Misteri |
Storie fantastiche degli inquilini di Madre Terra |
13 Giugno 2017 | ||||||||||||||||||||||||||
La scienza si trova ad affrontare il mistero della manifestazione di creature inconsuete e apparentemente impossibili. Rappresentano la continuità di specie vissute nell'era dei grandi sauri? Il mistero dei rettiloidi
Gli antichi inquilini della Terra nell'era dei grandi sauri Il pianeta Terra ruota intorno al Sole da almeno 4 miliardi di anni e attraverso varie vicende nel corso dei secoli ha ospitato, come ci si aspetterebbe sia accaduto anche sulle migliaia di esopianeti sparsi nel cosmo, le più disparate forme di vita. Dapprima le semplici creature unicellulari, poi una selva di piante che è andata a ricoprire l'intera superficie di questo mondo preparando l'avvento delle specie successive come i grandi sauri e i mammiferi. Secondo la paleontologia i grandi sauri hanno dominato con la loro forza e la loro inaudita violenza la storia del pianeta per almeno 150 milioni di anni, dal Triassico, stimato sui 240 milioni di anni, sino al Cretaceo quando un evento celeste avvenuto circa 65 milioni di anni fa portò alla loro decisiva scomparsa. Non si sa bene che cosa sia accaduto. La scienza non è in grado di spiegarlo. Si stima che l'impatto di un grande asteroide abbia sollevato una coltre di fumi che avrebbe oscurato il sole e dando vita ad un grande inverno che avrebbe portato all'estinzione tutte le specie dei grandi sauri. La teoria, per quanto supportata dall'impronta delle polveri lasciata nelle stratificazioni geologiche, non spiega come mai non spettò la stessa sorte alle piante e ai mammiferi che continuarono la loro esistenza evolvendo sino ai tempi attuali.
Come al solito ci può venire in aiuto la memoria dell'umanità continuata nelle tradizioni dei cosiddetti Popoli naturali, culture native rimaste incontaminate dalle ipoteche ideologiche del mondo maggioritario che a forza di mistificare la storia per proprio interesse di immagine ha finito per creare un grande pasticcio di eventi che non restituiscono la vera storia dell'umanità. Secondo le tradizioni nordiche europee la saga di Odino, il re degli antichi Asi, potrebbe servire per ottenere un quadro di insieme. Se diamo retta a Platone che nel suo Timeo afferma che i miti e le leggende non sono narrazioni per bambini, ma rappresentano il solo mezzo per dare continuità alla storia dell'umanità e vanno interpretati con una giusta esegesi, allora possiamo osare. La saga di Odino narra che in un'epoca primordiale la Terra era dominata da feroci giganti che davano la caccia e si cibavano di tutte le altre creature. Ed era una continua guerra tra gli Asi di Odino, creature simili ai giganti ma di minori dimensioni, e i giganti. Una guerra sfibrante ma necessaria per mantenere la loro sopravvivenza messa eternamente in pericolo dalla loro insaziabile fame e sete di dominio del pianeta. Poi un giorno discese dal cielo, tra vortici di fuoco e di vento accompagnati da terribili tuoni, Loki, un personaggio variopinto che per via del suo aspetto simile agli Asi fece amicizia con Odino e che, per simpatia e senso di giustizia verso questi oppressi, lo aiutò a sterminare tutti i giganti. O quasi tutti. La saga narra che Odino si limitò a eliminare solamente i giganti pericolosi e sanguinari esiliando tutti gli altri verso i confini estremi del mondo. La narrazione della saga nordica sembra riecheggiare nel testo del cosiddetto "Papiro Punt" conservato nel museo di San Pietroburgo che riporta la storia di un sottufficiale che aveva fatto naufragio, quale unico superstite di un equipaggio di un centinaio di uomini, sull' "isola del ka", una sorta di grande iceberg, dove dopo tre giorni ebbe modo di incontrare un enorme serpente barbuto lungo 30 cubiti (dai 13,5 ai 16,5 metri ). Questo si rivolse al marinaio dicendogli di essere l'unico superstite di una famiglia di settantacinque serpenti che avevano vissuto sull'isola prima che "una stella cadesse", e tutti loro andassero a fuoco a causa sua. Legando l'evento meteorologico e decisivo di Loki in relazione alla scomparsa dei giganti della saga nordica di Odino e gli Asi, alla mitologia bretone, nel linguaggio sopravvissuto ai nostri giorni, il drago oltre ad essere rappresentato nel suo aspetto di grande rettile in grado di volare, è visto anche come simbolo delle comete e di tutti gli eventi celesti, come appunto le comete e tutti gli altri bolidi.
