A cura di Miriam Madau DICEMBRE 2014 Omeopatia tra storia e attualità - parte 2
Durante la guerra franco-prussiana (1870-1871), Mélanie Hahnemann, prima di trasferirsi in Westfalia a casa di suo genero, l'omeopata Karl von Bönninghausen, fece in modo di poter avere con sè tutti i documenti del defunto marito, tra cui il manoscritto dell’ Organon per la sesta edizione, garantendo così, dopo la sua morte, che avverrà nel 1878, la proprietà di tutto il prezioso materiale alla famiglia von Bönninghausen.
Sembra che poco prima Mélanie avesse cercato di negoziare la vendita dei manoscritti di Hahnemann con alcuni omeopati di Cincinnati per 50.000 dollari, ma senza successo. Più tardi la famiglia von Bönninghausens assunse i negoziati, abbassando il prezzo a 25.000 dollari, ma i potenziali acquirenti ancora non riuscivano a soddisfare quel prezzo e non se ne fece niente. Haehl, l'omeopata tedesco che alla fine riuscirà a portare alla pubblicazione la sesta edizione, si avvicinò ai von Bönninghausens nel 1897, nel 1900 e nel 1906, al fine di acquisire i manoscritti di Hahnemann, ma le sue trattative risultarono infruttuose. Mandò poi il volume manoscritto originale di Hahnemann a Ward e Boericke a San Francisco e Boericke lo utilizzò come base per l'edizione americana del 1922. Tre anni dopo, Ward e Boericke riposero il volume manoscritto di Hahnemann nella biblioteca della Fondazione omeopatica della California a San Francisco, ma quando nel 1940 la Biblioteca venne trasferita all’interno dell'Ospedale Hahneman di San Francisco, il Dr. Howard Engle, riconoscendo il valore del volume manoscritto dell’ Organon, lo mise in una cassaforte chiuso a chiave e, in seguito, fu spostato in una cassetta di sicurezza in affitto in una banca locale. La copia di trascrizione del manoscritto pervenne alla Biblioteca UCSF nel 2008, dopo che un bibliotecario presso il Medical Center California Pacific lo trovò e fu contattato il direttore di archivi e collezioni speciali del UCSF. Nella stessa scatola con la trascrizione c’era un album che conteneva fotografie di omeopati e monumenti storici come la casa di Hahnemann e illustrazioni per la biografia di Hahnemann scritta da Haehl.
Invece la maggior parte di documenti di Hahnemann, tra cui manoscritti, corrispondenza, e altri fascicoli non ha mai lasciato la Germania e sono ancora conservati presso l'Istituto di Storia della Medicina “Robert Bosch” di Stoccarda. Da quando il manoscritto di Hahnemann della sesta edizione dell’ Organon arrivò alla UCSF nel 1972, suscitò un grande interesse, tanto che venne presentato in occasione della conferenza omeopatica internazionale a San Francisco tenuta nello stesso anno. Da allora, gli omeopati di tutto il mondo hanno iniziato a fare visita alla Biblioteca UCSF per studiare il volume manoscritto e le note di Hahnemann, in particolare le parti che avevano avuto ampie revisioni, come ad esempio il paragrafo 270 delle potenze LM / Q e il paragrafo 284 sul trattamento pre e post-natale. La collezione online comprende la trascrizione manoscritta del testo di Hahnemann e la revisione utilizzata dal Dr. Richard Haehl come base per la pubblicazione tedesca della sesta edizione (1921, Lipsia), così come opuscoli omeopatia. L'Organon digitale è così diventato popolare tra gli omeopati e gli storici. Tuttavia la domanda per vedere l'originale non è diminuita e sono ancora molti gli omeopati che si recano appositamente a San Francisco per visionarlo e consultarlo di persona. Questa è stata la prima esperienza nella creazione di supporti elettronici da collezioni di libri rari da parte della Biblioteca UCSF. Grazie a questa iniziativa ora, da tutto il mondo, chiunque può sfogliare sia il manoscritto originale della sesta edizione con le correzioni apportate a lato dallo stesso Hahnemann, sia la copia manoscritta di quella che Haehl poi pubblicherà nel 1921. Qui di seguito, per chi lo desideri, è possibile collegarsi direttamente alla UCSF Library Archives & Special Collections. Per la digitalizzazione della Copia dell’Organon der Heilkunst, di Samuel Hahnemann, della 5a edizione (1833), con le sue revisioni scritte a mano per la 6a edizione (completato nel 1842): E per la digitalizzazione della Copia manoscritta del testo e revisioni di Hahnemann, utilizzato dal Dr. Richard Haehl come base per la 6 ° edizione (1921, Stoccarda):
Gift suggestions A proposito di regali, ecco un’idea “omeopatica”, ovvero “Omeopatia ad Immagini, Imparare con le vignette” di Alexander Gothe e Julia Drinnenberg. È un libro che, in maniera divertente e facile, è in grado di spiegare e far capire i principi basilari dell’omeopatia. Attraverso immagini molto esplicative sono presentati 50 tra i più importanti rimedi, rendendoli indimenticabili grazie alle oltre 600 vignette che proprio per il loro acume e la loro perspicacia, si imprimono facilmente nella mente. Oltre all’edizione cartacea, questo libro può essere scaricato con iBooks su Mac o dispositivo iOS e con iTunes sul pc e letto con iBooks sia su Mac che su dispositivi iOS. NOVEMBRE 2014 Omeopatia tra storia e attualità - parte 1
Gli storici riportano che Samuel Hahnemann un giorno, mentre leggeva un capitolo della Materia medica del medico scozzese Cullen, dedicato alla corteccia dell'albero di China, da cui si estraeva una sostanza, la chinina, usata come febbrifugo soprattutto nella cura della malaria, intuì il significato della legge di similitudine. Cullen descriveva gli operai addetti alla lavorazione della china che si ammalavano di febbri intermittenti, con sintomi simili alla malaria. Così Hahnemann intuì che la China avrebbe potuto curare gli stessi sintomi che procurava e cominciò una serie di studi e di sperimentazioni su se stesso e su gruppi di volontari sani. Utilizzò la China e varie altre sostanze a dosi via via sempre più ridotte, arrivando a formulare i fondamenti di base della dottrina omeopatica. Nella sua opera fondamentale: L’Organon dell'arte di guarire, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1810, espresse i principi basilari dell'omeopatia, quali linee guida per tutti i medici che si sarebbero approcciati alla medicina delle diluizioni. Il fulcro di questa medicina era che, secondo questo principio di similitudine, una sostanza assunta a dosi ponderali di rapporto quantità/peso, può provocare in un individuo sano sintomi e segni patologici, mentre la stessa sostanza somministrata in dosi infinitesimali, può guarire una persona malata con gli stessi sintomi. L'omeopatia si rivelò come un’applicazione clinica di questa legge che stabilisce un parallelismo di azione tra il potere tossicologico e il potere terapeutico di una sostanza, ovvero un veleno come il mercurio se assunto in forma omeopatica può diventare un rimedio benefico. Ancora oggi, per il medico omeopata, curare significa confrontare i sintomi riferiti dal soggetto malato con i sintomi indotti dalle sostanze sperimentate e quindi somministrare al paziente quel rimedio che nel soggetto sano provoca una sindrome simile. Quanto appena descritto rappresenta uno dei tre principi fondamentali su cui si basa l'omeopatia. Il secondo principio afferma che diluendo una sostanza farmacologicamente attiva, aumentano le proprietà terapeutiche del farmaco e scompaiono gli eventuali effetti collaterali tossici o indesiderati.
Il terzo principio riporta che i farmaci omeopatici vengono prescritti su base individuale a fronte di un'indagine globale del paziente, che tenga cioè conto dei sintomi considerati sui tre livelli di corpo, mente e spirito, delle modalità con cui essi si presentano nonché delle caratteristiche generali del paziente stesso. In base a tutto ciò si può affermare che l’omeopatia è una metodica clinica volta a stimolare un processo di guarigione e fornisce rimedi adeguati per restituire al paziente il suo stato di buona salute stimolandone la naturale capacità di autoguarigione. Proprio l' Organon fu l’ opera più significativa riguardante gli studi di Hahnemann. La prima edizione, pubblicata nel 1810 col titolo Organon der Rationellen Heilkunde, sancì la nuova modalità di pratica medica, vale a dire l'Omeopatia. Questo testo è stato considerato "un'opera epocale" ed è riconosciuto come il manuale di istruzioni di questa metodologia clinica. I principi espressi diedero uno scossone all'istituzione medica d'Europa, così come il fatto che i medici avrebbero dovuto occuparsi loro stessi della preparazione dei rimedi, fece andare in escandescenze i farmacisti di allora. Hahnemann rivide l'Organon cinque volte: in ogni edizione affinava i metodi e aggiungeva tutte le conoscenze acquisite con la sua pratica omeopatica e con la ricerca. A partire dalla seconda edizione nel 1819, il titolo venne cambiato in Organon der Heilkunst, ovvero Organon dell'Arte Medica. La quinta edizione, pubblicata nel 1833, fu l'ultima edizione pubblicata durante la sua vita. Comunque riuscì a completare il suo lavoro, che avrebbe dovuto essere la sesta edizione, nel 1842, periodo in cui viveva con la sua seconda moglie, Mélanie, a Parigi, dove praticava la professione medica. A quel tempo scrisse così al suo editore: "Dopo 18 mesi di lavoro ora ho finito la sesta edizione del mio Organon". Purtroppo non fu in grado di portare il libro alla pubblicazione prima della sua morte nel luglio del 1843. Così oggi, il risultato tangibile del lavoro di Hahnemann è il volume manoscritto che è custodito nella Biblioteca UCSF, ovvero la Biblioteca dell’Università della California di San Francisco.
Prima di capire come sia arrivato oltre oceano il suo manoscritto, bisogna comprenderne il suo valore. Sono state fatte molte ipotesi sul significato della sesta edizione dell’ Organon. Si dice che contenesse modifiche alla pratica omeopatica che avrebbero causato scalpore se fossero state pubblicate nel periodo in cui vennero scritte e avrebbero determinato controversie fino al ventesimo secolo. In questa edizione Hahnemann avrebbe rivisto il suo pensiero sulla natura della malattia, sui concetti omeopatici come la "forza vitale" e sulle modalità di somministrazione dei farmaci. Probabilmente, il cambiamento più importante riguardava l'introduzione, al paragrafo 270, di potenze di diluizione molto più alte dei rimedi, sulla base di un rapporto di diluizione 50.000/ 1 con i rispettivi cambiamenti corrispondenti nel dosaggio e nella somministrazione. Questo avrebbe rappresentato un’ importante modifica rispetto alle istruzioni indicate nella quinta edizione. La sesta edizione della Organon non fu pubblicato fino al 1921, quasi 80 anni dopo che Hahnemann l’aveva completata e durante questo periodo l'omeopatia ha continuato a svilupparsi senza i nuovi concetti che Hahnemann avrebbe presentato nel suo lavoro finale. Tanto che la pratica dell'omeopatia negli Stati Uniti, che fiorì e si ampliò tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del XX secolo, si basava sulla quinta edizione. Altri dati non quadrano per quanto riguarda le ragioni del lungo ritardo nella pubblicazione della sesta edizione. Alla morte di Hahnemann, le sue carte e gli scritti inediti, tra cui il manoscritto corretto dell’ Organon, divennero proprietà della sua vedova, Mélanie. Forse che questa avesse promesso allo stesso autore di portare a compimento la pubblicazione della sesta edizione in un secondo momento? Ma quando? Melanine però, a un certo punto, si vide costretta a rendere di pubblico dominio l'esistenza del manoscritto di Hahnemann, cioè quando iniziarono a circolare dei falsi della sesta edizione. Lo storico Rima Handley sostiene che Mélanie Hahnemann aveva cercato di proteggere la reputazione del suo defunto marito. Sapendo che alcune annotazioni della sesta edizione, come le nuove potenze, avrebbero creato controversie, Mélanie avrebbe voluto aspettare fino a quando fosse il momento giusto per pubblicarlo e di sovrintendere alla stampa lei stessa per far sì che il testo fosse stato preciso e fedele al manoscritto. Ancora oggi, in una nota sulla copertina della trascrizione si può leggere: "Copia dell’ Organon di Hahnemann, sesta edizione. Attenzione rispetto al manoscritto originale. Dr. Richard Haehl, Stoccarda, 15 Ottobre 1920”. La Biblioteca UCSF ha la fortuna di conservare anche questa trascrizione, che Haehl aveva utilizzato per produrre, in tedesco, la sesta edizione nel 1921…
News Omeopatia in Germania Ecco gli ultimi dati sull’utilizzo della medicina omeopatica ottenuti da un sondaggio su circa 1500 persone in tutta la Germania tra maggio e giugno di quest'anno effettuato dall'Institut für Demoskopie Allensbach. Questo rapporto evidenzia un quadro ricco sull'uso di questi farmaci in Germania con alcuni punti salienti interessanti: Omeopatia in Italia In Italia iniziano a chiudere le prime aziende produttrici di farmaci omeopatici, con un danno per gli oltre 11 milioni di italiani che scelgono le medicine non convenzionali per curarsi e con circa 4000 posti di lavoro a rischio, tra dipendenti diretti e indotto. In seguito al decreto Balduzzi le tariffe di registrazione dei medicinali omeopatici erano aumentate di circa il 700%, ma grazie all'intervento del Tar, a febbraio 2014, questo ostacolo è stato ridimensionato. Purtroppo, a oggi, persiste il problema dell’eccessiva complessità e dei costi dei dossier da presentare all'Agenzia del farmaco (Aifa) per completare l'autorizzazione dei farmaci omeopatici. Omeoimpresa rende noto che a un anno di distanza non è stato ancora tradotto in norma di legge l'accordo con il Ministero della Salute che ne prometteva una semplificazione tale da adeguare l'Italia all'Europa. OTTOBRE 2014 La Medicina Omeopatica accompagna bene la Medicina Veterinaria
La medicina omeopatia veterinaria contempla proprio tutto questo e i medici che propongono queste cure in Italia sono più di cinquecento, sottolineando che nella cura degli animali, l’evidente efficacia di questo approccio curativo non può essere di certo toccata dalle accuse relative all’ ”effetto placebo”. I veterinari omeopati si propongono, con l’uso di questa terapeutica, di stimolare l’organismo nella sua globalità e non di curare il singolo sintomo in sé. Per questo motivo, essendo cure naturali e armonizzanti, i rimedi omeopatici non interferiscono con le cure indicate dalla medicina tradizionale, anzi possono integrarla perfettamente. Secondo questi veterinari le cure omeopatiche, rispettando l’integrità psico-fisica del soggetto, non solo possono essere scelte per facilitare i processi di guarigione, ma anche nella prevenzione ad ammalarsi. Così l’omeopata effettua una diagnosi basata sui sintomi del paziente attraverso la descrizione del suo amico “umano “con cui vive e pone molta attenzione ai segni e sintomi fisici e comportamentali e quindi prescriverà un farmaco da assumere durante le ore della giornata. Generalmente la formulazione dei rimedi più comuni è rappresentata da granuli o gocce di solito disciolti in acqua. È bene quindi seguire le indicazioni date dal veterinario omeopata e conservare le medicine omeopatiche nello loro confezioni, ben chiuse, lontane da fonti di calore, dalla luce o dall’emissione di onde elettromagnetiche. Ma diamo la parola direttamente alla dottoressa Marta Rota, veterinaria omeopata, alla quale abbiamo chiesto di parlarci della sua esperienza clinica riguardante questa branca della medicina. Marta, dove svolgi il tuo lavoro come veterinaria? Lavoro nella provincia di Lodi e di Milano e prevalentemente faccio visite domiciliari, oltre all’attività ambulatoriale. Da quanto tempo applichi la medicina omeopatica in campo veterinario? Da subito, appena laureata, ho iniziato a studiare omeopatia e a fare tirocinio pratico dal 2005 e poi a livello lavorativo continuativo dal 2010 Ma come ti sei avvicinata all’omeopatia? Inizialmente da paziente, nel senso che ho avuto una malattia cronica a un certo punto della mia vita che mi è durata alcuni anni e con l’allopatia non si riusciva a risolvere in nessun modo, provando veramente di tutto….Alla fine mi fu consigliato un approccio omeopatico. Così mi informai approfonditamente su questa metodica terapeutica e mi rivolsi a un medico omeopata che mi risolse il problema immediatamente. Da lì diciamo che, studiando già veterinaria, non potevo non rimanere colpita così tanto da una cura efficace eseguita su di me e di conseguenza perché non applicarla anche nel mio campo di interesse lavorativo? Come si svolge una visita omeopatica veterinaria? Ovviamente, quando si tratta solo di esseri umani, l’omeopatia contempla anche tutta una serie di aspetti mentali, compresi i sogni che si fanno di notte o la visione soggettiva di quella che è la propria vita: tutte cose che all’animale ovviamente non sono in grado di chiedere ed è tutto mediato, nel bene e nel male, da quello che interpreta il proprietario. Comunque io chiedo sempre a questo, intanto di partenza, qual è il problema principale per il quale si rivolge a me, quando il problema è insorto e come sono i sintomi. Dopodichè passo all’anamnesi remota, ovvero alla storia del paziente e quindi chiedo tutta la vita passata, quali sono state le malattie che ha avuto in precedenza e poi mi faccio descrivere il carattere dell’animale. Questa è sempre la parte più difficile perché spesso rispondono: “il mio cane è bravissimo” … Certo, questo non lo metto in dubbio… ma non mi illumina sulle particolarità del suo carattere…cosa invece che per me è importante per indirizzarmi alla scelta della medicina da prescrivere. Comunque cerco di capire qual è l’individualità di quel soggetto, di capire i suoi gusti, a che cosa reagisce e a cosa no, di individuare quello che è il suo carattere in generale, come si comporta con gli altri animali e con le altre persone. Qualunque informazione mi è utile poi per arrivare alla diagnosi omeopatica. Allora visitare questi tuoi amici a domicilio ti agevola di più in questo tuo lavoro, perché puoi vedere il tuo paziente nel suo ambiente abituale? Sicuramente sì, infatti non ha quell’impatto con l’ambulatorio che tanti sentono stressante già dal viaggio in macchina per raggiungerlo e che una volta dal “dottore” li inibisce fortemente. Con le domiciliari invece ho la fortuna di vederli nel loro ambiente e come vivono la loro quotidianità. Poi, ovviamente, faccio anche una visita diciamo “fisica” di routine, per cui ausculto il cuore, faccio una palpazione addominale, osservo le mucose…insomma…faccio tutto quello che va fatto in una visita veterinaria classica. Poi se ci sono già degli esami di laboratorio fatti, prendo visione anche di quelli o se ci sono esami utili da fare, li indirizzo dove è possibile effettuarli. Così come in medicina umana pediatrica si tiene conto, durante la visita medica, anche dei sintomi e dei segni non verbali, soprattutto con i bambini molto piccoli, immagino che la stessa cosa facciate anche in veterinaria… Assolutamente sì. Tutte quelle cose che possono essere notate osservando il paziente e che non verrebbero normalmente espresse, ma che sono importanti per fare un completo quadro diagnostico.
Puoi farci un esempio di un tuo caso clinico curato con successo grazie alla medicina omeopatica? Un caso interessante è stato quello di un gatto portato da una signora in ambulatorio, quando lavoravo con una collega, investito da una macchina anni prima. Gli era stato a quel tempo diagnosticato un trauma cranico con una fortissima sintomatologia neurologica tale da non permettergli di alzarsi e muoversi da dove stava, non riusciva a camminare e se ci provava, rotolava su se stesso…non riusciva proprio a stare in piedi. Aveva dei segni tipici di trauma cranico con esito neurologico, con nistagmo, cioè gli occhi che passano da un lato all’altro rapidamente e anisocoria, cioè una pupilla dilatata mentre l’altra è ristretta. Il gatto era stato ricoverato quindi per diversi mesi, gli erano state fatte le terapie classiche e poi lo avevano dimesso dicendo che non sarebbe migliorato. La signora si era rifiutata di fargli praticare l’eutanasia e se lo era portato a casa. Lo tenne così a casa e da più di un anno dunque, non potendosi muovere, la sua vita trascorreva stando fermo sempre nello stesso posto, in una scatola che si era scelto. Così, la signora si era rivolta a me e dai sintomi espressi, identificabili in un preciso rimedio, specifico per lui, gli prescrissi il dosaggio e le modalità di somministrazione. Dopo poco tempo la signora mi riferì che il gatto era stato miracolato, perché finalmente si alzava e andava a mangiare da solo. La signora era strafelice e scherzando mi chiese se poteva prendere anche lei lo stesso rimedio. Quanto ritieni che ti sia di aiuto la medicina omeopatica nella tua pratica clinica? Per quanto riguarda la mia esperienza, sia nel campo del lavoro che come paziente, su me stessa, che continuo a usare, vedo che l’omeopatia riesce ad arrivare là dove l’allopatia spesso non arriva. Per esempio, spesso i gatti anziani soffrono di insufficienza renale a prescindere da qualsiasi altra patologia possano avere. È vero che in allopatia esistono farmaci che possono rallentare il progredire della malattia ma comunque non la fermano. Per contro, nella mia pratica clinica omeopatica, il primo sintomo che ho di solito quando trovo il rimedio corretto è che i valori della funzionalità renale migliorano. Questo per avere un termine di paragone. Per contro ci sono cose che ovviamente l’omeopatia non può fare, come nel caso di una frattura scomposta, dove è necessaria la chirurgia per rimettere l’osso nella sua sede. Certo però l’omeopatia, in questo caso, può aiutare e migliorare il processo e i tempi di guarigione, però se serve un processo di tipo meccanico questo diciamo che non può essere sostituito dalla medicina omeopatica. Tu cosa consiglieresti a chi si avvicina all’omeopatia come primo approccio per le cure dei propri amici in campo veterinario? La prima cosa che consiglierei è di informarsi bene su cosa è l’omeopatia e chi sono gli omeopati, perché purtroppo c’è in giro tantissima gente che però non usa seriamente questa medicina. Per non correre il rischio che venga dato di tutto e di più e che poi alla fine ci si trova a dire che l’omeopatia non ha funzionato. Anche in omeopatia veterinaria è importante seguire in modo continuativo l’andamento della cura stabilendo proprio un continuum tra medico e paziente? Sì, questo è importantissimo! Per seguire l’andamento dei sintomi, visto che l’animale non parla la nostra lingua e non ci può dire sto meglio o sto peggio, per noi l’unica guida sono i sintomi e quindi come il paziente reagisce al rimedio omeopatico per noi è di vitale importanza, soprattutto un rapporto continuativo dopo la prima prescrizione.
Dal 24 al 26 ottobre la Australian Homœopathic Association Organizza la 9th Australian Homœopathic Medicine Conference dal titolo: 'Grass Roots Homoeopathy: Back to Basic” che si terrà al Mercure Hadleys, Hobart, in Tasmania. Sarà un incontro di approfondimenti e valutazioni cliniche in campo omeopatico dove saranno presenti numerosi relatori di fama internazionale, tra cui il dottor Joe Kellerstein di Toronto.
In Italia, a Verona, dal 14 al 16 Novembre si svolgerà il XVIII International Seminar of Homeopathic Medicine dal titolo: “Wonderful Plants”. Relatore di spicco sarà il Dottor. Jan Scholten, che presenterà una nuova chiave di lettura sui rimedi del regno vegetale, tratta dal suo libro di recente pubblicazione dal titolo, appunto, Wonderful Plants. L’autore tratterà casi interessanti e molti rimedi, che illustreranno nella pratica un nuovo approccio sistematico del regno vegetale al fine di ottenere una miglior comprensione ed efficacia nella prescrizione dei rimedi tratti dal mondo delle piante, permettendo un’accessibilità più chiara e più ampia al regno vegetale, così come ha fatto precedentemente col suo sistema di lettura della Tavola Periodica degli elementi con il regno minerale. Al riguardo, Nick Churchill, sulla rivista della Society of Homoeopaths, “The Homoeopath”, scrive: “Se il Premio Nobel per la Medicina fosse realmente per la più importante scoperta medica dell’anno e se l’Omeopatia fosse la terapia principale, Jan Scholten lo avrebbe già sicuramente vinto.” SETTEMBRE 2014 L’ Ospedale Omeopatico di Torino e la sua “Magnifica” Farmacia Omeopatica
A partire dal 1806 la diffusione dell’Omeopatia passò dalla Germania all’Austria, e al seguito delle truppe austriache, anche all’Italia, a Napoli, nel regno borbonico. I documenti storici riportano che la medicina omeopatica approdò in Italia nel 1821 ad opera del dott. Necker, medico del Barone Von Koller, comandante delle truppe austriache mandate a Napoli per appoggiare Re Ferdinando I e di conseguenza introdotta nel Regno delle Due Sicilie con il favore di Francesco I e di Ferdinando II di Borbone, i quali vollero rispettivamente fosse praticata dal 1828 nell'Ospedale militare della Trinità in Palermo e nel 1837 nella cura dell'epidemia del “morbo asiatico”. Questa nuova metodologia medica acquisì man mano favore e diffusione tra numerosi medici nelle principali città e trovò applicazione grazie anche all’apertura di farmacie, dispensari, nonché diffusione dei suoi principi mediante congressi, pubblicazioni, studi e ricerche, allargandosi negli anni trenta dell'Ottocento, alle città di Lucca, Genova e Torino. Proprio qui a Torino suscitò l'interesse di Michele Buniva, una figura di grande spicco nel panorama medico subalpino. Buniva, dopo la laurea in medicina conseguita nel 1781, assunse l’insegnamento della Clinica Medica presso l’Ospedale S. Giovanni dal 1790 e diede un riordinamento all’Università ed in particolare alla Facoltà di Medicina, assegnando sei cattedre nel Collegio Medico e quattro in quello Chirurgico. Il dottor Buniva assunse la carica di Preside e di professore di Polizia Medica, una disciplina antesignana dell’Igiene che aveva ricevuto da lui notevole impulso. Docente di Patologia all’Università, direttore del Protomedicato, poi presidente del Consiglio superiore di Sanità, quale organismo legislativo e di controllo con competenza su tutto il territorio piemontese, divenne famoso per aver introdotto la vaccinazione antivaiolosa in Piemonte. Intorno al 1830 si interessò ai fondamenti della medicina omeopatica e studiò in modo approfondito gli scritti del medico tedesco Samuel Hahnemann, dando il via a una sua sperimentazione dei rimedi omeopatici. Nei documenti inventariati dall'Archivio Storico della Città di Torino, esistono lettere che mostrano come Buniva fosse in contatto con sostenitori dell'omeopatia residenti al di fuori del Piemonte e dai quali riceveva gli scritti di Hahnemann, oltre a un'interessante raccolta di annotazioni sui principi chiave della medicina omeopatica, sulle sostanze utilizzate per la composizione dei rimedi e sul loro utilizzo. Nel frattempo la medicina ufficiale torinese contestava che la preparazione della maggior parte dei rimedi omeopatici non fosse contemplata nella farmacopea classica, ma Carlo Alberto rispose positivamente all'udienza del 14 maggio 1838, tanto che nei verbali della seduta del Protomedicato del 28 maggio veniva comunicato che “Sua Maestà ha riconosciuto la convenienza di lasciare all'azione del tempo di discreditare la pratica delle cure omeopatiche se si riconoscesse illusorio o chimerico quel metodo, ovvero di mettere in maggior evidenza quel che può contenere di reale e di utile….per ora nulla si provveda riguardo la pratica di quel sistema tutte le volte che sarà adoperato da persone debitamente autorizzate all'esercizio della Medicina o della Chirurgia e che similmente per ora non debbano venir queste molestate per la somministranza di rimedii proprii delle cure omeopatiche”. Così il farmacista Blengini risultò titolare di una farmacia sita in contrada Santa Maria e nel 1842, pur mantenendo l'esercizio allopatico, era titolare di una farmacia omeopatica in contrada Dora Grossa, che nel 1845 si trasferì in contrada Santa Teresa.
Nella Guida di Torino del 1851 risultava attiva in contrada Carlo Alberto, accanto al Caffè Diley, la farmacia di Vincenzo Vernetti. Ad essa si affiancò nel 1855 quella di Carlo Cerutti, in contrada di Po. Proprio nel 1862, in contrada della Provvidenza, nell’odierna via XX Settembre, venne inaugurata la farmacia omeopatica di Pietro Arnulfi, arricchita da preziosi arredi in legno di ciliegio, verniciato di nero con filettature dorate, dove ogni cassetto negli scaffali era destinato alla custodia esclusiva di una sola sostanza, per evitare contaminazioni. Successivamente, nel 1875, in contrada Carlo Alberto la ditta Schiapparelli succedette alla farmacia Vernetti, mentre nel 1876 la farmacia Arnulfi fu rilevata dall' “Instituto Omiopatico”. Questo risultava essere un’associazione privata di medici, farmacisti, veterinari, seguaci e simpatizzanti della scuola medica omeopatica, costituitosi “allo scopo di sviluppare e diffondere in Italia la pratica dell'omeopatia con tutti i mezzi consentiti dalle leggi”, che si propose inizialmente “di aprire pubblici dispensari nelle principali città del Regno, di sostenere le spese occorrenti per la pubblicazione di un giornale e di stabilire premi annui per incoraggiare le cognizioni omeopatiche sperimentali e dimostrative”. Cominciava così la vita dell'Istituto Omeopatico Italiano con un numero cospicuo di Soci, fra i quali si annoveravano personalità del mondo scientifico, dell’aristocrazia, della politica, e sotto la guida di un Comitato Direttivo a capo del quale si trovava il Dottor Giuseppe Bonino. L’ospedale era stato decretato con sede in via Orto Botanico 16, in Ente morale con regio decreto 25 gennaio 1886. L'anno seguente, sotto la presidenza di Bonino, l'assemblea poté deliberare l'acquisto di una casa in via Orto Botanico allo scopo di insediarvi a tutti gli effetti l'Ospedale Omeopatico Italiano.
L’Istituto contemplava una statistica redatta ogni anno per la parte tecnica ed un resoconto per quella amministrativa e veniva tenuto un registro di accettazione indicante tutte le condizioni personali dei malati ammessi. Purtroppo, dopo più di 90 anni di attività terapeutica, l'Ospedale Omeopatico di Torino, per complesse vicende, compresa la guerra e il disinteresse delle autorità preposte, venne definitivamente chiuso intorno alla metà del 1980 e i suoi locali destinati ad altri usi. Lo stesso destino spettò già nel 1972 alla Farmacia omeopatica storica, ritenuta da alcuni “più bella di quella di Londra” che fu chiusa al pubblico e dimenticata tra la polvere. Così oggi è possibile ammirare la Magnifica farmacia omeopatica in tutto il suo ordine e rigore, con i suoi ordinati scaffali e dove sui numerosissimi cassettini è riportata, per ognuno, la nomenclatura della vasta gamma di sostanze che essi contenevano quando era vitale e frequentata da medici, farmacisti e malati in attesa del loro rimedio. E poi, oltre alla raccolta di ampolle, mortai e pestelli, utilizzati un tempo per la preparazione dei farmaci omeopatici, gli scaffali accolgono più di 250 volumi superstiti della biblioteca specializzata dell'Istituto. Oggi, su richiesta, si può anche prendere visione dei trattati ottocenteschi, delle rare riviste del primo Novecento o dei preziosi manuali salvati dal degrado e soprattutto nuovamente consultabili da quanti siano interessati alla “medicina dei simili” e alla sua storia.
