Misteri |
Criptozoologia: in viaggio tra i meravigliosi enigmi del Mondo Animale |
24 Aprile 2020 | |||||||||
Esplorando i confini della zoologia, sulle tracce di esseri sconosciuti, nascosti o impossibili
Riprendiamo il viaggio, tra i suggestivi richiami di tutto quanto non conosciamo del mondo animale. Zoologia misteriosa, certo. Ma non solo: scoperte affascinanti nel comportamento dei nostri fratelli animali, storie di specie “perdute”, indagini che invadono il campo di una biologia estrema, echi mitologici o leggendari e altro ancora. Tutto quanto porta ad interrogarci su cos’ è davvero la vita nel mondo che ci circonda, su dove siamo stati messi a vivere, nel grande Mistero che Madre Natura rappresenta. Si comincia con un grande applauso al Cervo Topo vietnamita! Ce l’ha fatta in barba quasi trent’anni, si credeva che non l’avremmo mai più rivisto… ed eccolo qua! Ma chi è? Beh, cervo topo è, diciamo così, il soprannome del tragulo: un piccolo, graziosissimo mammifero roditore, dalle dimensioni di un coniglio, noto da sempre in aree boschive del Vietnam (ne esistono altre specie in diverse zone asiatiche) o, perlomeno, fino al 1990, anno in cui un cacciatore pose fine alla vita di quello che parve essere l’ultimo dei cervi topo del Vietnam. Non se ne videro più per quasi trent’anni, tanto che la Global Wildlife Conservation (GWC, autorevole organismo internazionale che soprassiede a numerose iniziative contro l’estinzione delle specie animali e vegetali) lo considerò estinto. Fino a che, nella primavera del 2018, voci che provenivano dagli abitanti della zona lo davano per nuovamente avvistato: mai sottovalutare le testimonianze locali, per cui la stessa GWC promosse un team di ricerca che si recò sul posto, posizionò nelle foreste numerose fototrappole e … voilà, tante bellissime immagini del tenero redivivo roditore. Era già noto prima per essere molto schivo, difficilissimo da vedere, con abitudini di cui non si sapeva quasi nulla: oggi sappiamo per certo che, se vuole, non si fa proprio trovare, si dà per disperso, alla faccia di chi può ancora pensare che gli animali non umani non elaborino strategie raffinate e programmi di vita per proteggersi dal più grande dei pericoli: l’Uomo.
Restiamo nel “piccolo”. Una ventina di centimetri circa. Lago di Xochimilco, vicino a Città del Messico. Qui, e solo qui al mondo, vive l’assolotto. Altro animale non umano veramente grazioso, appartiene alla famiglia delle salamandre, dalle quali si differenzia per un comportamento proprio inusuale tra gli anfibi: nasce in acqua e qui rimane per tutta la vita, non effettuando mai la metamorfosi che porta le larve di salamandra a sviluppare la possibilità di vivere in ambiente terrestre. Ma attenzione: è in grado di decidere - e lo fa, seppur molto di rado - se e quando avviare questa metamorfosi, raggiungendo quindi anche la capacità di uscire dal lago e di muoversi tra terra ed acqua. E già questo stupisce: pur sapendo perfettamente di avere la possibilità di vivere tra i due mondi, sceglie deliberatamente di passare tutta la sua vita nel lago. Con ogni probabilità, solo a fronte di condizioni particolarmente avverse (pesca, inquinamenti, proliferazione di pesci predatori o quant’altro) mette in moto il processo metamorfico e diventa un anfibio a tutti gli effetti. Una tecnica di difesa, di salvaguardia? Può essere, così come si può pensare anche nel caso del simpatico assolotto che la lontananza dall’essere umano sia gradita … Ma non è tanto questa caratteristica, già di per sé piuttosto peculiare, che dona interesse “criptozoologico” all’assolotto: ciò che fa di questa salamandra messicana un vero mistero zoologico è che, unico tra gli esseri viventi, ha una grandissima abilità nel rigenerare parti del proprio corpo. In natura esistono vari fenomeni di rigenerazione. Basti pensare alla lucertola che è in grado di far ricrescere la coda, se la perde; o ad un verme piatto, la planaria, che sa guarirsi da lesioni o ferite anche letali ricostruendo i propri tessuti; o ancora, l’idra, microscopico polipetto che pare non invecchiare mai, grazie alla capacità di produrre in continuazione cellule staminali. Ma l’abilità dell’assolotto è spettacolare, agisce sia per la ricostruzione degli arti e della coda sia per quella degli organi interni: dai testicoli al cuore, dagli occhi al midollo spinale al cervello stesso e così via … E sembra sapere perfettamente quali sono le cellule danneggiate o perse: ricostruisce le parti mancanti con precisione matematica, non una cellula di più non una di meno, senza lasciare cicatrici né malformazioni né segni di alcun tipo! Il che sembrerebbe possibile grazie alla sua capacità di mettere in gioco cellule simili a quelle staminali dell’uomo, che, anziché “coprire” le lesioni, le “sviluppano” in nuovi processi cellulari ricostitutivi.