La lingua bretone ha conservato nella parola "aerouant", utilizzata anche per designare il dragone, tutte le varietà dei suoi sensi simbolici: alle volte significa, nel contesto cristiano, il demone, ma anche gli sciami ardenti, la meteora, e tutto ciò che può sorgere nel cielo e portare degli sconvolgimenti, pur esistendo parole specifiche per ciascuno di questi fenomeni meteorologici. Le sfere di fuoco nel cielo, i passaggi di comete, le cadute di meteoriti, e tutto ciò che esce dall'ordinario e produce bagliori è stato da molto tempo associato indissolubilmente al dragone. Sono scomparsi tutti? Possibile che tutti i grandi sauri del Cretaceo siano scomparsi del tutto? Che nessun esemplare abbia continuato la sua esistenza ai margini della civiltà degli umani? Secondo l'interpretazione della saga di Odino sembrerebbe prendere corpo l'idea che in effetti siano rimaste in vita varie specie di sauri di natura più inoffensiva di quanti potevano esserlo quelle dei grandi carnivori. Creature meno pericolose e cosce della minaccia che sarebbe stata rappresentata per loro la presenza dell'umanità in espansione sul pianeta, tanto da condurre la loro esistenza in luoghi inaccessibili del pianeta. Se così è stato, nella storia dell'umanità dovrebbero esserci riscontri della loro occasionale e fugace apparizione. Riscontri che non mancano e che sono le fondamenta culturali del folto bestiario a cui si rivolge la moderna criptozoologia. Guardando al passato possiamo citare la testimonianza di Tito Livio tratta da una delle sue opere. Era l'inverno del 256-55 a.C., nel tempo in cui le legioni di Roma erano sbarcate a Clypea ad est di Cartagine impegnate nelle operazioni di assedio della capitale antagonista all'Impero romano. Fu in questa zona che i legionari si imbatterono in una creatura inconsueta che non avrebbe dovuto più esistere. La testimonianza di Tito Livio recita come segue facendo parlare Valerio Massimo che "in Africa, apud Bagrada flumen, tantae magnitudinis anguem fuisse tradunt, ut Atilii Reguli exercitum usu prohibèret"... Traducendo l’intero paragrafo: "In Africa, sulle rive del fiume Bagrada, v'era un serpente d'una tale mole che impediva all'esercito di Attilio Regolo di servirsi di quell'acqua; molti soldati erano stati presi dalle sue enormi fauci e in maggior numero strozzati dalle spire della sua coda. Le frecce che gli lanciavano non riuscivano a ferirlo. Alla fine con le balestre lo si finì facendo piovere sul suo corpo da ogni parte gran quantità di pesanti pietre. A tutte le corti e le legioni era apparso oggetto di terrore assai più della stessa Cartagine e quando il suo sangue si mescolò all'acqua del fiume e le esalazioni pestifere del suo cadavere infestarono tutta la regione, l'esercito fu costretto a spostare il campo".
Tito Livio aggiunge ancora che “la pelle del serpente, che misurava centoventi piedi, ossia ben 36 metri, fu mandata a Roma." Dalla descrizione fatta dall'antica cronaca si potrebbe pensare ad un Ittiosauro sopravvissuto, secondo la narrazione della saga nordica, per la misericordia dell'antico dio Odino che volle risparmiare i grandi sauri meno problematici per la sua specie. Ma se ci sono state creature sopravvissute all'immane carneficina avvenuta 65 milioni anni or sono, le testimonianze della loro occasionale presenza non sono relegate solo ai tempi dell'Impero romano di duemila anni fa. Possiamo citare infatti casi più recenti, nella prima metà del Settecento, quando l'arco alpino del Nord Italia era considerato il regno di ogni sorta di draghi di animali favolosi, e non solo nell'immaginario dei valligiani, ma anche da parte di insigni studiosi. Uno di questi fu il celebre naturalista svizzero Jakob Scheuchzer (Zurigo, 1672-1733), che nella sua opera scientifica "Itinera alpina", oltre a tracciare una prima ricognizione meteorologica, geologica, mineralogica, botanica e zoologica delle Alpi, attesta e cataloga tutta una serie di animali mostruosi, a cominciare dai "draghi volanti", suffragando le sue affermazioni con tutta una serie di documenti e testimonianze estremamente circostanziati. Credenze e testimonianze rimaste sino ai giorni nostri. Ne è un esempio il caso del "tatzewurm", il "verme con le zampe", che sarebbe stato avvistato a più riprese nella zona montana della regione del Friuli. In proposito posso riportare una testimonianza personale che riguarda il racconto, direi più che degno di fede, di una abitante della piccola cittadina di Musi, una frazione di Lusevera in provincia di Udine. Essa riporta l'incontro notturno con una di queste creature che si erano avvicinate all'abitato. La creatura stava retta sulle sue due gambe nella penombra illuminata dalla Luna appariva di colore verde brunastro, ma la cosa più sorprendente era il fatto che sulla fronte teneva una sorta di gemma verde che irradiava davanti alla creatura una altrettanta luce verdognola che, illuminandolo, mostrava con chiarezza il suolo. La testimone rimase in silenzio sino a quando la misteriosa creatura si allontanò facendo ritorno alla sua casa dove prese a raccontare lo straordinario incontro.