Spotlight Storia e Omeopatia L'omeopatia e le sue Prime Battaglie è il libro di Jean Maria Dessaix, che tratta di problematiche valide ancora oggi e che riguardano lo sviluppo di approcci terapeutici diversi nella cura di malattie gravi, dove l'Omeopatia non si pose come medicina alternativa "contro" quella ufficiale, ma cercò dialogo e integrazione. L'Omeopatia ha sempre avuto una storia controversa per le resistenze da parte della Medicina accademica ufficiale. Questo libro testimonia l'inizio di tali controversie, raccontando eventi e dibattiti avvenuti nei primi decenni dell'Ottocento durante le epidemie di colera. In tempi in cui non c'era terapia, la nuova dottrina omeopatica fu accolta con favore dalle nuove generazioni di medici dallo spirito aperto alla ricerca, ma allo stesso tempo fu ferocemente contrastata dalla classe medica dominante. In questa situazione, una Commissione di medici di Lione fu inviata nell'estate 1835 a Marsiglia per studiare meglio l'epidemia di colera e stilò una relazione che ammetteva il pressoché totale scacco della Medicina Ufficiale, ma criticava anche l'Omeopatia che, si sosteneva, non avrebbe avuto alcun effetto benefico se non in casi che sarebbero guariti comunque. Gli omeopati reagirono duramente, convinti dell'efficacia terapeutica del loro approccio e soprattutto irritati dagli ostacoli burocratici che la Commissione stessa aveva posto sulla strada di una seria sperimentazione e di un utile confronto sul campo. Il documento, oltre ad essere stimolante ed emozionante in quanto fa rivivere la passione dei medici del tempo, tratta problemi che non si sono ancora risolti e che vale la pena conoscere nelle loro origini storiche, filosofiche e culturali. Bollo postale commemorativo delle Poste Italiane in occasione dell’inaugurazione a Roma, in Piazza Navona 49, del Museo Omeopatico il 17 giugno 2013. Il bollo reca l’immagine del fondatore dell’omeopatia, il dr. Samuel Hahnemann. AGOSTO 2014 Medicina omeopatica e medicina allopatica: l'importante è curare
Una frase famosa del medico tedesco Samuel Hahnemann dice"Unica missione del medico è guarire in modo dolce, rapido e duraturo”, così come è scritta proprio nel primo paragrafo del suo libro Organon, un libro di istruzioni-guida non solo sull'omeopatia ma su quella che lui chiamò l'arte del guarire. Un libro in cui il fondatore dell’omeopatia diede corpo e struttura a una rinnovata metodologia medica, quella delle diluizioni infinitesimali, in modo che potesse essere utile e non andasse persa una sua preziosa esperienza clinica valida per i medici del suo tempo e soprattutto per quelli futuri. Dunque medicina allopatica e medicina omeopatica: due discipline scientifiche con approcci terapeutici diversi ma con uno scopo comune: la cura della malattia. La medicina allopatica, o allopatia, è la cosiddetta medicina del contrasto, ovvero la medicina classica alla quale siamo tutti abituati, una medicina che, come sottolineò nel XIX secolo il dr Hahneman, contrastava i sintomi di una determinata patologia mediante farmaci e cure che fossero contrarie al sintomo stesso. Tale termine fu coniato per sottolineare la differenza fra la medicina classica dell’epoca, e l’omeopatia (dal greco “simile” e “patologia”), un tipo di medicina che invece si basa sul principio che “ il simile cura il simile”, secondo cui, nella preparazione dei medicinali omeopatici, vengono diluite dosi infinitesimali di quelle stesse sostanze patogene che, normalmente, scatenerebbero nel soggetto sano i sintomi della malattia. L’omeopatia utilizza un unico o alcuni rimedi singoli, da assumere durante le ore della giornata, ed effettua una diagnosi basata sulla descrizione dei sintomi del paziente oltre che all’osservazione clinica. Non hanno effetti collaterali e stimolano le risorse vitali dell’organismo. La medicina allopatica, come dicevamo, è invece volta a contrastare i sintomi, come per esempio contrastare un’acidità di stomaco con un anti-acido, una infiammazione con un anti-infiammatorio, e così via... Inoltre, questo tipo di medicina considera il perfetto funzionamento dell’organismo come uno stato di salute, mentre per quanto riguarda l’omeopatia, il perfetto stato di salute si determina quando vi è un equilibrio fra corpo, mente e spirito, un equilibrio che l’organismo di ognuno ricerca e stabilisce. L’allopatia considera dunque la malattia come un’alterazione organica e funzionale, mentre per l’omeopatia, una malattia si determina quando vi è un disequilibrio fra le tre componenti, cioè tra le funzioni di tipo fisico, di tipo mentale e della consapevolezza che governa la globalità dell’individuo. Così il trattamento tipico della medicina allopatica è volto alla rimozione del sintomo ed alla cura del corpo, mentre nella medicina omeopatica il medico, dopo un lungo colloquio e la valutazione anche dello stato energetico della persona, baserà l’intervento terapeutico in modo individualizzato e in funzione delle specifiche caratteristiche del paziente. Si tratta di un processo di approfondimento, dove ogni sintomo o segnale ha la sua importanza e dove non ci sono sintomi che non vengano considerati, anzi l’attenzione andrà in modo determinante anche a quelli “ strani, rari e peculiari” come già il padre dell’omeopatia consigliava di tenere ben presente ai medici suoi allievi e ai medici del futuro. Tutto questo allo scopo della scelta di un rimedio appropriato alla totalità di un individuo e del suo “essere malato”. L’omeopatia agisce in genere rapidamente ed efficacemente nel caso di malattie acute come raffreddore, influenza, dissenteria, nausea da viaggio, mal di denti, ecc... In alcuni casi può addirittura avere un’azione più veloce di altri trattamenti terapeutici e assumendo i medicinali omeopatici alla comparsa dei primi sintomi, i risultati si ottengono in modo ottimale e in tempi rapidi. Esistono malattie croniche, cioè che durano da più mesi, se non addirittura da anni, che per curarle ci vuole tempo, indipendentemente dal tipo di terapia utilizzata, poiché l’organismo dell’individuo viene colpito in profondità. L’omeopatia permette di ottenere buoni risultati anche nel caso di malattie croniche come asma, allergie e dermatosi. L’omeopatia cura molto bene i malati di qualsiasi specie di appartenenza, quindi anche i nostri fratelli che condividono il nostro habitat. E, a differenza dei farmaci allopatici, che spesso hanno sapori a volte improponibili anche per noi e soprattutto per i bambini, i rimedi omeopatici essendo o diluiti in acqua o impregnati su granuli di saccarosio o lattosio permettono un approccio gradevole per tutti. C’è da sottolineare che l’Omeopatia non sperimenta sugli animali perchè serve che chi testa le sostanze possa spiegare i sintomi che gli compaiono, visto che la sperimentazione dei rimedi altamente diluiti viene fatta su individui sani e capaci di scrivere un diario sui sintomi sia fisici che mentali che non avevano prima di sperimentare quella sostanza. Diario che verrà confrontato con gli altri diari di tutti gli altri soggetti che hanno partecipato all'esperimento in modo da codificare e trascrivere per quali patologie quel rimedio è specificatamente indicato. E grazie a queste sperimentazioni, chiamate " proving", si potranno curare invece anche gli animali che possono manifestare gli stessi sintomi. Ecco che in questo caso la sperimentazione non è nociva per nessuno ed è utile a curare Da quanto brevemente esposto già si comprende come di diritto la medicina omeopatica entri nei protocolli terapeutici e possa avere un grande ruolo da svolgere nel benessere di bambini, donne, uomini e animali in tutto il pianeta.
Spotlight Ironie estive …
LUGLIO 2014
Oggi, nel campo dell’omeopatia, è possibile utilizzare un sofisticato, ma allo stesso tempo molto pratico software, specifico per le esigenze dei medici omeopati, che, distribuiti su tutto il pianeta, usufruiscono di comuni programmi informatici di elaborazione e ricerca ottimale e veloce di dati clinici e terapeutici utili allo svolgimento della propria attività sulla salute. Sia che lavori su piattaforma Mac o Windows, il fulcro è che il software sia condivisibile tra tutti gli omeopati del mondo, in grado di effettuare e gestire ricerche sui sintomi repertoriali, ovvero catalogati, con possibilità di accedere alle Materie Mediche, cioè a migliaia di testi e lavori di sperimentazione cliniche dei rimedi in molte lingue diverse, con la particolarità di lavorare in tempo reale sulla cartella clinica dei pazienti e con la possibilità di aggiornamento e utilizzo dei programmi su Internet con funzioni cloud.
Abbiamo chiesto direttamente al curatore del programma RadarOpus, usato su scala mondiale dagli omeopati, il dr. Carlo Maria Rezzani di Como, medico e omeopata, nonchè responsabile del coordinamento della piattaforma software omeopatica per la gestione dati, su come sia cominciato il progetto software e quali saranno le prospettive future. Carlo, tu sei un medico e un omeopata… Sì
Dunque…dal 1980 col gruppo “Lycopodium”…ho iniziato nel 1978 e a oggi, calcolando, sono tanti anni!
Nel 1986 ho presentato un flow chart di come fare una cartella clinica all’Università di Namur in Belgio. Era un’università rinomata in Europa, avendo una facoltà molto importante, e lo è ancora, dal punto di vista informatico. Si trattava di un progetto su carta di come informatizzare i dati clinici che vengono rilevati in omeopatia, perché noi omeopati diamo sempre molta attenzione alla globalità sintomatologica del paziente, pur non tralasciando la particolarità. Questo mio lavoro ha suscitato entusiasmo all’interno di questo gruppo belga, per cui abbiamo iniziato a produrre la prima cartella clinica Chip in versione MS-DOS e poi, quando è arrivato Windows, siamo pian piano migrati a Windows e Archibel Belgio (Archibel Homeopathic Software) ha constatato che questa cartella aveva una grossa validità dal punto di vista culturale e così ha fatto una joint adventure con noi in Italia per diffondere questa cartella clinica che poi è stata chiamata col nome Winchip e che adesso è inglobata in RadarOpus. Era il 1986 e quindi sono quasi 30 anni. Cosa è cambiato dall’inizio a ora e quanti omeopati hanno lavorato e lavorano oggi su questo progetto? Nei primi anni su WinCip sono stati in molti a lavorare, circa una ventina di persone, più il contributo di molti utenti dell’omeopatia europea. Successivamente abbiamo lavorato con un gruppo italiano. Adesso, il capo programmatore di tutto RadarOpus è Lorenzo Vandoni e io sono diventato il coordinatore di tutto il progetto. In generale a tutto il progetto RadarOpus hanno lavorato in circa, in tutto il mondo, un’ottantina di persone, in quanto sono tanti i lavori che si fanno, comprese le attività di pubblicità, diffusione e coordinamento, oltre al lavoro di programmazione vero e proprio ed elaborazione dei testi.
Qual è stata la difficoltà a far coincidere informatica e omeopatia, o meglio, far capire all’informatico quello di cui l’omeopata aveva bisogno? Per far incontrare questi due aspetti, la difficoltà persiste. Diciamo che è una difficoltà che viene sempre meno perché i nuovi studenti e i nuovi medici hanno sempre più dimestichezza con l’aspetto informatico. Rimane ancora, per i medici omeopati, una difficoltà nell’informatizzazione del lavoro clinico. Cioè un medico omeopata lavora molto bene nella ricerca a scegliere i sintomi, ecc…, però scrive ancora a mano. Ecco, questo è un gap che secondo me è importante superare perché questo superamento offrirebbe la possibilità di convogliare in una grande banca dati tutti i nostri dati clinici. Il fatto è che se tu fai l’omeopata e in un anno hai per esempio già solo 5 casi ben documentati, moltiplicati su 100.000 medici omeopati, diventano 500.000 casi, moltiplicati per 5 anni diventano 2 milioni e mezzo di dati clinici! E su due milioni di dati clinici si può fare ricerca, in quanto oggi la ricerca nel campo dell’omeopatia ha due finalità. La prima finalità è quella di permettere a noi omeopati e quindi al Comitato Internazionale di Gestione di questa banca dati che si chiama Clificol, ovvero Clinical File Collection, di difendere l’omeopatia dagli attacchi tipo: “… l’omeopatia non funziona…o l’omeopatia è un placebo.. No, signori! Qui ci sono 500.000 casi clinici di gente curata o perlomeno migliorata, in quanto è vero che ci sono patologie che anche noi non possiamo curare, per esempio un diabete insulino-dipendente non è risolvibile, però possiamo fare in modo di modificare in meglio la qualità di vita delle persone nelle malattie al momento inguaribili e allo stesso tempo, guarire molte e molte patologie. La seconda finalità è fare attività di Ricerca all’interno dell’omeopatia, cioè avere quella che si chiama materia medica viva, ma veramente viva, col linguaggio usato dai pazienti al giorno d’oggi e che esprimono un sintomo in un certo modo. Il lavoro che noi omeopati sempre facciamo è infatti quello di tradurre un sintomo verbale di un paziente in un sintomo repertoriale, cioè rintracciabile sul repertorio omeopatico (quello che potremmo chiamare “ le pagine gialle dei sintomi con elencati i corrispondenti rimedi che curano” N.d.A.). Questo è un passaggio molto delicato e molto difficile e necessita di esperienza, ovvero il poter raccogliere le mille sfumature di come un paziente esprima la gelosia o la dittatorialità o la paura dell’abbandono ecc. in un linguaggio moderno… ebbene… questo è il mio sogno. Quanti omeopati usano il programma informatizzato nel mondo? Che dati avete? Di RadarOpus al momento abbiamo 60.000 utenti, tra grandi pacchetti e piccoli pacchetti del software, ma che usano la parte dedicata alla cartella clinica, che è la cosa che mi sta più a cuore, è un 25% di questi, quindi siamo sui 15.000. Però sono tanti e crescono sempre di più perché a parte l’informatizzazione del repertorio omeopatico e delle materie mediche, i medici hanno sempre più l’esigenza di avere in ordine anche i propri dati clinici e quindi qui dobbiamo sviluppare anche le tecnologie che permettono la sincronizzazione dei casi, con la connessione e la contemporaneità dei dati tra quello che l’omeopata ha al computer di casa e quello che ha in ambulatorio, o sul cellulare o sul tablet tramite cluod. Modernizzare tutto ciò faciliterà questo processo, però andrà chiesta un po’ di buona volontà ai medici omeopati. Questo perché, se noi, medici omeopati, vogliamo sviluppare e vogliamo che l’omeopatia vada avanti, dobbiamo avere coscienza che qualcosa noi dobbiamo dare, non possiamo rimanere confinati al nostro studio, ecco, questo è il messaggio più importante.
Assolutamente sì. Infatti abbiamo deciso un primo livello di mobile application, per dare la possibilità di avere almeno il repertorio Synthesis per poter fare una repertorizazione dei sintomi, così a casa del paziente ho il mio telefonino e posso cominciare a inserire una prima parte di dati clinici con una fase iniziale di utilizzo del repertorio omeopatico.
Da poco più di un mese è uscita la versione in tedesco dell’App, che ha avuto un bel salto di vendite, a un prezzo relativamente contenuto, costa 189 euro e, in occasione del Congresso Internazionale di Omeopatia a Parigi, che si terrà dal 16 al 19 luglio, uscirà in inglese, francese, spagnolo e italiano. Questo sarà il primo step che permetterà di fare una repertorizzazione, di poterla sincronizzare col proprio computer a domicilio e anche eventualmente esportarla in formato pdf. Poi successivamente andremo anche su applicazioni di tipo mobile più avanzate che sarà non proprio il programma RadarOpus completo, in quanto è veramente troppo grosso, ma magari sì potrà avere sul proprio tablet il repertorio, una piccola scheda pazienti e una decina di materie mediche, che già permettono di lavorare bene. In quante lingue è accessibile l’intero software? Le lingue di RadarOpus sono ormai dieci. Adesso stiamo per uscire anche col cinese. Abbiamo, lo dico in ordine di come vengono sviluppati: inglese, tedesco, italiano, spagnolo, francese, portoghese, olandese, russo, cinese, giapponese, svedese, ebraico, arabo. Quindi tutto il programma gira in queste lingue. Per esempio per l’ebraico e l’arabo abbiamo implementato che quando l’omeopata scrive una cartella clinica scrive da destra verso sinistra, perché loro scrivono così. E poi il repertorio Synthesis è nelle lingue principali e quindi, inglese, francese, italiano, spagnolo, portoghese, russo, olandese, giapponese e il cinese lo stiamo facendo. Con la Cina abbiamo un contatto molto grosso, con una scuola di Hong Kong, che è una scuola molto importante e verrà a fare visita proprio qui a Como il professor To, che è un medico omeopata che dirige la scuola di medicina omeopatica che comprende centinaia e centinaia di frequentatori. Quindi tutto questo conferma che l’omeopatia è viva e viene utilizzata davvero in tutto il mondo! Esatto e il messaggio che io voglio dare è che l’omeopatia deve essere difesa dagli omeopati che fanno una buona omeopatia. L’omeopatia si può difendere solo a condizione che venga diffusa bene e fatta bene e con qualità. Ecco, questa è la garanzia. Non basta vedere che i rimedi omeopatici vengano venduti di più, ma che venga diffusa una buona omeopatia, dove, per buona omeopatia, si intende un approccio e un rapporto col paziente fatto in un certo modo, cioè dedicandosi al paziente: due qualità che la medicina in sé dovrebbe dare …e non solo la medicina omeopatica. Questa è la cosa fondamentale. All’interno di questo però, ripeto, se noi omeopati non sviluppiamo degli strumenti e una capacità di cogliere dei dati e usarli in modo tale che possiamo avvalerci di una importante banca dati, non riusciamo ad andare lontano.
News Gli omeopati mettono alle strette Wikipedia È in corso una petizione, a cui tutti possono aderire, affinchè la pagina di Wikipedia sull’Omeopatia venga aggiornata e senza pregiudizi. Ecco il testo della petizione: “Caro lettore, è necessario essere consapevoli che la pagina Wikipedia di informazioni sull’ Omeopatia non rappresenta la vera definizione del sistema di medicina omeopatica (http://en.wikipedia.org/wiki/Homeopathy). Invece di promuovere la neutralità delle informazioni, come dovrebbe essere il mandato di Wikipedia, quanto scritto sull’ Omeopatia si basa sulla disinformazione, scetticismo e su riferimenti parziali. Dal momento che molte persone si affidano a Wikipedia per le informazioni, in particolare il pubblico in generale, queste si ritrovano con un'impressione fuorviante e scorretta dell’ Omeopatia.
Per di più, Wikipedia ha disattivato l'editing su questa pagina di informazioni.
L'omeopatia sta crescendo come una scienza consolidata e si è evoluta nel corso degli ultimi decenni, sia nella ricerca che nella pratica clinica. Molte prove dimostrano la scientificità dell'omeopatia, ma Wikipedia ha ignorato tutto ciò. Pertanto, la pagina di informazioni sull’Omeopatia deve essere aggiornata senza pregiudizi attraverso la consultazione di esperti noti, tra cui omeopati classici e l'utilizzo di opportuni riferimenti.” Si può firmare online al seguente link: http://www.change.org/en-IN/petitions/wikipedia-call-to-action-to-update-homeopathy-at-wikipedia
GIUGNO 2014
Sono numerosi i medici di varie specializzazioni, esperti in medicina omeopatica, che operano ormai da anni in alcune Asl italiane integrando la medicina omeopatica negli ambulatori pubblici. È questa una realtà poco conosciuta che dà ottimi e lodevoli risultati per la salute dei cittadini, con addirittura lunghe liste di attesa nelle prenotazioni al CUP, dove la visita e il piano terapeutico in omeopatia sono stati inseriti nella Sanità pubblica e i pazienti possono accedere pagando il ticket. La visita omeopatica risulta nell’elenco delle prestazioni mutualistiche al pari di una visita specialistica o di un 'intervento di chirurgia ambulatoriale o di una radiografia. Così è da tempo che al San Camillo di Roma l’Omeopatia è inclusa negli ambulatori per curare sia patologie acute che croniche e per migliorare la qualità della vita, mentre a Milano, l’ospedale Sacco offre ambulatori di omeopatia e il centro di oncologia prevede un protocollo omeopatico per contrastare gli effetti collaterali della chemioterapia e della radioterapia. Lo stesso vale per l’ospedale di Pitigliano, in provincia di Grosseto, dove la Medicina Non Convenzionale (MNC) affianca quella tradizionale in tutte le fasi dell'assistenza ai ricoverati. Anche l'ASL di Ivrea, già dal 2009, ha attuato l’ampliamento delle offerte sanitarie nelle strutture ambulatoriali con la medicina omeopatica nella specialità di neurologia, presso cui vengono curate omeopaticamente le cefalee infantili, le allergie in pediatria, i disturbi gastrointestinali funzionali dell'infanzia, le lombo-sciatalgie in gravidanza e le dismenorree. Lo stesso vale per Lucca: presso l 'ospedale Campo di Marte, da più di dieci anni è attivo un ambulatorio di "Omeopatia per la donna" aperto il lunedì, cui possono accedere, in regime di convenzione, al costo di 24,00 euro, donne della provincia di Lucca e non solo. La statistica raccolta riporta che, al dicembre 2012, sono state effettuate 1256 prime visite omeopatiche e dal primo gennaio al 31 dicembre 2012 si contano 119 prime visite e 354 controlli, per un totale di 473 visite ambulatoriali. Inoltre che il 70,0% delle donne proveniva da città e provincia, che il 35,3% aveva utilizzato la terapia convenzionale, mentre il 57,9% delle pazienti non era mai ricorsa all'omeopatia o ad altre terapie non convenzionali. Da quanto riportato è evidente che la richiesta e l’utilizzo della medicina omeopatica da parte della cittadinanza è una realtà ben viva …basta sapere che è possibile usufruirne a garanzia della libera scelta sulle cure. Ecco qui di seguito la parola direttamente alla dottoressa Maralessandra Panozzo specialista in Ginecologia e Ostetricia presso l’Ospedale Campo di Marte di Lucca e dirigente dell’ambulatorio di “Omeopatia per la donna” presso l’ASL 2 della Regione Toscana.
Da quanto tempo è aperto ed è attivo il vostro ambulatorio di Omeopatia per la donna? Dal 2003, quindi da più di 10 anni Come è iniziata questa attività integrata con la medicina omeopatica nella vostra Asl ? R: In realtà è iniziata come una proposta regionale. La regione Toscana aveva istituito un progetto regionale di studio che verteva sulle medicine non convenzionali, una sorta di progetto pilota. Allora era presente il dottor Elio Rossi in questo studio e siccome lui faceva parte già da diversi anni di questo lavoro, ha richiesto la presenza anche di una branca ginecologica. Inizialmente facevamo parte di un centro regionale di riferimento per l’omeopatia e durante questo percorso sono stati raccolti tutti i dati, inviando le statistiche a fine anno sui miglioramenti e peggioramenti sintomatologici dei pazienti trattati. Così siamo stati riconosciuti attraverso una legge regionale che appunto c’è stata e in cui è stato definito a livello regionale che tutte le strutture Asl dovevano avere un punto di Medicine Non Convenzionali comprendente l’omeopatia, l’agopuntura e la fitoterapia. Per cui noi siamo stati il centro di riferimento iniziale di studio sulle MNC. Diciamo che c’è stata prima la parte di studio e poi da lì l’approvazione della legge regionale dalla quale è partito un vero e proprio concorso dal quale i posti ricoperti sono diventati di ruolo. Quindi i pazienti hanno la possibilità di pagare il ticket per la prestazione omeopatica? Il paziente paga il ticket normalmente in base al reddito e accede tramite il CUP per la prenotazione. Sono visite della durata di 30 minuti …insomma…è un normale servizio asl. Le pazienti sono contente di queste servizio di medicina intergrata? C’è molta affluenza a questo ambulatorio di omeopatia? Il problema è proprio che c’è molta affluenza...nel senso che io ho un contratto per sette ore alla settimana per la mia parte di competenza come ginecologa e la mia lista di attesa è di un anno e tre mesi…quindi siamo molto ingolfati, e diciamo che è un ambulatorio che è stato davvero subito molto richiesto. Ma a ciò non ha fatto però seguito un aumento di personale. Quali sono le patologie trattate più frequentemente nel vostro ambulatorio e per le quali le donne richiedono di essere curate con l’omeopatia? Soprattutto i disturbi della menopausa, che è un momento in cui ovviamente molte donne non vogliono prendere farmaci chimici, poi le irregolarità del ciclo mestruale nelle ragazze, per le quali le mamme non vogliono far prender loro ormoni, poi anche ovaio policistico, dolori mestruali, anoressie, amenorrea. Insomma tutta questa fascia di patologie e sintomi per cui le pazienti non vogliono per scelta prendere la pillola quando gli viene prescritta…cioè quindi terapia ormonale. Ci sono poi anche le pazienti in gravidanza che vogliono essere seguite in maniera naturale con la medicina omeopatica ed essere sicure di non prendere integratori inutili Quali sono i rimedi che vengono prescritti più frequentemente? Siamo omeopati che lavorano con la medicina omeopatica unicista, quindi il rimedio è personalizzato per ogni caso specifico e sinceramente una statistica su quali rimedi abbiamo dato più frequentemente non l’abbiamo neanche mai fatta. Tutte le pazienti vengono inserite in un database clinico. Noi usiamo un sistema informatico di raccolta cartelle cliniche specifico in omeopatia, in cui viene fatta quella che si chiama repertorizzazione omeopatica, dove si raccolgono tutti i sintomi e vengono registrate tutte le visite effettuate e per ogni visita viene salvata la repertorizzazione e il rimedio omeopatico prescritto. Abbiamo così la possibilità di valutare i miglioramenti o i peggioramenti o se permane lo stesso sintomo. Poi facciamo l’analisi dei dati. Quello che è caratteristico, è che si è evidenziato che in tutti gli anni valutati, la percentuale di miglioramento e di guarigione.sono uguali…incredibilmente ci sono, più o meno, sempre quel 70-80 % tra miglioramenti e guarigione e quel 20% di stabilità del sintomo. Cosa ci puoi dire riguardo alla tua esperienza in questo campo…sei contenta di aver partecipato a questo programma…intendi continuare? Io sono molto contenta perché è stata una grossissima opportunità, anche perché è stata un’occasione per vedere pazienti che sono un po’ al di fuori del giro classico delle persone “omeopatiche” diciamo, perché magari avendo possibilità di accedere tramite il pagamento del ticket sono venute anche donne che non erano avvezze all’omeopatia. E quindi sono contenta perché si riesce a diffondere bene un modo di fare medicina completamente diverso …e poi le donne…perché io vedo donne, essendo ginecologa …le donne sono sempre molto più sensibili e attente e vedo che accettano volentieri la terapia e l’omeopatia piace. Sicuramente bisognerebbe riuscire a fare le cose con più calma e avere la possibilità di fare visite più lunghe, senza essere così ingorgate con gli appuntamenti e magari poter disporre di un po’ più di ore dedicate e un po’ più omeopati che ci lavorino. Avere modo di respirare di più ovviamente porterebbe a fare un lavoro migliore. Invece così al momento siamo sempre un po’ sul filo del rasoio per riuscire a fare tutto di corsa e riuscire a incastrare tutto, ecco… Comunque per me è stata una grande esperienza, indubbiamente, che mi ha dato l’opportunità di vedere tantissime persone e tantissime situazioni. Grazie per averci dato queste importanti informazioni. È davvero utile che l’omeopatia si conosca nel modo giusto e che soprattutto si veda che ci sono delle aree della medicina ufficiale e del SSN che possono dedicare spazi a questa scienza della salute. Dico anche un’altra cosa che secondo me è importante. Quello che qualifica noi medici esperti in medicina omeopatica è sicuramente il rapporto omeopata-paziente, che per obbligo e per come noi lavoriamo, è obbligatorio che sia fatto in un certo modo, con un certo tipo di ascolto e di rispetto reciproco. Ed è proprio questa qualità, ultimamente, anche parlando in occasione di vari congressi, che i medici allopatici ci invidiano e che è venuto a mancare alla medicina allopatica. Al di là dell’approccio terapeutico diverso, oggi la medicina ufficiale si sta rendendo conto che un approccio parzializzato al paziente non aiuta la medicina, non aiuta la cura, non aiuta la salute…al di là del tipo di strumento terapeutico che poi si utilizzi…
Omeopatia nel mondo International Council for Homeopathy (ICH) Il Consiglio Internazionale per l'Omeopatia (ICH) è la piattaforma professionale internazionale che rappresenta la figura professionale degli omeopati e la pratica dell'omeopatia in tutto il mondo. L’ICH comprende attualmente 31 associazioni professionali di medici omeopati provenienti da 28 paesi in quattro continenti e mira infine ad avere associazioni aderenti da tutti i continenti. Attraverso la rete e il dialogo, i membri del ICH sono impegnati nella promozione e la valutazione dello stato dell’omeopatia in ogni parte del mondo; con particolare attenzione allo sviluppo di linee guida internazionali che promuovano la libertà di accesso al più alto livello possibile di cure sanitarie. Svizzera; le Medicine Non Convenzionali sono equiparate alle altre specialità mediche Le prestazioni sanitarie nell’ambito delle Medicine Non Convenzionali (MNC), Medicina Omeopatica inclusa, sono per principio a carico dell'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie. Con questa procedura il Dipartimento Federale dell’Interno (DFI) intende adempiere a un mandato costituzionale equiparando le specialità delle MNC alle altre specialità mediche già rimborsate, facendo valere anche per esse il principio della fiducia e del rimborso delle prestazioni da parte dell'AOMS. Analogamente a quanto già avviene per le altre specialità, la verifica si limiterà a singole prestazioni controverse. Il DFI e l'Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) hanno informato le cerchie interessate della procedura prevista, invitandole a collaborare all'elaborazione dei criteri idonei alla sua attuazione. Per adempiere in questo modo al mandato costituzionale, è necessario adeguare l'ordinanza sull'assicurazione delle malattie e l'ordinanza del DFI sulle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie. La decisione in merito spetterà rispettivamente al Consiglio Federale e al DFI in base alla propria competenza. UE: Omeopatia in cifre Tre europei su quattro conoscono l’omeopatia. Più di 100 milioni, pari al 29 %, scelgono farmaci omeopatici per la loro assistenza sanitaria. L’intera Unione europea conta 60 mila medici prescrittori di farmaci omeopatici, 11.400 ogni 100 mila abitanti. I dati sono stati diffusi dalla ECHAMP, l’associazione no profit che rappresenta l’industria dei medicinali omeopatici e antroposofici nell’Ue. L’Unione Europea è il maggior produttore di questi farmaci: il mercato europeo del settore ha raggiunto un valore di 1 miliardo di euro all’anno e pur impiegando circa 8 mila persone rappresenta lo 0,7% del mercato farmaceutico europeo. L’Italia è il terzo mercato in Europa, dopo Francia e Germania. Proprio in Italia, sono 11 milioni gli italiani che usano medicinali omeopatici, di cui 3 milioni abitualmente (Dati Doxapharma), 20.000 i medici italiani che prescrivono medicinali omeopatici (Dati Omeoimprese), 25.000 i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano dal 1995 (Dati AIFA), oltre 30 milioni le confezioni di medicinali omeopatici vendute nel 2013, 4000 è il numero di famiglie, tra impiego diretto e indotto, che vivono del mercato degli omeopatici in Italia (Dati Omeoimprese), 320 milioni di euro il fatturato in farmacia (Dati Omeoimprese).
MAGGIO 2014
Capire, interpretare e classificare l’espressione dei sintomi delle malattie così come l’organismo li esterna e li rende evidenti fa parte dell' “arte del guarire”, proprio come concepiva la medicina omeopatica il suo fondatore, il dr Hahnemann. Usando l’osservazione, l’elaborazione e la sintesi conclusiva, propria della metodologia di ricerca galileiana, per arrivare a scoprire quale sostanza in forma diluita sia necessaria per quello stato patologico che sia in grado di apportare i suoi benefici effetti. Ma non solo, aggiungendo un quid in più: poiché la medicina omeopatica implica allo stesso tempo scienza e arte, proprio come nel caso di un pittore che segue un’ispirazione, tracciando man mano sul foglio bianco i tratti salienti e poi procedendo nell’arricchire di toni e colori il disegno, fino a far emergere il quadro e l'opera completa, ispirandosi ai colori, ai paesaggi, ai giochi di luce che la Natura stessa offre. Allo stesso modo, attraverso l'espressione, la sensibilità, la spiegazione di come vengono percepiti i sintomi, le dolorabilità, le modalità con cui un malessere viene sentito e interpretato, sia di tipo fisico che mentale, l’omeopata traccia man mano un quadro globale, grazie alla lettura di quanto esposto dalla stessa persona affetta dai disturbi e applicando un confronto con le “note chiave” che le varie famiglie delle piante racchiudono. Tutto ciò è reso possibile proprio da studi e ricerche sui farmaci omeopatici attuate da numerosi omeopati fino a oggi, che hanno lavorato cercando di comprendere e classificare quali sensazioni siano più specifiche di altre rispetto alla famiglia di appartenenza delle piante e dando ragione al fatto che queste conoscenze possono essere di grande aiuto nell’applicare la cura più adatta Secondo la letteratura clinica omeopatica, i rimedi ricavati dal regno vegetale possono essere raccolti in gruppi di sensazioni e di caratteristiche specifiche a seconda della famiglia di appartenenza e questa particolarità é vantaggiosa nel poter riconoscere il rimedio piú simile alle espressioni caratteriali e modalitarie di ogni individuo a cui necessiti porre riparo in svariate patologie. Così l'omeopata può essere guidato nella scelta ponendo attenzione al fulcro di ogni famiglia e di conseguenza al rimedio specifico. Per fare degli esempi che aiutino a comprendere meglio, se la situazione principale di un paziente è uno stato di shock, conoscendo le proprietà delle piante ci si troverà a fare la diagnosi differenziale di questa situazione patologica a seconda del gruppo di appartenenza. Ecco così che nella famiglia delle Rosaceae, di cui fanno parte i rimedi Crategus, Amigdala e Laurocerasus, le sensazioni chiave sono il sentirsi schiacciato, soffocato, compresso con improvviso soffocamento, a differenza dello shock espresso dalle Compositae, relazionabile all’essere feriti fisicamente o psicologicamente, sia nell’atto di subire sia nel procurare ad altri ferite o insulti. Fanno parte di questa famiglia diverse piante, quali: Arnica, Calendula, Chamomilla, Cina, Eupatorium perfoliatum, Bellis perennis. Nelle Loganiaceae, invece, a cui appartengono Nux vomica, Gelsemium, Spigelia e Ignazia, la sensazione di shock è legata alla delusione in cui vi è un dolore subito in silenzio, in cui si rimane paralizzati o dove la reazione può anche essere di forte stato emotivo ed eccitazione, mentre nelle Magnoliidae si esprime come qualcosa di sconcertante, confuso, bizzarro e strano, con reazioni che possono andare da una condizione di senso di vuoto o di rabbia e violenza. Nelle Umbelliferae, di cui fanno parte piante come Asa fetida, Bryonia e Conium, lo shock è determinato dall'effetto di un attacco improvviso e inaspettato, dove la reazione passiva può essere stupore o ottusità, mentre la reazione attiva si può esprimere con convulsioni. In senso generale, sempre riferibili alle sensazioni che ogni famiglia di piante racchiude, è stato evidenziato come nelle Primulaceae la caratteristica è l'incapacità di muoversi data da paralisi, come se i muscoli fossero duri e paralitici, esprimibile anche col senso di essere bloccati e isolati, come in una prigione, ma allo stesso tempo con una forma di adeguamento a questo stato accontentandosi e stando bene anche in un piccolo spazio, come ben espresso dalla pianta Cyclamen, appartenente a questa famiglia. La sensibilità espressa dalle Papavaraceae, per continuare con gli esempi, è quella di grande dolore e sofferenza, in particolare di un grado estremo, sia fisica che psicologica. Può essere collegato a morte e all'esperienza di morire. Ci può essere una reazione estrema al dolore che sfocia nell’analgesia, coma o anestesia, assenza di dolore e torpore. Ne sono espressione anche la calma in situazioni di grande dolore, oppure assolutamente uno stato in cui non ci si sente colpiti dal dolore e dalla sofferenza, anche quando la situazione è molto dolorosa. Per le Cactaceae il fulcro è la sensazione di essere chiuso da una mano di ferro e poi rilasciato. Sentirsi intrappolato sia in parti fisiche, tipo cuore o polmoni, che nella sfera psichica. Il tema principale per queste piante è soprattutto un senso di costrizione alternata a espansione. Invece, nelle Euphorbiaceae, è il sentirsi legato e stretto da una benda o da un nastro, come in una camicia di forza che limita e ostacola o come un prigioniero che è vincolato da tutti i lati, ma con desiderio di liberarsi e fuggire. In ultima analisi, per le Solanacee, la sensazione principale è la violenza e gli spasmi improvvisi. Tutti i sintomi fisici sono improvvisi, violenti, spasmodici è può esserci, come reazione passiva, lo stupore, il coma,l’intorpidimento o lo stordimento. I rimedi di questa famiglia sono rimedi per convulsioni, come Belladonna, Stramonium, Dulcamara, Hyoscyamus e Capsicum. Senza dubbio l’approfondimento sulle caratteristiche dei gruppi di piante ha portato ad arricchire l’omeopatia di conoscenze utili alla diagnosi e alla scelta della giusta medicina per ognuno, ma ha anche stimolato gli omeopati a condurre ulteriori ricerche sul rapporto che può sussistere tra le piante botaniche e il loro contenuto di sostanze minerali, aprendo la strada al confronto tra rimedi di derivazione minerale vera e propria e i minerali contenuti nelle piante che possono essere così considerati a metà strada tra le sensazioni espresse dal regno vegetale e l’espressione di rigidità e struttura propria di coloro che necessitano di medicinali omeopatici di questa categoria. Il tutto naturalmente allo scopo di poter soddisfare il principio di curare in armonia secondo natura e soprattutto di guarire l’individuo nella sua totalità e non solo il singolo sintomo.
