Scienze

Una mattina come tante al CERN...

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23 Gennaio 2014

In una foto d'epoca un calcolatore ELEA 9003 del 1956 installato presso il il laboratorio di calcolo elettronico del CNR di Pisa


Una mattina come tante al CERN di Ginevra, sono guida di un Liceo inglese di Bolton in visita al laboratorio. Qualche volta mi offro volontario, è una buona occasione per incontrare ragazzi provenienti da tutta Europa e provare a parlare (e a capire !) il vero inglese con il british accent (che non è quello che parliamo al CERN quotidianamente...).
Dopo la visita alla sorgente di protoni (un cannone di 30 metri che accelera idrogeno ionizzato a 2/3 della velocità della luce) raggiungiamo il Computer Center poco distante.
I colleghi della divisione IT del CERN hanno realizzato un piccolo ma interessante museo dell'informatica, con tecnologie dagli anni '60 sino ad oggi.
In una teca sono custoditi i primi due esemplari di un computer portatile , il primo è un Apple portable Computer M5120, presentato nel 1989. Il secondo un Olivetti M10 del 1983.
Scherzo con gli studenti inglesi mostrando le dimensioni e la potenza di calcolo del mio iPhone rispetto al primo Mac portatile.
Un ragazzo davvero "british" con la carnagione chiara, i capelli rossi e il viso da pilota di Spitfire nella battaglia di Inghilterra mi chiede dell'altro computer.
Semplicemente gli rispondo: “È il primo computer portatile al mondo, è un Olivetti, un calcolatore italiano.”
"Italians that make computers, amazing !" è la risposta del "rosso".
Io mi fermo per un istante, intorno a me le immagini iniziano ad apparirmi sfocate. Mi ricordo di mio padre ed i suoi colleghi. Figli di una Italia che usciva da due guerre. Figli di operai, tramvieri, agricoltori. Venivano da ogni parte di Italia, dal Veneto, dall'Emilia, dalla Sicilia, dalle Marche.
Con in mano una formazione tecnica conquistata non solo nelle scuole ma anche sul campo iniziarono giovanissimi a lavorare per la Olivetti divisione elettronica che li aveva mandati in giro per il mondo ad apprendere tecnologia. Dopo poco parlavano in inglese come il dialetto del paese di origine e l'italiano.
Macchine enormi, banchi di memoria ad anelli di ferrite e oscilloscopi a valvole.
Alla fine il bellissimo Olivetti Elea 9003 disegnato da Ettore Sottsass aveva performances superiori alla macchina al tempo di riferimento, l'IBM 360.
A Pregnana Milanese vi era il parco tecnologico con i laboratori di R&D, con 16 kB (six-teen kilobytes, that's right !) riuscivano far svolgere all'elaboratore tutti i calcoli che erano necessari per regolare in "real time" tutte le operazioni di un istituto di credito.
Notti insonni davanti ai primi tamburi rotanti (i precursori degli odierni hard disks), oppure ad un lettore elettro-ottico di schede perforate. Il giorno dopo i correntisti ed i cassieri non potevano essere traditi dal "cervello elettronico".
In una immagine ci sono anche io, molto piccolo. Cammino con mio padre che mi tiene per mano in un enorme padiglione della Fiera di Milano. Al centro in un silenzio irreale vi è un "mainframe" DPS 88, il suo cuore è aperto e mostra orgoglioso la sua unità logico-aritmetica: un chip a larga scala di integrazione (VLSI ) disegnato e prodotto dalla SGS ATES di Catania (Sicilia, Italy).
Il padiglione è deserto, solo il rumore delle impressionanti unità a nastro. Le standiste seminude, le sfilate di mode ed i gadget dello SMAU arrivarono più tardi con la "Milano da bere" di craxiana memoria.
È vero. In Italia eravamo capaci di fare calcolatori ed elettronica ad alto livello. Poi una classe politica e manageriale inetta ha pensato che il nostro paese non dovesse più perseguire questa strada. Forse era meglio esportare solamente le borse di Gucci e i jeans di Cavalli. Che la "Alta Tecnologia" la facesse qualcun altro...
I risultati di quella scelta sono sotto gli occhi di tutti.
Ho incontrato recentemente quei pionieri della informatica italiana. Hanno oramai l'età degli Space Cowboys che hanno conquistato la Luna ma ancora i loro occhi si illuminano quando iniziano a parlare delle loro macchine. Ho stretto la mano a ciascuno di loro ringraziandoli per quello che hanno fatto per il nostro paese.

Non ne sono usciti sconfitti, oggi mi hanno permesso di ricordare ad un ragazzo inglese che noi italiani avevamo battuto sul tempo Steve Jobs.
È ora che il nostro paese si risvegli da questo torpore.


Valerio Grassi, ricercatore della State University of New York at Stony Brook presso il CERN di Ginevra, è responsabile del sistema di generazione delle alte tensioni per la calorimetria elettromagnetica e adronica ad argon liquido del rivelatore ATLAS e co-scopritore del bosone di Higgs


 

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