Nel corso delle mie permanenze di studio a Musi, ebbi modo di udire in molte occasioni e per più notti i richiami che venivano fatti tra un pendio e l'altro delle montagne vicine di "suoni" che non corrispondevano per intensità e per esperienza ad alcuna creatura conosciuta. Per dare uno sguardo ancora in retrospettiva della storia che i media non ci raccontano e tanto meno i libri di scuola, il 26 aprile del 1890, il Tombstone Epitaph, giornale locale dell'Arizona, riportò dalle sue pagine la notizia che due agricoltori avevano abbattuto una creatura simile a un enorme coccodrillo con le ali nel deserto fra le montagne Whetstone e le montagne Huachuca. La creatura misurava 27 metri di lunghezza e aveva un’apertura alare di 40 metri. Aveva solo due piedi, situati a piccola distanza da dove le ali erano unite al corpo. La testa era, secondo la loro stima, lunga circa 2 metri e mezzo, con le mascelle che portavano numerosi denti forti ed acuminati. I suoi occhi erano larghi come un piatto per la cena e si sporgevano per metà dalla testa. Dalla descrizione si potrebbe evincere che si trattasse di uno pterodattilo che incautamente aveva lasciato il suo rifugio e si era trovato sotto i proiettili delle armi da fuoco dei due coloni. Sicuramente doveva essere uno pterodattilo quello che l'antropologo stunitense George Biles ebbe modo avvistare nel 1992 dall'oblò del suo aereo mentre stava sorvolando la giungla brasiliana. L'antropologo testimoniò l'incontro raccontando che: "Quello era chiaramente un esemplare di pterodattilo bianco con un'apertura alare gigantesca. Naturalmente avevo già sentito parlare da diversi anni di questi racconti su creature preistoriche che ancora esisterebbero in Amazzonia. Ma ero scettico come chiunque altro. Eppure quello non era un aeroplano o un UFO che volava vicino a noi. Era uno pterodattilo."
Per citare ancora un altro incontro con un possibile pterodattilo possiamo riportare l'evento accaduto più recentemente, nel giugno del 2008, a Dihuk, nel Kurdistan dell’Iraq a 460 chilometri da Bagdag. Un gruppo di abitanti di questa città raccontò di essersi imbattuto in una creatura lunga circa quattro metri dall’aspetto che i testimoni hanno definito essere simile ad un drago dalle grandi ali. La creatura venne filmata e il video trasmesso all’Università di Dihuk che in seguito ha inviato tutta la documentazione in suo possesso a due centri di ricerca in Gran Bretagna e Germania. Uomini e sauri hanno convissuto dal Cretaceo in poi? Le testimonianze raccolte attraverso le cronache dei nostri recenti secoli, relative ad osservazioni di creature che avrebbero dovuto essere scomparse ben 65 milioni di anni or sono, fanno supporre che uomini e sauri possano anche aver convissuto in qualche tempo e in qualche specifica circostanza. Del resto il ricordo della presenza nella storia umana dei sauri del cretaceo, se non addirittura di epoche molto precedenti, sembra riecheggiare inevitabilmente nelle storie di draghi della narrazione medievale e del moderno fantasy e nell'affezione che si porta alla loro iconografia come se si tentasse di mantenere in vita un ricordo di un'epoca magica e terribile vissuta attraverso interminabili secoli. Se in occidente la figura del drago, per opera della Chiesa, è stata associata al demonio e finisce nell'iconografia ecclesiastica, in oriente il drago è indissolubilmente legato a valori di saggezza e di conoscenza. Come se gli antichi sauri avessero potuto insegnare qualche cosa al genere umano apparso sullo scenario storico del pianeta. Ipotesi che potrebbe essere supportata dalla saga nordica di Odino che secondo la narrazione crea un eden per i progenitori dell'umanità. Potrebbe essere inevitabile che sauri e umani abbiano convissuto assieme e che da loro derivi la conoscenza spirituale umana quale facoltà rinnegata dal Patriarcato che da secoli si batte per la supremazia dell'uomo, maschio per di più, su tutte le altre creature di Madre Terra. Come si spiegherebbe altrimenti il bassorilievo che raffigura uno Stregosauro che si può osservare su una parete del tempio di Angkor in Cambogia?
