Misteri

Nel cuore di una Sardegna sconosciuta

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14 Dicembre 2011

La “Pietra del Gigante” di Pauli Arbarei

Reportage da Pauli Arbarei: storie straordinarie, antichissime tradizioni e fenomeni inspiegati


“Ecco, questa è la tomba dove ho trovato il primo scheletro …”

Luigi Muscas misura le parole ma la sua voce tradisce un’emozione forte ancora oggi, dopo un evento che, come ci racconta e come scrive nei suoi libri “Il Popolo dei Giganti, Figli delle Stelle” e “I Giganti e il culto delle Stelle”, risale al febbraio del 1972.

Ci troviamo nelle vicinanze di Pauli Arbarei, piccolo paese del Medio Campidano, nel cuore di una Sardegna dai riflessi antichissimi: è agosto pieno, il sole brucia e il cielo è di un azzurro smagliante. Shan Newspaper ha sentito la necessità di “toccare con mano” le storie e gli eventi narrati da Muscas nei suoi libri ed eccoci qui, a discutere con lui in mezzo alle erbe riarse popolate di ricordi.

Luigi Muscas nasce nel 1962 a Villamar, presso Cagliari, e ha trascorso quasi la sua intera vita a Pauli Arbarei, dove un dramma familiare (la morte del padre) lo portò a trasferirsi da piccolo presso la casa dei nonni materni. E’ un artista: pittore, ma soprattutto scultore, crea opere in pietra, bronzo, argilla, ceramica che hanno avuto vasta eco e sono state esposte in gallerie di prestigio italiane e straniere.

Molte di queste opere sono destinate al futuro museo che Muscas stesso e i suoi collaboratori realizzeranno in Pauli Arbarei per testimoniare e diffondere “la storia dei Giganti”. Ed è proprio da qui che parte il nostro incontro con l’antico borgo di Pauli Arbarei e con il suo narratore che, in un pomeriggio assolato, all’ombra di un capanno nel suo cortile (embrione del futuro museo) ha incominciato a parlarci della sua terra e dei suoi misteri.

Da sempre, gli abitanti del posto parlano di un’antica stirpe che giunse a colonizzare la zona in epoche arcaiche, risalente a circa 12.000 anni fa: una stirpe regale, molto progredita, che apportò conoscenze di ogni genere agli autoctoni e che era in grado di muoversi attraverso canali navigabili dal lago che un tempo costeggiava l’abitato fino al Mar Tirreno, per spingersi poi lungo ogni rotta allora conosciuta. Testimonianza di questi viaggi, secondo Muscas, la troviamo ancora oggi in quelle che i locali chiamano “anelle” - grandi cerchi di ferro, del diametro da 30-40 cm in su - che sono state ritrovate nei dintorni in gran numero e che dovevano servire per l’attracco delle navi. Alcune anelle, come quella che ci ha mostrato lo stesso Muscas, sono state conservate e hanno una caratteristica particolare: sono composte da ferro che non arrugginisce.


Corte ‘e Baccasa. Un menhir abbattuto su cui sono evidenti numerose coppelle

Una tecnica di fabbricazione dunque ignota, come quella che dava origine alla “pietra impastata”: un particolare procedimento per conglomerare pietrisco e sabbie ed ottenere materiali da costruzione duri e resistenti come la roccia ma “modellabili”, per erigere le ciclopiche costruzioni di cui potremo visitare i resti nei dintorni di Pauli Arbarei. Resti che Muscas fa risalire alla mitica civiltà colonizzatrice, dotata di straordinarie conoscenze tecniche e ingegneristiche che la assimilano alla meravigliosa civiltà dei Megaliti diffusa su tutto il Pianeta.

Ma non solo: quella che ancora oggi la gente di Pauli Arbarei ricorda nelle leggende e in riti millenari è descritta come stirpe di Giganti. Esseri fisicamente altissimi, discendenti di una razza che era in grado di muoversi tra cielo e terra e che le leggende locali vogliono fosse discesa dalle stelle per stabilirsi in questi luoghi.