Spotlights Materia Medica Poetica, omeopatia in versi È una raccolta di poesie originali di Sylvia Chatroux su più di cento rimedi omeopatici, in cui l’autrice ha catturato l’essenza di ogni rimedio trasposto in composizione artistica, arricchendo il tutto con antiche xilografie di piante. Con una combinazione di umorismo, immaginazione e attenta ricerca, la dottoressa Chatroux ha trasposto in versi un’immagine poetica di ogni rimedio mettendone in risalto le sue indicazioni e gli effetti. Così come l'omeopatia è l'essenza di una "arte di guarigione", allo stesso modo questo libro coglie l'essenza di quell'arte in maniera originale e contemporaneamente utile. Ecco qui un esempio sul rimedio omeopatico Camphora. Come si legge l’etichetta dei rimedi omeopatici? I rimedi omeopatici possono essere contenuti in tubetti, sotto forma di granuli, che sono delle piccole sfere di lattosio o saccarosio, al cui interno si trova la sostanza diluita, o sotto forma di globuli, che sono piuttosto simili ai granuli, ma più piccoli. Oppure i rimedi possono essere in soluzione idroalcolica, in flaconcini con tappo dosatore o pipetta, somministrabili a gocce. Sull’etichetta si trovano diverse diciture. Oltre al nome del rimedio, ci sono dei numeri e delle lettere. Per quanto riguarda i numeri si vedranno 6, 7, 9, 15, 30 ecc... Questi indicano il numero di diluizioni a cui è stata sottoposta la sostanza iniziale. Le lettere indicano invece il metodo che è stato utilizzato per diluire la sostanza. Così se vi è scritto CH, si tratta di una diluizione Centesimale, metodo di Hahnemann, se DH: si tratterà di una diluizione Decimale, metodo di Hahnemann, se invece è riportata la sigla K è una diluizione preparata con metodo di Korsakov, ed infine LM o 50 M sarà una diluizione cinquantamillesimale. Per le diluizioni preparate col metodo Korsakoviano, al di sopra della diluizione 200, si usano i numeri romani, così ci sarà la MK, che equivale a 1000 Korsakoviana, XMK a 10.000, LMK a 50.000, CMK a 100.000, DMK a 500.000.
APRILE 2014
Si contano nella farmacopea omeopatica mondiale circa 5000 rimedi. Sono tutti costituiti da sostanze ricavate da quelli che sono conosciuti e classificati come regno minerale, regno vegetale e regno animale, ma non solo: esiste tutta una letteratura specifica che ne annovera le particolarità e le proprietà cliniche terapeutiche. Per quanto riguarda il regno vegetale, dall’ultimo decennio si è maggiormente adottata in omeopatia la classificazione in famiglie botaniche, ognuna delle quali ha gruppi di rimedi con tematiche peculiari e ben identificabili. Grazie agli studi di Rajan Sankaran la prescrizione della medicina omeopatica viene coadiuvata, nella gestione del caso clinico, prestando particolare attenzione alle sensazioni del paziente, in modo da poterle correlare a una griglia riguardante i vari regni. Basandosi sull’espressione sintomatologica del soggetto rispetto alla sua problematica clinica si potrà evidenziare come, per le persone che necessitano di una sostanza minerale, la loro espressione di base sia la struttura, mentre la sensibilità sia la sensazione preponderante per chi abbia bisogno di un rimedio vegetale e infine come il senso di sopravvivenza sia il fulcro per i rimedi del regno animale. In omeopatia a ciascun rimedio corrisponde una sensazione di base. Nei minerali questa viene identificata nel senso di mancanza o di perdita di qualcosa, che identifichiamo come struttura. La sensazione per i rimedi animali è quella di vittima/aggressore e della lotta per la sopravvivenza. L'istinto di sopravvivenza è la base e avrà molte diverse modalità all'interno di questa sensazione. Nel regno delle piante la sensazione di base è la sensibilità, dove la persona che necessita di un rimedio vegetale vede il suo problema come la propria sensibilità e reattività a qualcosa al di fuori di se stesso. Per comprendere meglio si potrebbe dire che i pazienti "minerali" credono che il loro problema sia all'interno di se stessi, i pazienti “vegetali” sentono che il loro problema sia determinato da qualche processo o sostanza fuori di loro; infine i pazienti “animali” sono convinti che il loro problema sia causato da qualcuno o da qualche entità fuori di loro. L'eziologia o la causalità nella clinica omeopatica ha a che fare con la sensazione propria di ogni rimedio espressa dalla persona. Così è possibile riconoscere che l'eziologia di Kalium è il senso del dovere, l'eziologia di Lachesis è la loquacità e la gelosia o l'eziologia di Ignatia è la contraddizione. Sankaran spiega che “I rimedi minerali si manifestano attraverso l’attenzione che prestano alla struttura e all’organizzazione. Il loro universo tende ad acquisire significato dalla famiglia, dalle relazioni, dal lavoro, dal ruolo, dall’adempimento, dalla progettazione e dall’ordine. I rimedi animali sono più evoluti e complessi e hanno come tematiche la sopravvivenza, l’attrazione, la competizione, il potere e le gerarchie. I rimedi vegetali hanno come loro caratteristica qualsiasi tipo di sensibilità: sono sensibili ai traumi, alle ferite, all’ambiente, ai cambiamenti… le loro espressioni sembrano appartenere più alla sfera emozionale, ma in ogni caso sono incostanti, disseminate e variabili. Il regno vegetale è stato classificato dai botanici in famiglie ognuna delle quali ha gruppi di rimedi e di tematiche che possono essere ben riconosciuti”. In ogni caso la qualità di fondo dei rimedi vegetali è la sensibilità. Basti pensare che le piante sono organismi viventi radicati al terreno e incapaci di muoversi. Per sopravvivere hanno bisogno di essere sensibili alle variazioni dell’ambiente esterno, anche senza essere capaci di adattarsi a queste variazioni perché non riescono a spostarsi. Queste caratteristiche sono appropriate anche per descrivere le persone che hanno bisogno di un rimedio vegetale. Sono sensibili alla Natura e colpite da molte cose, con capacità di adattarsi e adeguarsi. La sensibilità si riflette anche sulla scelta del loro modo di vestire, preferendo abiti dal taglio irregolare e con tessuti floreali o comunque con un loro senso estetico che esprime delicatezza. Anche la loro grafia è particolare, caratterizzata da segni irregolari, solitamente arrotondata e disorganizzata. Lo stesso lo si può trovare nel loro modo di parlare, perché sono persone che descrivono i loro disturbi in modo disorganizzato e incompleto, senza alcun ordine particolare e addirittura a volte inseriscono anche i disturbi di altre persone. Sono dotati di una acuta sensibilità, sentono intensamente molte cose e sono molto descrittivi. Solitamente i loro disturbi iniziano rapidamente, cambiano natura e hanno molte modalità e quasi sempre sono disturbi relazionati alla sensibilità. Il fattore causale è spesso uno shock emozionale o fisico, una tensione eccessiva o una ferita. Queste sono le espressioni che usano di più: “sono colpito da, sono sensibile a, questo mi ferisce, non riesco a sopportare, questo mi tocca….”. Espressioni di questo tipo rivelano che sono persone sensibili, dolci e emozionali. Le sensazioni sono molto importanti per loro, come ad esempio la paura di essere feriti. Hanno difficoltà a stringere rapporti umani, nonostante la loro sensibilità e la loro natura adattabile. Vengono facilmente colpiti dalle situazioni e possono avere variazioni brusche di umore. I loro sogni vengono influenzati dagli avvenimenti del giorno e comunque sono molto vari: sognano piante, verde, natura, musica e arte. Ecco allora che, a seconda della famiglia botanica di appartenenza delle varie piante, da cui sono stati ricavati i rimedi omeopatici, si possono trovare delle caratteristiche precise legate sia ai sintomi fisici che mentali espressi dal soggetto. Questo si dimostra molto utile nella diagnosi differenziale tra i rimedi al fine di apportare l’aiuto terapeutico più idoneo e affine alla sintomatologia espressa dal paziente. Così sarà molto utile sapere che nella famiglia delle Anacardiaceae la sensazione principale è quella di “essere preso”, “incapace di muoversi” e “bloccato in un posto” e che nello specifico, la pianta Rhus toxicodendron, appartenente a questa famiglia, ha come peculiarità il dolore appena alzato dal letto o dalla sedia, ma col desiderio di muoversi e il miglioramento dei suoi dolori col cambio di posizione e col movimento lento e continuo. Invece, nella famiglia delle Cruciferae, il tema è essere “impedito” e “bloccato”, sia mentalmente che fisicamente, partendo inizialmente da una situazione fluida a cui poi succede un blocco e l’incapacità di andare avanti. Per le piante di questa famiglia c’è il desiderio di superare il blocco o trovare strade alternative, così come, per esempio per il rimedio ricavato da Thlaspi bursa pastoris c’è il desiderio di percorrere a piedi lunghe distanze. Oppure, nella famiglia delle Coniferales le sensazioni vitali sono riassumibili nel sentirsi fragili, a pezzi, deboli, frammentati, collegati e poi scollegati, tagliati fuori, vuoti e poi pieni. In queste piante si riflette il senso di interpretare il mondo come un qualcosa di continuo, così quando qualcosa si spezza, la sensazione è che la continuità si è interrotta. Spesso il soggetto esprime un senso di “essere in frantumi”, come uno specchio che si rompe in tanti pezzi e la continuità precedente non c’è più, cosa che porta a un senso di fragilità e debolezza. Per la famiglia delle Compositeae il tema principale è il trauma, sia di tipo fisico che psicologico. La risposta a questo può essere il torpore o lo shock oppure il desiderio di ricambiare il male subito, come per il rimedio Chamomilla. Nella famiglia delle Umbelliferae ci sono: repentino attacco inaspettato, botta e grave trauma improvviso. Un esempio è Conium maculatum, importante rimedio per i traumi al seno. Quanto descritto finora fa comprendere come sia utile avere a disposizione una lista di parole chiave di ogni famiglia botanica, costituendo un importante elenco di indizi e suggerimenti per la scelta idonea della pianta, a seconda delle sensazioni che vengono raccontate al medico omeopata, anche se il tutto andrà indagato più approfonditamente per comprendere quale rimedio sia più utile allo stato sintomatologico generale del singolo paziente. (fine prima parte…continua)
News Giornata Internazionale della Medicina Omeopatica 2014 Torna il 10 aprile l’appuntamento con la Giornata Internazionale della Medicina Omeopatica, dove i medici e i veterinari iscritti all’Albo ed esperti in Medicine Non Convenzionali, apriranno i propri studi al pubblico per sensibilizzare i pazienti su mali di stagione, allergie, intossicazioni dell’organismo, dolori cronici ed altri malesseri, ma anche sulle terapie d’avanguardia per prendersi cura di sé e prevenire i disagi e le malattie, per se stessi, per i propri figli e familiari e anche per i propri amici animali. Ecco i link italiani di riferimento: http://www.presidiomeopatiaitaliana.it http://www.giornataomeopatia.it http://www.giornataomeopatia.it/files/SPOT-AIOT2014.mp3 Pazienti e medici scrivono al Governo Italiano Poiché si trovano discriminati rispetto ai cittadini di altri Paesi dell’Unione Europea, in quanto costretti a rivolgersi all'acquisto all'estero via internet per procurarsi i medicinali omeopatici che le aziende italiane non possono più permettersi di produrre. Il documento cita: "Chiediamo al Governo un tavolo tecnico tra produttori, medici e pazienti per fare un decreto giusto ed economicamente sostenibile, perché molte aziende stanno già dismettendo la produzione dei farmaci omeopatici meno prescritti, che non potrebbero giustificare i costi. La conseguenza è di spingere molti a rifornirsi via internet, comprando con qualità incontrollata e con danno al sistema produttivo italiano". È questa la situazione in cui vertono gli 11 milioni di italiani che scelgono la medicina alternativa, secondo quanto denunciato dalle società scientifiche e dalle associazioni di pazienti sostenitori dell'omeopatia, nel documento inviato al ministro della Salute Lorenzin, al Presidente del Consiglio Renzi e all'Agenzia del Farmaco Italiana (Aifa).
MARZO 2014
De Horatiis, nato nel 1770 a Caccavone, Campobasso, era un rispettato professionista di Napoli che si interessò alla medicina omeopatica dopo l’incontro nel 1822 col dottor Necker. Era già primario di chirurgia dell'esercito napoletano, ispettore generale degli Ospedali militari e medico privato del re e del principe ereditario. Successivamente professore di Clinica Chirurgica presso l'Università di Napoli e Presidente del Consiglio di vaccinazione. Durante il suo approfondimento dei principi basilari dell’omeopatia, si rese conto di come solo un approccio solo sommario del testo fondamentale scritto dal dottor Hahnemann, ovvero l’Organon dell’arte del guarire, non fosse affatto sufficiente per trasmettere l'idea esatta della dottrina del suo fondatore e di come le osservazioni cliniche conosciute attraverso Necker fossero utili solo per una infarinatura generale dell’argomento. Comprese, dunque, come fosse assolutamente necessaria una traduzione in lingua italiana sia dell’Organon che della Materia Medica Pura, ritenendo entrambi i testi indispensabili per una pratica medica consapevole e razionale.
Un suo grande desiderio era di riuscire a rendere la nuova pratica sanitaria accettabile al re. La cosa riuscì pienamente proprio grazie alla guarigione da una grave malattia di cui era affetta la Regina con i medicinali omeopatici. Evento che portò a molte adesioni a tale terapeutica a corte e il re in persona si dichiarò “patrono” dell’omeopatia e degli omeopati. Così dopo aver ottenuto il favore del re, De Horatiis lavorò per avere i permessi all’apertura di una Società Scientifica Omeopatica presso l'Accademia Medico Chirurgica di Napoli. Lì, nel 1826, presenziò a una lezione magistrale, poi pubblicata in latino, in cui sottolineava gli errori dei vecchi sistemi medici ed esortava calorosamente i medici presenti a ricercare e approfondire il nuovo metodo che lavorava sui principi della similitudine delle sostanze terapeutiche e sulle diluizioni. In quell’occasione era anche presente l’allora celebre professore Tommasini e De Horatiis si rivolse a lui chiedendogli di esaminare e studiare la nuova terapeutica e di dargli poi un suo parere. Dopo il suo ritorno a Bologna, Tommasini, in una conferenza introduttiva, parlò della terapeutica hahnemanniana, e pur non condannando la propria scuola, si dichiarò favorevole all’omeopatia, raccomandando e consigliando di sviluppare lavori di ricerca e sperimentazione con i rimedi omeopatici. Nel frattempo, a Napoli, con l'approvazione del sovrano, De Horatiis apriva il reparto di clinica omeopatica nell'Ospedale Militare Generale della Trinità, assistito dai colleghi Baldi, Grossi e Pezzillo, alla presenza dei capi del servizio, i dottori De Cusatis, Ascione e De Simone. Da questo lavoro scaturì una sua pubblicazione dal titolo: “Saggio di Clinica Omiopatica la prima volta tentato a Napoli nell’Ospedale Generale Militare Della Trinità " La scientificità di questa relazione era indiscutibile, dal momento che gli esperimenti erano stati effettuati in presenza di uomini eminenti della scienza e sotto la protezione reale, e suscitò grande entusiasmo sia nel Regno che all'estero. Questi felici risultati però non erano stati visti di buon occhio dai medici classici, tanto che, dopo poco tempo, iniziarono a essere messe in giro voci di un alto tasso di mortalità tra i pazienti trattati nella clinica omeopatica e la notizia si allargò a macchia d’olio nella città di Napoli, gonfiandosi sempre più rapidamente con calunnie e diffamazione a tal punto che giunse presto all'orecchio del re. Così il Duca di Calabria, ovvero colui che poi sarebbe diventato Ferdinando II, accompagnato da due generali, comparve all'improvviso nei reparti incriminati chiedendo che gli venisse mostrato l'elenco dei morti. Si racconta che fu grande il suo stupore quando gli venne risposto che tale elenco non esisteva, perché a quel momento nessuno dei pazienti risultava deceduto, tanto che egli disse “Allora i malati che vedo qui devono essere i morti riportati alla vita!”. Successivamente, come viene riportato negli annali storici, successe che, forse in conseguenza di questo rimprovero, gli avversari dell’omeopatia, intenzionati a documentare le loro calunnie con fatti incontestabili, cercarono di avvelenare i pazienti sotto trattamento. Infatti si dice che alla clinica fosse ricoverato un uomo di nome Domenico Fioccola, gravemente malato. Il dottore e commissario Ronchi aveva, con una forte enfasi, pronosticato la sua morte, e il suo assistente, il dottor Albanese, ad ogni visita, aveva confermato e ripetuto la prognosi sfavorevole al povero paziente. Tuttavia Fioccola, contro ogni previsione, migliorò tanto che al dodicesimo giorno era libero da febbre e in fase di convalescenza. Questo risultato venne attestato dai medici più illustri che stavano partecipando alla sperimentazione clinica omeopatica, tra cui il dottor Milius. Capitò però che improvvisamente la febbre di Fioccola si riaccese e il poveretto si trovò in uno stato di grave pericolo. Si racconta che i medici allopatici fossero felici di questo stato mentre gli omeopati subito nemmeno si sarebbero immaginati cosa avrebbe implicato tutto questo. Ragionevolmente ci furono dei sospetti tanto che il direttore del reparto chiese un'inchiesta, che fu poi tenuta dal comandante dell'ospedale. Questa indagine portò alla luce i seguenti fatti: il dottor Albanese, assistente del Commissario Ronchi, aveva segretamente dato da mangiare dei fichi secchi a Fioccola e ad alcuni altri pazienti, raccomandando loro di non raccontare il fatto all’assistente omeopatico. Fortunatamente Fioccola, la cui morte era stata prevista a breve da questi medici, subito dopo aver mangiato i fichi secchi, dimostrò sintomi di avvelenamento, seguiti da vomito liberandosi così della sostanza velenosa somministrata. Una copia della relazione della Corte d'inchiesta, controfirmata dal comandante e indirizzata al dottor De Horatiis per ordine del direttore generale degli Ospedali Militari, può essere ancora oggi letta nella rivista Effemeridi di Medicina Omiopatica, vol. 1, p. 81. Il dottor Albanese venne così pubblicamente accusato di questo crimine scellerato, ma la generosità dei dottori De Horatiis e Romani, da un lato, e l’interposizione interessata del dottor Ronchi, dall'altro, salvarono l'accusato da un'inchiesta giudiziaria e dal rigore delle leggi. Fortunatamente il paziente Fioccola, nel frattempo, venne dimesso dall'ospedale in perfetta salute. L’esperienza in campo omeopatico proseguì per il dottor De Horatiis e durante i suoi viaggi in Spagna, e successivamente in Francia, il suo nome conquistò fama e rispetto nelle sale degli uomini scientifici di queste nazioni. In particolare, presentò una relazione sulle esperienze in Medicina Omeopatica realizzate alla clinica omeopatica di Napoli, sia all'Accademia Medica di Madrid che presso l'Accademia di Medicina di Parigi, qui alla presenza di Portal e del fior fiore dei medici francesi, e nella sessione del 13 giugno 1830 tenne una esaustiva esposizione sulla medicina hahnemanniana. Dopo il ritorno al suo paese tenne lezioni teoriche e pratiche sulle operazioni più difficili della chirurgia ai medici più capaci della sua generazione, nonché l'insegnamento e la pratica della medicina omeopatica. Dal 1° luglio 1829 iniziò la pubblicazione, sotto la sua direzione, del primo numero di una rivista mensile, intitolata Effemeridi di Medicina Omiopatica, con la compartecipazione di diversi medici. La direzione venne affidata ai dottori Rocco, Pezzillo e Mauro, mentre Romani e De Horatiis furono i redattori più attivi. Questo giornale, il primo a comparire dopo la Archiv für die Homöopathische Heilkunst, che fu il primo nella nostra letteratura, non fu secondo a nessuno nel valore dei suoi contenuti. Nel 1845 De Horatiis pubblicò una traduzione in italiano della quarta edizione dell’Organon di Hahnemann, con frammenti di altre sue opere e una farmacopea omeopatica. Questa fu l'ultima opera letteraria e nel 1850 la sua vita finì, a quasi 80 anni di età …che per allora era già un buon record di lunga vita e, a detta di molti, grazie proprio alle cure omeopatiche.
Spotlights
Acqua e Omeopatia: la parola direttamente agli scienziati
Professor Vittorio Elia, ricercatore presso la cattedra di Elettrochimica dell’Università Federico II di Napoli
FEBBRAIO 2014
L’acqua è il principale componente della materia vivente ed è responsabile della sua capacità di auto-organizzazione: ce lo ricorda il ricercatore Emilio Del Giudice, insieme alla sua équipe, spiegando come l’acqua possa essere organizzata in reti di domini di coerenza che coinvolgono milioni di molecole che hanno la dimensione di nanostrutture e come queste ultime possano sia auto-mantenersi con le onde elettromagnetiche che emettono, sia conservare fedelmente informazioni come quella genetica del DNA. Ma con le ultime scoperte di Luc Montagnier si è potuto andare ancora oltre: lui, nelle sue sperimentazioni, ha osato proprio come osa verso nuove frontiere chi ha in sé il genuino spirito di indagine sui fenomeni che ci circondano. Infatti la seconda parte del suo esperimento su “Dna Waves and Water” è stata quella più sconvolgente perché i segnali elettromagnetici sono stati anche successivamente inviati ad un secondo recipiente con pura acqua distillata e, per evitare dubbi di contaminazione, la cosa è stata fatta anche per via telematica a centinaia di km di distanza, evidenziando come il ruolo dell’acqua sia di sorprendente importanza nella veicolazione dei segnali. Gli scettici dell’omeopatia e gli skeptics in generale hanno a lungo affermato che i farmaci omeopatici non contengono niente perché sono troppo diluiti e alla fine è solo acqua. Alla luce di queste ultime ricerche però l’acqua sembra essere un elemento essenziale e con un ruolo importante. Anche un lavoro condotto presso l’Indian Institute of Technology ha confermato, nei farmaci omeopatici, la presenza di "nanoparticelle" dei materiali di partenza, anche a diluizioni estremamente alte. I ricercatori hanno dimostrato attraverso la microscopia elettronica a trasmissione (TEM), la diffrazione elettronica e l’analisi chimica mediante plasma accoppiato induttivamente con l’Atomic Emission Spectroscopy (ICP-AES), la presenza di entità fisiche in queste diluizioni estreme. Quindi viene da pensare che chi dice o suggerisce che non vi è "nulla" nei farmaci omeopatici sia semplicemente disinformato o disonesto, a detta di Brian Josephson, premio Nobel per la fisica: “gli scientisti hanno una incredulità patologica e creano un vero e proprio atteggiamento di cover up insano e di ostacolo alla vera scienza. Lo scetticismo è al suo top quando i suoi sostenitori affossano la ricerca o stoppano gli argomenti, invece di esplorare possibili nuovi o vecchi modi per capire e verificare fenomeni non ancora spiegati ". Ma ritornando all’acqua e ai suoi molteplici riflessi…Il biofisico moscovita Vladimir Voeikov nei suoi studi ha avuto modo di confermare che l’acqua biologica diventa acqua informata o informabile in presenza di bicarbonati. Si è visto che nell’insieme dei domini di coerenza dell’acqua si genera un insieme ordinato di attrazioni molecolari e di conseguenti reazioni chimiche, la cui dinamica è governata dal valore, variabile nel tempo, delle frequenze di oscillazione del campo elettromagnetico. L’insieme di queste frequenze di oscillazione costituisce perciò un messaggio complessivo, come quello trasmesso dai cavi in fibra ottica o dalla voce umana o dal suono. Si può dire che un certo insieme di frequenze può corrispondere a un discorso ben definito, ma anche a un avvenimento chimico, quindi biologico, ben definito. La connessione introdotta dalla dinamica coerente esprime il fenomeno noto da molto tempo dell’unità psico-fisico-volitiva dell’organismo vivente e il centro dinamico di questa unità si rivela essere l’acqua coerente. Gli esperimenti riportati da Voeikov trovano quindi una loro logica, perché l’acqua, attraverso la variazione delle frequenze di oscillazione della sua rete di domini di coerenza, può restare informata degli avvenimenti esterni anche lontani, i quali sono rivelati dai segnali elettromagnetici da essi inviati. Già Giorgio Piccardi, chimico e docente universitario in prestigiosi atenei italiani, diverse decine di anni fa, osservò che specifiche reazioni fisico-chimiche svoltesi nell’acqua modificavano il loro regime in corrispondenza di specifici avvenimenti ambientali e cosmici aventi luogo anche a grande distanza. L’acqua quindi si dimostra essere un mezzo capace di percepire segnali spediti dalla materia a grande distanza e questi segnali sono di natura elettromagnetica, come dimostrato dalle attuali conoscenze e in accordo con i risultati di Montagnier. Ecco che l’acqua supercoerente secondo la fisica quantistica è il mezzo ideale per comprendere le proprietà informative dell’acqua stessa e la sua dinamica legata ai sistemi viventi. Una visione in cui l’acqua informata degli organismi è aperta ad un continuo flusso dinamico d’informazioni vitali in dialogo con l’interezza dell’ecosistema. Si apre, perciò, un capitolo affascinante sulle modalità, fin qui misteriose, attraverso le quali gli organismi viventi entrano in relazione tra di loro e con il cosmo, in una danza coerente dove tutto è legato e apre le porte all’imponderabile e alla metafisica: possiamo dire che siamo tutti fatti della stessa energia che ci ha generati e da cui si sono condensate le forme che conosciamo in tutte le sue differenziazioni. Quello che è ancora più straordinario è che tutto ciò era già stato preso in considerazione e capito dalla antica cultura druidica presente in Europa decine di migliaia di anni fa, identificabile nel concetto di Shan, quale espressione dell’immaterialità dell’esistenza. Una espressione che comprende tutto, dalle origini del big bang ad ancora prima, nella concezione di Vuoto neutro, che precedeva il vero Vuoto e il falso Vuoto, in cui l’energia primigenia si è condensata ed è esplosa creando l’esistere in tutte le sue manifestazioni e dove tutto è collegato secondo quello che oggi la fisica dei quanti identifica come entanglement. Proprio a tal proposito il fisico Giuliano Preparata aggiungeva che nella meccanica quantistica il punto fondamentale è che “il vuoto sta al di qua della creazione, non al di là. La creazione deve costituire innanzitutto il vuoto, e le proprietà del vuoto determinano il comportamento dinamico della materia che noi vediamo come uno stato eccitato del vuoto. Come un atomo che nel suo stato eccitato si vede perché irraggia, e va nel cosiddetto groundstate, lo stato fondamentale...” È davvero singolare come chi si ponga le domande sui vari fenomeni dell’esistenza in cui ci troviamo a vivere possa essere accomunato dalla sete di conoscenza e dall’inevitabile legame che possa esserci tra la fisica e la metafisica. Ne è un esempio Giuliano Preparata quando scriveva rispetto alla materia “intrinsecamente fluttuante”: “Un mondo caotico quindi diventa un mondo di armonia, in cui l’interazione fondamentale è a lungo raggio, e condensa un campo elettromagnetico potentissimo che mantiene questo ordine infinitamente. Mi sembra l’archetipo della vita: da un insieme slegato di oggetti individuali, a un oggetto che è un tutto... questo avviene spontaneamente ed è infinitamente stabile… Questi tipi di comportamenti coerenti ci permettono di chiarire una serie di cose mai capite… Io però ho imparato che anche nella fisica delle particelle ci sono in gioco elementi di coerenza globale di grande interesse, che non devono rimanere confinati nel mondo delle particelle, ma arrivare al mondo della vita e dell’anima. E così cercando di capire il mistero dell’acqua, la ricerca sul mistero della nostra esistenza continua.
Omeopatia nel mondo
Le compagnie di assicurazione olandesi rimborsano il trattamento omeopatico effettuato sia da omeopati professionisti che da medici omeopati, purché l'omeopata sia un membro di una delle due associazioni nazionali di medici omeopati: la NVKH o la VHAN. La Società dei Medici Omeopati (VHAN) è una società scientifica medica che sostiene il trattamento omeopatico medico che è integrato nel sistema sanitario nazionale. La NVKH è la società olandese di omeopati classici.
La Hellenic Homeopathic Medical Society (HHMS) è il sito ufficiale dei medici omeopati greci e propone corsi di formazione per i professionisti della salute sui più alti standard. L’omeopata Georgos Vithoulkas, uno dei più importanti del XX secolo, nel 1994 ha fondato la Scuola Internazionale di Omeopatia Classica ad Alonissos, che offre seminari e corsi di approfondimento post-laurea per gli omeopati di tutto il mondo.