Un semplice calcolo di date. Lo Stregosauro sarebbe vissuto secondo la paleontologia ufficiale nel Giurassico superiore (tra i 140-160 milioni di anni fa) mentre il tempio di Angkor fu costruito dall'impero Khmer fra il 1112 ed il 1150 d.C. È evidente che ci furono degli esseri umani che poterono osservare questa creatura la cui specie non era scomparsa con la pioggia meteorica di 65 milioni di anni fa. È ancora più sorprendente il caso delle cosiddette "pietre di Ica" dove appaiono raffigurazioni di sauri e uomini apparentemente assieme. Nel 1961 nelle vicinanze del villaggio di Ica, in Perù in una regione molto vicina all'altopiano di Nazca famosa per i suoi disegni visibili dall'alto, nel letto del fiume omonimo venne alla luce una grande quantità di pietre di varie dimensioni, da piccoli ciottoli sino a massi di oltre due quintali, che mostravano incisioni inusitate. Un medico-chirurgo del luogo, il Dott. Cabrera, venne fortuitamente in possesso di alcune di queste pietre e incuriosito per i loro disegni si mise a farne una collezione. I gliptoliti raccolti da Cabrera, costituiti da rocce vecchie di 220 milioni di anni, mostravano temi di tutto lo scibile umano: mappe, configurazioni astronomiche, la descrizione di strumenti ottici come telescopi e lenti di ingrandimento, strumenti musicali, operazioni chirurgiche, ma soprattutto la rappresentazione di una vasta gamma di animali preistorici che all'epoca avrebbero dovuto essere estinti e non solo. Spesso questi sauri erano raffigurati sulle pietre assieme agli uomini, in alcuni casi addirittura aggrediti da grandi tirannosauri. Ovviamente la scienza del tempo che si basava sui canoni noti della paleontologia ufficiale denunciò il ritrovamento come un’abile burla ai danni dei turisti per opera dei campesinos che volevano ricavare qualche guadagno da questa situazione. Anche se questa stessa ipotesi di truffa non teneva conto di alcune valutazioni importanti. Come potevano dei semplici contadini analfabeti essere in grado di conoscere particolari di anatomia sauroide tanto da incidere sulle pietre disegni perfettamente eguali a quelli che la paleontologia avrebbe ricavato dall'assemblamento delle ossa rinvenute nelle stratificazioni geologiche? Tuttavia nel 2012 è accaduto un evento inaspettato nell'ambito della paleontologia che sembra oggi sdoganare senza ombra di dubbio l'originalità delle pietre di Ica. Allo stesso modo l’evento fornisce una spiegazione all'inspiegabile rappresentazione dello stregosauro del tempio di Angkor. Ci riferiamo a quanto accaduto negli USA nel 2012. È capitato che a Dawson County, nel Montana, alcuni ricercatori abbiano recuperato in una stratificazione geologica un corno di un Triceratopo. Il Glendive Dinosaur and Fossil Museum, che ha preso in custodia il reperto, ha richiesto, come da prassi, la sua datazione al radiocarbonio alla Center for Applied Isotope Studies dell’Università della Georgia.