Il racconto di Muscas sull’antica civiltà è molto ricco: per averne un’evidenza, ci accompagnerà lui stesso, nei tre giorni che abbiamo trascorso a Pauli Arbarei, in giro per le campagne circostanti alla ricerca di luoghi e resti di quella che chiama “la Città perduta”.

Non è stato agevole muoversi nella zona: purtroppo i resti ancora oggi visibili sono sparsi tra i campi, in massima parte rovinati o del tutto distrutti dalle operazioni di lavorazione dei terreni, non esistendo alcuna tutela archeologica. Al proposito Muscas e altri ricercatori locali stanno costituendo un’Associazione Archeologica che ha come obiettivo di essere autorizzata al recupero dei siti, attraverso lavori di ripulitura e valorizzazione.


I resti di una strada lastricata a scacchiera nel sito di Corte ‘e Baccasa

Abbiamo comunque avuto modo di attraversare luoghi che ancora oggi sono permeati da un’atmosfera ancestrale e trasmettono un senso di mistero diffuso.

Il primo incontro in una località che conserva una denominazione d’altri tempi: “Sa terra de sa perda de su uiganti” (la terra della pietra del gigante). Una tenuta di campagna, ricca di coltivazioni, dove fa bella mostra di sé la “Pietra del Gigante”: un masso megalitico, evidentemente lavorato, che viene fatto risalire alla mitica civiltà dei Giganti e che si ritiene dotato di poteri terapeutici.

Il mattino successivo, una lunga passeggiata nelle campagne dei dintorni di Pauli Arbarei: in località Sirissi giacciono i resti in pietra di quello che Muscas definisce “Tempio del Sole” e di una “tomba di giganti” che riporta, alla base di uno dei massi, un’incisione rotonda, forse simbolo solare.

Da qui saliamo lungo i pendii della località Corte ‘e Baccasa, dove moltissime sono le vestigia di quello che sembra essere stato un antichissimo agglomerato d’impronta megalitica: menhir abbattuti, uno in particolare con evidenti coppelle, resti di grandi pavimentazioni con disposizioni a scacchiera, un intero poggio da cui affiorano blocchi di pietra squadrati di varie dimensioni, alcuni dalle pareti ancora rivestite di cristalli di quarzo, che secondo Muscas sono i resti del cosiddetto “Tempio delle Stelle”. E’ su questo poggio che abbiamo la precisa sensazione di trovarci come su di una piramide a gradoni, della stessa antichissima fattura di altre piramidi che, misteriosamente, emergono sempre più numerose sul territorio europeo e di cui Shan Newspaper si è già occupata.

E ancora su questo poggio ritroviamo la Tomba citata all’inizio: quella dove Muscas si rifugiò da bambino, quando era ancora intatta, trovando all’interno, secondo il suo racconto, uno scheletro perfettamente conservato di dimensioni straordinarie. Le nostre misurazioni hanno appurato che il pavimento della tomba, che oggi è aperta e vuota, poteva raggiungere i sei metri.

Testimonianza di quello che è stato l’unico interessamento ufficiale all’ignota civiltà che occupò queste zone in tempi remoti è oggi, purtroppo, un cantiere di scavi sulla sommità di Corte ‘e Baccasa, tristemente chiuso e ricoperto da teloni ormai da anni.


Luigi Muscas presso una pietra squadrata, ciclopica, sul pendio a gradoni

Di grande suggestione, ai piedi di Corte ‘e Baccasa, la zona denominata Is Cappellasa: pozze d’acqua, ora prosciugate, che per tempo immemorabile sono state sede di rituali popolari dedicati alla Luna e alle Stelle, fortemente osteggiati dalla Chiesa locale; nei loro pressi, anche i resti di un pozzo sacro, di origine ancestrale.


