Scienze |
Il CERN dispiega le vele verso l’ignoto |
01 Ottobre 2014 | ||||||||||||||||||||
I festeggiamenti per i primi 60 anni del più grande laboratorio del mondo di fisica delle particelle segnano un traguardo che è anche l’inizio di un’avventura straordinaria: scoprire la “nuova fisica”
Ginevra, 29 Settembre 2014 Si è appena conclusa al CERN la cerimonia per i “60 Anni di Scienza per la Pace”. Una celebrazione che ha segnato sei decadi di conquiste e di conoscenza, ma anche un nuovo inizio verso mete sconosciute e inimmaginabili. Molti, tra i non addetti ai lavori, si saranno chiesti più di una volta in che cosa consista il famoso “Modello Standard” tanto citato al CERN, pietra miliare per l’indagine sull’universo visibile. Ebbene, appena crediamo di capirne la logica, dobbiamo trascenderlo, perché per i ricercatori del CERN questo modello spiega solo una infinitesima parte del nostro universo (il 5%), mentre questi pionieri della ricerca sull’infinitamente piccolo ora si sono posti un nuovo traguardo: scoprire i segreti della materia oscura e dell’energia oscura, ovvero il rimanente 95%. È un progetto ambizioso, ma da quando al CERN di Ginevra è stata scoperta e confermata l’esistenza del famoso Bosone di Higgs sembra che non ci siano più limiti né confini per la ricerca.
Questo entusiasmo misto alla consapevolezza di essere di fronte a qualcosa di grande traspariva in tutta la giornata celebrativa del 29 settembre, quando al Globe of Science and Innovation, la gigantesca struttura che accoglie i visitatori al CERN, si è svolto l’evento culminante di un anno di festeggiamenti per i 60 anni del laboratorio. Shan Newspaper era invitato alla celebrazione ed è stato con emozione che abbiamo potuto partecipare all’entusiasmo generale e alla grande cerimonia allestita con tanta cura dal padrone di casa, il Direttore Generale del CERN Rolf-Dieter Heuer, e il suo staff. Una cerimonia che ha alternato discorsi ufficiali di Ministri e rappresentanti di Stati membri da tutto il mondo a video e a momenti musicali con il concerto dell’orchestra diretta dal Maestro Vladimir Ashkenazy. Davanti alle delegazioni di 35 Paesi, l’Orchestra giovanile dell’Unione Europea ha eseguito una composizione del fisico Domenico Vicinanza che ha trasformato i segnali del più grande acceleratore di particelle del mondo, l’LHC (Large Hadron Collider), in note musicali. “È impressionante vedere come scienziati e ingegneri provenienti da Paesi che normalmente non sono a proprio agio gli uni con gli altri, possano lavorare assieme e festeggiare insieme. Penso che questo debba essere un modello per tutti” ha affermato il Direttore Generale del CERN Rolf-Dieter Heuer. “Con il famoso Bosone di Higgs – aggiunge il professor Heuer – abbiamo concluso soltanto il nostro modello standard, che descrive appena il 5% dell’universo. Ma il 95% dell’universo è oscuro: materia oscura, energia oscura. Per me è giunto il momento di entrare nell’universo oscuro. Questo sarà uno degli obiettivi principali del prossimo futuro”. È quella che viene detta la “nuova fisica”, nuove frontiere della scienza mai esplorate, ma da affrontare con la mente aperta e senza pregiudizi aprioristici. In questa giornata convulsa pur se armonica abbiamo avuto modo di conoscere molti personaggi che hanno fatto la storia della fisica e che hanno ruoli determinanti nelle ricerche che si svolgono al CERN. Abbiamo incontrato Fabiola Gianotti, la scienziata che con il suo staff ha scoperto il famoso Bosone di Higgs ed ora è tra i candidati per il posto di Direttore Generale del CERN.