Una volta testato alla prova del radiocarbonio, la datazione, prevista in milioni di anni, è risultata di appena 33.500 anni di età. L'epoca in cui il Triceratopo sarebbe vissuto e deceduto. Una cifra inconsueta che poneva inevitabilmente sauri e umani allo stesso livello temporale. Era innegabile a questo punto considerare che delle specie di sauri erano sopravvissute dal tempo del Cretaceo ed erano stati osservati dalle comunità umane e che queste creature abbiano camminato insieme sul nostro pianeta. E dire che sauri e umani abbiano camminato insieme non è solo un modo di dire. In effetti, nel 1992, in Arizona, durante una escursione nel cosiddetto "deserto dei dinosauri" in piena riserva dei Navajo mi capitò di imbattermi in impronte di un piccolo sauro accanto a quelle di un umano. Furono testimoni del fatto i membri del gruppo musicale LabGraal con cui si stava partecipando ad un viaggio di studio sulle tradizioni dei popoli nativi Apache e Navajo. Quello che vidi fu una inequivocabile serie di impronte di piccolo sauro affiancate con altre di natura umana, che erano state lasciate nel substrato solidificato del deserto da tempo immemorabile. Tutti e due i tipi di impronte procedevano paralleli sullo stesso percorso, affiancati per una decina di passi per un breve tratto del suolo. Le impronte del sauro apparivano a tre artigli principali di dimensioni come quelle che poteva aver lasciato un velociraptor. Mentre quelle umane erano più piccole di quelle di un uomo adulto e sembravano essere lasciate da piedi ricoperti da calzature dalla suola solida e piatta.
Ma questa scoperta del paradosso storico che avevamo potuto osservare non era affatto nuova anche se tutti noi ignoravamo l'esistenza di altri precedenti. Era accaduto infatti che nel 1984, a seguito di vari scavi a Glen Rose nella zona del "Dinosaur Valley State Park"vicino al Paluxy River in Texas, condotti dall'archeologo Hilton Hinderliter, era stato effettuato il ritrovamento delle impronte di due sauri e di un umano impresse nello uno stesso strato geologico risalente come minimo a 65 milioni di anni fa. Il mito degli antichi dèi Se prendiamo in considerazione la scienza ufficiale, i sauri avrebbero dovuto dominare la Terra nel periodo di tempo che va dai 140 ai 64 milioni di anni fa circa, mentre la stessa scienza fa risalire la nascita dell'uomo solo a 2, massimo 3 milioni di anni fa. Il riferimento delle pietre di Ica e il reperimento di impronte congiunte di sauri e umani porta ad affrontare un paradosso storico senza precedenti. È l'umanità ad avere origini più antiche di quanto si pensi o l'esistenza dei dinosauri potrebbe essere molto più recente di quanto affermano i libri di storia? In un caso o nell'altro la storia sarebbe comunque da riscrivere. Ma le stratificazioni geologiche in cui sono state rinvenute le ossa dei sauri non possono mentire e i tempi della convivenza tra sauri e umani sembrano coincidere in una cronologia pressoché parallela. Probabilmente, come recita la narrazione delle vicende edeniche della Genesi biblica e come è stato tramandato nella tradizione druidica, i sauri e gli esseri umani molto probabilmente convivevano già ai tempi dell’antico Eden ed avevano un preciso rapporto di interazione sociale. Molte antiche tradizioni riportano che prima dell'affermazione della specie umana sarebbe esistita sulla Terra un'altra specie molto più antica e depositaria di grandi conoscenze dello spirito e della scienza. Creature dall'aspetto sauroide di altezza imponente sui due-tre metri dal portamento eretto e con la manualità del pollice opponibile su mani dotate di cinque vere e proprie dita. La saga nordica di Odino non si ferma alla sconfitta dei giganti, ma continua ancora riportando che una volta pacificato il pianeta dalle orribili e temibili creature, Odino accompagnato da Loki e alcuni Asi, si recò nella "terra di mezzo" dove portò alla vita i due capostipiti dell'umanità, Askr e Ebla. Un luogo dominato da un grande albero che si ergeva al centro di essa. Inevitabile fare un paragone con l'Eden biblico, considerandolo secondo la fraseologia moderna come un santuario della specie umana, e dove il rettiloide che, sempre secondo la Bibbia, possedeva gambe e braccia, iniziò Adamo ed Eva alla conoscenza.
