Meditazione

La realtà invisibile e immateriale della nostra esistenza

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30 Luglio 2024
Giancarlo Barbadoro, definito “Teorico dell’Ecospiritualità”, scomparso nel 2019. Era musicista, giornalista, scrittore, conduttore radiotelevisivo
Giancarlo Barbadoro, definito “Teorico dell’Ecospiritualità”, scomparso nel 2019. Era musicista, giornalista, scrittore, conduttore radiotelevisivo

"L’universo che conosciamo non è la vera realtà che può dare effettivo sostegno alla nostra percezione di esistenza"


Ogni attimo di esistenza di cui prendiamo coscienza sembra scomparire nel baratro del passato e non possiamo far altro che lasciarci scivolare nel futuro che avanza e in cui sembriamo immergerci inevitabilmente. La nostra esistenza risulta essere un attimo fuggente che riusciamo a cogliere, ma senza quasi mai trattenere.

Possiamo aggrapparci a questo attimo fuggente di esistenza solo se riusciamo a mantenere uno stato di consapevolezza che possa testimoniare la nostra reale esistenza che rimanga costante a fronte di ogni evento. Altrimenti tutto ci sfugge rapidamente intorno a noi, dalle situazioni ai nostri pensieri, e tutto sembra destinato a perdersi lasciandoci soli e senza poter dare un senso alla nostra esistenza.

Questa constatazione può portarci a vivere nel cinismo del voler tutto e subito, bruciando ogni valutazione morale o filosofica. Oppure ci può portare all’abbandonarci allo sconforto che dopo la morte non esista più nulla di noi stessi. Magari sperando superstiziosamente che affidandoci ad una qualche religione si possa avere una chance di sopravvivenza.

Ma se cadiamo in questa convinzione, dimentichiamo che la dimensione in cui stiamo vivendo, l’universo che conosciamo, non è la vera realtà che può dare effettivo sostegno alla nostra percezione di esistenza.

Dobbiamo tenere in conto che l’universo, che ordinariamente consideriamo sia il teatro reale di quello che siamo e che viviamo, in realtà non è altro, lui stesso, che il prodotto di una dimensione preesistente da cui il Big Bang, con cui è nato, gli ha dato sostanza come si potrebbe scartare una caramella.

L’universo non è quindi la vera qualità di esistenza che stiamo vivendo. Per noi esiste solamente poiché è una immagine rilevata e resa concreta dai nostri sensi. Elementi che interagiscono con una struttura energetica messa in campo da una causa misteriosa che nessuna forma di scienza può spiegare limitandosi a ipotizzare le modalità con cui si è manifestata.

L’antico sciamanesimo druidico ha identificato come la vera natura della nostra esistenza sia proprio la dimensione preesistente al nostro universo da cui è stato tratto quest’ultimo.

Il testo “Meditazione ed Ecospiritualità”, libro postumo di Giancarlo Barbadoro, edito dalle Edizioni Triskel
Il testo “Meditazione ed Ecospiritualità”, libro postumo di Giancarlo Barbadoro, edito dalle Edizioni Triskel

Una dimensione che ordinariamente sfugge alla nostra comprensione e accettazione sensoriale poiché non appartiene alla nostra esperienza quotidiana, coinvolta e accecata dalla barriera dei sensi che portano ad altre valutazioni prospettiche di vita dove sembrano avere significato il potere, il denaro e la paura della morte.

Una dimensione di esistenza non ordinaria definita con il termine di Shan, che comporta una visione contemporaneamente cosmologica e mistica di uno stato di cose invisibile e immateriale.

Una dimensione lontana dalla comprensione ordinaria, tanto che essa, lo Shan, viene riferita anche al concetto di Vuoto, per dire che non esistono concetti o rappresentazioni che possano definirla.