GENNAIO 2014
Riferendoci alla nostra struttura biologica possiamo considerarla l'elemento che porta vita e nutrimento in quanto è il mezzo per eccellenza attraverso cui sono possibili le innumerevoli attività metaboliche: dalla regolazione della pressione osmotica, al trasporto delle sostanze nutritive e l’eliminazione delle tossine. Aiuta la funzione digestiva e la peristalsi intestinale, idrata le mucose migliorando la respirazione, irrora le cellule cerebrali, migliora la funzionalità renale, lubrifica la muscolatura, equilibra la temperatura corporea, fluidifica il sangue migliorando la circolazione, elasticizza la pelle. E inoltre trasporta gli informatori biochimici, i neurotrasmettitori, le cellule della difesa immunitaria e del sangue. Senza tutta la comunicazione umorale garantita dall’acqua biologica non ci sarebbe possibilità di sopravvivenza. Ma qual è l’essenza dell’acqua? Chi ultimamente sta studiando la sua forma liquida ha trovato che, pur composta dagli stessi atomi, ha una diversa organizzazione molecolare a bassa e a alta densità: fatto che potrebbe spiegare le anomalie delle sue caratteristiche fisiche rispetto agli altri liquidi. È stato visto che in ogni momento, alcune molecole dell'acqua si comportano quasi come se fossero ghiaccio mentre altre appaiono molto più in forma liquida. Questo doppio volto dell'acqua è quello che rende così difficile agli scienziati il descrivere matematicamente la sua struttura. Intanto è stato evidenziato che, in uno stesso recipiente d'acqua, una parte è sempre più densa dell'altra, con le molecole che si mescolano in continuazione, tanto da rendere il composto un'anomalia al confronto dei liquidi conosciuti. Nonostante tutto, questi studi riflettono solo un aspetto della fisica con cui siamo abituati a ragionare, mentre oggi la fisica quantistica si spinge a considerare ulteriori sfaccettature. Infatti mentre nella fisica classica la materia viene considerata per così dire “intrinsecamente passiva”, cioè la materia scambia energia tramite l’applicazione di forze, nella meccanica quantistica la materia viene considerata “intrinsecamente fluttuante”. L'inconsistenza e la difficoltà di rappresentare la realtà della luce e dell'elettrone o del legame delle particelle anche distanti tra loro, viene così spiegata con la meccanica quantistica. Si può dire che nella meccanica classica la materia ha l’horror vacui aristotelico, dove la natura aborrisce il vuoto, mentre nella meccanica quantistica la natura ha un opposto: l’horror quietis, come spiegava il fisico Giuliano Preparata nel senso che nulla può stare fermo. Nella fisica classica lo spazio è un puro recipiente vuoto, mentre nel vuoto quantistico le cose cambiano. Anche nella fisica classica si dice che il vuoto viene poi riempito dai campi gravitazionale, elettromagnetico e così via. Questi campi però richiedono energia per essere attivati, altrimenti hanno valore zero. Ma, secondo la fisica dei quanti, niente può avere valore permanente zero, altrimenti sarebbe perfettamente determinato. Come spiega Emilio Del Giudice, fisico teorico e ricercatore INFN a Milano, con la meccanica dei quanti “vediamo come l'incontrollabile fluttuabilità elementare è la base per la costruzione di qualcosa di permanente. Siccome niente può essere permanentemente zero, abbiamo delle fluttuazioni: immaginate lo spazio vuoto come buio in cui ogni tanto si accende una luce, che è la fluttuazione del campo magnetico. Però lo spazio è riempito da queste fluttuazioni, gli atomi che si trovano in tale spazio le avvertono e, se sono particolarmente densi, l'interazione tra la fluttuazione del campo e la corrispondente fluttuazione dell'atomo può diventare, in condizioni opportune, così elevata da diventare un fatto permanente, perché dà luogo a un'energia attrattiva che abbassa il livello energetico del sistema fisico, il sistema fisico per una legge fondamentale adotta la configurazione che richiede il minor livello di energia.” Ma come si può considerare allora l’acqua nel suo configurarsi sfruttando il minor livello energetico? La visione tradizionale dice che è una molecola banale, non complessa come ad esempio il DNA e che le molecole d'acqua stanno insieme perché delle forze elettrostatiche le tengono insieme. In realtà da quando è stata scoperta la struttura a doppia elica del DNA si è constatato come un gran numero di molecole d’acqua siano strettamente legate alla doppia elica e contribuiscano alla sua stabilità. L’interazione delle molecole d’acqua attraverso legami idrogeno è diversa per ciascuna base strutturale del DNA stesso. Ma non solo: numerosi studi condotti secondo la fisica classica hanno dimostrato che le molecole d’acqua possono formare aggregati o polimeri attraverso legami Idrogeno, ma si tratta di strutture piuttosto labili. Rispetto alla partecipazione dell’acqua nelle strutture biologiche, bisogna ragionare sul fatto che il nostro organismo, in quanto a numero di molecole, è composto da circa il 99% da molecole di H2O e solo l’1% è costituto da molecole diverse dall’acqua e cioè proteine, ormoni, vitamine, DNA, ecc… Ancora Del Giudice ci fa riflettere sulla realtà che però esiste il preconcetto secondo cui la dinamica biologica è governata dalla chimica, cioè dal fatto che questo 1% di molecole si incontra, fa reazioni chimiche e l’insieme di tutte queste reazioni dà luogo alla dinamica biologica. Siccome le molecole d’acqua non fanno reazioni chimiche, vengono trascurate. Nella visione attuale, posto che siano le molecole diverse dall’acqua che danno origine alla dinamica vivente, come fanno queste molecole a riconoscersi, a trovarsi e ad incontrarsi? Deve esistere una sorta di “governo” delle reazioni biochimiche, un qualche agente fisico che dice alle molecole dove devono andare e chi devono incontrare”. Ecco allora che entra in scena il ruolo del campo elettromagnetico. Secondo un teorema per cui quando un campo elettromagnetico occupa una certa regione di spazio ed oscilla ad una certa frequenza è in grado di attirare in quella regione molecole che oscillino alla stessa frequenza o a frequenze molto simili, si evince l’azione di un meccanismo selettivo di richiamo. Ma chi produce questo campo elettromagnetico? Negli ultimi anni la risposta a questa domanda ha fatto cogliere il ruolo fondamentale dell’acqua. Del Giudice spiega come le molecole d’acqua siano capaci di avere un’attività collettiva, cioè in metafora: “le molecole dell’acqua liquida non sono una folla di oggetti indipendenti, ma sono come un corpo di ballo, cioè danno luogo ad un ordine, non di tipo spaziale, come in un cristallo, ma “si muovono” in modo definito. Poiché i campi magnetici sono prodotti dalle oscillazioni delle cariche elettriche, un’oscillazione di un gran numero di molecole in fase dà luogo appunto ad un campo elettromagnetico ben definito. Ecco l’origine del campo elettromagnetico, che si comporta da governatore”. Anche dagli studi di Preparata si è visto che l'horror quietis porta le molecole dell'acqua ad oscillare nel loro stato più basso, con frequenze caratteristiche: la singola molecola è come una radio che manda una radiazione elettromagnetica di frequenza ben precisa su cui oscillano tutte. Le molecole danzano in fase, si crea un campo elettromagnetico che le tiene insieme, per cui le molecole si riconoscono le une con le altre, proprio come delle radio che comunicano la loro musica a distanza, provocando una grande armonia. E, per di più, nell'acqua avviene spontaneamente, in virtù delle variabili termodinamiche, temperatura e densità. Sulla base di queste teorie, le ultime sperimentazioni di Luc Montagnier, ricercatore e premio Nobel nel 2009 per la Medicina, potrebbero essere spiegate come un’alternanza di processi chimici e di interazioni elettromagnetiche. I risultati possono essere descritti con la teoria quantistica dei campi (QFT) applicata all’acqua allo stato liquido, teoria che concepisce l’acqua liquida come una sostanza che non è composta solo da legami puramente statici tra molecole, cioè da legami idrogeno e interazioni elettriche dipolo-dipolo, ma da un’azione nella quale viene coinvolto, come nuovo elemento di interazione, il campo elettromagnetico. In questo modo l’acqua liquida non sarebbe costituita da molecole indipendenti ma da voluminosi aggregati di molecole, chiamati domini di coerenza, tenute in fase dall’accoppiamento elettromagnetico. Ma cosa è scaturito dalla ricerca di Montagnier? Il suo esperimento consisteva nel porre delle sequenze di DNA batterico in una provetta con acqua e, cosa fondamentale, nel diluire via via il composto con ulteriori passaggi in acqua, mentre una bobina catturava i segnali elettromagnetici provenienti dalla provetta. Prima cosa importante evidenziata è stato che più si diluisce il composto, più aumentano i segnali elettromagnetici, dimostrando che è l’acqua a regolarne l’intensità mentre le frequenze sono stabilite dal DNA stesso. Infatti, l’acqua può oscillare su un grande numero di frequenze, ma è il partner con cui l’acqua sta interagendo in quel momento che stabilisce quali debbano essere. Con questa ricerca sperimentale non si fa altro che trovare conferma a una delle caratteristiche della medicina omeopatica che utilizza dosi di sostanze che subiscono diluizione sequenziale con agitazione vigorosa a ogni diluizione. Anche se è comune per i fisici classici supporre che nessuna delle molecole originali siano rimaste nella soluzione finale, l’equipe di Montagnier ha verificato che i segnali elettromagnetici della sostanza di partenza rimangono in acqua e che essa porta l’informazione per effetti biologici notevoli, pari all’azione di tipo “terapeutico”. Per cui si può dire che le alte diluizioni, così come utilizzate in omeopatia, possano essere considerate strutture di acqua che imitano la struttura delle sostanze disciolte. Montagnier stesso spiega che "quello che abbiamo scoperto è che il DNA produce cambiamenti strutturali in acqua, che persistono ad altissime diluizioni, e che portano a segnali elettromagnetici di risonanza che possiamo misurare”. Inoltre "le critiche incentrate sull’infinitamente piccolo numero di molecole di soluto presenti in una soluzione dopo che è stato ripetutamente diluito sono fuori luogo, in quanto per i rimedi omeopatici vengono attribuiti effetti non alle molecole presenti nell'acqua, ma a modificazioni di struttura dell'acqua". Ecco che, grazie alle sperimentazioni di Montagnier si sono potute spiegare le basi teorico-fisiche di come l’acqua sia in grado di trasmettere informazioni di valenza biologica e dimostrando non solo il fondamento di azione delle alte diluizioni dei farmaci omeopatici, ma anche spianando la strada allo sviluppo di sistemi diagnostici molto sensibili per malattie come Aids, Alzheimer, sclerosi multipla o a terapie basate sulle proprietà “informative” dell’acqua biologica. (fine prima parte…continua)
Omeopatia nel mondo
Dal 4 al 6 aprile si terrà in California, allo Hyatt Regency a Long Beach, la 9a edizione dell’American Joint Homeopathia Conference (JAHC), dal titolo "Advancing Practice: Approaches for Acute and Chronic Care". Sarà un evento da non perdere per i professionisti in campo sanitario, che includerà un ampio spazio di dibattito e scambio di esperienze in questa disciplina medica. Il 28 e 29 giugno saranno giorni di intensa attività in cui la ICCH International Conference organizza: The first edition of Clinical Homeopathy: Scientific Research & Practical Applications Conference che si terrà nella città di Los Angeles. Un incontro internazionale di grande aiuto sia ai medici di base che agli specialisti, in cui sarà approfondita l’integrazione della medicina allopatica con la medicina omeopatica per una gestione di cura personalizzata ai propri pazienti. Il programma del Congresso comprenderà argomenti come i disturbi neurodegenerativi come il morbo di Alzheimer, la gestione del dolore, la migliore terapia di supporto in oncologia, i disturbi cognitivi in età pediatrica, la ricerca clinica in omeopatia L’organizzatore dell’evento, il dottor Ronald Boyer, ha dichiarato: “Attraverso casi clinici e l'esperienza di medici che hanno integrato con successo l'omeopatia nella loro pratica clinica quotidiana questo evento imperdibile è il primo del suo genere a fornire soluzioni reali ai professionisti del settore sanitario che sono interessati ad arricchire la gamma di strategie terapeutiche”. Appuntamento a Parigi, invece, dal 16 al 19 luglio al Palais des Congrès, per la sessantanovesima edizione del Congresso Internazionale istituito dalla Liga Medicorum Homoeopathica Internationalis, dal titolo: “Homeopathy on the Move: Strategies and Criteria for Healing”. Come illustrato dal dottor Philippe Servais, Presidente della LMHI francese, “...il tema centrale di questo incontro ad alto livello si concentrerà sulla pratica clinica dei medici omeopatici e offrirà un emozionante scambio di esperienze tenendo conto della varietà di approcci e strategie diverse in tutto il mondo”. Il 25 e 26 agosto saranno i giorni dedicati al 2° International Conference and Exhibition on Traditional & Alternative Medicine a Pechino, presso il DoubleTree by Hilton Hotel, dove saranno trattati argomenti di omeopatia, fitoterapia e medicina tradizionale cinese. Rappresenterà un’occasione di incontro tra gli scienziati coinvolti nello studio e ricerca sulle terapie naturali, di confronto tra i professionisti e con le porte aperte agli studenti interessati all’integrazione tra medicina ufficiale e medicina non convenzionale. Dal 24 al 26 ottobre la Australian Homœopathic Association Organizza la 9th Australian Homœopathic Medicine Conference dal titolo: "Grass Roots Homoeopathy: Back to Basic” che si terrà al Mercure Hadleys, Hobart, in Tasmania. Un incontro di approfondimenti e valutazioni cliniche in campo omeopatico dove saranno presenti numerosi relatori di fama internazionale, tra cui il dottor Joe Kellerstein di Toronto.
DICEMBRE 2013
Anche la Spagna annovera nella sua storia una cultura medica omeopatica degna di rispetto. Introdotta in questo Paese nel 1829 grazie al dottor Cosimo Maria De Horatiis di Napoli, medico di corte del re Francesco I di Borbone, si racconta anche che un commerciante spagnolo di nome Iriarte de Cadiz, entusiasta dell'omeopatia, si recò a Kothen per conoscere personalmente il dottor Hahnemann, che lo indirizzò alle cure del dottor De Guidi, un medico italiano che praticava a Lione. Da questi suoi viaggi ritornò in Spagna con numerosi libri di omeopatia che regalò ai medici del suo paese: in questo modo il seme era stato gettato, tanto che nel 1831 un gruppo di specialisti spagnoli, stimolato dagli stupefacenti successi delle medicine omeopatiche nell'affrontare l'epidemia di colera che imperversava in Europa, si trasferì in Germania per approfondire lo studio della metodologia hahnemanniana.
Il primo nome storico nella pratica omeopatica spagnola fu quello del dottor Prudenzio Querol, che dopo i contatti col dottor De Guidi, dal 1833, con i pochi mezzi a sua disposizione, ottenne notevoli risultati durante una epidemia di colera utilizzando i rimedi Canfora, Ipecacuanha, Cuprum e Veratrum. Si deve proprio a lui l’istituzione del primo edificio scolastico per la diffusione e la pratica di questa disciplina nella città di Badajoz, a quel tempo capitale di Extremadura. Tra i suoi discepoli ci furono anche farmacisti, come Juan Manuel Rubiales e medici come Don Pedro Hurtado Rino che con le sue numerose pubblicazioni, soprattutto attraverso l’Omeopatica Gazette de Madrid, fu in grado di interessare parecchi colleghi alla medicina delle alte diluizioni. Questi lavorarono uniti nel coagulare un nucleo omeopatico che venne poi progressivamente esteso al resto del Paese e gettando le basi di quella che poi si costituirà come Matritense Hahnemannniana Society, grazie all’opera decisiva del dottor José Nunez Pernia. Proprio su quest’ultimo gli annali si soffermano, descrivendo come, dopo aver studiato alla Facoltà di Medicina di Bordeaux e laureatosi alla Facoltà di Medicina di Madrid nel 1844, finì a interessarsi agli studi in medicina omeopatica, facendo pratica direttamente col Dr. Hahnemann in persona. Divenne velocemente uno dei più importanti omeopati spagnoli e ricevette un dottorato onorario nel 1867 dall’Homeopathic Medical College of Pennsylvania e raggiungendo un tale prestigio, tanto da essere nominato medico personale della regina Isabella II, che lo premiò con il titolo di marchese di Nunez, con la Gran Croce di Carlo III e l'Ordine Civile di Beneficia. La sua nomina a medico personale della regina, e degli infanti di Corte, causò però malcontento tra i medici allopatici reali, i quali rassegnarono le dimissioni in segno di protesta. Tra i suoi pazienti si annoverava anche il dottor Janer, Preside della Facoltà di Medicina di Barcellona, che diventò un sostenitore di questa disciplina e della promozione degli studi clinici in omeopatia, così come Francisco Serrano y Domínguez duca de la Torre, presidente del Ministero di Stato, anche lui paziente e strenuo difensore dell’omeopatia. La sua bravura cresceva e nel 1850 ottenne il permesso reale di aprire una cattedra in omeopatia e successivamente altre tre cattedre universitarie di medicina omeopatica in Spagna. Inoltre è proprio ai suoi studi che si deve la scoperta e la sperimentazione del rimedio omeopatico Tarentula hìspanìca. Per merito della Società Homeopatica Madrilena e del dottor Nunez, il 1878 segna la nascita dell'Ospedale Omeopatico San José proprio nella capitale. Il via a questa importante opera sembra fosse stato incoraggiato anche dalla guarigione della regina Isabella, affetta da una forma di dermatite alla mano sinistra talmente grave da costringerla a indossare sempre un guanto. Si racconta che la regina fosse stata visitata e curata da illustri dermatologi non solo in Spagna ma anche a Roma, Parigi, Berlino, Vienna senza ottenere alcun risultato finché una delle sue cameriere le consigliò di consultare un omeopata, proprio il dottor Nunez di Madrid. Così, visitata e osservata la sua mano e le caratteristiche secrezioni, egli non ebbe dubbi sulla diagnosi: si trattava sicuramente di un caso che poteva essere guarito da Graphites, un rimedio che si ricava dalla mina delle matite.
Grazie a tale medicamento la regina guarì completamente in circa tre mesi e, per riconoscenza, chiese al dottor Nunez come sdebitarsi. Il dottor Nunez non volle niente per sé ma chiese alla regina di far costruire un ospedale per i bambini poveri di Madrid. Così la regina fece costruire l'ospedale omeopatico e regalò a Nunez una cassettina in oro tempestata di diamanti, topazi, rubini contenente delle boccette di vetro per conservare i rimedi omeopatici. Si narra che a chi ammirasse la cassettina il dottor Nunez rispondesse sempre: "Questo non è nulla, i veri diamanti sono i granuli che guariscono e che meritano tutto il nostro rispetto: queste sono le vere pietre preziose!" Con l’operato del dottor Nunez nella Società Homeopatica Madritena, la capitale fu il centro principale per la diffusione dell'omeopatia fino al 1890, quando gli omeopati della Catalogna, sotto la guida del dottor Sanllehy, fondarono l'Accademia Omeopatica di Barcellona. Come per la Madrid Society, anche qui una grande aspirazione era quella di istituire un ospedale che potesse, con questa terapia, essere d’aiuto ai meno fortunati. Così il 30 marzo 1892 segna l’inaugurazione a Barcellona dell’Hospital Homeopáta del Niño Dios, riservato ai bambini poveri e malati che dal 1901 fu ufficialmente riconosciuto come ospedale omeopatico a tutti gli effetti. Barcellona divenne un centro omeopatico fondamentale di riferimento. Tre congressi omeopatici si svolsero in Spagna durante il 20° secolo prima della guerra civile spagnola: il Congresso Internazionale di Barcellona nel 1924, il 1° Congresso Nazionale d'omeopatia di Madrid nel 1929 ed il 7° Congresso Internazionale della Liga Medicorum Homoeopatica Internationalis (LMHI) nel 1933, di nuovo a Madrid. Ancora oggi l'Ospedale Omeopatico di San José, che è stato riconosciuto con decreto del 30 gennaio 1997 monumento storico e patrimonio artistico nazionale, è operante e vi è attivo tuttora un ambulatorio omeopatico; ma anche altre parti sottoposte a restauro sono utilizzate per varie attività di medicina omeopatica. Nell'altro ospedale storico, quello di Barcellona, nato come ospedale omeopatico per assistere i figli dei lavoratori poveri, opera attualmente un dipartimento per l'assistenza omeopatica ambulatoriale. Degna di questa tradizione storica, l’omeopatia oggi in Spagna è molto fervida, tanto che esercitano numerosi medici omeopati, i farmacisti sono preparati in materia e i rimedi omeopatici vengono venduti solo in farmacia. Le Università di Siviglia, Barcellona, Valladolid, Bilbao e Malaga organizzano master postlaurea in medicina omeopatica e l'Asociation Homeopatica de Homeopatas Unicistas, riconosciuta dall'European Commettee for Homeopathy, lavora allo scopo di garantire la diffusione dell'omeopatia classica in tutto il Paese.
Gift suggestions È tempo di regali e un’idea utile può essere regalare o regalarsi un libro di Omeopatia Veterinaria, con un doppio vantaggio, sia per chi lo legge, potendo conoscere meglio una modalità terapeutica dolce e non invasiva, sia per chi lo riceve…sia esso un amico umano che ha a cuore la salute di altre specie diverse dalla nostra o il nostro veterinario di fiducia, ma soprattutto i nostri amici per cui il libro è stato specificatamente scritto. Eccone alcuni: “ Omeopatia per la Cura degli Animali” di Franco Del Francia Un manuale di aiuto per riconoscere le tipologie dei disturbi e suggerisce i primi interventi che si possono apportare con un rimedio omeopatico. L’autore spiega come ”Il rimedio, scelto in base ai sintomi, ma anche al comportamento e alla personalità del malato, è tanto efficace quanto rispettoso di una irrinunciabile ecologia del corpo.” In attesa del veterinario, o prima ancora di chiamarlo, questo libro fornisce indicazioni utili ad aiutare i nostri amici, piccoli e grandi, di città e di campagna, proprio al momento del bisogno. “Manuale di Omeopatia per Gatti”, di George Macleod Dove l’autore presenta una guida completa al trattamento delle più comuni affezioni feline con rimedi omeopatici. Questo libro fornisce un approccio alternativo alla cura delle malattie e dei disturbi più frequenti di questi nostri amici, dal mal d'auto, agli eczemi, alle malattie dell'orecchio, alle malattie dell'occhio, ma anche per ferite e traumi. Dello stesso autore: il “Manuale di Omeopatia per Cani”, scritto proprio per rispondere alle esigenze di coloro che amano e condividono la loro vita con questi affezionati amici. Un libro che presenta un approccio alternativo alla cura di patologie di cui soffrono i cani, come problematiche gastro-intestinali, patologie virali, affezioni respiratorie o del sistema riproduttivo femminile e maschile. Questo testo è anche arricchito da una esauriente Materia Medica omeopatica, dove vengono descritte le proprietà e gli usi dei principali rimedi omeopatici per questa specie. Sempre per il cane, “Curare il Cane con l'Omeopatia”, di Hans Gunter Wolff Scritto in uno stile divulgativo e comprensibile, è la sintesi degli studi di Wolff, un veterinario tedesco noto per il suo grande amore per gli animali e i cani in particolare. Un libro con consigli terapeutici precisi ed esaustivi, che può essere considerato anche un valido punto di riferimento per gli uomini, oltre che naturalmente per gli animali. Dello stesso autore è reperibile anche “Curare il Gatto con l'Omeopatia”, in cui sottolinea le grandi potenzialità offerte dall'omeopatia come medicina attiva in grado di agire sul potere di autoguarigione dell'organismo, senza venire sommersi da antibiotici e cortisonici. “Curare il Cavallo con l’Omeopatia”, di Michael Rakow Qui si trovano utili informazioni sulle possibilità offerte dalle terapie omeopatiche al cavallo, la cui specificità è data dallo sviluppato apparato locomotore e dalla ben nota predisposizione alle malattie dell'apparato digestivo e respiratorio. È un valido testo per conoscere come lavora l’omeopatia e come usarla, favorendo un interscambio di nozioni di medicina delle “alte diluizioni” anche col proprio veterinario di fiducia.
NOVEMBRE 2013
Anche se per l’omeopatia i detrattori sono numerosi, all’atto pratico, coloro che ne usufruiscono in tutto il mondo sono molti di più: oltre 30 milioni di utenti in Europa e molti altri milioni in tutto il mondo. Solo nel nostro Paese è utilizzata, secondo i dati forniti dall’indagine effettuata nel 2012 da DoxaPharma, da un italiano su sei. Da uno studio condotto su 436 pazienti che frequentano ospedali tedeschi si è evidenziato che il 42% ha utilizzato la medicina alternativa, con l'omeopatia al primo posto. Mentre non è stato rilevato alcun legame statistico tra l'uso di queste terapie rispetto all’età, al sesso, all'educazione o alla durata del problema, c'è stata una forte correlazione con chi pratica attività sportiva regolare. Da ulteriori studi è stato interessante notare che sia gli sportivi che le donne, con motivazioni diverse, sono particolarmente propensi a utilizzare le terapie complementari come l'omeopatia. Oggi si moltiplicano le occasioni di fare sport e inevitabilmente anche le possibilità di incorrere in qualche problema o trauma legato proprio all’apparato muscolo scheletrico… e non solo. E proprio in questi casi sia i medici sportivi sia gli atleti stessi ammettono che ci sono innumerevoli motivi per cui la medicina omeopatica si può sposare bene con l’attività sportiva. È risaputo che lo sport fa bene quando è praticato con costanza e moderazione, ma a volte la ricerca della prestazione a tutti i costi, sia per i professionisti che per chi pratica l’attività sportiva a livello amatoriale, può essere causa di svariate problematiche a carico dell’apparato locomotore, o di origine traumatica o causati da una eccessiva sollecitazione, come contusioni, distorsioni, crampi, ematomi, strappi muscolari, così come l’affaticamento, le tendinopatie, le lombalgie, le fratture. Ma anche semplicemente i dolori muscolari, i crampi, la rigidità, i tagli e le abrasioni. Succede così che non solo le cellule che compongono i tessuti vengono danneggiate, ma si manifestano anche disagi come la stanchezza, la debolezza e la paura di fare movimenti sbagliati o di sentire male. La risposta del corpo a lesioni traumatiche è l'infiammazione che è espletata da sintomi quali il dolore, il gonfiore, il calore, l’arrossamento e la perdita di funzione. Considerando che il processo infiammatorio è una risposta codificata al danno di un organo che, attraverso una serie di processi complessi, mette in moto il rinnovamento e la guarigione del tessuto danneggiato, l’occasione di poter disporre in questi casi di una terapia naturale, globale e rispettosa della persona, può essere molto utile all’organismo nella sua totalità per ristabilirsi in modo veloce e ottimale. L’azione efficace dell’omeopatia è portata a testimonianza da numerosi medici dello sport e dagli stessi atleti. Il dottor Ferret, medico sportivo della squadra di calcio francese dal 1993, racconta di aver cominciato a usare l'omeopatia, prima occasionalmente, poi come terapia primaria, affermando: “La valenza più grande della medicina omeopatica nello sport? La sua velocità di azione: posso usarla direttamente sul campo di calcio a pochi secondi dal trauma e osservarne i risultati quasi immediatamente.” Peter Billigmann, medico sportivo e direttore di diversi studi in materia all'Istituto di Coblenza per la diagnostica delle prestazioni e medicina sportiva afferma che: "I rimedi omeopatici non hanno effetti collaterali e inoltre si è al sicuro dal doping." Questi sono solo alcuni esempi dell’esperienza di molti medici e allenatori che aggiungono l'omeopatia al loro repertorio di tecniche per aiutare gli atleti a tutti i livelli. Tutti concordano nel riconoscere che questa medicina lavora molto velocemente non solo in situazioni acute e traumatiche, ma anche nel sostenere il sistema immunitario e nell’aiutare a prevenire e curare le patologie e la considerano una terapia completa su misura per ogni individuo. A detta non solo degli sportivi, i medicinali omeopatici presentano diversi vantaggi: non hanno tossicità chimica, controindicazioni, interazioni farmacologiche ed effetti indesiderati legati alla quantità di prodotto assunto. Questo aspetto li rende adatti a tutte le età, anche ai bambini e a chi è più avanti con gli anni. Rispetto ai farmaci allopatici usati in traumatologia, i medicinali omeopatici sono molto ben tollerati e consentono di essere associati in maniera complementare ad altri farmaci. Un altro vantaggio, legato in particolar modo alla pratica delle attività sportive all’aria aperta e all’esposizione solare, è rappresentato dal fatto che l’assunzione di medicinali omeopatici per via orale non comporta fotosensibilizzazione. Così non si rischiano spiacevoli effetti come sensazione di bruciore, macchie rosse pruriginose, vescicole o piccole bolle sulla superficie della pelle. Un altro importante aspetto apprezzato da chi pratica sport a livello agonistico è che i medicinali omeopatici non contengono sostanze dopanti. Ecco alcune testimonianze dirette di atleti di varie specialità: James Ellington, velocista olimpico britannico, dichiara che l’omeopatia offre agli atleti una valida alternativa naturale ai farmaci tradizionali e talvolta dannosi e dice: ”…io uso i rimedi come Ruta Graveolens, che mi aiuta a curare le slogature, Gelsemium per il nervosismo pre-gara, Arnica per le contusioni e Bellis perennis per i traumi da sforzo”. Jim Rogers maratoneta UK cita: “Diversi studi di omeopatia hanno considerato gli effetti sulle lesioni sportive, quali distorsioni della caviglia, stiramenti muscolari e dolore muscolare dopo l'esercizio, mentre altri hanno azzerato problematiche di salute a cui molti atleti sono inclini, come infezioni delle vie respiratorie superiori, influenza, febbre da fieno e crampi. " La pattinatrice Jayne Torvill ha raccontato che quando cadeva sul ghiaccio, trattava i suoi lividi con compresse e crema all’arnica, ricavandone un rapido giovamento. In Italia, tra gli atleti che ricorrono alla medicina omeopatica possiamo citare Elisa Rigaudo e Josefa Idem. Elisa Rigaudo, medaglia di bronzo nella 20 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino e campionessa italiana sui 10 km, racconta di essersi avvicinata a questa medicina nel 2004, per il trattamento di una carenza di ferro di cui soffriva e da allora non ha più abbandonato le cure omeopatiche, ottimali per contenere anche altri disturbi: “…ho sempre con me Arnica montana in granuli e in gel” e rispetto “…al male tipico del marciatore che interessa il muscolo tibiale, il più utilizzato nella marcia, io praticamente non ne ho più sofferto”. In una recente intervista la marciatrice piemontese ha dichiarato che non ha più avuto bisogno di ricorrere ai comuni antinfiammatori e che non esita a consigliare questa medicina anche ai colleghi. Anche la canoista campionessa mondiale e olimpica, Josefa Idem, è una delle atlete azzurre più premiate che ha scelto di curarsi con l'omeopatia. Lei stessa racconta: “...il mio avvicinamento definitivo all'omeopatia è stato nel 2000. Ad aprile, prima delle Olimpiadi, ho assunto antibiotici per un lungo periodo ed ero davvero debilitata. Fortunatamente, ho incontrato un medico omeopata che mi ha prescritto una cura omeopatica mirata, dopo la quale sono stata bene per anni. Da allora, mi curo sempre così. Ciò che più mi ha conquistata dell'omeopatia è il fatto che permette al corpo di trovare da solo le risposte e le soluzioni che cerca”. Carl Sagan disse che “affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie” e molti membri della comunità scientifica ortodossa hanno sostenuto che l'omeopatia è troppo “straordinaria” per avere credito. Purtroppo per loro, in realtà esiste un crescente corpus di evidenze e ricerche di alta qualità che mostrano come il trattamento omeopatico dia risultati superiori al placebo per una serie di condizioni cliniche. Possiamo così auspicare che la ricerca in campo omeopatico continui e che i ricercatori in settori legati anche alla scienza dello sport possano aggiungere una serie di conoscenze relative a questa forma naturale di medicina. Nel frattempo è un fatto certo che gli sportivi stanno usando l'omeopatia con la consapevolezza che la sua applicazione in campo clinico sia in rapida crescita e che sia senza dubbio un metodo molto sicuro e poco costoso di trattamento. L'evidenza dei benefici dei medicinali omeopatici utilizzati come medicina d’elezione nello sport in tutto il mondo è comunque ben documentata anche nei recenti studi pubblicati in riviste mediche internazionali e queste prestazioni di picco potrebbero fare da specchio a uno stile di vita e di cura per tutti, non solo per le persone sportive.
News A proposito di ricerca Gli scienziati di tutto il mondo continuano a guardare l'omeopatia come una forma altamente sicura della nanomedicina, con un buon potenziale per aiutare i pazienti affetti da tumore. Uno studio recentemente pubblicato (Shagun Arora, et al;Effetti antiproliferativi dei farmaci omeopatici sulle cellule umane del rene, del colon e della mammella, omeopatia, Volume 102, Issue 4, Pages 274-282, ottobre 2013), ha esaminato l'effetto di una serie di selezionati rimedi omeopatici sulle cellule del cancro del rene, del colon e della mammella. I risultati sono stati molto incoraggianti. È stato possibile osservare che i tre rimedi studiati hanno determinato la morte delle cellule tumorali o ridotto la loro proliferazione. I ricercatori affermano: “Abbiamo valutato l'attività citotossica dei farmaci omeopatici selezionati in tintura madre (MT), e nelle diluizioni ultramolecolari (30CH, 200CH, 1MCH e 10MCH) contro linee cellulari derivanti da tumori di particolari organi, Sarsaparilla (Sars) sulle cellule ACHN (adenocarcinoma renale umano), Ruta graveolens (Ruta) su cellule COLO -205 (carcinoma colorettale umano), e Phytolacca decandra (Phyto) su MCF -7 (carcinoma mammario umano). Le preparazioni ultra diluite dei tre farmaci omeopatici hanno dimostrato effetti altamente significativi nelle rispettive linee cellulari tumorali, producendo citotossicità e una diminuzione della proliferazione cellulare". In particolare sono state rese evidenti, nelle colture trattate omeopaticamente, caratteristiche di apoptosi, cioè morte delle cellule neoplastiche, con restringimento delle cellule, condensazione della cromatina e frammentazione del DNA. Questo studio fornisce prove preliminari di laboratorio che indicano la capacità dei farmaci omeopatici di agire come agenti antitumorali.
OTTOBRE 2013
Il dottor Pichiah Sankaran fu un famoso medico omeopata indiano del secolo scorso, conosciuto e apprezzato non solo in Oriente, ma anche negli Stati Uniti e in Europa dove il suo libro “Gli elementi dell'Omeopatia” fu riconosciuto e stimato pari a un valido corso completo di Omeopatia Classica Hahnemanniana e dove la sua professionalità, competenza, buon senso e simpatia conquistarono gli ambienti non solo di medicina omeopatica. Nato il 15 novembre 1922 a Madras, in India, iniziò i suoi studi all’età di 4 anni a Bombay dove si era trasferita tutta la famiglia. Purtroppo, ancora giovanissimo perse il padre che morì lasciando lui e i suoi 9 fratelli in difficili condizioni economiche tanto che venne separato dagli altri, rimandato a Madras e affidato a uno zio, il dottor Sharma, un medico ayurvedico. Entrò in collegio e frequentò una scuola in cui venivano insegnate la Medicina Ayurvedica e quella Allopatica, ottenendo un diploma in Medicina Indiana (LIM). All’inizio degli anni ’50 aprì un suo studio di medicina allopatica. Passò qualche anno e lui stesso iniziò ad avere dei problemi di salute che non riuscì a curare neanche con le migliori medicine allopatiche del tempo. Solo l’intervento di un collega che fece uso della medicina omeopatica fu risolutivo per la sua malattia. Questo avvenimento gli fece rivedere completamente la sua posizione scettica nei confronti dell’omeopatia tanto che diventò un ardente studioso di questa medicina non convenzionale. A cavallo tra il 1955-56 si recò a Londra per frequentare il Royal London Homoeopathic Hospital sotto la guida di insegnanti famosi quali Sir John Weir, Margery M. Blackie, Alva Benjamin e Foubister. In quell’occasione ebbe modo di incontrare Elizabeth Wright Hubbard, la prima donna presidente dell'American Institute of Homeopathy, membro della Federazione Americana di Omeopatia e Associazione Internazionale Hahnemanniana che lo invitò a New York. Questa visita newyorkese arricchì le sue conoscenze e i suoi interessi e, di ritorno a Bombay, iniziò l’insegnamento all’Homoeopathic College. Divenne anche Honorary Physician al Govt. Homoeopathic Hospital, mentre la sua attività si allargava sino ai quartieri suburbani di Bombay. Nel 1959 si sposò e nel 1960 ebbe un figlio, Rajan, che seguirà poi le orme del padre ed è conosciuto a tutt’oggi a livello internazionale per i suoi lavori e i suoi scritti di omeopata. Pichiah fondò e curò il Journal of Homoeopathic Medicine, che venne poi inglobato nell’Indian Journal of Homoeopathic Medicine, di cui rimase editore sino alla fine della sua vita. Nel 1965 tornò a New York per seguire le lezioni della dottoressa Elizabeth Wright Hubbard. Si racconta che la Hubbard gli chiese di insegnare nel suo corso invece di frequentarlo come studente e che dopo aver ascoltato la prima conferenza di Sankaran, lei stessa scrisse: “Il discorso del dottor Sankaran era così accattivante, arricchito dalle sue conoscenze di zoologia, botanica, psicologia e omeopatia e da un raffinato senso dell’umorismo che ‘I Sankarans’ potrebbero competere con ‘I Beatles’, se solo ce ne fossero quattro di loro!”. In tale circostanza, Sankaran ottenne un diploma in Homoeopathic Therapeutics. In India fu uno degli artefici della diffusione del Repertorio omeopatico. In quel periodo la Scuola dominante era quella degli omeopati di Calcutta, che enfatizzava la Materia Medica e imponeva una sorta di esclusione del Repertorio omeopatico. Uno dei primi lavori che Sankaran propose fu il ‘Card Repertory’, una raffinata versione del ‘Card Repertory’ di Boger, ma non trovando nessun editore disponibile a pubblicare tale lavoro, costituì una sua casa editrice personale e un po’ alla volta scrisse e pubblicò 36 opuscoli. Deciso e ostinato, Pichiah fu una delle figure guida della professione medica omeopatica indiana, responsabile dell’organizzazione di numerosi incontri, simposi e conferenze puramente scientifiche e apolitiche. In questi intenti aveva sempre il supporto dei suoi amici più cari: i dottori J.N. Kanjilal (di Calcutta) S.P. Koppikar (di Madras), Sarabhai Kapadia (di Bombay), e Jugal Kishore (di Delhi) e fu professionalmente legato ai dottori L.D. Dhawale e S.R. Phatak, entrambi grandi ammiratori di Boger. In seguito divenne membro del primo Central Council of Homoeopathy, creato per definire standard e linee guida per le scuole e fu uno degli istruttori al Corso di Orientamento per insegnanti di Scuole Omeopatiche, insegnando il Repertorio. Egli presentò i suoi scritti in occasione di innumerevoli conferenze internazionali e fu sempre noto per la sua affabilità, l’umorismo, la brillante comunicatività, la diplomazia, la sincerità e per una stupefacente apertura di vedute. Investigò diverse aree della scienza cercando di migliorare e far progredire l’Omeopatia, lavorando anche sulla Fotografia Kirlian, i Nosodi di Bowel e l’Emmanometro di Boyd. Fece nuove sperimentazioni, tra cui quelle sui rimedi Adamas, ovvero il diamante, Aqua marina e Insulinum e ripeté la sperimentazione anche su rimedi già conosciuti. Il ventaglio dei suoi interessi si allargava ai viaggi, alla psicologia, alla fotografia e alla musica, alla quale si dedicava anche studiando lo strumento musicale Veena, un antico strumento a corde dell’India. Il suo studio era estremamente frequentato ma lui mantenne sempre fede al proprio impegno professionale e alla dedizione alla cura dei malati, all’insegnamento, all’editoria, all’organizzazione di scambi culturali. La sua salute cedette nel 1978 ma fino all’ultimo il suo desiderio di lasciare ad altri le sue importanti e preziose esperienze cliniche lo sostenne e aiutò, adoperando gli ultimi mesi della sua vita, quando il dolore gli dava un po’ di tregua, a completare tre dei suoi opuscoli e a scrivere l’ultimo: ‘Selezione del Simillimum e Gestione del Paziente’.