E che Odino e gli Asi fossero dei piccoli sauri che avevano combattuto e sconfitto i grandi sauri ne danno testimonianza certi dipinti medievali dove nell'Eden il "serpente" che donò la conoscenza ad Adamo e Eva viene raffigurato né più e né meno come un sauro. Prendendo atto dei miti dei popoli antichi si può evincere come queste creature fossero ben presenti e operanti nella storia dell’umanità e come venisse indubbiamente loro attribuito un ruolo di divinità dispensatrici di conoscenza ed esempio di spiritualità. I sauri dispensatori di conoscenza vengono citati nelle leggende asiatiche e in quelle dei popoli nativi nordamericani come gli Apache e i Navajo. Nel mondo ellenico antico, depositario culturale delle antiche leggende europee, la figura di divinità dall'aspetto sauroide erano comuni. A cominciare da Zeus re di tutti gli dei, sino ai Titani rappresentati anch'essi come grandi serpenti dotati di braccia e gambe. L'opera tutelatrice della specie umana da parte dei sauroidi, o rettiliani comunque li si possa chiamare, ricorda quanto narrato nel mito del Drago primordiale druidico e della saga ellenica di Eurinome e del serpente Ofione. Nella leggenda del Drago primordiale dell'antico sciamanesimo druidico europeo, nella sua simbolizzazione della nascita dell'universo questa creatura fiammeggiante era sorta dal vuoto e si era messa a danzare come espressione della sua possibilità creativa insegnando i primi passi della "Kemò-vad", la danza nel vento. Dopo di che, dal suo sangue viene detto che sorsero i primi dèi, gli Asi, che a loro volta tennero a balia l'umanità, sorta a posteriori, e a cui trasmisero la loro conoscenza. Un mito ripreso parzialmente anche dalle tradizioni del popolo nordamericano degli Apache nella figura del dio celeste Ga'an, definito come "il danzatore spirituale" che iniziò gli Apache alla danza sacra. Con più evidenza nella similitudine con il Drago primordiale della cultura druidica europea, citiamo il mito ellenico di Eurinome e di Ofione. La fanciulla era anch'essa sorta all'improvviso dal nulla e si era messa a danzare muovendosi sul fluire dei venti che avevano accompagnato la nascita dell'universo.
Nella sua danza aveva intessuto un rapporto con la prima creatura vivente che era comparsa sulla terra, Ofione, un grande serpente che dopo aver convissuto per qualche tempo con la dea era andato a dimorare nelle viscere della Terra. Prima però aveva dato vita all'umanità attraverso la caduta dei suoi denti. Ipotesi fantastiche dei rettiliani nel mondo attuale Se la leggenda ellenica del mito di Ofione rispondesse a verità allora si potrebbe pensare che i sauri, ormai progrediti nella loro evoluzione di specie, come è accaduto a quella umana, possano essere ancora sulla Terra a fianco della civiltà umana. John Rhodes, un criptozoologo statunitense, dal 1990 ha sviluppato una sua specifica ricerca sul caso della manifestazione dei sauroidi, che lui definisce con il nome di rettiliani, con cui potremmo convivere nel nostro tempo. Negli USA è un personaggio molto conosciuto ed è autore di conferenze e di workshop sull’argomento dei rettiliani ed ha rilasciato numerose interviste e conferenze sui media nazionali e internazionali. Secondo la sua teoria milioni di anni fa i rettiliani avrebbero abitato sulla Terra e si sarebbero rifugiati in caverne sotterranee per sfuggire ai cataclismi ambientali del pianeta, dentro alle quali avrebbero continuato a vivere e a evolversi sino ad oggi. I loro attuali discendenti sarebbero in grado di possedere alta tecnologia non ancora sviluppata dall’umanità, tanto da portarli a viaggiare nello spazio, con loro rappresentanti che intratterrebbero rapporti segreti con enti militari e civili dei vari Paesi. La teoria di John Rodhes prevede che le creature rettiliane vivano attualmente in tre aree. Una di queste sarebbe situata sotto la superficie della Terra, in città e in villaggi in grandi caverne sotterranee, esistenti in regioni selvagge del pianeta o in alcuni grandi parchi di Stato, sia negli USA che negli altri paesi. A questa tesi si possono associare alcune leggende degli Aborigeni australiani. La leggenda relativa al Bunyip Park nello stato del Victoria in Australia riguarda l’esistenza del “Bunyip” e di altre creature rettili che vi abiterebbero. Creature quasi divinizzate che durante l’arrivo dei colonizzatori europei le avrebbero indotte a non risiedere in quest’area rimasta da allora disabitata tanto da essere destinata all’uso di parco nazionale. Un’altra leggenda riguarderebbe la tribù segreta degli Aborigeni australiani, costituita da sauri e umani, che sarebbe nascosta nella terra australe, praticamente nel continente antartico.
