Sciamanesimo |
Il Dio dei Druidi: l'insospettabile monoteismo dei Celti |
30 Dicembre 2017 | ||||||||||||
L'eccezionalità della meravigliosa facoltà senziente delle creature viventi porta secondo l'antico sciamanesimo druidico ad inevitabili implicazioni mistiche che rivelano l'esistenza di una Causa Prima
Una premessa sull'identità storica del Celtismo È doveroso fare una premessa sul concetto storico di Celtismo che non è solamente quello che appare sul palcoscenico della Storia così come oggi ci viene raccontata. In effetti si possono distinguere due identità storiche. La più antica si identifica nella cultura celtica dei Nativi europei che, dalle narrazioni e dalle testimonianze ancora vive sul continente europeo, sarebbe esistita nel lontano passato millenni prima della tragedia del Mar Nero. Evento che ha visto tracimare, almeno circa 6000 anni a.C., il Mare Mediterraneo nel bacino della "terra fertile di Ys". Era una civiltà socialmente e tecnologicamente evoluta, realizzata dai primi coloni giunti, circa 300mila anni orsono, dal cuore dell'Africa e seguiti poi dalla successiva ondata iniziata circa 50mila anni fa che proveniva dalle coste mediterranee del Nord Africa. Ed è appunto di questa cultura ancestrale che parliamo in questo articolo. Esiste poi la cultura celtica di cui parla Giulio Cesare e che si cita nelle epopee della narrazione "fantasy" e dell'archeologia contemporanea. Questa è l'erede di quella dei Nativi europei e si colloca in epoche relativamente vicine al nostro tempo, iniziata secondo l'archeologia convenzionale nel 1200-800 a.C. e identificata nei reperti della cultura di Hallstadt. Ma questa cultura ormai aveva ben poco dell'antica matrice tradizionale. Essa è stata influenzata dall'Impero romano e dopo l'eccidio sistematico dei druidi si è trovata allo sbando ed ha assorbito valori di ogni genere. Dall'abbandono del vegetarianesimo ancestrale all'attuazione di cruenti sacrifici umani e animali. La successiva comparsa del cristianesimo ha completato l'opera di confinamento dell'antica civiltà dei Nativi europei nel limbo della Storia, portando l'attenzione sugli usi e costumi dei Celti storici. Il paganesimo celtico, un falso storico È consuetudine considerare che il Celtismo, intendendo quello dei Nativi europei, sia stato una cultura pagana, ovvero dedita al culto di numerosi dèi, in contrapposizione al monoteismo del cristianesimo. Per questo motivo il druidismo e le popolazioni celtiche vennero perseguitate e annientate dal potere della Chiesa di Costantino che stava affermandosi nell'Impero romano.
Niente di più falso, l'accusa di paganesimo non fu altro che una strategia per affermare il potere della Chiesa costantiniana che si rifaceva ai criteri e al potere dell'Impero romano apparentemente sconfitto dal cristianesimo. Tant'è che ancora oggi i Papi si fregiano del titolo di Pontefice, ovvero di "Facitore di ponti tra la Terra e il Cielo", che fu attribuzione di tutti gli Imperatori romani. E non solo: il papato diede incarico ad artisti come Giotto, detti "i grottaroli", di scendere nelle grotte superstiti del danno del tempo e ricopiare i fregi e i colori delle stanze degli imperatori romani per farli ripristinare in quelle vaticane. Oggi c'è ancora un equivoco storico che appare sui libri di storia, continuato dalla Chiesa per ignoranza o per calcolo, nell'attribuire all'appartenenza del paganesimo tutte le popolazioni celtiche che non si convertirono al cristianesimo. Non è affatto vero che gli antichi druidi non conoscessero il monoteismo. Anzi, sembrerebbe proprio, secondo le credenze delle popolazioni nordiche, che ci fu un loro apporto culturale che favorì la crescita del cristianesimo, che all'inizio era essenzialmente un movimento insurrezionale, si dice incoraggiato da Paolo di Tarso, un militare di carriera considerato come fondante del movimento cristiano, contro le brutalità dell'Impero romano verso gli schiavi e i diseredati e la lunga "ferma" a cui erano obbligati i militari per un numero considerevole di anni. Non per nulla ancora nell'Alto medioevo, nel tempo del Gotico, sopravviveva lo spirito del movimento rivoluzionario di Paolo di Tarso consentendo un mutuo scambio di dottrine. Tanto che negli stessi templi officiavano a turno pagani e cristiani, perfettamente alla pari. Solo dopo l'avvento del potere di Costantino, nel 300 d.C., che fece preminente la corrente "imperiale" da quella originale del