Ricercatori dell’Università del Kentucky sono riusciti a mappare il suo genoma: è dieci volte più grande di quello umano ed è il più complesso ricostruito finora. Non male per un grazioso esserino di 20 centimetri … Ancora più nel piccolo ma questa volta anche nell’enorme: sembra un gioco di parole ma si presta bene a parlare di quella che è stata definita “biosfera oscura”. Cioè: una vera e propria “massa” di esseri viventi, ognuno di dimensioni infinitesimali ma, nel loro complesso, grandi circa 2 volte quanto tutti gli oceani del Pianeta e costituenti una quantità di carbonio (elemento i cui composti formano le basi di tutta la vita sulla Terra) pari a circa 300 volte quella di tutti gli umani messi insieme. Ce lo dicono dieci anni di ricerche del DCO (Deep Carbon Observatory), team internazionale di scienziati che si occupano dello studio del carbonio. Il team ha realizzato esplorazioni di luoghi estremi: il sottosuolo marino fino a 2.5 Km di profondità sotto i fondali oceanici, il sottosuolo terrestre attraverso trivellazioni profonde fino a 5 km. E cosa ne è uscito? Che non sappiamo nulla, ma proprio nulla, di come si è sviluppata la vita sulla Terra. Il risultato delle ricerche è stato che si sono incontrate milioni di specie di esseri viventi, in massima parte sconosciute: un delirio criptozoologico. Batteri, microbi e microorganismi pluricellulari di cui non sapevamo alcunché e di cui continuiamo a sapere ben poco: sopravvivono a pressioni 400 volte superiori a quella del livello del mare, oppure in correnti di fondale calde fino a 121 gradi centigradi (ergo, vivono in un ambiente più caldo dell’acqua bollente), non hanno fonti di nutrimento se non le rocce in cui sono incastonati, consumano energia in misura inferiore a quanta la scienza umana ritiene indispensabile alla vita, paiono avere ritmi vitali lunghissimi, paragonabili alle epoche geologiche e non si sa come si riproducano, non si sa come si muovano eppure si spostano e devono pur essere arrivati nell’habitat che hanno prescelto … Ce n’è abbastanza per porci domande di ogni sorta: gli enigmi coinvolgono lo studio di tutta la sfera della vita e dell’evoluzione sul Pianeta, dalla zoologia alla biologia, dalla fisica alla biochimica, e, ancora una volta, ci portano a domandarci “dove siamo veramente?”, “con chi condividiamo la vita sulla Terra?” … Tralasciando il fatto che, di fronte a colossi come la biosfera oscura, che non consumano il Pianeta, non inquinano, non guerreggiano, non distruggono, mettono d’accordo milioni di specie diverse condividendo svariati habitat, ecc. ecc. … beh, chi potrebbe ancora avere il coraggio di parlare dell’Umanità come specie superiore? Bene. Abbiamo fatto il giro del mondo sopra e sotto, dal Messico al Vietnam e per tutti gli oceani del globo: possiamo fermarci e concludere questa seconda carrellata sulla zoologia mysteriosa un po’ fuori dallo spazio e dal tempo, con un richiamo a uno degli esseri criptozoologici per eccellenza: il drago. Non basterebbero articoli su articoli per parlarne: fin dalle epoche più remote, dalla primigenia cultura dello Sciamanesimo solare, il drago è stato il simbolo stesso della Natura, espressione di forza, di vita, di conoscenza. Una simbologia positiva e vitale che si è trasmessa a tutte le culture a venire: per citare qualche esempio, i Cinesi chiamano ancora oggi il loro popolo “Figli - o Discendenti - del Drago”; gli Aborigeni australiani vedono il drago nel Bunyp, essere antichissimo e saggio che protegge le terre da chi le può danneggiare (sull’argomento, vedi su questa rivista l’articolo “Australia: tra Draghi e Megaliti - parte seconda” di Rosalba Nattero); sullo stemma di stato dell’Islanda campeggia un drago, a ricordo dell’essere benevolo protettore dell’isola in epoche remote … e via di questo passo. Ahinoi, solo la cultura ebraico-cristiana trasformò il drago in essere negativo e demoniaco, forse proprio per opporsi alle antiche tradizioni che ne avevano ben altro rispetto. Animale reale o fantasia? Sono stati spesi al proposito fiumi di parole …
Ci limiteremo a ricordare che autori e ricercatori al di sopra di ogni sospetto hanno nei millenni trattato del drago come di un essere reale: da Aristotele a Ovidio, da Virgilio a Plutarco; Plinio il Vecchio ne parla nella sua opera fondamentale, la “Naturalis Historia”, preziosa ancora oggi; Ulisse Aldrovandi, tra i più grandi scienziati del ‘500, uno dei padri delle scienze naturalistiche moderne, ne scrisse ben due trattati: “Serpentum et Draconum Historia” e “Monstrorum Historiae”; Gunnar Cavallius, ricercatore svedese dell’’800, raccolse in un testo le testimonianze di oltre 50 avvistamenti di esseri simili a grandi serpenti … e via via fino a noi. Sarà un piacere approfondire l’argomento ma, come dicevo, ci lasciamo con una poetica leggenda. Siamo in Italia, Trentino, Piana Rotaliana. Un incantevole anfratto pianeggiante tra le Dolomiti. Mezzocorona è uno dei paesi che animano la Piana. Leggenda vuole che, nel corso del 1400, un “terribile” drago percorresse i dintorni del paese, seminando il panico tra gli abitanti. Fino a che il prode Conte Firmian, Signore del luogo, non decise di affrontarlo e, grazie a uno stratagemma, ne ebbe la meglio: pose un secchio di latte e un grande specchio di fronte all’ingresso della caverna dove il drago si rifugiava. Questi uscì, attratto dal latte, e rimase come stupito nel vedere un altro sé stesso: il conte approfittò di questo momento di esitazione del drago e lo trafisse mortalmente. Ovvio che la tradizione cristiano-cavalleresca parla di giubilo del popolo, liberato dal drago. Ma la storia non finisce qui: racconti popolari ricordano che le gocce di sangue del drago, cadute a terra, diedero origine alle prime viti di Teroldego, lo straordinario vitigno autoctono della Piana Rotaliana che cresce soltanto qui e che da secoli è tra le fortune della gente del posto. Un bell’enigma: il drago aveva diffuso terrore ma anche donato ricchezza. Intrigante, la storia… |