Indigenous Peoples |
Cronache dal Canada |
01 Settembre 2011 | ||||||
Una giornata con gli aborigeni di Curve Lake
Curve Lake First Nation è un territorio aborigeno vicino Peterborough, un paese a 140 km da Toronto. Il termine First Nations descrive una popolazione di 700.000 aborigeni, esclusi Inuits e Metis, ed è composta da diversi gruppi aborigeni, inclusi Anishinaabe, Cree, Blackfoot, Algonquin, e molti altri. In Canada l'uso del termine “indiano” è considerato offensivo, mentre “aborigeno” è accettato, così come Native Canadian, accorciato in Native, oppure il termine “First Nation man or woman”. La mia visita si svolgeva nel territorio Anishinaabe della tribù Ojibway, appartenente al gruppo linguistico degli algonchini. In Canada è cronico il problema dei territori aborigeni: spesso la questione finisce sui giornali per lo stato fatiscente delle varie strutture, case e servizi. Non è raro sentire di intere famiglie che vengono trasferite in altri territori in caso di incendi oppure inquinamento di falde acquifere, per poi essere rimandate a casa quando le condizioni migliorano. Non tutti i territori sono in cattivo stato, e i Nativi sono liberi di trasferirsi in altre città o territori. Godono dell’Indian Status, che gli garantisce di vendere o comprare qualsiasi cosa senza pagare le tasse (ci mancherebbe, visti i trattamenti subiti in passato e purtroppo anche nel presente), però intanto, così come in America, anche qui in Canada ci sono battaglie legali che durano decenni per la restituzione delle terre, o per impedire ai bianchi di usare i territori degli aborigeni a loro piacimento. La mia escursione è in un territorio in buonissimo stato e autonomo. E’ una mattina d’estate, la mia migliore amica mi ha proposto una gita nella Curve Lake First Nation, conoscendo il mio interesse per la cultura Nativa. La strada per arrivarci è in buono stato anche se un po’ angusta. Attraversiamo paesini piccoli con nomi strani e di origine Nativa come Omemee che in Ojibway significa “piccione”. In alcuni tratti la strada costeggia il lago Chemong, un paesaggio da mozzare il fiato, con case sparse qua e là... nel cielo si intravedono falchi, gabbiani, un airone che vola basso per andare ad atterrare in un canneto. Il cielo è cosi blu che sembra finto. Nei campi si sentono le "cicadas", insetti simili alla cicala, ma diurni. Il loro suono ricorda quello delle cicale, suono che mi fa pensare alle serate d'estate nel sud Italia, quando ascoltavamo i concerti di questi insetti, seduti fuori a prendere il fresco. Mi dà un senso di pace e serenità. La strada entra nel territorio First Nations, e siamo accolti dalla vista di alcune case. Sono di legno, stile chalet svizzero, ma più basse e lunghe; i giardini attorno sono ben tenuti, alcune famiglie sono intorno al barbecue, con i bambini che giocano a baseball in uno spiazzetto vicino alle case.