Professoressa Gianotti, oggi è stata una grande giornata. Come l’ha vissuta? È senz’altro una giornata molto emozionante. Il CERN è un laboratorio grandissimo non soltanto per motivi scientifici ma per l’impatto che ha anche sulla tecnologia, sulla vita di tutti i giorni, per il ruolo educativo che ha nel formare moltissimi giovani e anche per il suo ruolo nell’avvicinare i popoli facendo lavorare diecimila persone di più di cento nazionalità diverse in modo pacifico e costruttivo. È senz’altro un bene dell’umanità. Lei è stata determinante per la scoperta del Bosone di Higgs, è venuta alla ribalta delle cronache, le hanno dedicato una copertina sul Time. Tutto questo ha cambiato la sua vita? La scoperta è stata una grandissima soddisfazione e ha coronato il lavoro di migliaia di fisici per moltissimi anni. Per un ricercatore fare una scoperta, scoprire una particella nuova e così importante come il Bosone di Higgs è senz’altro il sogno di una vita. Certamente è anche molto bello vedere l’interesse della società, del pubblico dei giovani anche dei non addetti ai lavori. Questo depone molto bene a favore dell’interesse che i giovani hanno anche per attività legate con la scienza e la cultura, quindi senz’altro sono molto felice di vedere la reazione positiva di tutti. Quando si arriva a una grande scoperta sembra di essere arrivati al top, in realtà è solo un trampolino verso qualcos’altro. Quale sarà il nuovo traguardo? È senz’altro così. Come lei dice correttamente, non c’è mai fine alla ricerca, ogni passo avanti è un piccolo passo avanti ma il cammino della conoscenza è lunghissimo e una delle doti fondamentali degli scienziati è l’umiltà perché “sappiamo” quanto poco in realtà “sappiamo”. Per quanto riguarda il prossimo passo, l’LHC riprenderà a operare ad aprile 2015 a energie più alte e speriamo di scoprire nuove particelle, speriamo per esempio di poter dare un nome alla particella che compone la materia oscura che è circa il 20% dell’Universo. E speriamo di scoprire anche qualche sorpresa, perché la ricerca è anche… ...scoprire qualcosa che non ci si aspetta. Assolutamente! La ricerca si chiama così proprio perché significa cercare qualcosa di cui non si è al corrente, altrimenti che ricerca sarebbe.
Nel corso di questa intensa giornata abbiamo avuto modo di conoscere il Premio Nobel Carlo Rubbia, senatore a vita e Direttore Generale del CERN dal 1989 al 1993, con il quale abbiamo avuto un lungo colloquio molto interessante e pieno di simpatia che si è svolto in vari momenti della giornata e di cui presentiamo qui solo qualche stralcio in attesa di pubblicare l’intera intervista. Professor Rubbia, 60 anni di CERN sono un traguardo importante. 60 anni sono tanti, ma non festeggiamo solo i 60 anni del CERN: festeggiamo anche 30 anni dall’assegnazione del Premio Nobel a me e a Simon Van der Meer. E sono anche 80 anni della mia vita, e gli 80 anni della mia vita per me sono più importanti dei 60 anni del CERN se mi permette… anche se bisogna dire che il CERN questi 60 anni se li porta molto bene.
Speriamo allora in altri 60 anni non solo suoi ma anche della Scienza per la Pace.
Adesso la pace sembra una cosa ovvia, ma 60 anni fa avevamo i Paesi che uscivano dalla guerra e succedevano delle cose spaventose, e la Scienza è stato un veicolo importante. Subito dopo la guerra vedere per esempio i tedeschi e i francesi, i russi e gli americani lavorare insieme non era una cosa così facile, è solo l’argomento della Scienza che ci ha permesso in un certo senso di superare gli ostacoli, perché la Scienza è semplice in quanto abbiamo un linguaggio universale, è una filosofia naturale ed è stato il primo passo verso una situazione che poi ha cambiato completamente la situazione dell’Europa e del mondo. Però adesso siamo di nuovo in un momento un po’ difficile... Per motivi completamente diversi. Oggi il problema è la complessità, 60 anni fa le cose erano semplici: o andavi avanti o finivi male, invece oggi ci son tante alternative possibili e quindi il problema è molto più complicato.
Cambiando discorso: lei pensa che esistano altri pianeti e magari altre intelligenze? Assolutamente sì! Di sicuro, di sicuro. Non è possibile che non ci siano, però il fatto è che la nostra vita è molto motivata dai fenomeni accidentali, i vulcani, i cambiamenti della natura, gli asteroidi e così via che hanno cambiato le cose, quindi non è ovvio che in ogni altra forma di vita l’evoluzione abbia seguito la stessa via, le stesse modalità. Non è ovvio che un’altra forma di vita debba essere la copia conforme della nostra. Quindi neanche la Scienza potrà servirci per comunicare con eventuali intelligenze… La vita può avere forme diverse e ogni civilizzazione, ogni città, ogni satellite o un pianeta ha la vita che è determinata dalle condizioni esterne che condizionano il comportamento. Faccio un esempio: se i dinosauri non fossero spariti a causa della Peninsula Yucatan, i mammiferi non si sarebbero sviluppati. Noi abbiamo seguito un cammino che è il nostro. Tuttavia non è detto che non ci debbano essere altri cammini paralleli. Alla cerimonia sono intervenuti numerosi ministri di Stati membri del CERN e personalità politiche tra cui il Principe Andrea d’Inghilterra, Duca di York. Tra i ministri intervenuti vi era anche il nostro ministro all’Istruzione Stefania Giannini che abbiamo intervistato. Ministro Giannini, una sua impressione su questa giornata. Grandiosa, sobria e rivolta al futuro, non solo alla celebrazione di una memoria di 60 anni di diplomazia della scienza, ma anche al ruolo che la diplomazia della scienza può avere adesso che è di nuovo un momento di complessità in Europa. Abbiamo avuto la settimana scorsa il consiglio ministeriale che l’Italia presiede per la competitività e tutti i Ministri concordano che si deve sicuramente aumentare il budget di investimenti in ricerca e innovazione ma anche arrivare a una qualità della spesa e a una efficienza e produttività della ricerca che sia competitiva col resto del mondo. Questo è il tempio della conoscenza e sono stata anche molto orgogliosa, da italiana, di ricordare quando Edoardo Amaldi, 60 anni fa, ebbe l’intuizione di creare un laboratorio della fisica europeo.