Una seconda area in cui avrebbero trovato dimora i rettiliani sarebbe costituita dallo spazio circoscritto al sistema solare e delle loro basi si troverebbero sulle lune di Giove e di Saturno se non addirittura sotto la superficie di Marte. Una terza area prevista da Rhodes sarebbe costituita da una sorta di iperspazio dove le navi spaziali dei rettiliniani si muoverebbero alla ricerca di altri mondi abitabili prima che il sole, per processo naturale, distrugga il sistema solare. Le teorie del criptozoologoco americano sono state riprese in maniera molto più fantascientifica dalla "teoria del complotto" di David Icke, ex giornalista della BBC ed ex deputato verde inglese, nel suo primo libro “The Biggest Secret: The Book That Will Change the World” pubblicato nel 1999.
Nella sua teoria Icke pone i sauri a vivere tra gli esseri umani allo scopo di controllarli e dominarli senza essere visti grazie alla loro facoltà di mutare la forma a piacere. Una teoria, quella dei mutaforma, non del tutto nuova se si pensa che in un manoscritto proveniente dalla biblioteca del vecchio monastero di Saint Michel, vicino all'attuale al-Hamuli nel deserto egiziano, alcuni archeologi avrebbero reperito, nella primavera del 1910, cinquanta manoscritti in lingua copta vecchi di almeno 1200 anni. Uno dei testi riporta, in maniera esplicita, la testimonianza che Gesù era in grado di modificare a volontà la sua forma apparente, di cambiare il proprio aspetto e di rendersi invisibile a seconda delle sue necessità. Il testo, scritto in lingua copta e nel nome di San Cirillo di Gerusalemme, un teologo vissuto intorno al 313-386 d.C., ha portato in luce una parte della storia della crocifissione del Cristo assolutamente inedita e canonicamente poco usuale. Una parte del testo, decifrato e tradotto Roelof Van den Broek dell’Università di Ultrecht in Olanda, riporta infatti affermazioni che mostrano in maniera esplicita la natura mutaforma di Cristo: "Allora gli ebrei dissero a Giuda: Come possiamo andare a catturarlo [Gesù], perché non ha una unica forma, ma può cambiare di apparenza. Talvolta, è biondo, talvolta, è bianco, talvolta, è rosso, talvolta, è di colore del grano, talvolta, è pallido come gli asceti, talvolta, è un giovane, talvolta è un vecchio uomo." Secondo Roelof Van den Broek una simile descrizione mutaforma di Gesù sembra trovare conferma in un manoscritto dell'anno 200 d.C., scritto dal teologo Origène, in un lavoro intitolato "Contro Celso". In questo testo, Origène avrebbe dichiarato che "per tutti quelli che vedevano Gesù, non sembrava che il suo aspetto fosse sempre simile alla stessa immagine e totalmente visibile per tutti". Il manoscritto in questione, parecchi mesi più tardi dopo il suo rinvenimento, nel dicembre del 1911, è stato acquistato da J.P. Morgan che poi ne ha fatto dono al Morgan Library, un ente legato al Museo di Storia Naturale di New York, dove è tuttora custodito. Sulla falsariga di Rhodes, anche Icke sarebbe dell'idea che i sauri navigherebbero nello spazio del sistema solare e ritornerebbero sulla Terra per fornirsi di vari materiali utili ai loro bisogni e per controllare, secondo l’autore, la specie umana anche a livelli di alta politica allo scopo di preservare l’accesso e la sicurezza delle risorse di materie prime che loro utilizzano. Occorre ricordare che questa ipotesi è esplosa in maniera mediatica negli anni '90 coinvolgendo migliaia di appassionati. I rettiliani di Icke ricordano inevitabilmente quelli incontrati casualmente nel 1978, nell'entroterra ligure, dal metronotte Piero Zanfretta che da allora ha denunciato a più riprese di essere soggetto di esperimenti condotti da queste creature di colore verdastro e di circa tre metri di altezza. Zanfretta, all’epoca dei suoi fatti, non poteva prevedere né partecipare alla forte corrente mediatica futura e questa constatazione porta a valutare la veridicità della sua effettiva avventura che in seguito ha travalicato le sue aspettative e che tutto sommato, probabilmente, ha aperto la strada alle ipotesi sociopolitiche di Icke. |