Personaggi |
Un’esistenza dedicata alla difesa degli esseri più indifesi |
30 Luglio 2024 | ||||||
“Diario di un viaggiatore del Tempo", l’autobiografia di Giancarlo Barbadoro, scritta con lo pseudonimo di Shaumi Kadro Shana
Un’esistenza dedicata all’amore, oltreché per la conoscenza, l’arte e la bellezza, per la difesa degli esseri più indifesi, dai popoli nativi agli animali. Una “variabile spuria” nell’omologazione statistica che giocoforza standardizza, anche in senso deteriore, cosmologico quanto sociologico, lo sviluppo del pensiero umano oggi genuflesso alle aride logiche dell’utilitarismo, che in fondo giustifica ogni prevaricazione o aberrazione. Un vero – come lo avrebbe definito Howard S. Becker – “outsider” della cultura che proprio in quanto tale concorre alle “anomalie” che aprono alla possibilità di un mondo diverso e con esso alla speranza di un vero progresso. Che chiede innanzitutto agli abitanti di questo pianeta un approccio più giusto e rispettoso della vita, qualunque essa sia.
Giancarlo Barbadoro con la sua vita costellata da mille esperienze propedeutiche alla stessa realizzazione dell’Ecospiritualità, teoria su cui ha declinato tutta la sua parabola da “alieno” in questa terra e che lo ha portato a parlarne anche sugli scranni dell’ONU, è stato – cominciando dalle lotte tra gli anni ‘70 e ‘80 contro gli Zoo per finire con quelle contro la vivisezione – un pioniere dei diritti degli animali e degli ultimi della Terra ma anche un fine indagatore del controverso mondo ufologico, attività scivolosa ma sempre affrontata con un senso del rigore della ricerca coerente quanto dovizioso di argomentazioni. Barbadoro era anche un giornalista ed un divulgatore certamente “not mainstream” ma capace di catalizzare interesse e curiosità associando alle sue iniziative un marketing culturale mai scontato ed invasivo e sempre legato, oltre ai temi in cui credeva, al territorio in cui viveva (il mondo) e con le persone che lo popolano, con cui interagiva aprendo la sua casa e la sua anima al confronto. A lui mi lega soprattutto un concetto che mi rodeva dentro l’anima e che anche grazie a Barbadoro mi è divenuto ogni giorno più chiaro e meno urticante, ovvero che l’uomo non è il dominatore assoluto del creato. “La visione antropocentrica deve essere superata in favore di una concezione antispecista e biocentrica”, diceva.
Una frase che è anche la pietra angolare dell’immenso patrimonio costituito dalla sua vita di studi, oggi custodito nel Centro Studi che porta il suo nome, di cui il pianeta non ha mai avuto così bisogno e che è anche il suo più prezioso testamento. Nonché un punto di resilienza e rilancio contro i modelli rapaci con i quali si sono sviluppate storicamente le società in cui viviamo, anche quelle più progredite e democratiche e che ora hanno il fiato sempre più corto.
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