News
Questo è lo slogan del Comitato Difesa Omeopatia che invita a firmare la petizione per mantenere la possibilità di potersi curare con i farmaci omeopatici, dove il testo cita: “Siamo 11 milioni di persone che si curano con i farmaci omeopatici. Oggi, a seguito di recenti disposizioni, temiamo l’eliminazione di molti farmaci omeopatici che hanno da tempo dimostrato valenza clinico-terapeutica. L’Europa ha riconosciuto la validità e la peculiarità dei farmaci omeopatici e ha richiesto ai Paesi membri di registrarli con una procedura semplificata, diversa da quella per i farmaci tradizionali. Ma in Italia, a causa di procedure eccessivamente complesse e di costi altissimi per la registrazione, molte terapie omeopatiche potrebbero non essere più disponibili. Apponiamo la nostra firma per sostenere e difendere l’Omeopatia e i suoi farmaci per far sì che l’Agenzia Italiana del Farmaco favorisca l’effettiva registrazione semplificata dei medicinali omeopatici attualmente presenti sul mercato e non imponga regole inadeguate e costi sproporzionati che limiterebbero e escluderebbero moltissimi farmaci, impedendo di fatto ai cittadini la libertà di scelta terapeutica, un principio fondante il Sistema Sanitario Nazionale.” Per firmare si può accedere al link: www.omeocom.it e seguire le semplici istruzioni.
SETTEMBRE 2013 L’Omeopatia aiuta nel post vacation blues, la sindrome da rientro Viene definita come post-vacation blues, ovvero sindrome da rientro, quella condizione di stress post-vacanza di cui è affetto un sempre maggior numero di persone. Si tratta di uno stato d'animo caratterizzato dal sentirsi soffocati e stressati e con una cappa scura che influenza il periodo dopo il ritorno da una vacanza tanto attesa. La routine del lavoro, la scuola e la vita quotidiana in generale, possono essere fonte di disorientamento e disagio, come se non ci si sentisse più in grado di ricominciare nelle proprie attività e tutto sembra problematico e irrisolvibile. Per alcune persone, la sindrome da rientro crea la sensazione in cui non si desidera più continuare a fare quello che si faceva prima, vedendo tutto nero e valutando eventualmente anche drasticamente sostanziali cambiamenti rispetto alla propria vita ma senza la forza per attuarli. Anche se spesso può passare in sordina, questa è una problematica di cui ne soffrono indipendentemente uomini, donne o bambini, soprattutto se di carattere ansioso, dove la difficoltà a ripartire e a ingranare nuovamente il lavoro e i ritmi di vita abituali sembra quasi insormontabile. Anche se qualcuno ha affermato, mentre era in vacanza, di non vedere l’ora di tornare al lavoro, all’atto pratico il ritorno gli crea ansia sia per il lavoro che per la gestione familiare. Soprattutto quando le scuole non hanno ancora riaperto e diventa problematico gestire il tempo da dedicare ai figli e al lavoro contemporaneamente, diventando questo un motivo in più di stress. Così se in vacanza si vive una condizione rilassata e ci si dedica ad attività che non implicano particolari obblighi, il ritorno a casa e al lavoro coincidono con la ripresa di ritmi di vita il più delle volte frenetici e carichi di responsabilità. I sintomi principali di questa sindrome sono in qualche modo legati a una sovrastimolazione del sistema libico del cervello, sede in cui si formano emozioni viscerali e in cui sono localizzati i gruppi di neuroni per il controllo di funzioni come la fame o la sazietà, l’innamoramento o la rabbia o la gelosia. Così la sindrome da rientro manifesta le sue caratteristiche con una forma di tristezza, depressione, ansia, insonnia, apatia, senso di stordimento, calo dell’attenzione, mal di testa, difficoltà digestive, stanchezza o irrequietezza, incapacità di fermarsi e svolgere le attività abituali, nausea, perdita di appetito o addirittura appetito vorace, propensione al pianto con forte senso di nostalgia. In alcune persone anche una forte irritabilità o la rabbia possono essere delle espressioni sintomatologiche, soprattutto se la vacanza avrebbe dovuto risolvere i problemi rimasti in sospeso. Cosa si può fare per guarire da questa sindrome? Prima di tutto conoscerne l’esistenza aiuta a relativizzarne le sua manifestazioni patologiche. Non si è diventati matti, ma semplicemente ci sono persone che più di altre patiscono i ritmi e gli obblighi di una impostazione socio-economica sempre meno a misura d’uomo, dove i ritmi tra lavoro e svago non partono dalle esigenze individuali ma vengono regolamentate dalla produttività. Valutando che è una situazione che necessita di essere riarmonizzata e che i sintomi manifestati appartengono sia alla sfera mentale che alla sfera fisica, un valido aiuto per risolvere lo stress da rientro può essere fornito dalla medicina omeopatica, che lavora molto bene su entrambe le espressioni e che ha l’ulteriore vantaggio di prescrizione ai pazienti di tutte le età, anche ai più piccoli che risentono del ritorno a scuola dopo la pausa estiva. Pur considerando che l’omeopatia lavora sulla totalità dei sintomi di una persona e ogni prescrizione terapeutica tende alla prescrizione del rimedio costituzionale di ogni singolo individuo, è pur vero che ci sono rimedi che possono essere prescritti per la situazione specifica, come in questo caso può essere considerata la sindrome del post-vacation blues in quanto i sintomi accusati sono molto simili per tutti i pazienti che la manifestano. Così alcuni farmaci omeopatici utili potranno essere i derivati del carbonio per i sintomi come l’apatia, la difficoltà di concentrazione o la mancanza di reazione. Il rimedio Adamas, il cui sintomo caratteristico è la sensazione di avere una cappa grigia che grava sopra la testa e che peggior nei giorni nuvolosi e migliora alla luce del sole, è indicato anche nei casi in cui è presente rabbia e irritabilità, difficoltà a prendere delle decisoni, desiderio di fermarsi e riposarsi qualsiasi lavoro si sia intrapreso oppure se si è letargici al mattino e se vi è lacrimazione con cefalea o se il mal di testa migliora mangiando. Anche un rimedio come Carbo vegetabilis può aiutare se ci si sente negativi, depressi e apatici soprattutto se invece in vacanza si era pieni di forza e di energie. Ma una volta tornati nella routine lavorativa appare drasticamente il malessere percependo la forza vitale diminuire drasticamente e rapidamente. Questo è proprio un sintomo chiave di questo rimedio, cioè il veloce cambiamento tra due stati. Se invece prevale l’ indifferenza a tutto quello che sta intorno, con però una propensione a essere collerici ed irritabili può giovare Sepia, oltre a Carbo vegetabilis, mentre se si è sopraffatti da svogliatezza e difficoltà a iniziare la giornata, mal di testa da sforzo di concentrazione, soprattutto negli studenti, il rimedio a cui pensare è Phosphorus. Anche Nux vomica può essere indicata quando lo stress e il nervosismo si concentrano sullo stomaco, causando disturbi della digestione e sonnolenza dopo pranzo mentre di notte i risvegli sono frequenti trascinandosi stanchezza e sonnolenza durante tutta la giornata. Il rimedio più usato in caso di disturbo digestivo dovuto all’ansia è Pulsatilla, che viene indicato anche per tutte le persone sensibili con problemi di digestione soprattutto quando esposti a sbalzi di temperatura, così come Dulcamara può venire in aiuto se l’indolenza, i deficit prestazionali, l’irritabilità o la capricciosità peggiorano con le brusche variazioni di clima, soprattutto con l’ esposizione al freddo e all’umidità. Arsenicum album è invece il medicinale che può essere consigliato in caso di cefalea che migliora con applicazioni fredde, ansia per il lavoro e per il futuro e pessimismo. Di fronte all’ansia che paralizza, all’impossibilità di concentrarsi, all’insicurezza che sfocia in crisi di panico, con sintomi come cefalea, vertigine, tremori e svenimento, è consigliabile assumere Gelsemium, mentre la Galphimia glauca aiuta ad alleviare l'ansia che provoca bocca asciutta e grande senso di affaticamento. Si può dire che questi citati sono solo alcuni esempi di come un approccio dolce e naturale possa aiutare ad affrontare “crisi situazionali” senza doversi considerare malati, ma piuttosto bisognosi di ritrovare il proprio equilibrio.
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A riaprire la discussione sulla verificabilità delle cure omeopatiche arriva la pubblicazione del libro "Omeopatia-Omotossicologia. Le prove scientifiche", volume scaricabile gratis dal web (www.guna.it/omeopatia-efficacia) che contiene gli studi clinici e le ricerche più interessanti del settore sugli effetti terapeutici dei farmaci omeopatici. Si tratta della sesta edizione, riveduta e aggiornata allo scopo di rendere nota, a chiunque sia interessato, l'efficacia terapeutica dei farmaci omeopatici che sono impiegati con successo da 11 milioni di italiani e vengono prescritti da oltre 20 mila medici iscritti all'Albo nazionale. The Homeopathy Research Institute (HRI)
L’ HRI fornisce anche supporto accademico a numerosi progetti internazionali. Attualmente sta lavorando a cinque ricerche, tra cui uno studio randomizzato per il trattamento di bambini con diagnosi di ADHD (Disturbo da deficit d'attenzione ed iperattività) e un altro dedicato all’indagine degli effetti della succussione sulle proprietà fisico-chimiche delle alte diluizioni.
AGOSTO 2013 Pediatria e Omeopatia Guardando il video di questo link http://www.youtube.com/watch?v=GwJ3zy6FCAI si può avere un esempio ironico e divertente di come un medico che si approccia a una visita in campo pediatrico possa incontrare le più svariate e variegate difficoltà nell’interrelazione col mondo dell’infanzia. Come si può intuire da questo clip le difficoltà sono più del medico che del bambino. Pur appartenendo alla stessa specie, si presentano molte difficoltà nel relazionarsi tra visioni della realtà differenti; difficoltà che vanno dalle differenze di linguaggio, di espressione e di comunicazione dei sintomi, di emozionalità dettate dalla fiducia o meno, e quindi all’apertura verso la persona adulta che si ha di fronte nella veste del “dottore”…insomma esistono notevoli ostacoli al fine di una completa e corretta diagnosi e una conseguente valida prescrizione terapeutica. Si può dire che a oggi la medicina omeopatica, che si avvale moltissimo della semeiotica medica, cioè dell’osservazione dei segni e dei sintomi patologici, riesce a dare un grosso aiuto ai medici e ai pediatri che la utilizzano, grazie agli studi e ai lavori clinici fatti dagli omeopati di tutto il mondo. Un ottimo lavoro in medicina pediatrica di cui ci si può avvalere nel condurre una visita è quello del medico italiano Roberto Petrucci. Lui stesso, nella parte introduttiva del libro “Pediatria: temi e concetti in Medicina Omeopatica scrive: “…Nella mia pratica ho sempre avuto difficoltà a svolgere una visita omeopatica pienamente soddisfacente di fronte a bambini molto piccoli e ho quindi cercato, nel corso del tempo, di pensare a quali sintomi poter indagare per ottenere il massimo delle informazioni. Ho pensato che raggruppare i sintomi di interesse pediatrico potesse essere molto utile nelle visite dei bambini.” Ha così strutturato un repertorio, cioè una raccolta di sintomi, diviso per concetti, intitolandola “Children concepts” dove la sintomatologia che è stata inclusa è quella più interessante dal punto di vista pediatrico tanto che il libro può essere utilizzato come una traccia durante la visita pediatrica partendo dalla storia anamnestica familiare per passare poi allo sviluppo iniziale con l’allattamento, all’inserimento nel tessuto sociale e scolastico, fino alla clinica più pura. È rilevante sottolineare come la medicina omeopatica dia importanza a molti aspetti che a volte anche agli stessi genitori possano sembrare irrisori: se il bambino ha messo i primi denti presto o tardi, se ha imparato a camminare o a parlare precocemente o tardivamente, se è stato allattato e se ha avuto problemi col latte: possono essere tutti indici di valutazione della costituzione omeopatica e della scelta del rimedio adatto. Oltre alle rilevazioni cliniche sulle malattie esantematiche dell’infanzia o sui disturbi successivi alle vaccinazioni, di notevole aiuto sarà la guida alla valutazione legata all’aspetto comportamentale e costituzionale del bambino, come, ad esempio, le modalità di rapporto con le persone più vicine, cioè la famiglia, le relazioni con gli altri, sia nel contesto scolastico che nel gioco, tenendo conto delle paure, delle ansie, dell’aggressività o della tranquillità, dell’affettività o delle reazioni al rimprovero, oppure del comportamento che possono avere verso gli animali: dalla paura, all’amore, alla compassione. Indagare sul rapporto con la scuola non è assolutamente da trascurare, essendo una componente che occupa molto tempo della vita dei bambini e da cui si possono rilevare sintomi come le ansie d’anticipazione, la mancanza di fiducia in sé, la paura del fallimento e i disturbi fisici legati a questo aspetto, oppure alla difficoltà o meno di concentrazione o lo sforzo mentale con tutte le sue conseguenze come il mal di testa, l’irrequietezza, i disturbi del sonno e le tipologie dei sogni. Anche la meticolosità, la fretta, l’ostinazione e il senso di responsabilità sono da considerare come sintomi valutabili, così come la difficoltà o l’abilità con la matematica, la lettura e lo scrivere possono avere rilevanza nell’indirizzo clinico di scelta di una terapia omeopatica rispetto a un’altra. Una parte importante trattata nel libro citato e di grande utilità nel corso della visita omeopatica col bambino è quella relativa ai sintomi “non verbali”, in cui viene focalizzata l’attenzione alla gestualità, alle espressioni del viso e del corpo, all’approccio agli altri, ai sintomi e segni valutabili al momento stesso della visita ed una parte di sintomi e segni visibili, per così dire, “a occhio nudo” osservati dal medico durante il colloquio o osservati dai parenti a casa e poi riportati al medico. I sintomi “non verbali” rivestono un importante interesse clinico e, tra l’altro, possono essere di grande aiuto anche in medicina veterinaria. A detta di Farokh Master, medico che in India integra le conoscenze di medicina omeopatica a quelle di medicina allopatica “… i bambini non comunicano molte cose verbalmente, ed è necessario sviluppare e comprendere il linguaggio non verbale, che il dr. Petrucci è riuscito a spiegare in modo ottimale attraverso uno stile semplice. Vi sono tante rubriche e tanti rimedi che io stesso non conoscevo e questo mi è stato di grande aiuto per affinare le mie conoscenze…"
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"Laughter is the best medicine"
LUGLIO 2013 Storie di scienziati e omeopatia Amy Lansky, nata nel 1955 a Buffalo - Kenmore, nello stato di New York, dopo la laurea in matematica all'Università di Rochester prese l’indirizzo informatico alla Stanford University in California. Questo fu determinante per lei, come lei stessa afferma: “… un passo di trasformazione per me a livello personale e professionale. Ero una donna al corso di informatica a Stanford in un momento in cui era frequentata da pochissime donne: io ero l'unica nella mia classe. La facoltà era un paese delle meraviglie di stranezze per allora, periodo in cui i computer e le persone interessate a loro erano piuttosto insolite e l'impatto sociale dell’informatizzazione non era ancora sentito.” Finita la tesi di laurea in informatica nell'autunno del 1983 iniziò a lavorare alla Computer Science Lab per l'Intelligenza Artificiale (AI) Lab presso l’SRI, un ente di ricerca legato prima alla Stanford University e poi diventato indipendente, rivolto alla scoperta e all’applicazione delle tecnologie per la conoscenza, il commercio, il benessere e la pace. Durante gli anni trascorsi in AI (1983 - 1997), si è fatta un nome nel settore della programmazione. Inizialmente ha lavorato con Mike Georgeff, uno dei migliori progettisti reattivi - PRS (ora chiamato dMARS). Poi allo sviluppo del progetto GEMPLAN, e quindi il pianificatore COLLAGE, che è stato costruito da lei e la sua squadra al NASA Ames Research Center, dove ha lavorato 1989 al 1995. Durante la sua carriera come informatica, ha sempre avuto un grande interesse per la medicina e la psicologia. Nei primi anni 1990, Amy e il marito Steve Rubin erano entrambi ricercatori informatici nella Silicon Valley e, in qualità di scienziati, seguivano con attenzione la medicina convenzionale. Però qualcosa iniziò a incrinarsi e questo interesse prese una svolta verso la medicina alternativa, spinta in parte anche dalla necessità, in quanto nel 1994 al suo secondo figlio, Max, di tre anni, fu diagnosticata una forma di autismo e aiutarlo divenne il suo obiettivo di vita. Così nel gennaio 1995, Max iniziò un ciclo di trattamento omeopatico e Amy dichiarò che “…Questo è stato un importante punto di svolta per lui, per la nostra famiglia, e per me. In una settimana abbiamo iniziato a vedere piccoli e sottili miglioramenti in Max con una curva di miglioramento che è diventato un trend lento e costante. ” Il rimedio omeopatico che Max ha utilizzato per circa 2 anni ha avuto un importante effetto di trasformazione su di lui tanto che dopo questo periodo di trattamento in cui era tenuto sotto controllo normalmente dai medici ufficiali, sono state sospese le prestazioni di educazione speciale. “I suoi terapeuti rimasero molto sorpresi, non avevano mai visto niente di simile. Il suo logopedista dichiarò al rappresentante della contea che non aveva mai visto un bambino autistico recuperare come Max e accreditò pienamente l’omeopatia per il suo recupero.” Successivamente la terapia è stata mantenuta solo in modo saltuario, tanto che giunto all’età di otto anni, quasi tutti i segni di autismo del bambino erano spariti; e a 9 anni, nessuno avrebbe potuto sospettare che era stato affetto da questa patologia. Amy Lansky di fronte a questa evidenza dichiarò successivamente. “Questa esperienza ha avuto un grande impatto su di me e il resto della mia famiglia. Tutti usiamo l'omeopatia ora come nostro sistema terapeutico di prima elezione. Abbiamo visto le infezioni dell'orecchio scomparire in poche ore, influenze intestinali stroncate sul nascere, verruche scomparire, tic risolversi durante la notte. Siamo stati molto colpiti dalla guarigione di Max e della nostra scoperta dell'omeopatia, al punto che mi ha lasciato con una nuova missione: studiare e promuovere l'omeopatia per aiutare altri ragazzi come lui.” Negli anni seguenti Amy lavorò ancora come consulente su sistemi di collage con la NASA Goddard e allo stesso tempo, come professore associato in un programma di sistemi simbolici a Stanford per un importante corso di laurea interdisciplinare che comprendeva scienza informatica, psicologia cognitiva, linguistica e filosofia. Ma a poco a poco si dedicò esclusivamente allo studio e alla promozione dell’omeopatia in quanto l’esperienza della risoluzione della patologia del figlio è stata per lei da capogiro e le ha trasformato la vita. Iniziò così a studiare l'omeopatia e dopo la pubblicazione di diversi articoli, scrisse quello che divenne il libro di educazione del paziente più venduto in USA, dal titolo : “Cure Impossible: The Promise of Homeopathy”, pubblicato nel 2003 che ha continuato a essere il best-seller di lancio in tutto il mondo, con traduzioni in diverse lingue straniere incluso tedesco, greco, arabo, e cinese. È un testo introduttivo sull’omeopatia molto ampio che comprende la storia, la filosofia, gli studi scientifici, i metodi di trattamento e di somministrazione, i problemi di legalità e un intero capitolo è dedicato alla storia di Max e delle sue esperienze familiari con l’omeopatia in generale. Per questa ragione, è anche usato come manuale in diverse scuole. Amy ha dichiarato che la chiave del suo successo, tuttavia, è che questo libro include molte testimonianze di guarigione raccolte in tutto il mondo, e per le citazioni di una varietà di disturbi fisici, mentali ed emotivi. Successivamente a questa pubblicazione, è stata invitata a far parte del consiglio del Centro Nazionale per l'Omeopatia e ne ha fatto parte dal 2003 fino al 2011, dando anche un suo contributo in veste di esperta informatica in una revisione completa e riprogettazione del loro vasto sito web. Anche il marito Steve diede un suo contributo nello sviluppo di un'interfaccia online il Vaccine Nazionale Information Center al database VAERS e la stessa Amy ha affermato: “Credo che la guarigione di Max ci ha portato entrambi a diventare attivisti di medicina alternativa e non ho mai guardato indietro. Quello che gli scettici continuano a ignorare, tuttavia, sono un numero crescente di studi scientifici che indicano che un qualche tipo di impronta della sostanza originale disciolta in acqua e ultradiluita e potenziata sia comunque incorporata nel rimedio omeopatico. In un documento del 2007 pubblicato dal professor Rustom Roy, direttore fondatore del Materials Research Laboratory della Pennsylvania State e uno dei maggiori esperti al mondo sulla struttura dell'acqua, è stato dimostrato che gli strumenti di laboratorio sono stati in grado di raccogliere le impronte energetiche in ultradiluizione che erano non solo specifiche per i singoli rimedi omeopatici, ma anche a potenze specifiche di questi rimedi. Così come riportato in un documento del 2009 dal Premio Nobel Luc Montagnier che ha sottolineato in modo inequivocabile il potere e l’azione specifica delle ultradiluizioni. Allora perché non considerare l’omeopatia? Gli scettici riescono a creare un sacco di fumo, nel tentativo di nascondere l'omeopatia alla vista del pubblico. Ma dove c'è fumo, c'è fuoco. Scoprite come questo potente sistema di guarigione, un sistema che racchiude un sacco di potenza di fuoco in un pugno infinitesimale, può aiutare voi e i vostri cari.”
Seminario di Omeopatia a Camogli Si è tenuto a Camogli, nella Casa dei Marinai, dal 20 al 23 Giugno il Seminario internazionale di Omeopatia dal titolo “Storie di ordinaria follia”. Il dottor. Roberto Petrucci, omeopata di fama internazionale e autore del libro “Pediatria: temi e concetti in medicina omeopatica” edito in versione italiana, inglese e tedesca, ha presentato il suo ultimo lavoro con nuovi casi estremamente interessanti, illustrati in video, di pazienti con “personalità complesse, storie intricate e patologie importanti”. Senza dubbio si è rivelato un evento utile e di notevole interesse non solo per approfondire la terapeutica omeopatica sulla base di esperienze cliniche ma anche per l’occasione di discussione e scambi tra i medici, veterinari e farmacisti che vi hanno partecipato, giunti da vari Paesi. Proprio in questa occasione ho avuto modo di rivedere una collega e compagna di studi, la dottoressa Guna Blumberga che esercita nella città di Riga, in Lettonia.
Ecco qui una breve intervista che gentilmente ci ha rilasciato. Come viene considerata la medicina omeopatica nel tuo Paese? L’Omeopatia da noi è presente da centinaia di anni e quindi è ben conosciuta e anche riconosciuta dal punto di vista legale. La medicina omeopatica la possono esercitare solo i medici, naturalmente, e bisogna essere iscritti all’Albo dei medici, ed è una cosa importante.
A oggi bisogna avere la specializzazione di base, nel senso che dopo la laurea un medico non può cominciare a lavorare subito come omeopata, ma deve avere la successiva specializzazione. Anche quest’anno, da settembre, partiranno i corsi di specializzazione e io vi parteciperò come docente…ne sono molto contenta. Quali casi clinici ti capita di affrontare nella tua attività professionale? Tutti i casi di medicina in generale e in modo più specifico di pediatria e le mie cure con la medicina omeopatica coprono diversi disturbi e naturalmente anche le malattie croniche.
Certamente…se in ospedale lavora un medico che ha studiato omeopatia chiaramente prescrive anche rimedi omeopatici, però non funziona come in India, dove negli ospedali coesistono la chirurgia, la medicina allopatica e quella omeopatica. Proprio a Riga, abbiamo una farmacia omeopatica che è in vigore da almeno 150 anni e che fu una delle prime farmacie omeopatiche in Europa, in quanto il dottor. Hahnemann, fondatore dell’omeopatia era tedesco e a quel tempo la Lettonia faceva parte della Germania e quindi le radici arrivano da lì. Cosa ci puoi dire della tua esperienza come omeopata? In Lettonia lavoravo come medico specializzato in allergologia, ma non ero soddisfatta dei risultati che mi dava la medicina allopatica nel mio campo. Così ho deciso di allargare i miei orizzonti. Sono venuta in Italia e ho iniziato a studiare omeopatia, dopodiché sono tornata in Lettonia e ho iniziato a lavorare come medico omeopata, completando così la mia specializzazione, e devo dire che ne sono molto contenta e lavorare con la medicina omeopatica mi dà molta soddisfazione.
GIUGNO 2013 Omeopatia e voli spaziali: la medicina del futuro? Volare verso lo spazio profondo e al di fuori della gravità terrestre, spostandosi da un punto all’altro di velivoli spaziali in assenza di peso: una condizione a cui nemmeno gli astronauti delle numerose missioni spaziali hanno fatto l’abitudine, almeno…utilizzando la tecnologia terrestre al momento a disposizione. La recente intensificazione dei programmi spaziali internazionali sta procedendo con la Expedition 36/37 e proprio “Volare” è il nome dato alla quinta delle missioni ESA di lunga durata, ovvero di circa 6 mesi, sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Nel corso dei 166 giorni previsti di permanenza saranno effettuati dagli astronauti esperimenti riguardanti varie aree scientifiche e la quasi totalità di questi saranno svolti all’interno del modulo Columbus, cioè un cilindro lungo circa 6 metri e dal diametro di 4,5: un vero e proprio laboratorio di ricerca in assenza di peso. Per i membri dell’equipaggio della Soyuz TMA-09M Fyodor Yurchikhin, Luca Parmitano e Karen Nyberg lanciati nello spazio verso la ISS il 28 maggio scorso, il volo verso l’attracco alla stazione orbitante internazionale è stato da record: in tutto sei ore e qualche minuto, cioè otto volte più veloce rispetto ai precedenti. Se da un lato questo ha consentito agli astronauti di lasciare relativamente in fretta gli angusti spazi del razzo, dall’altro li ha costretti agli effetti di una maggiore accelerazione. Nel surmenage si dovranno aggiungere anche circa centosettanta giorni di permanenza in orbita in condizione di microgravità, due “passeggiate” lavorative nello spazio e infine il rientro sulla Terra. Proprio nel ritorno a casa, anche se della durata di poco più di tre ore, a causa dell’impatto con gli strati più densi dell’atmosfera terrestre e la forte decelerazione, gli astronauti si trovano a sopportare una forza g negativa pari a 4-5g, provando cioè una sensazione paragonabile ad avere cinque persone dello stesso peso sdraiate sul proprio corpo, tanto che molti astronauti hanno descritto l’esperienza del rientro come l’equivalente di un incidente stradale. A rendere più complicata la situazione va considerato che lo stazionamento per sei mesi in assenza di peso porta ad un certo indebolimento di ossa e muscoli e anche il solo atto di respirare costa fatica, tanto che all’atterraggio gli astronauti vengono letteralmente estratti “a braccia” dall’interno della capsula e sottoposti poi a un percorso di riabilitazione e di debriefing. Ecco quindi che possiamo iniziare a intuire a quali tipologie di sollecitazioni non abituali venga sottoposto un astronauta! Non solo di tipo fisico, ma anche psicologico, della sfera emozionale, relativo ai parametri spazio-temporali e, senza esclusione, anche della componente di stati percettivi di coscienza sollecitati dall’essere al di fuori del proprio habitat e pianeta nativo e dove, a detta di astronauta “dall’alto i problemi sembrano più piccoli”. Non c’è da stupirsi quindi se il 70% dei cosmonauti che hanno volato sullo Shuttle siano stati soggetti a diversi disagi, a partire dal mal di spazio: una forma di nausea, vomito e mal di testa che si manifesta più imperiosamente durante i primi giorni di volo e alla ormai accertata e classificata sindrome caratterizzata da affaticamento cronico e da cefalea persistente che si mantiene anche per diversi giorni dal rientro dal viaggio. Val la pena valutare che la Stazione Spaziale gode di una caratteristica unica, non riproducibile nei laboratori di ricerca sulla Terra se non per poche decine di secondi: la microgravità. Solitamente viene da pensare che la forza di gravità non ci sia nello spazio, ma in realtà essa esiste, eccome!. Quello che succede nella ISS è che la forza centrifuga data dalla velocità di rotazione della stessa attorno alla Terra compensa e annulla la forza di gravità generata dal nostro pianeta. Per questo viene denominata microgravità ovvero assenza di peso. Così gli astronauti e tutti gli oggetti all’interno della stazione si trovano in uno stato di caduta libera “orizzontale”, nel loro moto intorno al nostro pianeta. L’effetto quindi, e anche la sensazione fisica provata dagli astronauti, è proprio quella di una perpetua caduta in una sorta di “pozzo senza fondo”. Anche se con l’adattamento alla microgravità il problema si minimizza, resta il fatto che l’allungamento del processo di assestamento può inficiare sulla qualità e sulla quantità della vita a bordo. La missione nello spazio per un astronauta arriva a completamento di un lungo percorso di addestramento pratico nei simulatori. Nonostante la innumerevole serie di prove attuate per verificare le capacità fisiche di chiunque venga scelto e destinato ad un volo orbitale, a oggi non è ancora possibile stabilire con assoluta certezza chi potrà essere vittima del problema ed eventualmente trovare i necessari sostituti. La situazione non cambia neanche integrando i test svolti a terra con i cosiddetti “voli parabolici”, effettuati con un aereo opportunamente predisposto che viene portato ad alta quota e poi lasciato planare verso terra, dove, modificando l’angolo di planata, è possibile ricreare al suo interno, per brevi periodi, una vasta gamma di “effetti gravitazionali”, simili a quelli che si possono avere sulla Luna o su Marte, fino ad arrivare all’assenza completa di peso corporeo. Questa possibilità, denominata “look and see” ha permesso la sperimentazione di molti farmaci che, in effetti, si sono rivelati efficaci nell'ostacolare l’insorgenza della sintomatologia correlata al mal di spazio, ma con la comparsa di inevitabili effetti collaterali che non sempre ne permettono l’utilizzazione in condizioni operative. Si è così aperta la strada anche a tentativi effettuati con discipline complementari, come ad esempio l’agopuntura, che ha ottenuto incoraggianti risultati e l’omeopatia. Una sperimentazione con farmaci omeopatici è stata condotta nell’aprile 2007, proprio da un equipaggio italiano in volo parabolico. Sono stati sperimentati i rimedi Cocculus indicus, Nux vomica, Tabacum e Petroleum allo scopo di contrastare la sintomatologia da mal di spazio. La scelta dei rimedi era stata fatta in relazione ad una comprovata esperienza positiva nel trattamento di altre forme di chinetosi, cioè da male da mezzi di trasporto, come nave, aereo, auto, ecc... I passeggeri del gruppo italiano sottoposti al trattamento, non solo non hanno mostrato alcun segno di nausea nella sequenza dei voli parabolici programmati, ma non hanno neanche rilevato alcun sintomo legato alla caratteristica sindrome da stanchezza cronica che si presenta a distanza di tempo in molti astronauti al ritorno da una missione spaziale. Non è un caso che il programma spaziale del 21° secolo stia seriamente considerando di usare la medicina omeopatica, sia come farmacologia di preparazione che come farmacia di bordo. Non solo per i sintomi sgradevoli del mal di spazio e delle emicranie spaziali, di cui soffre il maggior numero di astronauti e descritte come “emicranie esplosive mai provate sulla Terra”, ma per tutta una serie di manifestazioni sintomatologie dovute alle differenze di tipo ambientale che noi terrestri possiamo incontrare al di fuori del nostro pianeta, comprese le radiazioni ionizzanti che aumentano man mano ci si allontana dall’orbita terrestre. Esempi di problematiche di tipo organico sono:l’effetto dell’usura della microgravità sulle cartilagini e tessuti ossei degli astronauti, una non trascurabile perdita di massa muscolare e una maggiore velocità di invecchiamento della pelle. Senza parlare poi delle problematiche del ciclo sonno-veglia, dovute alle differenze del ritmo circadiano, poiché sulla Terra il nostro corpo si autoregola su un orologio biologico di ciclo sonno-veglia basato sulle 24 ore terrestri reagendo alla presenza o meno della luce solare. Già solo sulla stazione spaziale orbitante le cose stanno diversamente, in quanto si succedono 16 albe e 16 tramonti ogni giorno sulla ISS, e l’organismo è sottoposto a un ritmo completamente diverso. Due medici della Fondazione per la Ricerca Omeopatica PBHRF (India), Prasanta Banerji e Pratip Banerji, annoverano, in vent’anni di pratica clinica, una enorme mole di dati relativi a casi di malattie invalidanti curati con l’omeopatia (al momento 20.000 casi con circa 500.000 visite), tanto da essere ritenuti validi ricercatori in tutto il mondo. I loro successi sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche internazionali e presentati in numerosi seminari e workshop. Prasanta e Pratip Banerji hanno anche lavorato a studi di medicina nello spazio, riguardanti problemi di dispersione, solubilità, assorbimento, disponibilità a livello tissutale, metabolismo ed escrezione dei farmaci, tra cui i problemi di riciclaggio e smaltimento e valutando le limitazioni dell’uso di farmaci convenzionali. La medicina omeopatica nei viaggi spaziali invece è risultata una valida alternativa ai farmaci convenzionali poiché i rimedi ultra-diluiti hanno la capacità di agire attraverso le terminazioni nervose nella loro modalità di assorbimento per via sublinguale, determinando una attività riequilibrante e salutare nell’organismo. Inoltre i medicinali omeopatici risultano avere numerosi vantaggi, quali: essere atossici, non soggetti a periodo di scadenza, non danno dipendenza, hanno peso e volume trascurabile, sono a basso costo, risultano facilmente amministrabili e gestibili. Così l'omeopatia, al di là di tutte le controversie, per le elencate caratteristiche, risulta essere di facile utilizzo e avere quindi tutte le carte in regola per essere ascritta a medicina del futuro, anche nell’affrontare gli avventurosi viaggi negli abissi dello spazio e nell’esplorazione di altri mondi.