Ed è solamente nella pratica della meditazione, quando ci liberiamo dall’ipoteca percettiva della struttura dell’Universo superando il corpo e l’illusione olografica della mente, che possiamo riuscire a cogliere sul piano dello stato di coscienza una percezione non convenzionale, che tuttavia ci appare ben reale e che trascende senza ombra di dubbio l’esistenza proposta dall’universo e che ci mostra il Mistero immanente a tutte le cose rappresentato dall’invisibilità dello Shan.

Una percezione di cui, va detto, non tutti riescono a vivere pur praticando con costanza le varie tecniche della meditazione. Tant’è che molte volte la percezione della natura del Vuoto viene indicata dalla psichiatria del mondo ordinario come una stranezza della mente se non addirittura una sua patologia.

Una stranezza percettiva del reale che tuttavia viene concessa da una certa branca dell’antropologia, per fortuna dei meditanti che la vivono, come esperienza inspiegabile che appartiene alla sfera delle esperienze interiori degli sciamani.


La logica fenomenica del Vuoto

Tuttavia, possiamo dire che proprio nello stato di consapevolezza, che è possibile realizzare attraverso l’esperienza della meditazione, ci possiamo rendere conto che la nostra esistenza è soggetta ad un fenomeno esistenziale preesistente al nostro universo e quindi che questo può manifestare una sua logica che trascende le nostre aspettative personali ordinarie nate e coltivate nell’ambito dell’universo.

Ci possiamo rendere conto in effetti che esiste una precisa logica di eventi, fosse anche puramente casuale, che ha portato il Vuoto a generare in seno a se stesso il Big Bang da cui si è prodotta la manifestazione dell’universo e quindi della nostra qualità di creature senzienti. Ci possiamo rendere conto che siamo nati spontaneamente scaricati nel teatro rappresentato dall’universo senza volerlo e senza averlo chiesto a qualcuno.

Siamo nati all’improvviso, per un eventuale disegno che ha voluto che ciò avvenisse come potrebbe avvenire in un processo chimico che porta in superficie bolle di energia. Lo stesso disegno, se così può essere definito, che ci porta a terminare il nostro processo biologico a cui sembra essere legata la nostra esistenza nell’universo con la morte, qualunque sia l’impresa che possiamo essere in corso di attuare e contro il nostro desiderio di voler continuare ad esistere mantenendo il nostro rapporto con la dimensione sensibile dell’universo.

Giancarlo Barbadoro con il Premio Nobel Rigoberta Menchù all’ONU di New York
Giancarlo Barbadoro con il Premio Nobel Rigoberta Menchù all’ONU di New York

È evidente che il Vuoto manifesta una sua specifica logica delle cose che è al di sopra delle vicende e delle opportunità vissute nella bottiglia energetica dell’universo. Una logica che è riferibile alla sua specifica natura trascendente e che porta a coinvolgerci in un inevitabile e sconosciuto disegno.

In questa prospettiva possiamo renderci conto che possiamo vivere la logica fenomenica del Vuoto anche nel nostro vissuto ordinario quotidiano da cui poter trarre benessere e armonia.

È inevitabile l’insorgenza di uno stato di disagio e di sofferenza esistenziale che si manifesta nel momento in cui diamo corpo al desiderio egotico di vivere l’esistenza secondo i propri parametri personalizzati, e quindi mentali. Al contrario possiamo renderci invece conto come possiamo vivere uno stato di benessere interiore, somatizzato al nostro corpo e a tutto l’ambiente, se invece ci lasciamo andare al fluire della logica del Vuoto che la meditazione ci permette di scorgere.

Una logica che non è assolutamente complicata e che è spontaneamente riferibile alla natura stessa del Vuoto che viene percepita attraverso la liberazione dai sensi e dall’immagine olografica dell’esistenza imposta dalla mente. Una armonia di vita promanata dal Vuoto che possiamo vivere per noi stessi e per il prossimo.


La Kemò-vad e il Vuoto

Una logica di armonia esistenziale che possiamo vivere e comprendere nel simbolismo del concetto di “Kemò-vad”, il termine dell’antico idioma dello sciamanesimo druidico che si esprime nel significato di “danzare nel vento, per divenire ed essere vento nel vento, e nient’altro che vento nel vento”.