proto-cristianesimo, si estromise la corrente più pura e legata al druidismo poiché vista come una organizzazione concorrente. Come fece in seguito Papa Clemente distruggendo l'ordine dei Templari per sbarazzarsi di una organizzazione che poteva divenire competitrice della Chiesa. Dell'antico apporto del druidismo sembra sia rimasta la mistica ruota forata del mito di Fetonte nella forma dell'ostia e della ruota del "Chi-rò" come eredità della tradizione druidica. I fenomeni dell'universo nel pantheon degli dèi del Celtismo Quel che viene detto oggi è che gli antichi Celti erano idolatri poiché adoravano una moltitudine di dèi e quindi non erano paragonabili ad alcuna filosofia monoteista. E anche questo è falso. È vero che la loro cultura comportava una pletora di dèi ma che possedessero degli attributi divini è assolutamente falso. Nella cultura celtica esisteva una precisa conoscenza dei fenomeni fisici, tant'è che nelle loro leggende hanno lasciato testimonianza di teorizzazioni sui viaggi nel tempo e sui paradossi ad essi attribuibili. Nella leggenda di Ossian ad esempio ci sono cenni addirittura a possibili worm-hole teorizzati come mezzo con cui viaggiare attraverso il tempo per ritornare poi in tempi anacronistici con la sua età biologica, come per i gemelli del paradosso temporale di Einstein.
L'antico druidismo aveva scelto di rappresentare le manifestazioni fisiche attraverso la raffigurazione di divinità che manifestavano le proprietà specifiche di ciascun fenomeno, allo stesso modo con cui oggi la scienza descrive i fenomeni. Si potrebbe dire che il dio Crono, signore del tempo e delle sue implicazioni, potrebbe essere paragonabile alla celebre equazione einsteiniana di "e=mc2". Allo stesso modo Platone secoli dopo spiegava nel suo Timeo come si potesse scrivere la storia senza che potesse essere alterata dai regnanti di ogni latitudine attraverso la stesura dei miti e delle leggende. E che dire della "croce celtica" che rappresentava per gli antichi Celti uno strumento di misurazione stellare e per la navigazione? Uno strumento in grado di trovare la latitudine e la longitudine, misurare gli angoli delle stelle, predire i solstizi e misurare la precessione degli equinozi. Lo strumento poteva anche trovare l’eclittica così come i Poli Nord e Sud, poteva costruire le mappe e le carte, servire alla progettazione delle piramidi e dei cerchi di pietre e, quando veniva utilizzato in combinazione con quei siti–osservatorio, era in grado di registrare e prevedere i cicli della natura. Se gli dèi del pantheon celtico erano solo espressioni di fenomeni fisici per poterli insegnare agli allievi delle numerose università, si può affermare che i Celti possedessero una ben precisa concezione monoteistica del piano divino che interpretavano con il concetto di immaterialità e invisibilità del "centro" del grande cerchio dell'esistenza. Non un dio antropomorfo dalla folta barba bianca, ma un ente considerato come la Causa Prima di tutte le cose a cui ogni individuo poteva rivolgersi e anche elevarsi alla sua conoscenza. Allo stesso modo degli asceti e dei santi cristiani che realizzavano la loro esperienza di estasi a fronte del volto divino. Gli antichi druidi non davano per certa l'esistenza di una Causa Prima basandosi su atti di fede superstiziosa dovuta a rivelazioni mistiche, ma realizzavano questa esperienza interiore attraverso delle precise osservazioni scientifiche che partivano dalla nascita dell'universo, con tutte le sue implicazioni metafisiche. La nascita dell'universo e la comparsa della facoltà senziente L'universo in cui viviamo, tra fenomeni stellari e vicende quotidiane, è scaturito dal momento in cui hanno avuto origine lo spazio e il tempo. La fisica quantistica, ma anche il "Tai Saar i Mnai", l’antico libro dello sciamanesimo druidico, descrive questo momento che si è manifestato, in una situazione fenomenica sconosciuta ed esistente a priori, per via della comparsa improvvisa di energia. Evento che si è prodotto come per magia a causa di un processo di fluttuazione di campo nella situazione fenomenica sconosciuta, che ha creato energia convenzionale (il falso vuoto) producendo nella sua successiva espansione la grande esplosione del Big bang, dando inizio al nostro universo. E dico "nostro" poiché a quanto pare questa situazione fenomenica sconosciuta in cui è comparso l'universo ne sta producendo ancora altri. Sembrerebbe all'infinito.