News Nuovo museo di Omeopatia a Roma
Vi si potrà trovare materiale di grande interesse storico pervenuto da archivi privati di medici omeopati dell’800 e ‘900, giunti per donazione o affidamento e altri ne sono in arrivo. Annovera una biblioteca che comprende una ricca collezione di testi di Omeopatia in lingua italiana, tedesca, francese, inglese e spagnola. Di particolare rilievo la sezione hahnemanniana, con rare prime edizioni e la sezione italiana antica relativa ai volumi editi in Italia nell’800 e inoltre una ricca raccolta di Memorabilia e documenti relativi alla medicina omeopatica degli ultimi due secoli. Non poteva mancare una collezione di kit o trousse di medicinali omeopatici, conservata con oltre 200 esemplari, annoverandosi come la più importante tra quelle note, pubbliche o private. Il Museo sarà aperto gratuitamente al pubblico e a disposizione per la consultazione da parte di studiosi. In programma ci saranno mostre, incontri, seminari, pubblicazioni scientifiche e didattiche, con lo scopo di proporsi come un punto di riferimento nazionale ed europeo per lo studio dell’Omeopatia. L’inaugurazione del Museo si svolgerà il giorno 17 Giugno 2013, dalle ore 18 alle ore 20. Per l’occasione è previsto, da parte di Poste Italiane, un Bollo Postale commemorativo che verrà distribuito da un ufficio mobile. Congresso Internazionale sull’Omeopatia per l'Agricoltura Il 2 ° Congresso internazionale sulla Omeopatia in Agricoltura (ICHA II 2013) avrà luogo il 7-8 settembre 2013 presso l'Università di Stato di Maringá (UEM) - PR, nello stato del Paraná nel sud del Brasile. In occasione di questo evento saranno presenti ricercatori leader nel settore dell'omeopatia e dell'agricoltura, riuniti per due giorni di discussione sulla scienza omeopatica in entrambi i suoi aspetti scientifici e pratici. Il congresso si propone di evidenziare e discutere approfonditamente i recenti progressi nel campo dell’omeopatia in agricoltura dando l’opportunità ad accademici, produttori, ricercatori e professionisti in agricoltura e scienze biologiche di focalizzare l'importanza di questa terapeutica come alternativa scientificamente provata, con un impatto ambientale ridotto. Il programma dei lavori prevede la diffusione dei risultati della ricerca scientifica e delle pratiche accademiche, la diffusione delle conoscenze della scienza omeopatica come strumento per tutti i segmenti del settore agricolo, lo scambio delle esperienze e informazioni tra i partecipanti, siano essi studenti, professionisti, insegnanti, o produttori interessati allo scopo di promuovere lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie realizzate in diverse aree della medicina omeopatica.
MAGGIO 2013
Il convegno tenutosi il 5 e 6 aprile nell’aula magna dell’ospedale Luigi Sacco di Milano, dal titolo: “Il ruolo dei medicinali omeopatici nella terapia di supporto al paziente oncologico”, ha segnato una data importante nel nostro Paese, non solo per il riconoscimento dell’utilità e della funzione curativa della medicina omeopatica a tutti gli effetti, ma anche per la possibilità di dare da questo momento ai pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia e a radioterapia un aiuto notevole e risolutivo nell’affrontare i disagi e gli effetti di terapie purtroppo ancora oggi piuttosto invasive.
In Francia, a partire dagli anni della presidenza di Jacques Chirac in poi, negli ospedali sono iniziati protocolli di trattamenti di supporto con la medicina omeopatica nei casi di patologie oncologiche. Già da studi osservazionali iniziati nel 2005 in tutta Europa si constatò che il 35% dei soggetti colpiti da tumori utilizzava terapie complementari sia per supportare meglio la terapia oncologica sia per limitarne gli effetti collaterali. Da un lavoro successivo presentato nel giugno 2010 a Eurocancer, è emerso che il 60% dei pazienti si avvale di Medicine Complementari e di questi, che un terzo specificatamente ricorre all’Omeopatia. Dal 2011, nell’ospedale di Troyes, il dottor Jean Claude Karp, medico esperto in omeopatia, con la sua équipe segue un progetto di supporto del paziente oncologico con medicinali omeopatici, di cui si possono avvalere tutti coloro che vengono sottoposti nel reparto di oncologia agli interventi chirurgici relativi e alle somministrazioni delle cure chemioterapiche e radioterapiche, limitandone così i disagi e i sintomi indesiderati della terapia convenzionale. Proprio il dottor Karp è stato uno dei relatori al convegno che ha presentato i principi base di prescrizione del medicinale omeopatico secondo una metodica clinica già utilizzata con successo in diversi ospedali francesi. Ha inoltre approfondito il ruolo del medicinale omeopatico integrato nella terapia oncologica convenzionale, illustrando vari protocolli di utilizzo di ogni rimedio omeopatico specifico e relativo ai sintomi che ogni molecola chemioterapia può causare nel soggetto a cui è stata somministrata.
In questo modo, conoscendo gli effetti secondari dei diversi farmaci usati nelle varie chemioterapie utilizzate a seconda della tipologia di tumore da aggredire, si va a lavorare sulla reazione sintomatologica del paziente. Così con i rimedi omeopatici si può intervenire e limitare sintomi collaterali come le anemie secondarie, la grande debolezza, i gonfiori, le emorragie, il dolore, la perdita dell’appetito, la nausea e il vomito, le infezioni secondarie, l’ansia e l’insonnia e tutti gli effetti secondari alla radioterapia, come le radiodermiti, il rossore, l’ulcerazione, la secchezza, il prurito, l’astenia. Ma una cosa importante in sede del convegno è stato il fatto di aver evidenziato, attraverso la condivisione di diversi casi clinici, come il medicinale omeopatico migliori la qualità della vita del paziente e permetta di seguire in maniera puntuale la terapia specifica, mitigando le complicanze delle cure di medicina convenzionale. Si auspica che in sempre più reparti di oncologia vengano utilizzati e applicati questi protocolli terapeutici al fine di alleviare il dolore e le sofferenze dei pazienti con patologie importanti come quelle tumorali e magari non solo quelle. Fine primario, secondo la medicina omeopatica, è quello di curare senza nuocere, per ripristinare l’equilibrio e la guarigione nel modo più veloce e duraturo. Fine che non può non essere condiviso e allargato anche alla medicina allopatica in un connubio e una compartecipazione, al nobile scopo del raggiungimento e mantenimento della salute e del benessere di ogni individuo.
News Disinformazione o informazione sull’ omeopatia?
Quindi… che dire? Forse è meglio rivolgersi, per questa scienza medica, alla definizione che viene data direttamente dalla comunità scientifica internazionale, quale la Liga Medicorum Homeopathica Internationalis e European Commette for Homeopathy stilata nel 2008 e dalla FIAMO (Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopati), formulata nel 2012 insieme ad altre 27 associazioni omeopatiche italiane in cui si cita :“L’omeopatia è definita come metodo diagnostico, clinico e terapeutico basato sulla "Legge dei Simili", formulata alla fine del XVIII secolo dal medico tedesco Samuel Hahnemann, che afferma la possibilità di curare un malato somministrandogli una sostanza che, in una persona sana, riprodurrebbe i sintomi rilevanti e caratteristici del suo stato patologico e sulla prescrizione, strettamente individualizzata sul paziente, di medicinali unitari monocomponente, individuati sperimentalmente attraverso la metodologia omeopatica classica e prodotti per successive diluizioni e succussioni". E che dire anche dell’attività clinica svolta in numerose ASL in Italia dove ormai da 2 anni è portato avanti un progetto nazionale in cui si applica la medicina omeopatica integrata alla medicina convenzionale? Attività clinica accompagnata dalla ricerca e dalla divulgazione scientifica dei risultati ottenuti. E che dire ancora sui programmi di insegnamento nelle Facoltà di Medicina e Farmacia di prestigiose Università italiane sullo svolgimento di Master di I e II livello in Medicina Omeopatica? …
APRILE 2013
La Medicina Omeopatica è un metodo clinico-terapeutico basato sull’uso di sostanze presenti in natura ma diluite a dosi infinitesimali e dinamizzate, prescritte secondo il principio di similitudine. Questo significa utilizzare nelle cure dei farmaci che, già precedentemente provati in diluizione negli sperimentatori in buono stato di salute, producono in forma lieve i sintomi simili proprio a quelli presenti nella persona da curare. L'omeopatia considera i sintomi come la reazione dell'organismo ai tentativi che la malattia attua per sopraffarlo e così cerca di stimolare la sua reazione e non di sopprimerla e offre alla persona la possibilità di guarire nella sua globalità e di mantenersi in salute.
Come Funziona? I farmaci omeopatici aiutano il soggetto malato a riguadagnare la sua salute attraverso la stimolazione delle risorse fisiologiche di guarigione del soggetto stesso. La scelta del rimedio più appropriato dipende dalla valutazione complessiva di tutti i sintomi della persona, sia di carattere fisico che mentale e dalla reazione individuale alla malattia. L’omeopatia infatti si rivolge all'intero organismo piuttosto che trattare ogni singola patologia. Come avviene la sperimentazione del farmaco omeopatico? La sperimentazione farmacologica omeopatica, chiamata “proving”, si basa sull’uso di sostanze in diluizione omeopatica somministrate a medici sperimentatori in buono stato di salute, secondo un preciso modello sperimentale, al fine di raccogliere dati su tutta una serie di peculiari segni sintomatologici che insorgono nell’individuo sperimentatore in reazione alla sostanza in esame che ha assunto. Lo stesso farmaco sarà poi in grado di curare gli stessi sintomi nei soggetti malati.
No. Dal momento che i test chiamati "provings" consistono nell'annotare su un diario i sintomi che un farmaco omeopatico produce in soggetti in buona salute, la sperimentazione dei rimedi può essere fatta solo sugli umani. Pertanto esperimenti sugli animali non sono né utili, né necessari né rilevanti. Gli animali malati però possono usufruire dei rimedi omeopatici e rispondono anche molto bene ai trattamenti con questo tipo di medicina. Metodologicamente l’omeopatia cura tutto e tutti perché cura gli individui. Come applica questa medicina l’omeopata? L’omeopata utilizza tutte le conoscenze medico-scientifiche a disposizione per una corretta diagnosi e valuta le indicazioni e urgenze del caso esattamente come nella medicina ufficiale allopatica. Poi integra il quadro clinico con i sintomi omeopatici, quelli specifici della persona e non della malattia. A questo punto ricerca tra le tante sostanze conosciute e sperimentate quella capace di inglobare l’insieme dei sintomi e segni caratteristici che il malato presenta. Riconosciuta questa sostanza, essa diventa il rimedio specifico per quell’individuo, ossia il cosiddetto “simillimum”.
Le sostanze di base che danno origine al rimedio omeopatico, provengono dal regno vegetale, minerale e animale e da alcune componenti biologiche di tessuti patologici. Ogni medicinale omeopatico è ottenuto da prodotti, sostanze o composti denominati “materiali di partenza omeopatici”, secondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dalla farmacopea europea (D.Lgs.17 marzo 1995 n. 185). I principi attivi utilizzati così come le modalità di produzione sono descritti in modo dettagliato nelle Farmacopee omeopatiche utilizzate ufficialmente dagli Stati membri, come Francia, Germania, USA, Gran Bretagna.
Che differenza c’è tra l’omeopatia e la fitoterapia? Nella fitoterapia le sostanze farmacologicamente attive provengono esclusivamente dal mondo vegetale e non vengono né diluite né dinamizzate. Le sostanze agiscono per la presenza di principi chimici dotati di proprietà farmacologiche, ossia capaci di interferire su processi biologici con finalità terapeutiche. Queste sostanze naturali, di origine vegetale, hanno un’azione sintomatica diretta sul disturbo, allo stesso modo dei farmaci della medicina ufficiale e vengono prescritte secondo il metodo clinico della medicina ufficiale, dove alla diagnosi della malattia segue la scelta della sostanza terapeutica adeguata a quel singolo disturbo. I medicinali fitoterapici sono spesso preferiti perché hanno meno effetti collaterali rispetto ai farmaci di sintesi, si prestano molto bene per una funzione preventiva oltre che curativa, ma non sono così mirati sulla persona nella sua totalità come avviene per la medicina omeopatica.
Il numero di rimedi omeopatici sale oggi a circa 5.500. I più frequentemente usati e conosciuti anche dal pubblico sono però la decima parte. Tutti derivano da sostanze presenti in natura e ancora moltissime sostanze aspettano di essere sperimentate nella loro similitudine sintomatologia con le malattie. Infatti, qualsiasi sostanza può essere usata come rimedio omeopatico, se viene adeguatamente diluita, dinamizzata e sperimentata nella attività di provings.
Se correttamente prescritta non lo è per niente. Anzi può essere usata anche in bambini molto piccoli o durante la gravidanza.
I medicinali omeopatici sono ormai reperibili in ogni farmacia o parafarmacia sia nazionale che internazionale.
Il rimedio omeopatico si assume per via sublinguale, lasciando sciogliere i granuli sotto la lingua o trattenendo in bocca per circa 30 secondi le gocce, lontano dai pasti. Inoltre è anche importante quante volte al giorno si deve assumere il farmaco piuttosto che la quantità che si assume in ogni singola volta: se si devono prendere 4 granui o 4 gocce due volte al giorno non è la stessa cosa che prenderne 8 tutti insieme.
Sì, si può fare tranquillamente. Il solo inconveniente che si può presentare può essere dovuto agli effetti collaterali che qualunque farmaco tradizionale provoca. Questi effetti collaterali possono complicare il quadro sintomatologico e quindi rendere più difficile la scelta del farmaco omeopatico più opportuno. Comunque è necessario seguire sempre le indicazioni del proprio medico di fiducia. Come si conservano correttamente i rimedi? Un’accortezza importante è di tenere questi farmaci lontano da fonti di campi elettromagnetici come cellulari, computer, televisori, forni a microonde e di tenerli anche lontano dalla canfora che inattiva la maggior parte dei farmaci. Aromi o profumi intensi oppure il cibo possono influire sull'azione di un medicinale omeopatico? Se è in atto una cura omeopatica si possono continuare a mangiare praticamente tutti i cibi che si mangiavano già prima, salvo diversa indicazione del medico, e si possono utilizzare tranquillamente le comuni spezie o le sostanze aromatizzate.
Le cure omeopatiche comportano un notevole risparmio sia per Sistema Sanitario Nazionale che per il cittadino. I rimedi omeopatici costano a partire da 6-8 euro a confezione e durano a lungo e anche considerando il fatto che l’omeopata unicista prescrive un solo rimedio per volta per la cura in toto dell’individuo.
Sono numerosi oggi gli studi che hanno confermato l’efficacia dell’omeopatia in diverse condizioni cliniche e con risultati ben superiori all’effetto placebo. Inoltre gli effetti terapeutici dei rimedi omeopatici sono stati provati anche nei bambini molto piccoli, negli animali e nelle piante dove l’effetto placebo è praticamente nullo.
News Software e omeopatia
Quelli che oggi vengono utilizzati sono l’ultima generazione nel campo dell’ elaborazione dati, ma già nel 1987, durante un seminario tenuto presso l'Università di Namur (Belgio), dal titolo “Clinical File Computer Registration” maturò l’idea di una informatizzazione applicabile alla medicina omeopatica. Allora era stato ipotizzato come un possibile progetto di raccolta dati relativa al rapporto e alla corrispondenza tra i sintomi clinici e i sintomi espressi nella letteratura della Materia Medica omeopatica, suscitando entusiasmo e interesse tra tutti gli omeopati presenti in quella occasione. Sia che lavori su piattaforma Mac o Windows, il fulcro è che il software sia condivisibile tra tutti gli omeopati del mondo, in grado di effettuare e gestire ricerche repertoriali, con possibilità di accedere alle Materie Mediche e a migliaia di testi in molte lingue diverse, con la particolarità di lavorare in tempo reale sulla cartella clinica dei pazienti e con la possibilità di aggiornamento e utilizzo dei programmi su Internet con funzioni Cloud.
MARZO 2013
Lo sviluppo dell'omeopatia, dal suo esordio col medico tedesco Hahnemann in poi, è stato caratterizzato man mano da una fertile diffusione che ha generato ulteriori approfondimenti e sperimentazioni sviluppatisi dalle sue basi e dai suoi principi metodologici, con il coinvolgimento sia di medici del vecchio mondo, prima negli stati vicini alla Germania e poi oltre, a macchia d’olio, sia del nuovo mondo. Per quanto riguarda la Russia, inizialmente praticavano la medicina omeopatica solo medici stranieri, soprattutto di origine tedesca, invitati dal governo o da privati a praticare nell'impero Russo. Quando i lavori di Hahnemann, a poco a poco, divennero noti nei circoli medico-culturali a St. Pietroburgo, il nuovo metodo di trattamento omeopatico era già stato introdotto e praticato nelle zone di frontiera occidentali dell'impero da due medici, sostenitori di Hahnemann, Stegemann, a Lifland e Bigel, nel Regno di Polonia. La prima volta che comparve scritto il nome di Hahnemann in russo fu nel 1793, nel giornale medico dal titolo "San Pietroburgo Vrachebnye Vedomosti". Vi furono pubblicati due articoli di Hahnemann riguardanti il rimedio Mercurius solubilis e le sue proprietà curative in diluizione omeopatica. Gli articoli erano stati inviati da Lipsia per essere segnalati a un pubblico russo specializzato.
La storia racconta che fu un nipote di Hahnemann, il dottor Carl Trinius, a rendere nota l’omeopatia in Russia durante il regno dello zar Nicola I. Gli zar russi, al pari dei reali britannici attuali, sostennero la diffusione di questa nuova medicina incoraggiando la realizzazione di ospedali specializzati in questa materia. Durante il regno dello zar Nicola II l’omeopatia conobbe il suo massimo sviluppo e si dice che molti aristocratici del tempo portassero con sé, nella cintura, farmaci omeopatici per i casi di emergenza. Intorno al 1826 Trinius, che aveva studiato nelle università di Jena, Halle e Lipsia, si era già distinto come medico di fiducia della famiglia degli zar dal 1824 e, nel 1829, iniziò a tutti gli effetti a utilizzare la medicina omeopatica. Nel 1826, il dottor Herrmann, giunto a San Pietroburgo dalla Sassonia, fu assunto come medico dalla famiglia della contessa Ostermann-Tolstaja e la sua bravura attirò l’interesse dei circoli di San Pietroburgo e della famiglia dello zar. Negli stessi anni il dottor Adam, giunto dalla Germania, iniziò all'omeopatia il dottor Scherring, che in seguito fu nominato medico capo del Consiglio di Stato e divenne celebre per aver utilizzato con successo l'omeopatia nel trattamento di una diffusa infiammazione agli occhi nell'esercito russo. Scherring però nominò questo metodo terapeutico con l’appellativo di "specifico" e non omeopatico, in quanto la classe medica conservatrice iniziava già ad ostacolare i medici che praticavano ufficialmente l’omeopatia, spesso allontanandoli dai circoli e dalle associazioni mediche a cui erano iscritti. Il dottor Scherring si dedicò alla dimostrazione dei vantaggi del trattamento omeopatico e insegnò questa arte terapeutica a numerosi colleghi, tra cui Iosif Kazakevich (1826-1871) e Stepan Stetkevich (1812-1894). Lo stesso zar Nicola I incoraggiò il dottor Scherring a continuare con questa medicina, rammaricandosi che “ tale bel trattamento specifico" non fosse stato ampiamente utilizzato in tutte le strutture sanitarie russe. Comunque la metodologia omeopatica trovò man mano sempre più interesse e il primo lavoro professionale sul tema, che apparve nell’impero russo fu del dottor Gottlieb Sahmen (1789-1847) dell’Università di Dorpat, che si intitolava "Per quanto riguarda la posizione attuale dell'omeopatia rispetto alla medicina odierna". Nel 1827 fu pubblicato il primo documento ufficiale in lingua russa che si occupava di omeopatia, apparso sulla rivista "Vrachebnye Zapiski" (Lettere mediche), nella sezione "Patologia e Terapia". Il documento, dal titolo "Omeopatia di Hahnemann" venne scritto dallo stesso redattore, Mikhail Marcus (1790-1865), che nel 1841 diventò il presidente del Consiglio medico (Meditsinsky Sovet) presso il Ministero degli Interni.
Con la nomina del generale Alexander E. Timashev (1818-1893) a nuovo Ministro degli Interni, nel 1860 viene riconosciuto il permesso agli omeopati russi di fondare la prima società russa omeopatica, con la relativa prima rivista russa specializzata sull’argomento e il primo dispensario omeopatico. La rivista "Vestnik noveishih vrachebnyh metod" (il bollettino dei nuovi metodi medici) pubblicò a San Pietroburgo nel 1862 un documento dal titolo” Un programma per una chiara persuasione dell'efficacia del metodo omeopatico e della possibilità per di venire accettata come arte medica ". Nell’ultimo decennio del 1800 il contrasto tra la i professionisti della medicina ufficiale e l'omeopatia divenne più aspro tanto da diventare inconciliabile una coesistenza sotto lo stesso tetto associativo. Fu così che diversi medici omeopati furono espulsi dalle società allopatiche. Alcuni professori tennero conferenze, in cui venne condannata l'omeopatia e i medici “classici” che osavano consultarsi con gli omeopati furono attaccati dalla stampa della allora medicina ufficiale. Nel 1904, durante un meeting indetto dalla maggiore società medica russa, l'omeopatia fu additata come una sorta di magia, in contraddizione con le conoscenze scientifiche e dei principi etici di un medico, alzando in modo intransigente una barriera verso qualsiasi possibilità di conciliazione e collaborazione tra le due medicine.
Questo fatto rispecchiava la paura crescente dei medici russi conservatori verso l'omeopatia che man mano si stava diffondendo. Ulteriore agitazione venne causata dalla conversione alla medicina omeopatica del medico chirurgo Zelenkov Alexander (1850-1914), ex segretario della Società russa Pirogov di chirurgica e da alcune lezioni dal titolo "A proposito del metodo specifico di trattamento" tenute dal Prof. Eduard Euchwald (1837-1889) nel 1888-1889 presso il medesimo Istituto, che avevano catturato l’attenzione e l’interesse di molti medici russi. In queste lezioni il Prof. Euchwald aveva apertamente sottolineato che “Il futuro della terapia appartiene al trattamento con farmaci specifici. I farmaci specifici sono i farmaci che possono causare nei sani fenomeni simili a questi che vediamo in diverse malattie: così questi specifici si useranno nel trattamento di queste malattie. [...]. I farmaci specifici possono essere trovati secondo il metodo inventato da Hahnemann.” La prima guerra mondiale che ebbe inizio nel giugno del 1914, seguita dalla rivoluzione bolscevica e la guerra civile, fu un danno per l'omeopatia in Russia e nel 1923, dopo la rivoluzione, la pratica dell’omeopatia venne ostacolata e migrò in Siberia con gli aristocratici in esilio, che la trasmisero ai medici locali.
Fu poi ricostituita la Società Omeopatica russa, che durò fino alla metà degli anni 30, mentre nel 1936 venne istituita a Mosca la Clinica omeopatica. In quegli anni Vavilov Natalia Mikhailovna (1892-1973) fu una figura di spicco, dottoressa nota per il successo delle guarigioni di casi cronici difficili con l’uso della medicina omeopatica, per il suo lavoro disinteressato per lo sviluppo dell'omeopatia, per l’insegnamento a medici della farmacodinamica omeopatica e per la pubblicazione del libro "Per i rimedi omeopatici minerali" e di "Le erbe medicinali omeopatiche" che venne poi pubblicato solo nel 1994 con una tiratura di 10.000 copie. Nel 1991 l’omeopatia fu ufficialmente riconosciuta come metodo di guarigione in Russia e venne promulgata una legge per regolamentare la rete delle farmacie per i farmaci omeopatici in tutto il territorio. Questo riconoscimento portò nuovamente al rifiorire della corrente omeopatica in tutto il Paese e quattro anni dopo il Ministero della Salute emise l’ordinanza № 335, che permise e favorì l’applicazione terapeutica dell'omeopatia negli ambulatori. Nel 1996 fu avviato un interessante programma nella provincia di Novosibirsk che prevedeva l’utilizzo di rimedi omeopatici nelle persone anziane e nei bambini. Nel contesto di questo programma, la dottoressa Titieva Natalia Mihailovna, cardiologa, docente all’Università di Novosibirsk, Cattedra di Medicina Olistica, e Presidente dell’Associazione russa di Omeopatia (Sezione di Novosibirsk, Siberia) decise di praticare l’omeopatia negli orfanotrofi della città di Novosibirsk. Si basò sugli studi del medico greco Georgios Vithoulkas, riferiti al gruppo del magnesio rispetto alla tavola periodica degli elementi, che, secondo l’omeopatia cognitiva, è correlato all’idea dell’essere orfano. Fino a quel momento non si aveva alcuna esperienza del trattamento dei problemi di salute dei bambini degli orfanotrofi con l’uso dell’omeopatia. Perciò decisero di provare tale applicazione. Furono trattate malattie con aspetti psicologici quali l’enuresi, la balbuzie e i ritardi di crescita. Comunque, furono trattate anche altre forme di patologie come le comuni malattie da raffreddamento. I farmaci del gruppo del magnesio, che riducono la sensazione di essere orfani, furono di ausilio anche per combattere le frequenti malattie dell’apparato respiratorio. Questo è accaduto per via del miglioramento delle condizioni psicologiche dei bambini, che ha prodotto un miglioramento nel loro sistema immunitario. A oggi, in tutto il territorio, sono state introdotte anche le visite omeopatiche in campo ospedaliero e nei policlinici in cui esercitano medici omeopati. In casi specifici i medici indirizzano i pazienti a visite omeopatiche in ospedale. In questo modo i pazienti possono essere ricoverati e seguiti dal medico omeopata curante. Inoltre esistono centri specializzati o cliniche o studi associati che permettono ai pazienti di scegliere di curarsi con l’Omeopatia. Nel centro omeopatico di Mosca, che festeggia quest’anno i suoi 103 anni, lavorano più di 100 medici omeopati, senza essere da meno agli ospedali più famosi europei quali: il Glasgow Homoeopathic Hospital e il Royal London Homoeopathic Hospital in Gran Bretagna e l'Hôpital Saint-Jacques a Parigi.
News Giornata Internazionale della Medicina Omeopatica
L’evento si svolgerà in Italia il 10 e 11 aprile e sarà l’occasione per il pubblico di usufruire di una visita medica gratuita volta a sensibilizzare i pazienti sull’importanza di una corretta prevenzione delle malattie e di salutari stili di vita, nonché a favorire la circolazione di informazioni su soluzioni terapeutiche efficaci e prive di effetti collaterali indesiderati nel rispetto del principio di libertà di scelta terapeutica di medici e pazienti.
Il suo principio base è costituito dal fatto che i pazienti hanno il diritto fondamentale di scelta terapeutica che rispetti le loro esigenze, preferenze e valori. Sebbene la maggior parte dei paesi in Europa abbiano dichiarazioni politiche circa l'importanza di scelta di cura dei pazienti e delle esigenze di pianificazione sanitaria, quando si parla di omeopatia, purtroppo spesso si inciampa in cavilli che possono ostacolare questa scelta. In Italia è presente con la A.P.O., a tutela della salute e degli interessi di chi si cura con la medicina omeopatica. Un suo slogan significativo è “scegli l’omeopatia, curati da uomo libero”.
FEBBRAIO 2013
Mantello nero, due occhi intelligenti e comunicativi, conoscitrice del linguaggio umano, osservatrice riservata e curiosa su come gli altri suoi simili si rapportino al dialogo con tutte le specie. Un po’ per conto suo, a volte irritabile e impulsiva, spesso richiede insistentemente l’attenzione grattando alla finestra e, nonostante di indole buona, se qualcuno le fa un torto non ci sta a pensare su due volte nell’allungare una zampata. Questa è Colly, una gatta adulta che ha deciso di farsi adottare per cibo, coccole e cure, ma desiderosa di stare libera e passeggiare tra i vari giardini delle case del villaggio o percorrere strade e sentieri per andare a trovare i suoi amici vicini e lontani. Purtroppo Colly, fin dal suo arrivo, ha iniziato a dimostrare qualcosa che non andava: esprimeva chiaramente desiderio di cibo, ma, sempre più frequentemente, succedeva che dopo qualche boccone faceva un salto all’indietro come se avesse toccato del fuoco e portandosi le zampine alla bocca emetteva lamenti, a volte veri e propri strilli, con spasmi alla bocca e salivazione abbondante e maleodorante. Così, dopo un consulto veterinario domiciliare, vista la sua scelta di “homeless”, a Colly è stata diagnosticata una stomatite cronica tipica da calicivirus felino: un’infezione causata da un RNA virus che si diffonde attraverso l’inalazione di particelle virali, la saliva o il contatto diretto con gatti contagiati. L’agente infettante provoca vescicole linguali che evolvono in ulcerazioni del cavo orale, della lingua e del palato. Spesso vi è prurito nasale con secrezioni abbondanti, frequenti starnuti, congiuntivite con profusa lacrimazione; a volte anche accompagnata da problemi respiratori, perdita d’appetito, dovuta soprattutto alle ulcerazioni, iporeattività, debolezza e dimagrimento progressivo. Può arrivare a interessare anche intestino e reni, mentre alcuni ceppi virali possono causare difficoltà nei movimenti e infiammazione delle articolazioni con dolori articolari e muscolari. La terapia per Colly si prospettava però difficoltosa nella somministrazione. Il veterinario spiegò che il decorso è piuttosto lungo perché le infezioni da Calicivirus sono difficilmente controllabili e curabili. I motivi sono principalmente due, cioè che non esistono farmaci specifici contro il virus e per la sua estrema contagiosità, in quanto i gatti se la trasmettono ripetutamente tra loro. Così spesso i soggetti colpiti hanno sintomi continui che possono influenzare molto la loro qualità di vita e causare anche molta apprensione per i loro amici umani, che si trovano a volte impotenti nel vedere come non riescano a mangiare per il male accusato alla bocca. Se poi si aggiunge il fatto che Colly non è sempre raggiungibile, vista la sua natura libera, non è possibile effettuare una terapia assidua e continuativa nel tempo, secondo i protocolli consigliati dalla medicina veterinaria classica. Solitamente in allopatia la cura dell’infezione da calicivirus felino viene affrontata con una terapia sintomatica di supporto all’organismo debilitato e con alcuni accorgimenti per garantire al gatto un processo di guarigione, come pulire gli occhi e il naso onde evitare il ristagno delle secrezioni, una dieta nutriente e digeribile fatta soprattutto di cibi morbidi, non troppo salati e poco acidi. Una eventuale somministrazione di antibiotici viene prescritta solo in caso di infezioni batteriche secondarie contratte dal gatto a causa del sistema immunitario indebolito dal virus. A volte vengono prescritti farmaci ad uso locale contro la congiuntivite, vitamine, sedute di aerosol o uso di collutori e, nei casi più gravi, anche il reintegro dei liquidi con la terapia fluida intravenosa. Dato che non esistono efficaci trattamenti antivirali e vista la situazione poco stanziale di Colly, quanto appena descritto risultava davvero complicato. Così, anche su suggerimento del veterinario, si è pensato di chiedere aiuto all'omeopatia. Spesso l'omeopatia si è rivelata un metodo terapeutico molto efficace anche in casi difficili, poiché agisce sulla struttura organica profonda e sul potenziamento delle difese stesse del sistema immunitario, piuttosto che cercare di contrastare la malattia, come si fa con l’uso dei farmaci della medicina allopatica, tipo gli antibiotici. Inoltre la medicina omeopatica è poco traumatica, soprattutto in campo veterinario, dal momento che i rimedi non hanno strani o sgradevoli sapori per gli animali, essendo in forma di granuli a base di saccarosio o di saccarosio e lattosio, oppure in soluzione idroalcolica, con una percentuale di alcool che può essere gestita in diverse percentuali senza effetti dannosi o collaterali. In questa formulazione si è constatato che il farmaco attua la sua azione non solo ponendolo direttamente in bocca, ma anche nella ciotola della pappa o dell’acqua. Inoltre i rimedi possono essere somministrati o giornalmente, oppure settimanalmente o mensilmente, a seconda del dosaggio. A volte, in patologie croniche, è sufficiente una monodose settimanale o mensile, con ripetizione giornaliera in caso di riacutizzazione. Nel caso di Colly, quando a volte bere o mangiare risulta doloroso, si può semplicemente utilizzare il metodo di massaggiare una o due gocce del rimedio su un’area di cute sana, quale può essere la cute delle orecchie o dei polpastrelli. Così, dopo una valutazione secondo la metodologia di anamnesi e di clinica omeopatica, si è concluso che sia le caratteristiche mentali sia la sintomatologia fisica di Colly convergevano sulla scelta del rimedio specifico per lei e per la sua cura. Sono state tenute in considerazione la sua indole e la sua caratterialità, la sua sensibilità ai cambiamenti repentini di clima e di temperatura, la sua abbondante salivazione vischiosa e maleodorante, le sue ulcerazioni molto dolorose della mucosa del cavo orale con scarsa tendenza alla cicatrizzazione, il dolore alla bocca non solo mangiando, ma anche bevendo, il suo miglioramento generale col clima secco e il desiderio di bere acqua fresca e, nei periodi di riacutizzazione della patologia, anche la presenza di addome disteso, feci liquide e dimagrimento. Tutta questa sintomatologia si è rivelata proprio peculiare dei sali di mercurio, nella fattispecie il rimedio Mercurius corrosivus, la cui preparazione omeopatica si ottiene per triturazione dell’ossido di mercurio, successivamente diluito in acqua e alcool e dinamizzato. Garantire a Colly una vita autonoma e libera, come lei stessa ha scelto, e aiutandola in modo dolce con la somministrazione periodica del rimedio omeopatico in caso di necessità, è stato come sancire una doppia vittoria, sia nel poterle garantire una vita dignitosa e senza inutile sofferenza, sia per il tipo stesso di cura applicata, che si è dimostrato davvero un toccasana non solo per lei, ma anche di grande utilità per tutti quei pazienti “naturalmente liberi” difficilmente gestibili direttamente da un protocollo di cura veterinario strettamente domiciliare.
