Scienze

Dov’è il gemello della Terra?

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22 Gennaio 2015

La Terra – Image ANSA

Il sogno della vita nello spazio: Scoperto Kepler-438b, il pianeta dai cieli rossi che somiglia di più al nostro


«È il pianeta più simile alla Terra mai avvistato finora intorno a una stella lontana» ha annunciato con entusiasmo Fergal Mullally, del Kepler Science Office della Nasa, al Meeting della Società astronomica americana a Seattle. «Adesso siamo più vicini alla scoperta del gemello del nostro globo azzurro» ha aggiunto lo scienziato con un impeto di speranza, richiamando l’eterno sogno di trovare qualche forma di vita nella nostra galassia al di fuori del sistema solare.
I passi per arrivarci stanno diventando sempre più rapidi e ravvicinati grazie al miglioramento delle tecnologie nello spazio e sulla Terra. Il nuovo corpo celeste nella direzione della costellazione della Lyra, battezzato Kepler-438b, ha taglia e temperature che si avvicinano alle nostre: è appena più grande (più 12 per cento) e il termometro segna quasi 60 gradi centigradi. La stella-madre lontana 475 anni luce a cui ruota intorno in 35,2 giorni, è circa la metà del Sole, quindi molto meno luminosa (40 per cento). Per questo la distanza di appena 25 milioni di chilometri (sei volte meno della Terra dal Sole) lo colloca comunque nella «zona abitabile» dove l’acqua potrebbe scorrere in superficie.

Naturalmente non ci sono immagini del «nuovo mondo» che, come gli altri corpi simili, è stato individuato misurando la lieve attenuazione della luce della stella visibile quando Kepler-438b le passa davanti. Con calcoli indiretti gli astronomi hanno stabilito che si tratti di un corpo roccioso.
Il risultato è l’ennesimo frutto prezioso delle osservazioni del satellite Kepler lanciato dalla Nasa nel 2009 proprio allo scopo di dare la caccia ai pianeti presenti nelle vicinanze di altre stelle. Da allora, scrutandone ben 150 mila, ha trovato quattromila candidati, mille dei quali accertati. Solo in quest’ultima ricognizione presentata a Seattle i nuovi corpi celesti rilevati sono addirittura otto e tutti nelle zone abitabili. E «438b» è stato definito «il più simile» alla Terra, ancora di più dell’ultimo definito tale (Kepler 186f) rilevato dallo stesso osservatorio spaziale nel marzo dell’anno scorso.

La storia di questa affascinante caccia a un mondo gemello è iniziata nel 1995, quando Michel Mayor, dell’Università di Ginevra, assieme a Didier Queloz, scoprì il primo corpo della nuova famiglia intorno alla stella 51 Pegasi. In questi vent’anni la corsa è stata senza sosta e il numero di corpi celesti è cresciuto rapidamente. Oggi ne sono stati accertati circa 1.800 ma le stime parlano addirittura di undici miliardi di pianeti presenti nella Via Lattea.


Missione Kepler – Image NASA

Oltre le cifre, comunque, è cambiato il modo di vedere questa realtà prima ignorata. «Adesso la loro esistenza è vista come una possibile normale evoluzione del processo di formazione di una stella», spiega Giampaolo Piotto dell’Università di Padova, membro del Science Team della missione Plato dell’Esa europea. E ciò si accompagna all’aumento della probabilità di trovare anche altri mondi nei quali può essersi accesa la scintilla della vita. Per gli astrofisici, insomma, non è più un’eresia immaginarlo.

Per il momento l’impresa resta tuttavia ancora difficile e la conferma definitiva dell’esistenza di un pianeta extrasolare arriva solo dopo che si è misurata anche la «danza» della stella-madre provocata dalla sua presenza. Questo è un passo ancora più complicato, compiuto soprattutto dagli osservatori terrestri. «L’agenzia spaziale Esa ha avviato con Plato la costruzione del satellite più avveniristico per rilevare i pianeti extrasolari misurando le loro caratteristiche chimico-fisiche, comprese quelle delle atmosfere», aggiunge Piotto. Il suo lancio è previsto nel 2024 e sarà dotato di 34 telescopi concepiti dal professor Roberto Regazzoni sempre dell’Università patavina.
Nel frattempo la gara avrà un passo intermedio con una sorta di duello cosmico tra Esa e Nasa. L’ente europeo, infatti, nel 2017 spedirà in orbita Cheops (Characterising Exoplanet Satellite) per collaudare le tecnologie di Plato e nello stesso anno l’ente americano farà volare Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite). La sfida è aperta.


(Dal Corriere della Sera del 8 gennaio 2015 – Per gentile concessione dell’Autore)


Giovanni Caprara, giornalista e scrittore, è responsabile della redazione scientifica del Corriere della Sera

 

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