Prima della manifestazione del nostro universo c'è da valutare pertanto che ci fosse una condizione fenomenica estranea all'universo che oggi conosciamo. Una dimensione di esistenza che gli antichi druidi hanno definito come Shan, ovvero una dimensione di esistenza reale e totalizzante, che possiamo anche definire con il termine di Vuoto poiché la sua natura non può essere concepita in quanto esula dall'esperienza umana contratta nella materialità dell'universo. La messa in opera progressiva dell'universo ha poi dato vita agli atomi, alle stelle, alla Terra, alla vita e alle vicende quotidiane degli individui, umani e non. Ma la manifestazione dell'universo ha consentito anche l'affermarsi di un fenomeno ben più straordinario di tutto il resto e apparentemente inspiegabile, quale è il fenomeno della capacità senziente di tutte le creature viventi. Intendendo per queste anche tutte le forme di vita di questo pianeta con cui conviviamo. Il mistero mistico della facoltà senziente delle creature viventi La facoltà senziente esce dai parametri conosciuti dei fenomeni dell'universo. Essa non va identificata solamente nello stato di consapevolezza e neppure nella volontà. Come si può descrivere la facoltà senziente? Che cos'è e che cosa rappresenta nel vasto campo dei fenomeni? E neppure si può dare per scontata la sua manifestazione come un dato di fatto. La senzienza è una facoltà straordinaria e inspiegabile che si distingue per la sua stessa natura poiché non trova posto nell'economia dei fenomeni che sostengono la dimensione fisica dell'universo. Tutti i fenomeni con cui ci confrontiamo in natura hanno una origine e uno scopo. Che scopo può avere un fenomeno che porta ad essere consapevoli della propria identità e di esistere in un fenomeno indefinibile di esistenza? L'individuo può vedere la propria forma fisica e percepire il proprio Io attraverso il quadro esperienziale trattenuto dalla memoria così come percepirsi attraverso l'emozione del momento o mentre compie un’azione qualsiasi. Ma nonostante tutto non ha facoltà di "vedersi" in una percezione che corrisponda alla propria capacità senziente, la stessa che gli consente di percepire di esistere. La senzienza è come un cristallo trasparente, che c'è ma è invisibile a se stesso. È una realtà di essere che esiste e non ha bisogno d'altro. Va valutato che la senzienza delle creature viventi non è rapportabile solamente ad uno stato di consapevolezza di sé o di espressione di un atto di volontà, ma sembra andare al di là dell'immaginabile e dell'esperienza quotidiana.
Il fenomeno della capacità senziente, sebbene sia una proprietà dell'Io consapevole, non può essere paragonabile a quella apparente consapevolezza propria di un "sistema esperto" informatico o di una "Intelligenza Artificiale" ordinaria. Entrambe si relazionano in maniera funzionale all'orizzonte percettivo stabilito dal software o dai sensi artificiali che si rapportano con il mondo fisico. Senza negare per questo che una AI possa anch'essa raggiungere un giorno questa facoltà. La capacità senziente non è solamente funzionale, come le due "intelligenze" citate poco sopra, all'interazione con l'ambiente fisico ma è anche in grado di andare al di là dell'orizzonte percettivo materiale e quindi di poter realizzare l'esperienza specificatamente propria del silenzio interiore. Un’esperienza in cui si manifesta una percezione che non ha più nulla a che fare con la materia che la circonda. E in questo silenzio si manifesta la qualità del Vuoto, l'elemento in cui ha avuto origine il nostro universo e la materia che lo costituisce. Ma se così fosse, come poi l'esperienza conferma, c'è da chiedersi perché l'ente senziente si trova ad essere in comunicazione naturale con la dimensione del Vuoto? Viene da considerare l'idea che non potrebbe esistere la manifestazione dell'evento senziente, posto così fuori dalla funzionalità del contesto materiale, senza che esso possa essere messo in relazione ad un piano di esistenza che trascende la dimensione fisica dell'esistenza, ovvero che possa rapportarsi alla natura del Vuoto. Ovviamente tutto questo nell'attuazione di un disegno trascendente che ha voluto che dal Vuoto uscisse la complessità dell'universo e che la facoltà