New frontiers L’omeopatia come forma di nanomedicina.
Studi condotti recentemente rivelano che i rimedi omeopatici contengono nanoparticelle (NP) dei materiali di base, dai quali vengono prodotti i rimedi, ottenuti da triturazione meccanica di lattosio e da successiva succussione (agitazione forzata) in soluzioni alcooliche. Le nanostrutture si formerebbero durante le succussioni in vetro delle tinture madri (ricavate da specifici estratti vegetali) e dalle triturazioni di elementi minerali che sembrano essere in grado di acquisire e trasmettere le informazioni epitassiali del rimedio man mano in maggiori potenze di diluizione. La tecnica epitassiale è una tecnica riferita alla crescita del cristallo che consente di sovrapporre più strati di minerali. Era in origine utilizzata prevalentemente in campo mineralogico per caratterizzare particolari associazioni di minerali, come il rutilo sull’ematite, ma ha poi acquisito una particolare importanza venendo usata nella deposizione di strati sottili di materia, come l’apposizione di Silicio monocristallino su di un substrato, anch'esso di Silicio monocristallino, nella fabbricazione dei transistori planari e dei circuiti integrati della microelettronica. Oggi la tecnica epitassiale può anche essere riferita alle preparazioni ultradiluite omeopatiche. Con la nanotecnologia ci si muove sulle dimensioni dei nanometri (nm), ossia della miliardesima parte del metro, dove 1 nm corrisponde a 10−9m. Molte tecnologie del passato, scoperte empiricamente, attualmente sono state comprese e ricondotte a strutture e meccanismi sulla scala nanometrica. Ne sono un esempio la ceramica, la metallurgia, il processo fotografico, la catalisi eterogenea, le resine e i polimeri, le speciali mescole per i pneumatici e appunto il principio delle diluizioni omeopatiche. Più specificatamente in campo medico si è osservato che le nanoparticelle (NP) hanno particolari caratteristiche rispetto alle masse, come maggiore biodisponibilità, ottimale capacità di adsorbimento, reattività elettromagnetica e proprietà quantistiche. Le NP inoltre sono in grado di indurre cambiamenti adattativi nell'organismo a dosi infinitesimali, non tossiche, in quanto generano segnali a basso livello di pericolo per la rete biologica di risposta agli stress. L'attivazione di effettori di risposta allo stress, tra cui le proteine da shock termico, i fattori della risposta infiammatoria, le citochine e i fattori di conduzione neuroendocrina, scatena benefiche reazioni compensatorie attraverso le varie reti di interconnessione del l'organismo agendo come un sistema complesso adattativo. I rimedi omeopatici agirebbero stimolando questo sistema a dosi infinitesimali e atossiche in modo ottimale rispetto all’azione dei farmaci convenzionali. In tal modo diventerebbe opportuno un aggiornamento terminologico da "omeopatia" a "nanomedicina a rete adattativa" che rispecchierebbe l'integrazione tra una metodologia medica storicamente controversa con le moderne scoperte scientifiche.
GENNAIO 2013
Dormire e sognare. Due funzioni che occupano metà della nostra vita e che sono state considerate, fin dall’antichità, come indicatori non trascurabili della nostra salute. Oggi sappiamo che mentre dormiamo, segnali provenienti sia dal nostro corpo che dal nostro inconscio vengono elaborati dalle funzioni cerebrali, da cui derivano le immagini oniriche. Attraverso i sogni possono arrivarci immagini criptiche o simboliche, quasi parole in un’altra lingua, che a un primo approccio sembrano forse senza senso, ma, con i dovuti approfondimenti, ci rivelano un linguaggio segreto che si dimostra oggi davvero utile nella cura di disturbi sia fisici che psicologici. La storia è ricca di culture che hanno dato attenzione al mondo onirico: popolazioni del pianeta secondo cui i sogni nascondono informazioni preziose per ritrovare il benessere psicofisico. Ne sono stato un esempio i persiani, gli indiani, gli assiri e i babilonesi, i caldei, i greci e i celti, che attraverso il sogno erano in grado di individuare un problema di salute e la sua cura. Lo stesso si può dire della cultura degli eschimesi e degli indiani d’America. Gli egizi dall’interpretazione dei sogni individuavano una malattia e il metodo per guarirla e la cultura tibetana, attraverso l’interpretazione di sogni lucidi individuava cure utili per determinati disturbi. Senza tralasciare culture, come quella degli aborigeni australiani, per le quali il mondo del sogno costituisce una realtà a cui attingere per trovare risposte.
Con il progredire della ricerca scientifica, medicine non convenzionali, insieme oggi alla medicina convenzionale, riconoscono come l’attività di veglia e sonno siano profondamente legate e come il benessere dell’una non possa prescindere da quello dell’altra. Un famoso aforisma shakespeariano “siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni” può farci però riflettere non solo sulla virtualità del sogno notturno, ma anche sulla virtualità dello stato di veglia: due aspetti congiunti che fanno parte della nostra esperienza di vita nel mondo delle forme e dei concetti interpretati dalla funzionalità elettrochimica del nostro cervello. La differenza sta semplicemente nel fatto che nella condizione di sogno notturno il cervello è distaccato dalle funzioni partecipative con quanto ha intorno ma rimane confinato come dire, al suo interno, mentre nello stato di veglia il cervello si collega con l’ambiente fenomenico esterno e con esso stabilisce una interazione partecipativa. Questi concetti sul sogno erano propri della cultura druidica celtica, la quale considerava che l’uomo si trova a vivere uno stato di veglia e uno di sonno, che fanno parte della dimensione del visibile ma non sono la vera realtà, in quanto subiscono le limitazioni interpretative sensoriali del cervello, mentre esiste una realtà più grande e immateriale che a sua volta comprende il visibile e lo trascende, una realtà che travalica le forme e i concetti, ovvero la realtà dello Shan, comprensibile all’uomo attraverso lo stato di consapevolezza del sé. Nella Grecia antica, Ippocrate (IV sec a.C.), padre riconosciuto della medicina moderna, scrisse un trattato riguardante il sogno, in cui considerava che l’anima durante la veglia è condizionata dalle sensazioni corporee, mentre durante il sonno si troverebbe ad essere assolutamente libera, in quanto il corpo del dormiente si trova privo delle sensazioni stesse. Quindi l’anima, quando il corpo dorme, avrebbe a disposizione tutte le funzioni fisiologiche e psicologiche e un medico, tenendo in considerazione tale circostanza, potrebbe trarne preziose informazioni per la terapeutica. Egli sosteneva che nel sonno l’anima è in grado di cogliere le cause della malattia sotto forma di immagini e puntava l’attenzione all’aspetto clinico del sogno, poiché in questo si può rispecchiare lo stato di salute del sognatore. Nel II secolo d.C. Artemidoro di Daldi raccolse la tradizione onirica greca, realizzando un trattato sui sogni, l’Oneirocriticon, composto da cinque volumi e contenente più di tremila sogni. In questo suo coscienzioso lavoro ebbe modo di esporre dati anche sull’interpretazione dei simboli onirici, suddividendo le tipologie tra sogni naturali derivanti dalle necessità del corpo e sogni premonitori e dedicò una parte dello studio ai grandi gruppi di sogni legati al passato, al presente e al futuro. A lui si riconosce ancora oggi il merito di avere organizzato l’argomento con metodo scientifico tanto da anticipare le basi dell’odierna psicologia dell’inconscio già diciassette secoli prima di Sigmund Freud. Artemidoro sosteneva che i sogni andavano analizzati e interpretati a seconda della persona che li sognava, quindi prettamente individualizzati, e tenendo in considerazione le circostanze in cui venivano fatti. Ad esempio un serpente, che veniva ritenuto come messaggero di malattie, poteva anche non esserlo. In questo egli fu precursore della metodologia omeopatica, fondata dal medico Samuel Hahnemann a cavallo tra XVIII e XIX secolo, secondo cui la diagnostica che tiene in considerazione l’attività onirica e la prescrizione terapeutica è prettamente personalizzata e indirizzata al singolo soggetto. Sulla base di un lavoro analitico che include tutti i sintomi patologici e i segni caratteristici sia di tipo fisico che mentale, viene dato il giusto peso anche a caratteristiche tipiche quali le propensioni alimentari e le tipologie dei sogni. Anche l’antica letteratura cinese è ricca di riferimenti al mondo del sogno e alla relazione di questo con la realtà dove i sogni vengono considerati parte integrante e quindi degni di attenzione anche per l’uso terapeutico, individuando, secondo la tipologia del sogno, un disturbo d’organo. Li Yuan Chou, professore dell’Accademia Imperiale cinese (tra il XII e il XIII secolo) spiegava che gli stati di veglia e di sonno coesistono nello stesso individuo e che ci doveva essere quindi un “punto di contatto” tra i due. Ognuno dei due stati però poteva rappresentare un mondo a sé, tanto reale quanto falso, perché durante la veglia la persona non è consapevole del sogno e durante il sogno non è consapevole della veglia e inoltre il sogno è destinato a svanire al risveglio, così come la realtà è destinata a svanire nel sonno. Arrivando ai primi anni del XX secolo, secondo l’interpretazione di Freud, il padre della psicoanalisi, molti sogni possono essere indicatori di malesseri fisici e non solo psicologici. Mentre Carl Jung, nei suoi lavori “L’essenza dei sogni” o “Considerazioni generali sulla psicologia del sogno” sottolinea che l’attività onirica ha un suo valore e che tutta la rappresentazione è sostanzialmente soggettiva, dove il sogno è un teatro in cui chi sogna è scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico insieme. Parla dei sogni come di “ fenomeni naturali che sono proprio ciò che rappresentano. Essi non ingannano, non mentono, non falsificano, non nascondono nulla ma enunciano ingenuamente ciò che essi sono e ciò che essi intendono... Possiamo anche capire la ragione perché sono così strani e così difficili. L’esperienza, infatti, ci mostra che si sforzano di esprimere qualcosa che l’Io non sa e non capisce.” Oggi sono sempre più numerosi i medici che prestano attenzione alla qualità del sonno e al mondo del sogno, perché in essi si possono rintracciare le indicazioni per migliorare lo stato di salute. Dunque i sogni per diagnosticare? Proprio l’omeopatia, quale metodologia medica sempre più applicata oggi in tutto il mondo, dà notevole importanza ai sogni, soprattutto a quelli che un individuo ripete spesso o che sono particolarmente singolari sui temi e sui concetti espressi. A differenza della medicina cinese, qui il sogno non serve a individuare il disturbo di un organo, ma a identificare il rimedio più indicato per una determinata persona. Questo ricalca il fondamento secondo cui la cura omeopatica è personalizzata e, per questo, uno stesso disturbo potrà essere curato con un farmaco diverso a seconda della tipologia del paziente. Nel procedimento diagnostico la medicina omeopatica pone più che altro attenzione a quelli che sono i sogni ricorrenti o i sogni particolari o insoliti di un soggetto, poiché, secondo la classificazione nella materia medica omeopatica, ogni farmaco ha una sua propria tipologia specifica di sogno. Quello dell’omeopata non è tanto un lavoro interpretativo quanto comparativo tra sogno del paziente e caratteristiche “oniriche” di un determinato rimedio. Così “irreali”paesaggi o rappresentazioni fantastiche che a una persona può capitare di ripetere spesso durante il sonno, anche a distanza di anni, oppure strani sogni che lo hanno particolarmente colpito, sono spesso di grande aiuto nella scelta del rimedio di cui ha bisogno il malato, soprattutto quando ci si trova di fronte a situazioni in cui sono pochi i sintomi fisici spiegati dal paziente e quei pochi sono comparati nel repertorio omeopatico a troppi rimedi: in questi casi la tipologia del sogno può aiutare nella diagnosi differenziale tra più farmaci. Si possono vedere alcuni esempi di sogni con i rispettivi rimedi caratteristici nelle due tabelle qui riportate. L’omeopatia così valuta il sogno alla stregua di un particolare e specifico mal di testa: sia l’uno che l’altro vengono ricercati nella materia medica omeopatica e nel repertorio poiché, essendo stati raccolti scrupolosamente in questa letteratura e casistica clinica, possono dare preziose informazioni all’omeopata sulla scelta del farmaco più adatto a guarire. Da questi esempi si può evincere che non si possa non tenere conto dell’attività onirica prodotta dal nostro cervello e che, se valutata opportunamente, sia di aiuto a una terapeutica globale e riequilibrante per l’individuo. Certamente nel nobile intento terapeutico, i millenni di storia raccontano di approcci diversi ma tutti ispirati e uniti dalla linea comune di mettere in sintonia l’individuo con l’esistenza. In questo proprio la cultura druidica è fonte ispiratrice, esprimendo in modo incisivo questo aspetto armonizzante. Proprio secondo la sua visione cosmologica di esistenza dell’individuo tra visibile e invisibile, sogno diurno e sogno notturno, all’interno di una realtà immateriale che va oltre ma li comprende, è ispiratrice di un modo di vivere in armonia e benessere che può essere più che mai attuale e attuabile.
Suggerimenti pratici di agro-omeopatia L’omeopata olandese V.D. Kaviraj, ricercatore di Agro-omeopatia, suggerisce alcuni accorgimenti per quando si vogliono trattare le piante con i rimedi omeopatici. La procedura è quella di usare un dosaggio standard che consiste nel mettere 20 gocce del rimedio scelto alla diluizione 6CH (cioè sesta Centesimale Hahnemanniana) in un litro d'acqua dentro a una bottiglia di plastica da un litro e mezzo, procedendo quindi alla succussione del contenitore per 100 volte, cioè battendolo contro il palmo della mano. Versare poi questo litro di preparazione in un annaffiatoio da 20 litri, riempiendolo con 19 litri di acqua del rubinetto e mescolando bene il tutto. Se l'annaffiatoio è più piccolo, la quantità di rimedio immesso deve essere proporzionalmente inferiore. Così, per 10 litri servirà solo 1/2 litro di preparazione e solo 10 gocce del rimedio. Il contenuto dell’annaffiatoio va versato sulla zona delle radici delle piante da trattare. Durante la fioritura le piante hanno bisogno di molto fosforo: se i fiori iniziano a cadere e le foglie ingialliscono allora è consigliato l’uso di Ferrum phosphoricum. Per ravvivare un trapianto di rosa il rimedio Aconitum sembra essere il più indicato. I semi di pomodori e di peperoni germinano meglio se non si mettono troppo vicini gli uni agli altri, in quanto possono infettarsi a vicenda con la ruggine delle piante. Per rendere le giovani piante forti e resistenti si può somministrare, in una sola applicazione, Ocimum basilicum per i pomodori e Chamomilla per i peperoni. Quando le piante da frutta, a causa di un gelo improvviso iniziano repentinamente a presentare macchie rosse sulle foglie tanto da farle cadere e sembra come se avessero sete, l’uso del rimedio Belladonna può riportarle in salute.
DICEMBRE 2012
“Food and drinks” è proprio il nome di una rubrica del repertorio omeopatico in cui sono raccolti, per ordine alfabetico, i cibi e le bevande oggetto di desiderio o di avversione alimentare di un soggetto, nonché i cibi che danno disturbi di aggravamento o con cui una persona migliora dopo averli mangiati. È una cosa curiosa che l’omeopatia rivolga attenzione anche a questo tema, ma senza dubbio può aiutare molto nella scelta di un rimedio terapeutico rispetto a un altro che può avere molti sintomi simili: ma il tema del cibo può fare la differenza e dare suggerimenti specifici nella prescrizione più idonea. Vediamo cos’è esattamente il Repertorio e come l’omeopata possa avvalersi di questo strumento per aiutarsi nella scelta tra più rimedi. Possiamo dire che il repertorio omeopatico è come un dizionario in cui sono contenuti tutti i sintomi espressi da un organismo curabili con l’omeopatia: esso è raggruppato in grandi sezioni specialistiche per le diverse parti del corpo e in ciascuna sezione la sintomatologia è raccolta in ordine alfabetico. Per ogni sintomo sono indicati tutti i rimedi omeopatici curativi col loro grado di intensità. Ciascun sintomo è poi seguito spesso da numerose specificazioni, cioè caratteristiche peculiari di quello stesso sintomo e, a fianco, sono a loro volta elencati i rimedi che nei vari testi di Materia Medica omeopatica sono stati citati. Per esempio, sono elencati tutti i segni e sintomi della testa, degli occhi, del naso, delle orecchie, degli arti, del torace, ecc… con anche tutti gli organi in esso compresi e quindi cuore, polmoni, reni…e così via. Inoltre non è stato trascurato nell’elenco tutto ciò che riguarda la mente, il sonno e i sogni e cose anche più specifiche come i brividi, la febbre o la sudorazione. In una sezione denominata “generale” vi è proprio la sottosezione o rubrica dedicata ai cibi e alle bevande dalla quale si può evidenziare, per esempio, come il desiderio di mangiare asparagi sia peculiare di rimedi come Niccolus metallicum o Selenium o che i fans dei pomodori siano i rimedi con radicale ferroso e fosforo. In pratica l’omeopata parte da una valutazione e classificazione di tutti i sintomi che il malato presenta, distilla quelli più caratteristici e li cerca sul Repertorio, individuando i farmaci capaci di curare tutti i sintomi caratteristici, col loro grado di intensità. Questa è quella che viene chiamata la “repertorizzazione” del caso, che oggi viene effettuata con un sistema informatico, ma in tempi passati veniva compilata a mano, con l'aiuto di una griglia. Questo strumento è stato concepito come un’interfaccia tra i sintomi espressi dal paziente e i sintomi presenti nei vari libri di materia medica, facilitando così il lavoro di circoscrivere al meglio il rimedio adatto a quel dato paziente. Così se un soggetto riferisce che non può mangiare i kiwi, altrimenti gli compare subito rossore e gonfiore delle labbra e della mucosa della bocca, sul repertorio si troverà che questo è tipico del rimedio Lycopodium clavatum: informazione che può essere utile nella diagnosi differenziale con altri rimedi. Altri esempi singolari possono essere rappresentati dall’essere disgustati dalle arance, particolare per il rimedio Iridium metallicum o che l’avversione ai broccoli sia tipica dei rimedi silicati, mentre possono piacere molto ai rimedi con radicale di magnesio; oppure che il frutto preferito per Molybdenum metallicum sia l’avocado e che un forte desiderio di mirtilli sia indicazione per Ignatia. Si può anche constatare che i rimedi derivati dello zinco sono accomunati dal non voler assolutamente includere i funghi nella propria alimentazione e che chi ha disturbi e aggravamento con la pizza potrebbe avere bisogno del rimedio Bambusa arundinacea. Questi sono tutti dati decisamente utili, perché permettono di accedere a una immediata verifica dei rimedi che si presentano alla “repertorizzazione” analizzando, anche attraverso la tipologia alimentare, quale rimedio si avvicini maggiormente alla totalità sintomatologica del paziente. In ogni caso la parte più importante la fa il malato, perché è lui che esprimendo all’esterno i suoi sintomi, sia in maniera diretta che indiretta, invierà i giusti suggerimenti all’omeopata sul rimedio che gli serve. Prestando attenzione ai sintomi strani, rari e peculiari, ai segni caratteristici, alle modalità, alla caratterialità, ai sogni e ai suoi gusti alimentari, l’omeopata non è altro che colui che può interpretare e quindi individuare il rimedio adatto a guarire in modo completo.
News Elogio all’omeopatia
Anche se è necessario ricorrere a un omeopata ben preparato, l'omeopatia risulta essere un valido strumento di cura. Ricerca clinica: Omeopatia e febbre dengue-emorragica
NOVEMBRE 2012
La medicina omeopatica è sempre stata molto considerata dalle donne e non solo in qualità di pazienti... Sono state numerose e coraggiose le dottoresse che fin dagli esordi dell’omeopatia hanno affrontato ostacoli di non poco conto, come la classe dirigente medica tutta maschile che gestiva e governava università e ospedali. Di certo non era possibile che tutte le donne seguissero l’esempio di James (Miranda) Barry (1795-1865): un medico donna sotto mentite spoglie maschili. Viene riportato che, alla fine del XIX secolo, James Barry si iscrisse come studente di medicina a Edimburgo. Fu l'inizio di una gloriosa carriera come chirurgo militare. Barry raggiuse la fama non solo come medico brillante, ma come un duellante leggendario e rappresentava una figura sociale di una certa celebrità. Ma James Miranda Barry era anche una donna. Il suo più grande successo fu quello di essere riuscita a “passare”per uomo e medico per più di cinquant'anni.
Certo è che per le donne già era difficilissimo accedere agli studi di medicina, essendo considerate non adeguate alla materia e troppo delicate e deboli per affrontare l’applicazione pratica di argomenti come l’anatomia o la chirurgia, si può immaginare poi come fosse ancora più difficile praticare la contrastata medicina omeopatica, tacciata di stregoneria! Nonostante ciò fu proprio per merito della innovazione omeopatica, che a partire dal 1825 diversi medici, che avevano studiato in Europa, portarono l'omeopatia negli Stati Uniti e lentamente fiorirono nuove scuole forti di una seria organizzazione medica. Avvenne così che nel 1848, fu fondata negli USA la prima università di medicina del mondo aperta alle donne: il New England Medical College femminile di Boston e nel 1850 la Facoltà di Medicina Omeopatica Femminile, il Female Medical College a Philadelphia. Grazie a questo esempio, quattro anni più tardi, in Europa, venne istituita l'Università Medica Femminile d’Inghilterra, che nel 1873 si unì all’Università di Boston. La storia dell’omeopatia americana racconta che nel 1850, l'edificio al 229 di Arch Street di Philadelphia, già sede da alcuni anni dell’Homeopathic Medical College of Pennsylvania (poi trasferitosi nei quartieri alti), ospitò il nuovo e innovativo Female Medical College. Fu così che dopo il 1850, diversi collegi medici già esistenti inclusero un piano di studi omeopatici, tra cui il New England Medical College femminile che, ricordiamo, fu anche la prima scuola di medicina negli Stati Uniti ad ammettere le donne.
Sia il Female Medical College che l’Homeopathic Medical College of Pennsylvania vennero fondati su principi progressisti, che rispecchiavano lo spirito riformista che ha caratterizzato metà del XIX secolo in America e l'innovazione rimase una caratteristica di entrambe le istituzioni per oltre 150 anni. Si racconta che un medico di primo piano a Philadelphia, Alfred Stille, fosse entusiasta dell’ammissione delle donne alla medicina e che nell’aula magna di chirurgia dell'ospedale di Philadelphia il 2 gennaio 1869 iniziò la sua lezione agli studenti riuniti, con il saluto storico, "Ladies and gentlemen", aggiungendo inoltre "... per quanto mi riguarda personalmente, non solo non ho nessuna obiezione a vedere le signore tra un pubblico medico, ma do loro il benvenuto”.
Gli omeopati americani ammisero molti più medici donne nella loro organizzazione nazionale rispetto ai medici ortodossi e nel 1871 le donne furono ammesse all'Istituto Americano di Omeopatia, mentre le donne medico non furono invitate nell'AMA, l'associazione più rappresentativa dei medici ortodossi, fino al 1915. È fuor di dubbio che le donne figurassero in primo piano nella storia dell'omeopatia americana. Basti pensare che la dottoressa Susan Edson, laureata presso il Collegio Omeopatico di Cleveland, fu il medico personale del Presidente statunitense James Garfield (1831-1881). Nel 1900, si stima che il 12% dei medici omeopati fossero donne e fu loro il merito di battersi per raccogliere fondi per la costruzione di ospedali omeopatici. I medici donna si distinsero per capacità e creatività e non per niente, alcuni membri del movimento per il voto alle donne erano proprio colleghi medici omeopati e gli stessi loro pazienti, che avevano avuto modo di riconoscerne le qualità professionali oltre che umane. Nel maggio del 1857, le dottoresse Elizabeth ed Emily Blackwell aprirono la Infirmary di New York per donne e bambini, ovvero il primo ospedale negli Stati Uniti, gestito da donne. Rebecca Lee Crumpler fu il primo medico donna afro-americano che conseguì la laurea in medicina presso il New England Medical College femminile a Boston nel 1864. Nel 1900 circa una dozzina di donne di colore si laureò al Medical College della Donna della Pennsylvania e più di 100 si iscrissero a scuole di medicina negli Stati Uniti. Tra numerose donne medico, illustri e determinate, esperte in omeopatia, si possono citare la dottoressa Jean Isabel MacKay-Gliddon (1859-1912), la cui formazione in medicina omeopatica si svolse nel Hahnemann Medical College, di Chicago, nell’Illinois. Dopo aver ottenuto la laurea in quel college, frequentò corsi post-laurea di ostetricia e malattie puerperali a Chicago e di Materia Medica omeopatica a Philadelphia e presso l'Ospedale Omeopatico di Londra. Così le fu concessa la licenza per esercitare la professione medica negli stati della Pennsylvania, Illinois, Colorado, Montana e California.
Lavorò all'Ospedale Omeopatico della Donna di Philadelphia diventando docente di omeopatia per la cura delle malattie dei bambini presso la Scuola dell’ospedale. Anche Mercy Ruggles Jackson Bisbee (Marie Jackson 1802-1877) conseguì la laurea in medicina presso il New England Medical College femminile nel 1860 e nel 1873 fu nominata professore associato di malattie dei bambini al Boston University School of Medicine. Mary Jane Safford (1834-1891), dopo essersi laureata in medicina presso la New York Female Medical University nel 1869, proseguì nei tre anni successivi una formazione avanzata in Europa. Nel 1872 aprì uno studio privato a Chicago e l'anno successivo divenne professore di malattie femminili ala Boston University School of Medicine e medico presso l'Ospedale Omeopatico del Massachusetts. Emeline Horton Cleveland si laureò nel 1855 e, dopo aver seguito studi post-laurea a Parigi, divenne la prima donna chirurgo di Philadelphia e si distinse come uno dei migliori chirurghi del paese. In Inghilterra una donna che divenne famosa e diede un grande contributo alla materia medica omeopatica fu Margaret Lucy Tyler (1875-1943). Allieva del famoso medico omeopata americano James Tyler Kent, diventò una degli omeopati più influenti di tutti i tempi. Suo padre era molto interessato all’omeopatia, contribuendo con ingenti somme di denaro all'ampliamento del London Homeopathic Hospital.
Quando il padre Henry inaugurò "l'ala Tyler" all'Ospedale Omeopatico di Londra, disse a sua figlia: "Ho fatto la mia parte: ora devi fare la tua “. La dottoressa Margaret Tyler indusse i suoi genitori, che già facevano parte dei comitati dell’ospedale omeopatico londinese, a recuperare fondi per borse di studio che consentissero ai medici britannici di studiare a Chicago sotto la guida del dottor Kent. Era specializzazata in malattie neurologiche infantili, ma il suo grande contributo lo si deve all’insegnamento. Teneva conferenze, era responsabile di un corso per corrispondenza e scriveva di medicina e omeopatia su una rivista con argomenti trattati in modo così approfondito che la pubblicazione poteva essere utilizzata come libro di testo. Ma soprattutto è ancora oggi conosciuta per il suo 'Homoeopathic Drug Pictures', un testo che ha semplificato la Materia Medica Omeopatica per i lettori e per gli studenti. Donna attenta e ricercatrice clinica, ottenne risultati sorprendenti nella cura della “spagnola”, la pandemia influenzale che interessò tutto il mondo tra il 1918 e il 1920, utilizzando rimedi omeopatici. L'omeopatia ebbe fra i suoi celebri sostenitori e usufruitori anche la grande scienziata Maria Sklodowska più conosciuta come Madame Curie, scopritrice del Polonio e del Radium e fondatrice della curiterapia (o radiumterapia); unica donna nella storia del pensiero scientifico occidentale insignita due volte del Nobel: uno per la Fisica (1903) e uno per la Chimica (1911). Ebbene, Madame Curie era una convinta assertrice e praticante dell'Omeopatia, così come Pierre Curie, anch'egli premio Nobel per la Fisica, e come suo nonno, il quale addirittura fu uno dei pionieri che portarono l'Omeopatia in Inghilterra. Il periodico "Jottings" di Filadelfia, nel dicembre del 1930 scriveva: ”Madame Curie è medico omeopatico come lo era il suo sposo e collaboratore. Noi abbiamo avuto la fortuna di intervistarla nei riguardi dell'Omeopatia durante la sua recente visita negli U.S.A. e ci ha dichiarato che proprio per merito delle cognizioni omeopatiche ha potuto condurre al successo le sue ricerche sul Radium”.
Spotlight Medicina omeopatica e personaggi famosi Ieri Usarono la medicina omeopatica: gli scrittori Charles Dickens, William Butler Yeats e William Makepeace Thackerey; i musicisti Ludwig Van Beethoven e Fryderyk Chopin; il politico Otto von Bismarck, lo statista Benjamin Disraeli e i presidenti statunitensi James Garfield, William McKinley e Franklin Delano Roosevelt; il genio letterario Johann Wolfgang von Goethe e il miliardario John Davison Rockefeller; lo scienziato naturalista Charles Darwin, il pediatra Robert S. Mendelsohn, Mahatma Gandhi e anche William Osler, il padre della medicina moderna. In Italia illustri pazienti furono: Giuseppe Mazzini, Vincenzo Gioberti, Giovanni Giolitti, Cesare Lombroso. Non furono da meno i papi Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio VIII, Pio IX, Pio X e Giovanni Paolo II. Oggi Molti famosi usufruitori e sostenitori dell'omeopatia dichiarano, in varie interviste, di avere optato per la medicina hahnemanniana, non avendo ottenuto sufficienti benefici dalla medicina convenzionale e preoccupati degli effetti collaterali che possono dare i farmaci allopatici. Tra loro compaiono: le attrici Catherine Zeta Jones, Mariel Hemingway e Jennifer Aniston; la designer Jade Jagger; i cantanti Paul McCartney, Tina Turner e Nelly Furtado; gli attori Orlando Bloom e Tobey Maguire; David e Victoria Beckham.
OTTOBRE 2012
L’azione terapeutica della medicina omeopatica si svolge tenendo in considerazione l’essere vitale nella sua naturale ed indivisibile complessità di funzione fisica, intellettiva/emozionale e volitiva e la malattia viene valutata come il risultato di uno squilibrio generale dell’individuo. Di conseguenza la cura non viene indirizzata solo alla semplice eliminazione dei sintomi, ma al recupero dell’equilibrio dell’organismo in toto, sia verso il suo interno che verso l’esterno nella sua interazione con l’ambiente. La marcia in più dell’omeopatia è rappresentata dal considerare che ci si ammala perché abbiamo una predisposizione a scivolare su alcuni tipi di patologie, per questo il medico omeopata si occupa del malato, soffermandosi non solo sui sintomi, ma prestando attenzione anche alla costituzione del soggetto, al comportamento, alle particolarità, ovvero sul modo in cui si personalizza la malattia. La funzione dell’omeopata è quella di individuare un rimedio capace di stimolare l’organismo a recuperare l’equilibrio perduto e imparare ad affrontare con più forza i nuovi ostacoli che si presenteranno. La medicina omeopatica costituisce un sistema clinico farmaceutico che utilizza diluizioni di sostanze derivate dalla natura per stimolare la risposta di guarigione naturale, a differenza della medicina allopatica dove il farmaco è un antagonista volto a distruggere l’agente che ha provocato la patologia. Con il rimedio omeopatico succede che viene somministrata una sostanza che ad alte dosi potrebbe essere nociva ma che a dosi infinitesimali consente all’organismo di difendersi. Per semplificare e comprendere il suo funzionamento si potrebbe dire che il rimedio omeopatico abbia una funzione simile a quella del vaccino che va a stimolare la risposta degli anticorpi inducendo l’organismo a difendersi. La cura è dolce ed efficace e, se il rimedio viene scelto correttamente, risulta privo di effetti collaterali. Nella tradizione medica omeopatica tutti i rimedi sono stati sperimentati e gli esiti sono stati raccolti nella cosiddetta Materia Medica, così, perché un rimedio venga usato, è necessario non solo che sia in grado di provocare nel soggetto sano i sintomi della malattia, ma sia anche in grado di curare i soggetti malati. I rimedi omeopatici agiscono secondo la Legge di Similitudine, conosciuta come “Similia Similibus Curantur”, («I simili si curino con i simil!i») che sta a significare che il simile viene curato dal simile. Secondo questa legge una sostanza naturale, che assunta in dosi ponderali da un individuo sano provoca una serie di sintomi, è in grado, se assunta in dosi infinitesimali, di curare quegli stessi sintomi espressi da un individuo malato. Cioè il quadro dei sintomi di un paziente deve corrispondere per similitudine al quadro dei sintomi che nelle sperimentazioni sul sano uno specifico rimedio ha dato. Così i rimedi devono essere scelti in base alla somiglianza tra gli effetti che producono nell’individuo sano ed i sintomi che l’individuo malato manifesta. Ogni rimedio omeopatico ha delle caratteristiche proprie che lo distinguono dagli altri e lo rendono esclusivo. Caratteristiche che sono indicative non solo della malattia che il rimedio è in grado di curare in relazione ai sintomi fisici, ma di un quadro molto più ampio ed articolato, che comprende le modalità di comparizione dei sintomi, la loro localizzazione, le sensazioni, gli aggravamenti ed i peggioramenti, le manifestazioni tipiche, gli aspetti psicologici ed emotivi, i comportamenti, la sfera di azione o la complementarietà con altri rimedi. La scelta del rimedio omeopatico più idoneo viene fatta cercando di sovrapporre il più possibile l’insieme dei sintomi fisici e delle caratteristiche individuali con le caratteristiche del rimedio. In questo modo tra i tanti rimedi omeopatici potenzialmente in grado di curare la stessa patologia, si potrà individuare quello più adatto alla persona che ne è affetta. Tutte le sostanze sperimentate secondo le regole omeopatiche determinano la comparsa di sintomi che vengono registrati nelle patogenesi. L’insieme delle patogenesi viene man mano annoverata nella Materia Medica omeopatica. Dal tempo di Hahnemann ad oggi, gli omeopati hanno sperimentato più di 3000 sostanze arricchendo proprio la materia medica che è il riferimento per individuare l’analogia dei sintomi tra il paziente ed il rimedio. Particolarmente significative sono le patogenesi dei rimedi poliresti. In medicina omeopatica la dicitura “rimedi poliresti” viene usata per indicare tutti quei rimedi che presentano un ampio quadro sintomatologico e sono così di largo impiego clinico. Ne sono un esempio Sulfur o Belladonna o Apis mellifica. Il “policresto” è un rimedio ad ampia azione, cioè un rimedio che ha un’azione generale riequilibrante utilizzabile per curare varie patologie. I poliresti, quindi, sono i grandi rimedi della Materia Medica Omeopatica. Per piccoli rimedi, invece, si intendono quelle sostanze utilizzate meno frequentemente, anche se presenti nella materia medica omeopatica, sia perché alcuni di essi sono ancora in fase di studio e approfondimento clinico, sia perché appena sperimentati o poco conosciuti nel loro aspetto patogenetico, come, ad esempio, Lac humanum o Vanilla o Triticum vulgare. Sono in genere rimedi usati in situazioni in cui i sintomi mostrati dal paziente sono pochi, specifici con chiare note chiave particolari di quel rimedio e presenti soltanto in alcuni rimedi. Sono correntemente denominati dagli omeopati come “piccoli rimedi”in quanto vengono utilizzati in situazioni molto precise e con un piccolo ma ben specifico quadro di sintomi. I policresti sono rimedi storici, già studiati e usati fin dai primi omeopati e poi maggiormente approfonditi da omeopati di tutto il mondo, ancora oggi. Questi grandi rimedi hanno avuto modo di essere stati particolarmente testati e applicati clinicamente. Dal momento che le caratteristiche di quelli che “rispondono” in modo preminente possono essere osservate con certezza, essi spesso hanno un evidente quadro costituzionale e sono frequentemente i primi farmaci che vengono usati, in quanto comprendono un largo ventaglio sintomatologico. Per alcuni poliresti il nome del rimedio è addirittura diventato sinonimo di tipologia costituzionale e di una precisa definizione dei sintomi principali, cioè le cosiddette keynotes: ovvero i segni chiave che caratterizzano ogni farmaco omeopatico e che permette di fare una immediata diagnosi differenziale tra più sostanze. Per meglio comprendere la differenza tra un grande e un piccolo rimedio, si può fare un esempio spesso usato nella didattica omeopatica. Quando si è di fronte a un caso di mal di testa improvviso e violento viene molto spesso utilizzato il rimedio Belladonna o Aconitum, quando il quadro del paziente corrisponde nella totalità a uno di essi. Sono due rimedi prescritti molto spesso in omeopatia anche in presenza di un ampio corollario di sintomi come febbre e influenza. Però si possono presentare delle situazioni in cui non sono propriamente utili e diventa necessario invece ricorrere a dei rimedi “piccoli”. Ad esempio, se il mal di testa scoppia in modo violento, come in un colpo di sole, con la sensazione come se il cranio stesse per esplodere da dentro e fosse troppo piccolo per contenere il cervello, allora potrebbe essere molto più indicata la somministrazione di Glonoinum. Ecco che questo piccolo rimedio quindi sarà utilizzato in poche occasioni, quando cioè si presentano le keynotes dei sintomi sopra descritte, tipiche di Glonoinum. Un altro esempio potrebbe essere la sciatalgia, in cui vengono molto spesso utilizzati grandi rimedi come Arnica, Calcarea carbonica o Rhus toxicodendron. Ma nel caso in cui sia presente solo il dolore sciatico localizzato a destra, accompagnato da formicolio e intorpidimento della gamba, migliorato stando fermi o seduti e peggiorato dal movimento, il rimedio più indicato è Gnaphalium, un altro piccolo rimedio. Ecco dunque perché in Medicina Omeopatica esistono moltissimi rimedi. La classificazione tra grandi e piccoli rimedi però non va ad inficiare l’efficacia di nessuno di essi, in quanto se un organismo malato necessita di una sostanza riparatrice, non è una classificazione di comodo a determinarne la sua prescrizione: ogni rimedio è importantissimo se è proprio quello ci cui quell’individuo necessita per la sua guarigione. Ben venga quindi la continua sperimentazione di nuove sostanze ai fini terapeutici sfogliando nel libro della natura, tanto che una volta provata la loro efficacia e clinicamente utilizzato da chi ne abbia necessità, questo non debba più domandarsi: “ma dov’era stato fino adesso questo farmaco di cui avevo così tanto bisogno?”