Nei giorni successivi, altre visite “megalitiche”

La località Sa Contissa, che la tradizione vuole epicentro della Città perduta: in zona collinare, con le vestigia di strade pavimentate, strutture nuragiche, grandi ammassi di lastre in pietra ciclopiche, divelte a seguito delle lavorazioni dei terreni. Su Campu de is Aztecusus: un nome intrigante, forse retaggio di una remota e misteriosa liaison con altre culture, per un’area compresa tra i Comuni di Pauli Arbarei e Gonnoscodina, con affioramenti di antiche mura. L’area nuragica e pre-nuragica di Siddi, con un assaggio di quello che Muscas chiama “mondo sotterraneo”, un sistema evidente di cunicoli che si inoltrano nelle viscere della terra al di sotto delle strutture nuragiche: un reticolo architettonico poco conosciuto, talora occultato, come a volerne impedire gli accessi, che collega le strutture in una rete di chissà quali dimensioni e utilizzi.

I Giganti? Ne abbiamo avuto pochissimo riscontro. Certamente i racconti di Muscas e le testimonianze dei conterranei, riportate nei suoi libri, sono precise e circostanziate: è una storia, quella del popolo dei Giganti, che ha lasciato indelebile segno nella cultura e nelle tradizioni della zona. Se ne parla come di una realtà, si fa riferimento al fatto che, da sempre, persone del posto hanno raggiunto un’altezza inconsueta. Tracce concrete non sono state visibili al nostro reportage.

Abbiamo avuto modo di osservare dal vivo un grosso dente molare in possesso di Muscas: di dimensioni certamente esagerate per appartenere ad un essere “normale” della razza umana, non è però da scartare l’ipotesi che sia appartenuto a un grande erbivoro.

Nell’area archeologica di Sant’Anastasia, a Sardara, nei pressi di Pauli Arbarei, abbiamo potuto osservare affioramenti di ossa che purtroppo non sono avvicinabili a causa di percorsi obbligati e transenne che tengono il pubblico lontano: Muscas sostiene di aver potuto vedere da vicino tali ossa quando furono disseppellite e che, tra esse, erano presenti tibie della straordinaria lunghezza di circa un metro e settanta.


Sito megalitico di Siddi: cunicoli al di sotto di una struttura nuragica

A oggi, non è dato “toccare con mano” reperti ossei che attestino la realtà dei Giganti di Pauli Arbarei. Non si trascuri il fatto che, come testimoniano Muscas e molti suoi concittadini, per anni si è fatto scempio dei siti archeologici e di ciò che affiorava dalla terra: moltissimo, di quanto portato alla luce, è stato depredato per finire chissà dove o semplicemente distrutto. Spesso gli agricoltori consegnavano alle autorità o al parroco del paese quanto scoperto, con il risultato che scendeva il silenzio e i reperti (ossa, oggetti, monili, opere artistiche, ecc.) sparivano nel nulla.

Ciò che non è certo sparito sono “le Stelle”, così come le chiamano in Pauli Arbarei. Queste le abbiamo viste, a più riprese.

Corollario dei misteri antichi di questi luoghi? Fenomeno dovuto al permanere in zona di manifestazioni ignote? Eventi naturali inspiegabili? La questione è aperta e intrigante.

Di certo, ospitati insieme con altri curiosi nel cortile della casa di Luigi Muscas, abbiamo potuto, per tre sere consecutive, assistere a fenomeni luminosi veramente particolari.

Globi luminosi che si muovevano nel cielo con traiettorie lineari per poi scendere verticalmente verso terra; altri che si spostavano a zig zag o si avvicinavano ai tetti del paese per rimanervi al di sopra, immobili, per un interminabile minuto; flash che attraversavano l’oscurità; luci colorate, rossastre, azzurre, bianche… Un teatro di immagini in movimento che ha dell’incredibile. E anche dell’”invisibile”, come i numerosi orbs, i globi luminosi non visibili ad occhio nudo, che abbiamo riscontrato sulle foto scattate in notturna.

Certo un panorama di fenomeni non facilmente spiegabili, alla luce delle conoscenze scientifiche “ufficiali”. Fenomeni, peraltro diffusi su tutto il pianeta, che stimolano la ricerca e fanno pensare ai numerosissimi casi di “Earth Lights”.

In ogni caso, in questa piccola zona del Medio Campidano, fili invisibili ed ignoti legano il passato e il presente di una terra dove il mistero sembra essere a portata di mano.

 

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