Musica |
LabGraal - Native |
06 Giugno 2013 | |
Non è certo facile, in questi freddi anni globalizzati, parlare di costumi e di antiche tradizioni. Soprattutto in musica, dove le contaminazioni sono all’ordine del giorno e diventa sempre più difficile rinchiudere le melodie in generi e categorie. Per questo motivo, un lavoro come Native, nuovo album del LabGraal, è certamente uno di quei dischi da tenere in considerazione. Per il “laboratorio” musicale piemontese devoto al Keltic Rock si tratta di un album particolarmente significativo, che giunge dopo la realizzazione del film Shan, di cui i musicisti erano attori e compositori della colonna sonora e soprattutto dopo Dreaming, il disco realizzato in Australia, insieme al musicista aborigeno Jida Gulpilil. Un progetto volto a significare che il lavoro del LabGraal non è solo una questione di musica celtica o anglosassone in generale, ma un percorso interessato a trovare un contatto con la terra ed i “nativi” di tutto il mondo. Diversi gli spunti interessanti all’interno del disco, realizzato da Carlo Ubaldo Rossi, tra i maggiori produttori italiani, già al fianco di artisti come Subsonica, Caparezza e Giuliano Palma: sotto uno sfondo epico e sciamanico si intrecciano infatti le sonorità più affini alle tradizioni celtiche, irlandesi e scozzesi, alternando ritmiche allegre e sostenute come nei brani Donald Mc Gillavry e Brose and Butter, con alcune soffuse ballate (Loch Lomond) e qualche spunto occitano, rintracciabile nelle note della tradizionale Se Ieu Sabiau Volar, cantata in langue d’Oc (non a caso, all’interno del disco figura Chiara Cesano, violinista già al seguito dei Lou Dalfin). Un disco denso, costituito da ben sedici brani, che riassume perfettamente una delle band più affermate e longeve del panorama italiano in ambito celtico, a cavallo tra rock, folk e new age; un percorso musico-spirituale senza confini diretto al cuore della Terra.
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