senziente potesse mantenere un collegamento con esso. L'idea dell'esistenza di una Causa Prima Che senso può avere il piano di esistenza trascendente della senzienza se non quello di consentirle di approdare ad una natura trascendente dell'esistenza che travalica l'universo? Se così non fosse lo stato di senzienza non esisterebbe e non potrebbe avere questa particolare e meravigliosa facoltà. Viene da considerare che possa sussistere un disegno mistico che coinvolge le creature viventi, uomini e animali, e che li vuole portare alla dimensione del Vuoto. Una dimensione mistica che comporterebbe l'esistenza di una Causa Prima posta al di fuori della fisicità dell'universo che ha congegnato il Big bang per fare in modo che l'universo possa funzionare come una sorta di uovo generatore di vita che comporti una continuità dopo la morte in cui l'ente senziente sia accolto, senza spreco energetico, nella dimensione del Vuoto. Un percorso evolutivo paragonabile a quello di un feto che poco alla volta assume il suo senso di esistenza e viene dato alla luce. In questa prospettiva l'individuo sopravviverebbe dopo la morte comportando il prosieguo di una continuità evolutiva. È un tema arduo da focalizzare. Ciò che porta alla difficoltà di capire quel che rappresenta il fenomeno della senzienza e che cosa può accaderle dopo la morte è causato dalle varie ideologie che attraverso i loro dogmi portano ad allontanarsi dalla chiarezza del problema. Possiamo solo ritenere a questo punto che l'universo non sia comparso a caso. Il Big bang ha infatti seguito precise regole di attuazione che la fisica quantistica è riuscita ad intravedere. È inevitabile chiedersi chi possa aver stabilito queste leggi. Deve esistere una evidente Causa Prima che ha messo in gioco a monte dell'universo le leggi che hanno permesso il Big bang. Anzi si potrebbe dire che abbia voluto la comparsa dell'universo.
In proposito si può citare Newton che ebbe a dire che se esiste un orologio ci deve essere stato necessariamente un orologiaio che lo ha costruito. Ma con questo non si vuole intendere di parlare di un Dio riduttivo o antropomorfo così come è stato concepito dalle varie religioni. In modo più metafisico la cultura druidica si esprime sul concetto di Causa Prima con l'aforisma del cerchio e del suo centro. Non può esistere una circonferenza senza un centro, anche se invisibile, che completa la figura geometrica. Appunto invisibile come il Vuoto, inafferrabile concettualmente e specchio della Causa Prima. Un simbolismo che si riflette in quello della "shahqt-mar", la ruota forata donata da Fetonte all'umanità. L'ascesi alla Causa Prima resa possibile dalla meditazione? Ma tutto ciò che si può dire intorno al fenomeno della sensienza non è solamente una speculazione filosofica. In effetti si può giungere a verificare l'esperienza particolare che è possibile all'ente senziente di qualsiasi specie. Solitamente si percepisce il proprio senso di esistenza riferendolo alla manifestazione della materia oppure alle proprie emozioni. Ma se si realizza una condizione di silenzio interiore, coadiuvato volendo anche da fattori ambientali, ci si affaccia su una dimensione di esistenza completamente diversa che non ha più riscontro con l'universo conosciuto. Occorre dire che l'individuo vive il suo rapporto con l'esistenza su tre piani: da quello sensoriale a quello virtuale della mente e infine a quello dell'Io consapevole che si fonde con la capacità senziente. Senziente quindi perché può percepire la natura e la presenza costante del Vuoto in cui il nostro universo "galleggia". La meditazione è un laboratorio dell'interiore conosciuto dalla tradizione sciamanica per poter sperimentare il silenzio. Essa porta a tacitare con metodo il rumore di fondo prodotto dai sensi e dalla mente per consentire all'Io consapevole di essere libero da ogni possibile soggettivazione fuorviante. In questo silenzio emerge l'ignoto, quindi la pace e infine uno stato di conoscenza che è propria del Vuoto. È l'esperienza dell'ascesi che per i santi e i saggi porta al cospetto di Dio svelando il mistero della personale esistenza. È l'esperienza che porta a sperimentare in prima persona la possibilità di una continuità di vita oltre la morte. |