Una espressione idiomatica tesa a rappresentare il senso di una vita vissuta nel fluire simbolico del vento, visto questo come proprietà dell’invisibilità e della forza mistica dello Shan a cui tutto è sotteso nel suo significato inevitabilmente trascendente.

Una condizione che porta ad essere uniti in una empatia mistica, anche se temporaneamente prigionieri della bottiglia energetica dell’universo, alla natura reale dello Shan dove ci troveremo ad esistere senza più vincoli dopo il passaggio della porta della Morte.

Esperienza che abbiamo già vissuto paradossalmente nel momento della nostra nascita che ci ha transitati da una qualità di esistenza uterina a quella del mondo esterno. E per logica conseguenza, dopo la Morte, potremmo trovarci a transitare verso una qualità di esistenza di cui oggi non riusciamo neppure ad immaginare, ma ben concreta e reale. Ovvero il Vuoto in cui il nostro universo continua a “galleggiare”, assieme ad altri miliardi di universi, anche dopo la sua comparsa.

Forse dopo la Morte non esiste nulla, ma possiamo chiederci in ogni caso per quale motivo l’universo debba produrre la capacità senziente per poi farla scomparire con la Morte. Con l’età l’individuo vede il suo corpo invecchiare e deperire, ma non vede la stessa cosa per la sua capacità consapevole che tende a rafforzarsi ed a migliorarsi sempre di più.


Il concetto di Ecospiritualità

La condizione di Vuoto, anche se apparentemente può sembrare lontana dall’ordinario, può essere vissuta senza difficoltà. È sufficiente seguire le nostre reali esigenze di voler dare una risposta al richiamo del trascendente, nell’esperienza che ci è offerta dalla pratica della Kemò-vad, l’arcaica forma di meditazione statica e dinamica proposta dall’antico sciamanesimo druidico.

Kemò-vad tra i Menhir di Carnac
Kemò-vad tra i Menhir di Carnac (Bretagna)

Un vero e proprio viaggio sciamanico che può condurci alla conoscenza dei mondi in cui si snoda l’esistenza.

L’esperienza del Vuoto è una qualità di esistenza vissuta da tutti i Popoli naturali del pianeta che portano a considerare la meditazione non tanto una metodologia di tecniche dell’interiore, ma una vera e propria risposta all’esigenza di vivere il trascendente. Uno stato di essere di natura globale che si identifica nella manifestazione di una condizione di risveglio interiore e di una qualità creativa di rapporto, coerentemente armonico, con l’ambiente esteso nel suo significato a tutte le altre creature viventi, alle risorse naturali e alla tracimazione del concetto stesso di ambiente alla qualità mistica rappresentata dalla Natura sul piano della realtà del Vuoto.

Un'esperienza che nello scorrere del tempo è stata resa possibile condividerla con altri che la vivevano allo stesso modo e che ha dato vita all’idea di “Cuore Antico”, ovvero ad una Tradizione che unisce ancora oggi tutti i Popoli naturali del pianeta in una sola esperienza e nella forza di un unico intento ravvisabile nei tre principi di fratellanza, libertà e gioia di vita che nasce dalla conoscenza del Vuoto.

Un'esperienza che oggi possiamo identificare nel concetto di Ecospiritualità: armonia interiore che si unisce al rispetto e all’integrazione armonica con la Natura.

Ecco allora che prende significato concreto il concetto di “Kemò-vad”, ovvero il “vivere nel vento”, per essere armonicamente la natura dello Shan e poter dare senso alla propria esistenza partecipando alla sua reale natura estendendo all’infinito l’“attimo fuggente”, attendendo di entrare nell’“eterno giorno” profetizzato dalla cosmologia dell’antico sciamanesimo druidico.


www.giancarlobarbadoro.net


 

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