Ci fermiamo in un Convenience Store (tabaccaio e mini-supermercato) per comprare un paio di bottiglie di acqua. La signora, gentilissima, mi chiede se ho la carta dello statuto indiano. Alla mia risposta negativa mi dice che è ok, per questa volta non mi carica le tasse. Dovete sapere che in Canada i prezzi esposti sono senza tasse incluse, ma sui generi non alimentari viene applicata una tassa del 13%. Ci dirigiamo verso il Centro Culturale First Nations, dove si possono acquistare pietre, gioielli, maglie, tabacco, salvia, sweetgrass, un’erba dal profumo intenso e dolce usata per purificare l'aria e attirare energie positive prima di iniziare una cerimonia o preghiera. Da quando sono arrivata in Canada la uso regolarmente per purificare l'aria prima di fare meditazione. Nel Centro ci sono anche opere di artisti locali, si vendono canoe, teepee, ma anche souvenir per i turisti. Il mio scopo è comprare sweetgrass (torresia odorata), e delle pietre come ametista e turchese da usare per i miei gioielli fatti a mano. Sono sbalordita dalla pace e dal silenzio che regnano nel Centro, pur essendoci molta gente. Tutti sono gentili e parlano a bassa voce per non disturbare il prossimo. In un angolo c'e una sorta di trono di legno, molto grande, e ai due lati sono scolpiti due orsi. Visto il mio stupore, un ragazzo Nativo mi informa che questa specie di trono è una panca per il giardino, scolpita da suo zio, ricavata da un pezzo di tronco di un albero vecchio centinaia di anni, abbattuto da un temporale. L'albero (un acero, pianta nazionale canadese) era lì da quando i suoi antenati si installarono, e suo zio per onorare la vita dell'albero, ha costruito diversi oggetti in legno, in modo che lo spirito dell'albero non muoia. Tocco uno degli orsi, e al tatto il legno sembra quasi caldo, vivo. Mi chiede se ho sentito l'anima dell'albero, dico al ragazzo che quando l'ho toccato era quasi caldo... lui mi risponde che la mia anima ha riconosciuto un'altra anima. Lasciamo il Centro per cercare un posto dove fare picnic. Ci ritroviamo in una stradina alberata che finisce sulla riva del lago. Ci sono alberi intorno a una spiaggetta, e panchine dove ci sediamo all'ombra di alberi centenari. Alcune persone stanno cucinando pesce su un hibachi, un barbecue basso e piccolo, dove per cucinare ti devi accucciare. Funziona a carbonella. Il profumo mi arriva alle narici... guardo il mio panino e penso che lo scambierei volentieri con il loro pasto. Alcuni bambini in pantaloncini fanno il bagno, sotto l'occhio di una matrona che si fa aria con un ventaglio di rafia. Il sole si riflette sulla superficie del lago che sembra uno specchio.
Chiudo gli occhi e provo a immaginare come era quel posto prima dell'arrivo di esseri umani. Il rumore dello sciacquio dell'acqua mi fa da rilassante, e per un minuto mi sento sospesa, come se il tempo si fosse fermato... finché non mi arrivano schizzi di acqua sulle gambe. Un bambino ride e scuote i capelli per asciugarseli, provocando uno scapellotto dalla matrona, che gli impone di chiedermi scusa. Le rispondo che no, non c'e bisogno di scuse, i bambini sono bambini, e poi con quel caldo mi ha portato refrigerio. Gentilissima mi chiede di me e della mia amica. Viviamo lì vicino? e io sono nativa? Le dico di no, e lei risponde che qualunque persona mi avrebbe scambiata per una di loro. Le rispondo che sono italiana, che vengo dal sud Italia... ridendo mi dice che lei non sa nemmeno dove si trova l'Italia, che è nata e cresciuta nella riserva, si è sposata lì, e il marito è quello con il cappello di paglia che sta cucinando il pesce. Mi chiede se io e la mia amica vogliamo favorire... vorrei dire di no per educazione, ma l'odore di quel pesce è troppo buono. Le chiedo se ce n'è abbastanza, e mi dice che dove mangiano sei mangiano sette o otto... questo mi fa venire in mente le parole di mia nonna, che lo diceva sempre. Ridendo le dico che mia nonna lo diceva spesso, e lei mi risponde che dovevo avere una nonna molto saggia. Ci offre il pesce in un tovagliolo di carta, scusandosi per non avere abbastanza piatti, e le rispondo che non importa, mi laverò le mani nel lago. Per un po’ continuiamo a chiacchierare, finché la mia amica mi fa sapere che è ora di andare: sono quasi le quattro di pomeriggio. Siamo state lì per sei ore, ed è sembrato un attimo. A malincuore me ne vado, ringraziando la signora e il marito per la loro ospitalità. Mi è rimasta la voglia di ritornare in quel mondo idilliaco che sembra senza tempo, e spero di potervi ritornare molto presto. |