo dell’acqua alle grandi sfide ambientali, le nuvole sono sempre più sentinelle del clima
«Onde localizzate alla base nube, liscia o maculato con caratteristiche più piccole, che a volte scende in punte affilate, come la superficie del mare irruvidita». Con queste immagini, tra il tecnico e il poetico, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale descrive la nuova nuvola che entra ufficialmente nel Atlante internazionale delle nubi, aggiornato dopo diversi decenni: si tratta dell’Asperitas e sembra un oceano in tempesta. Nel 2006 erano state scattate le prime foto di questa rara tipologia di fenomeno del cielo che, in occasione della giornata mondiale della Meteorologia, diventa a tutti gli effetti una “nuvola” riconosciuta. Sottovalutate e poco studiate in passato, le nuvole balzano in primo piano nella Giornata mondiale della meteorologia, celebrata ieri in tutto il mondo. Alle meravigliose formazioni ora si guarda con grande interesse perché ritenute elementi importanti nel complesso meccanismo del riscaldamento climatico. E con lo slogan «Understanding clouds» (capire le nuvole), l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) cerca di aprire un nuovo fronte di ricerca per trovare risposte a una situazione della Terra radiografata in un documento (State of the global climate in 2016) che suona come un bollettino della disfatta. «Il rapporto conferma che il 2016 è stato l’anno più caldo, 1,1 gradi centigradi sopra il livello del periodo pre-industriale; più caldo di 0,06 gradi rispetto al 2015 che segnava il precedente record. E questo aumento globale si accompagna ad altri cambiamenti occorsi nel sistema climatico», sottolinea Petteri Taalas, segretario generale dell’organizzazione. In varie zone del globo il termometro ha segnato una media annuale 3 gradi superiore a quella del periodo 1961-1990, soprattutto nel Nord (Alaska, Canada e nei mari di Barents e norvegese). All’aeroporto delle Isole Svalbard, nell’Artico, la media era di 6,5 gradi sopra quella del periodo considerato. Globalmente il livello dei mari è salito di 20 centimetri dall’inizio del XX secolo per l’espansione termica degli oceani e lo scioglimento dei ghiacci. In questo senso, nel 2016 ha contribuito negativamente il fenomeno di El Niño, anch’esso eccezionale, provocando un aumento del livello oceanico di 15 millimetri: la media delle passate manifestazioni era intorno ai 3 millimetri. Anche il Nord e il Sud del pianeta hanno registrato, nei dati del National snow and ice data center americano, due picchi straordinari: i ghiacci artici hanno toccato il record negativo nell’estensione (14,42 milioni di chilometri quadrati) mentre la superficie dei ghiacci dell’Antartide ha segnato il suo minimo estivo di 2,11 milioni di chilometri quadrati. In entrambi gli emisferi questi valori sono i più estremi raggiunti nei 38 anni di rilevazioni satellitari. La siccità ha aggredito varie regioni: in Sudafrica per il secondo anno consecutivo le piogge estive sono diminuite fino al 60 per cento e altrettanto nel bacino amazzonico. In contrapposizione, in Cina nell’area dello Yangtze si registrano inondazioni con livelli delle precipitazioni del 16 per cento più elevate della media nazionale. Ondate di calore hanno investito il Nord Africa e il sud della Spagna. In Kuwait si sono toccati i 54 gradi centigradi, record mai registrato in Asia. Da 7 anni l’Organizzazione meteorologica mondiale rivedeva intanto l’Atlante delle nubi aggiornato l’ultima volta trent’anni fa e ora rinnovato e diffuso online. Sono state inserite specie nuove come il «volutus», nubi speciali («homogenitus») e le nubi dovute alle attività umane, come le scie di condensazione degli aerei. (Dal Corriere della Sera del 24 marzo 2017 – Per gentile concessione dell’Autore)
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