Al cocktail di chiusura abbiamo intervistato anche la Presidente del CERN Agnieszka Zalewska che ci ha dato un suo personale quadro del momento che si stava vivendo. Signora Presidente, ci sono molti motivi, oggi, per festeggiare. Credo sia stato un altro giorno nella fantastica storia sessantennale del CERN. La mia collaborazione con il CERN è cominciata più di 40 anni fa, quindi ho in un certo senso assistito alla crescita del CERN per più di 40 anni. Essenzialmente il CERN è sempre stato orientato verso una Scienza d'eccellenza, e questo poi ripaga, è tutto qui. Ovviamente non si possono portare avanti progetti scientifici così ambiziosi senza un continuo supporto finanziario. La costruzione dell'LHC, ad esempio, è iniziata quasi 20 anni fa. Credo che un punto di forza dell'Europa sia proprio il fatto che gli Stati membri siano stati in grado di realizzarlo e di sostenere il CERN nei suoi ambiziosi progetti. Tutto questo ha portato il CERN a diventare il laboratorio leader nella fisica delle particelle. Ricordo bene che, quando ero giovane, la cosa più importante nel campo della fisica delle particelle era riuscire a lavorare in uno dei grandi laboratori Americani, mentre ora è esattamente il contrario: il CERN ha preso il posto dell'America e credo questo sia un grande successo del CERN. Credo sia importante far conoscere nelle scuole e agli studenti le vostre scoperte e tutto il lavoro che svolgete qui. Sì. L'atmosfera internazionale e le collaborazioni internazionali del CERN sono veramente una cosa eccezionale, e credo che sia sempre stato così. Gli studenti sono sempre stati gli elementi più preziosi. Ma ovviamente hanno anche bisogno di fisici esperti che li guidino e al CERN ci sono entrambi: sia dei fisici molto esperti, che possono guidare gli elementi più giovani, sia un'armata di giovani per cui il CERN è IL laboratorio. Unire questi due elementi è stato molto importante.
60 anni di Scienza per la pace, speriamo in altri 60 anni! Come minimo! Credo che il CERN sia anche un ottimo modello per gli altri rami della Scienza, ha creato una tendenza. Oggi vediamo che sempre più progetti ambiziosi, in diversi campi della Scienza, sono realizzati attraverso grandi collaborazioni internazionali. Quindi il modello del CERN può essere usato anche in altri campi di ricerca. L’atmosfera che si respira al CERN è entusiasmante perché dà il senso di una ricerca viva e senza confini, ma soprattutto ciò che si respira è una grande umiltà a tutti i livelli. Verrebbe addirittura da definirla “fratellanza”, un sottile legame che coinvolge tutti indistintamente. Assale la sensazione di essere tutti quanti su una navicella spaziale, in corsa verso non si sa quale meta. È entusiasmante e, insieme, inquietante perché fa concretamente assaporare l’ignoto che ci circonda. Ma un ignoto che fa parte di noi, poiché siamo fatti della stessa sostanza, e questo ci dà la speranza di poterlo comprendere. A conclusione della giornata abbiamo intervistato il Direttore Generale del CERN Rolf-Dieter Heuer, visibilmente soddisfatto, al quale abbiamo chiesto le sue impressioni e i programmi futuri. Ci ha risposto: “Sono molto soddisfatto perché ho avuto l'impressione che la cerimonia sia piaciuta a tutti. È stato un bell'incontro-spettacolo con discorsi, alcune clip e dell'ottima musica. Quest'anno avremo ancora un'importante cerimonia il 20 Ottobre alle Nazioni Unite di New York. Vogliamo promuovere il CERN come un buon esempio del principio “il mondo può lavorare insieme se lo vuole”. Il Professor Heuer ha poi concluso con queste parole: “Stiamo programmando i prossimi 60 anni. E... tranquilli, avremo sempre nuove idee!”
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