SOS ricerca Olanda Pubblicato sull’European Journal of Pediatrics uno studio volto a valutare l'elevata prevalenza del consumo di medicina complementare (CAM) nel campo dell’oncologia pediatrica da parte della popolazione olandese (European Journal of Pediatrics 2012, DOI: 10.1007/s00431-012-1821-6). L’equipe di Vlieger, del Dipartimento di Pediatria al St Antonius Hospital di Nieuwegein, ha rilevato la prevalenza del consumo di CAM, le sue possibili determinanti di utilizzo e l'atteggiamento dei genitori verso la comunicazione e la ricerca sulle terapie di medicina complementare. Si è così constatato che il 42,4% ne fa uso e l’omeopatia è la più rappresentata. Oltre l'80% degli intervistati ha individuato la necessità di poter ricevere informazioni sulla medicina complementare dal proprio pediatra e l’85,7% si è dichiarato positivo nei confronti della ricerca sulle CAM. La metà dei genitori si è mostrata interessata a partecipare a futuri studi sulle CAM. Si è così focalizzata una chiara necessità di ricerca di alta qualità in questo campo. Questo studio dimostra che la maggior parte dei genitori ha avuto un atteggiamento aperto verso la ricerca CAM e che quasi la metà dei genitori si è dichiarato favorevole alla partecipazione agli studi futuri, aprendo la strada per la ricerca sulle medicine non convenzionali e puntando per il suo utilizzo all’evidence-based in oncologia pediatrica. SOS farmaci omeopatici Italia La Federazione Italiana delle Associazioni e dei Medici Omeopati (FIAMO) nel corso di un'Audizione alla Camera dei Deputati in Commissione Affari sociali ha consegnato un documento riguardante il proprio parere sull’articolo 13 del "Decreto Balduzzi", in particolare sul disegno di legge per la conversione in legge del DL n. 158 del 13 settembre 2012. Con il titolo: "Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute", si richiede che si applichino al settore del medicinale omeopatico disposizioni coerenti con la sua specificità, come già fatto in altri paesi europei, tra cui Germania, Francia ed Austria. ”La FIAMO nel ribadire con forza la particolarità del medicinale omeopatico, prodotto per la maggior parte in piccoli lotti perché prescritto dal medico con un criterio di stretta individualizzazione, considera che l’obbligo previsto dal decreto per il produttore del pagamento di 1000 Euro all’anno per ogni prodotto che avrà ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio, comporterà la sparizione di molti medicinali necessari ai pazienti, frenerà lo sviluppo del comparto produttivo, con grosse ricadute sull’occupazione, impedirà ai medici di esercitare questa medicina per la quale hanno acquisito specifica competenza e obbligherà i milioni di cittadini che a questa medicina fanno ricorso per scelta consapevole a reperire gli stessi prodotti all’estero, tramite i canali di vendita on line”. Ricerca ed evidenza in vitro
I ricercatori hanno osservato un aumento del numero di CD4 e CD8 (Linfociti T Helper e Linfociti T citotossici) dopo stimolazione con basse dosi (alla diluizione 4 CH, ovvero 4 Centesimale Hahnemanniana) di IL-12, in particolare di CD4/IFN-gamma, mentre vi è stata un’inibizione delle cellule T regolatorie. Questa bassa dose di IL-12 ha promosso anche l'inibizione della proliferazione di cellule di adenocarcinoma polmonare in vitro. La possibilità di utilizzare bassi dosaggi di IL-12 come immuno-modulatore apre nuove prospettive per lo studio anche di altre citochine a basse dosi, al fine di ristabilire l'equilibrio nella risposta immunitaria per le malattie caratterizzate da alterazioni del sistema immunitario. L’equipe dichiara che ulteriori studi, soprattutto in vivo, sono necessari per definire il possibile utilizzo di IL-12 a basso dosaggio per sostenere la risposta immunitaria in pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule.
SETTEMBRE 2012
L'uso della terapeutica e della medicina omeopatica è ampiamente diffuso in tutto il mondo e la presenza di farmaci omeopatici nelle farmacie non fa differenze tra i vari Stati. Persino il nome dei farmaci è lo stesso in tutto il mondo. Calcium carbonicum o Pulsatilla sono reperibili con la stessa nomenclatura dall’Australia al Sud America, in India, negli USA e in Canada così come in Giappone o in Italia. Il top dei produttori di rimedi omeopatici provengono da Germania, Belgio, Francia e Svizzera. L'omeopatia è la medicina preferita dai membri della famiglia reale in Inghilterra, che ha avuto medici omeopatici a corte fin dal 1830. Persino il papa Wojtyla aveva il suo omeopata personale che stanziava nella città del Vaticano, nominato dai colleghi romani: “l’omeopata di corte”. L'omeopatia è praticata negli Stati Uniti da oltre 175 anni e i medicinali omeopatici sono sempre più prescritti dai medici dell’Europa e dell’Asia. L’omeopatia gode di “ottima salute” in Inghilterra, dove il 45% dei medici di medicina convenzionale non disdegnano di certo la collaborazione dei colleghi omeopati per alcuni tipi di cure ai propri pazienti, proprio perché, quando correttamente applicata, ha avuto la possibilità di dimostrare la sua efficacia, anche in caso di epidemie e malattie contagiose. Circa il 30% dei francesi ricorre alle cure omeopatiche, quasi tutte le farmacie francesi dispensano i rimedi omeopatici e il loro uso è rimborsato dalle assicurazioni sulla salute. In Asia, l'omeopatia è ampiamente accettata e utilizzata: ne sono un esempio il Pakistan, lo Sri Lanka e l’India; proprio qui esistono più di 120 scuole mediche omeopatiche, con oltre 100.000 professionisti, con la presenza di una ricca letteratura scientifica omeopatica: non c'è da meravigliarsi se così tanti libri di clinica, materia medica e sperimentazione omeopatica sono “made in India” e diffusi in tutto il mondo. L'omeopatia è in crescita in Sud America, Emirati Arabi Uniti e Perù. In Giappone dal 2010, ci sono più di 500 omeopati professionisti che lavorano in circa 250 cliniche in tutto il paese e più di 100.000 giapponesi attualmente fanno uso di farmaci omeopatici. Proprio per quanto riguarda questa terra così lontana da noi, con una tradizione e cultura assai diversa da quella europea, le odierne ricerche hanno fatto riscoprire ai medici giapponesi quello che è il presupposto fondamentale della medicina omeopatica e cioè aiutare il soggetto malato a ricostituire il proprio equilibrio, ovvero l’omeostasi dell’organismo nella sua completezza, concetto peraltro anche contemplato dalla medicina ippocratica. Ebbene, questa proprietà di autoriparazione dell’organismo stesso era anche auspicata nella medicina popolare tradizionale giapponese. Nel 1975, quando la regina Elisabetta andò in visita in Giappone, chiese di consultare un omeopata, ma il ministero degli Esteri non riusciva a trovare un omeopata giapponese, tanto che poi fu visitata e curata da un omeopata di un altro paese che si trovava a vivere in Giappone. Dal 1980, grazie ai contatti di lavoro e grazie al web, il Giappone ha visto un incremento nella diffusione dell'omeopatia. Snobbata dai mass media, la mancanza di attenzione all'omeopatia sembrava quasi intenzionale fino a quando Torako Yui ha iniziato la sua attività nel 1996. Nel suo libro “Homoeopathy in Japan” poeticamente racconta: "In quel periodo in Giappone... se qualcuno avesse potuto semplicemente girare un rubinetto, l'acqua (metaforicamente la conoscenza dell’omeopatia) poteva scorrere e del suo flusso la gente avrebbe potuto beneficiarne. Ma era come se ci fosse qualcuno a guardia del rubinetto, tanto che l’acqua non potesse essere trovata. L’omeopatia era stata diffusa in tutto il mondo e sembrava innaturale che non potesse essere di uso comune in Giappone. Sentivo fortemente che dovevo dire a tutti che il rubinetto esisteva. In principio c'erano così tante difficoltà nell'introdurre l'omeopatia per il popolo giapponese… ma l'acqua cominciò a scorrere e ora è diventato un grande fiume e ha finalmente raggiunto un punto in cui nessuno può fermarlo.” La Società Giapponese dei Medici Omeopatici (JPSH) conta numerosi membri, tra medici, veterinari, odontoiatri e farmacisti che applicano l’omeopatia nelle cure di sindromi allergiche, disturbi dello sviluppo (come autismo e ipercinesia), disturbi del sistema immunitario, neoplastico e infettivo (come il cancro e l'AIDS), malattie mentali, patologie pediatriche, malattie iatrogene e farmaco-indotte e patologie causate da tossine ambientali e radiazioni. Proprio in Giappone si terrà dal 14-17 settembre 2012, nell’antica capitale Nara, il 67° Congresso della Liga Medicorum Homoeopathica Internationalis (LMHI). Il tema del Congresso è "Harmony", l'armonia di un trattamento medico che adotta l’omeopatia in tutto il mondo. Il Congresso è organizzato dalla Società Giapponese Medici Omeopati (JPSH). Tra i temi del congresso: Approcci per i pazienti con allergia. Approcci alle pazienti affette da cancro. Approcci ai pazienti con disturbi psichiatrici. Omeopatia in Medicina Integrativa. Evidenze scientifiche dell'Omeopatia. Approcci alle patologie in medicina veterinaria. Approcci ai pazienti con patologie odontoiatriche. Problematiche di pratica omeopatica per farmacisti. Ci saranno relatori internazionali come: dottor Shelley R. Epstein (Wilmington Animal Hospital, USA) • dottor Peter Fisher (Royal London Hospital for Integrated Medicine, UK) • dottor Peter Gregory (Facoltà di Medicina Omeopatica Animale, Regno Unito) • dottor Steven Kayne (Università di Strathclyde, UK) • dottor Bob Leckridge (Ospedale Omeopatico di Glasgow, UK) • dottor Ashley HA Ross (Durban University of Technology, South Africa) • dottor Frederik Schroyen (Redattore, Synthesis, Belgio) • dottor Wolfgang Springer (Homoeopathische Praxisgemeinschaft, Germania) • dottor Michel Van Wassenhoven (Agenzia belga Medicina federale, Belgio).
News Divulgazione dell’Omeopatia in Comuni, Province e Regioni “Medicina Omeopatica e cenni di Omotossicologia: conoscenze e uso delle medicine non convenzionali”. Questo il titolo di una breve pubblicazione che numerosi Comuni, Province o Regioni stanno adottando in Italia al fine di informare i cittadini del proprio territorio sulle caratteristiche e le potenzialità della Medicina Complementare. Diluizione e dinamizzazione, differenza tra globulo e granulo, caratteristiche dell’Omeopatia e dell’Omotossicologia sono alcune delle informazioni trattate in modo semplice e soprattutto scevro da qualunque preconcetto o pregiudizio o fine commerciale. La pubblicazione viene distribuita ai cittadini attraverso il canale delle farmacie, pubbliche e private, attraverso gli studi medici e con il patrocinio delle Associazioni professionali a cominciare dall’Ordine dei Medici competente per territorio. I comuni di Milano e Pavia e la Provincia di Palermo e Salerno sono le amministrazioni che già hanno messo in campo l’iniziativa con notevole successo e, a seguire, molte altre Amministrazioni hanno richiesto la pubblicazione. Omeopatia e sport Non è più una novità che personaggi sportivi, anche di alto livello, non solo siano favorevoli alla medicina omeopatica, ma la utilizzino per consolidare il proprio stato di salute. L’omeopatia viene a rappresentare, proprio per gli atleti, un'alternativa naturale ai farmaci tradizionali che talvolta presentano spiacevoli effetti collaterali. Ecco due esempi. Il velocista olimpionico britannico James Ellington afferma come la sua salute sia la sua priorità assoluta, ricercandola sia in una dieta equilibrata che nel tipo di medicina da usare. Allenandosi sei giorni alla settimana ritiene che sia più importante che mai mantenere il proprio corpo nelle migliori condizioni possibili. Così racconta che l'omeopatia gli offre un modo positivo e naturale per prevenire disturbi sportivi quali le problematiche da sforzo, i dolori muscolari e i dolori alle articolazioni, senza avere effetti nocivi sulla sua prestazione. Elenca i rimedi di cui fa uso, come Ruta Graveolens, che lo aiuta a curare i legamenti e le slogature, Gelsemium per il nervosismo pre-gara, Arnica per le contusioni e Bellis Perennis per gli stress articolari da sforzo. Annabel Croft, ex tennista professionista, spiega come utilizza i rimedi omeopatici per curare precocemente la tosse e il raffreddore o le lesioni sportive e come l'omeopatia ha funzionato a meraviglia per lei, tanto da non poterne negare l’efficacia e di averla abbracciata, come metodologia terapeutica, anche per i propri figli.
AGOSTO 2012 I diversi “perché” dell’omeopatia veterinaria Per ormai numerosi medici veterinari l’uso della terapia omeopatica si è rivelato un vero toccasana per la cura di diverse malattie croniche, dove la guarigione può essere raggiunta in molti casi anche là dove la medicina allopatica offre spesso solo un miglioramento temporaneo. L'omeopatia funziona particolarmente bene per tutti gli animali, i quali rispondono ottimamente a questa terapeutica, tanto che ci sono molti professionisti che si specializzano in cure omeopatiche sia di piccoli che di grandi animali. I medici omeopati di tutto il mondo lavorano con cura su tutti gli aspetti della salute, utilizzando i rimedi omeopatici, che per le loro caratteristiche di sostanze naturali e ultradiluite incoraggiano il corpo a guarire se stesso, guidandolo nella riparazione dei danni. L’uso della terapia omeopatica rappresenterebbe di gran lunga anche un valido strumento per gli stadi acuti delle malattie, come nelle infezioni virali, batteriche e protozoarie. Purtroppo però capita ancora troppo spesso che si ricorra ad essa solo come ultima chance terapeutica e l’omeopata veterinario venga interpellato per casi geriatici e stadi avanzati o cronici di patologie quali l’insufficienza renale e cardiaca, epatiti e pancreatiti, enteriti croniche, anemie, immunodeficienze, leishmaniosi, dermatiti e allergie, degenerazioni osteo-articolari. È comunque dimostrato clinicamente che l’utilizzo costante della cura omeopatica può aiutare a ripristinare la salute in molti animali, a volte persino nei casi in cui i veterinari convenzionali potrebbero anche aver suggerito l'eutanasia. Comunque sia, anche solo nel tentativo di affrontare cure in animali molto malati, si può almeno dare la possibilità, attraverso l’uso di rimedi omeopatici idonei, di far sentire meglio il malato, anche se la patologia si è rivelata incurabile. Come si utilizza la medicina omeopatica in veterinaria? La metodica terapeutica omeopatica in veterinaria, non è diversa da quella della medicina umana, se non per qualche sfumatura. Anzi possiamo dire addirittura che la medicina pediatrica si avvicina molto a quella veterinaria, per quanto riguarda l’approccio nello studio dei segni e dei sintomi espressi dal paziente: i bambini piccoli non sono in grado di spiegare al meglio i sintomi che accusano, soprattutto quando non sono ancora in grado di parlare e comunicare col linguaggio degli adulti. La stessa cosa capita con gli animali, che non parlano il nostro linguaggio. In entrambi i casi ci si basa sul linguaggio del corpo, sull’espressione delle emozioni, sulle modalità di relazione sociale, su quello che è visibile all’occhio del pediatra o del veterinario di lesioni evidenziabili all’esame e alla visita medica. Inoltre, come in pediatria, anche in campo veterinario non sarebbe male iniziare a utilizzare la terapeutica omeopatica, per i propri amici animali, già da quando sono cuccioli, proprio per la capacità armonizzatrice sui vari piani di questa metodica curativa. Come funziona la medicina omeopatica in veterinaria? In omeopatia, la guarigione si ottiene dando la sostanza che sperimentalmente nel soggetto sano esprime proprio quei sintomi che sono più simili ai sintomi del paziente ammalato. Dato che questa terapia si basa sulla visione globale sintomatica di un individuo, anche per un cane o un gatto è necessario osservare con attenzione tutti i sintomi che presenta al momento della visita (anamnesi recente), quelli che ha avuto in passato (anamnesi remota) e capire le sue caratteristiche generali. Secondo la medicina omeopatica le malattie tendono a seguire un modello prevedibile, secondo fasi successive. Dapprima si crea uno squilibrio energetico: ciò è per esempio osservabile quando il gatto sembra mogio, non ci sono sintomi chiari, ma chi vive con lui o lo conosce capisce che c’è qualcosa che non và. Successivamente possono intervenire cambiamenti funzionali: per esempio, il gatto sta andando frequentemente nella lettiera, ma senza sforzarsi e l'analisi delle urine risulta nella norma. Oppure, per fare un altro esempio, anche i cani possono presentare un comportamento simile, chiedendo di uscire spesso, ma ancora una volta senza forzature e l’esame delle urine è normale. Così se il disturbo viene trattato subito con la medicina omeopatica, anche i sintomi gravi si possono risolvere rapidamente o essere evitati. Se il disturbo non viene curato in questa fase, si sviluppa uno stato infiammatorio che dimostra che l’organismo sta cercando in un modo più complesso di riequilibrarsi. In questa fase il cane o il gatto sono visibilmente malati, spesso con febbre, arrossamento e gonfiori. Se non si è ancora intervenuti, a questo punto si scatena in modo evidente la malattia: il corpo cerca di scongiurare il problema reagendo patologicamente: ne è un esempio, una insufficienza renale, con alitosi, ulcere alle mucose della bocca, pelo secco e opaco. Una volta raggiunto questo stadio, una terapia classica richiede più tempo per riottenere lo stato di guarigione. In questa fase, con la terapia omeopatica, l’organismo del gatto sarà impegnato a lavorare in senso retrogrado, attraverso cioè le fasi precedenti della malattia: infiammazione, alterazione funzionale e squilibrio energetico. Quando a un cane o un gatto affetti da patologia cronica viene dato un rimedio adeguato, c’è spesso una risposta immediata mentale ed emotiva di contentezza e di miglioramento, anche se la cura propriamente "fisica" può richiedere più tempo. Come si svolge una visita omeopatica veterinaria? Un consiglio importante è quello di non tentare di utilizzare l'omeopatia “fai-da-te” per trattare il proprio amico animale, ma di rivolgersi sempre a un veterinario omeopata. Anche se è bene tenersi aggiornati sull’argomento, è sempre meglio affidarsi a un esperto, in quanto la selezione del rimedio giusto, nella diluizione adeguata e somministrata al momento giusto non è un processo semplice e, allo stesso modo, la valutazione dei progressi del caso richiede formazione ed esperienza, ricordandosi sempre che questi pazienti sono individui come noi a tutti gli effetti. È probabile che il primo appuntamento con un omeopata veterinario, possa richiedere anche più di un'ora, poiché vengono poste al proprietario numerose domande, alcune delle quali potrebbero, in un primo momento, sembrare addirittura irrilevanti. C’è da tenere presente che per la valutazione della prescrizione dei rimedi omeopatici, anche i minimi dettagli possono aiutare a capire la personalità del paziente. Le domande che vengono poste durante la visita possono riguardare il comportamento degli animali rispetto agli umani o ai loro simili; se sono prepotenti o affettuosi, se sono socievoli o schivi, se sono timidi e si nascondono o sono sbruffoni, se appaiono pigri o sempre in movimento; oppure valutare come reagiscono solitamente ai rumori o ad altri stimoli e come interagiscono con altri animali con cui condividono il territorio, sia all’aperto che in casa. Sono anche informazioni utili l’evidenziare se per esempio il cane o il gatto cerca il caldo sotto alle coperte oppure preferisce sdraiarsi su un pavimento fresco. Perfino il fatto di preferire le superfici dure su cui andarsi a coricare può essere indicativo per una diagnosi differenziale nella scelta del farmaco omeopatico. Domande riguardanti segni o sintomi possono essere anche, per esempio, quanta acqua beve il gatto, quanto frequentemente va alla lettiera, se preferisce alimenti secchi o umidi o quali sono i cibi che ama di più. È anche utile vedere con quali modalità i segni patologici migliorano o peggiorano: cioè in quali circostanze il soggetto aggrava o migliora, per esempio se sta meglio all’aria aperta o in casa, se preferisce uscire quando fuori piove o se ama tuffarsi in acqua o la teme. Solitamente l’omeopata fa una lista di tutti i sintomi passati e attuali, nonché delle caratteristiche uniche dell'individuo; chiede al proprietario informazioni sulla funzionalità dei vari apparati e su ciò che migliora o peggiora un certo segno sintomatologico e cerca di scoprire la causa di questi cambiamenti. Potrà così accertarsi se i sintomi sono iniziati dopo forti emozioni o lutti o traumi o situazioni di distacco affettivo. Al fine di evidenziare il rimedio giusto per quel soggetto, si dà anche particolare importanza ai sintomi caratteristici, ovvero quei sintomi che non sono normalmente associati con la malattia. Per esempio stare meglio se vengono coccolati o consolati, oppure stare peggio dopo l’esposizione a corrente d’aria, o migliorare solo con bevande o impacchi freddi. Spesso viene consigliato agli umani che accudiscono gli animali di tenere un diario dei sintomi man mano che si procede con le cure omeopatiche, al fine di poter procedere in modo ottimale nel follow up terapeutico fino alla guarigione. Così come in medicina umana, anche in medicina veterinaria esiste una casistica internazionale che evidenzia come per molti pazienti la terapia omeopatica possa costituire una via di risoluzione definitiva verso la guarigione e, persino nei casi clinici peggiori, possa rappresentare un valido supporto al paziente, senza effetti tossici o collaterali e soprattutto garantendogli una qualità di vita dignitosa e in armonia con l’esistenza. Parlano da soli i brillanti risultati ottenuti in veterinaria con la terapeutica omeopatica. Risultati che vanno a confutare le semplicistiche opinioni degli skeptics, i quali sostengono che l’omeopatia agisca esclusivamente per effetto placebo. È piuttosto inverosimile azzardare che una cisti ovarica di una cagnolina o una lesione traumatica di una gazza o una displasia dell’anca di un pastore tedesco o l’avvelenamento da metaldeide di un riccio guariscano semplicemente perché questi pazienti si sono convinti che possano guarire…
Spotlight
LUGLIO 2012
La terapeutica omeopatica si basa sull’uso di sostanze prese dalla natura che, opportunamente diluite e dinamizzate, possono essere somministrate per curare svariate patologie sia fisiche che mentali. Esiste tutta una letteratura specifica che annovera le particolarità di rimedi ricavati dal regno vegetale, animale e minerale. Grazie al contributo di un omeopata olandese, Jan Scholten, membro dell’Homeopathish Artsencentrum Utrecht, si è sviluppata, negli anni ’90, una dettagliata ricerca sulle sostanze appartenenti al regno minerale basata sull’analisi della Tavola Periodica degli elementi di Mendeleev. Ci si riferisce proprio a tutti quegli elementi chimici strutturati in quello schema che si è senz’altro avuto modo di vedere o studiare a scuola: cioè quella che il suo compilatore, il chimico russo Dmitrij Mendeleev, aveva denominato tavola periodica degli elementi. Per comprendere le particolarità terapeutiche delle sostanze minerali espresse dalla ricerca di Scholten, è necessario tenere bene sott’occhio proprio la tavola di Mendeleev. Prendendo intanto visione di questa tavola, si può osservare come vi siano riportati tutti gli elementi chimici conosciuti in ordine di numero atomico crescente (cioè il numero che è posto vicino al nome dell’elemento) dove ognuno occupa una propria casella. Il colore del simbolo rappresenta lo stato di aggregazione con cui si trovano gli elementi in natura: in nero possiamo vedere gli elementi allo stato solido, in rosso quelli allo stato gassoso, in azzurro quelli allo stato liquido e di colore viola gli elementi artificiali. Tutte le sostanze chimiche sono posizionate in file verticali e orizzontali. Le file orizzontali si chiamano periodi e le file verticali gruppi. I periodi sono 7 e il numero che li contraddistingue è riportato a sinistra della tavola mentre i gruppi sono 18 e possiedono una doppia numerazione: in numeri arabi da 1 a 18 la più attuale, in numeri romani da I a VIII la meno recente, riferita solo ai gruppi principali.
Il primo periodo contiene solo due elementi: l'idrogeno e l'elio, mentre i periodi successivi contengono un numero maggiore di elementi. Nello schema, alcuni gruppi vengono anche indicati con nomi particolari: il gruppo I è quello dei metalli alcalini, il gruppo II quello dei metalli alcalino-terrosi, il gruppo VII è quello degli alogeni e l'VIII quello dei gas nobili. Tra i gruppi II e III si trovano le sostanze classificate come metalli di transizione. Inoltre, in basso si trovano due file di elementi staccate dalla tabella: in realtà dovrebbero essere inserite dopo il Lantanio (La 57) e l'Attinio (Ac 89) ma in questo modo la tavola sarebbe risultata troppo lunga, per cui sono state posizionate in basso e denominate gruppo dei lantanidi e attinidi. La riga in grassetto che attraversa i gruppi III, IV, V e VI fa da separazione tra i metalli (tutti gli elementi collocati a sinistra della riga stessa) e non metalli (quelli posizionati a destra della riga). Partendo dunque dalla struttura della tavola periodica, il contributo interpretativo di Scholten è stato notevole in omeopatia, sia dal punto di vista della diagnosi che della terapeutica, dando le dritte per un approccio centrato non solo sulle patologie organiche ma anche sulla classificazione di vari quadri comportamentali che possono essere utili nella scelta da effettuare anche tra più rimedi che possono presentare lo stesso tipo di sintomo fisico. Più precisamente l’autore è partito dall’intenzione di voler identificare le diverse peculiarità fisiche e mentali dei vari elementi minerali, in modo da poter dare un contributo alla medicina omeopatica annoverandovi rimedi ancora poco conosciuti o non ancora sperimentati. Per fare questo ha pensato di procedere riferendosi all’analisi in gruppi di rimedi, a seconda della loro collocazione all’interno della tavola periodica, lavorando in base alla suddivisione esistente della tabella stessa in gruppi, che lui ha denominato stadi e in periodi, che ha chiamato serie. Le serie sono le file orizzontali presenti nella Tavola periodica, mentre gli stadi sono le colonne verticali. Per ogni serie, dunque, è stato individuato il suo tema specifico o la sua problematica e ogni serie è stata denominata con quell’elemento che della serie fosse il più significativo. Così, guardando lo schema della Tavola, sono state classificate sette serie: la prima dell’idrogeno, la seconda del carbonio, la terza del silicio, la quarta del ferro, la quinta dell’argento, la sesta dell’oro e la settima dell’uranio. Ad ogni serie sono stati attribuiti un tema di riferimento, una fascia di età della vita, un’area spaziale, un organo di senso peculiare e un tessuto specifico organico. La tabella 1 esprime le varie caratteristiche attribuite a ognuna delle sette serie.
Per esempio, le serie 4, 5 e 6 dei metalli hanno come tema principale la difesa e la realizzazione personale. La serie del ferro riguarda più la difesa, quella dell’argento è più specifica per la realizzazione, mentre in quella dell’oro le due caratteristiche sono entrambe accentuate. Per quanto riguarda gli stadi, ovvero i gruppi verticali, Scholten ha valutato maggiormente l’aspetto di relazione e comportamento dell’individuo. Così li ha identificati e messi via via in relazione a successive fasi di un processo di sviluppo che evolve da un inizio, relativo alle colonne della parte sinistra della tavola periodica, a una fase di apice e di piena realizzazione, riferita alle colonne centrali e ad una fase di declino, identificata nelle colonne di destra. Tale aspetto lo si può paragonare a una curva o un ciclo che ha una fase di ascesa che parte dallo stadio 1, una vetta tra gli stadi 11 e 12 e un declino per gli stadi fino al 18. Nel ciclo menzionato sono compresi la nascita, la riuscita e la fine di qualsiasi cosa intrapresa, sia essa un progetto, un lavoro o una situazione: tutti aspetti utili a comprendere meglio il profilo mentale attribuito a ogni sostanza minerale. Così, attraverso questa interpretazione, ogni sostanza chimica può essere valutata con una marcia in più. I concetti delle serie e degli stadi vengono fatti incrociare, come su una griglia, ottenendo immagini specifiche di espressioni caratteriali, comportamentali e di patologie fisiche. A ogni stadio, inoltre, corrisponde un tema differente, ciascuno in relazione alla fase diversa di questa curva. Un altro lavoro esplicativo, successivo a Scholten, è stato quello dell’omeopata indiano Rajan Sankaran. Partendo dalla considerazione generale che le caratteristiche salienti e comuni a tutti i rimedi del regno minerale sono la struttura e l’organizzazione, egli ha lavorato sui vari temi e concetti incrociando tra loro gli aspetti delle serie e degli stadi. Così si è rivelato utile evidenziare il tema relativo ai cationi (cioè degli stadi 1, 2,13 e 14 della tavola periodica), che è quello classificato come “bisogno di relazione”. Intersecando per esempio le caratteristiche tra stadio 1 e serie 3, per l’elemento sodio (Na) si è identificato il bisogno di relazione individuale, mentre per il potassio (K) (stadio 1 e serie 4) il bisogno di relazione col gruppo o la famiglia. Nello stadio 13 la caratteristica è il bisogno di stabilità o equilibrio, che esprime nel boro (B) (serie 2) la paura di perdere l’equilibrio (come in un moto verso il basso, per esempio di un ascensore o di bambini che vengono adagiati nella culla), mentre si ha nell’alluminio (Al) (serie 3) la sensazione di perdita del controllo. Il tema principale degli anioni, invece, è costituito dallo sforzo per tenere o mantenere una situazione o una relazione. Così per lo stadio 15, gli elementi fosforo, arsenico, antimonio e bismuto esprimono la sensazione di non essere amati e di essere soli, mentre nello stadio 16, per zolfo, selenio e tellurio si trovano sintomi comuni come l’avversione alla compagnia o l’incapacità di condurre un lavoro. Nello stadio degli alogeni (stadio 17), per fluoro, cloro, bromo e iodio la sensazione centrale è quella di essere abbandonati e traditi. Questa griglia, anche se apparentemente complicata, si è rivelata di notevole aiuto in omeopatia per la valutazione e la scelta del rimedio ottimale, poiché va a completare e considerare varie modalità di espressione dei segni e dei sintomi dei pazienti. La tavola periodica degli elementi viene a rappresentare, in questo studio, quasi un forziere, che contiene innumerevoli sostanze, che possiamo quasi considerare gioielli preziosi, molti ancora da scoprire, che se identificati nelle loro proprietà particolari possono far brillare di benessere. Senza dubbio quanto espresso sopra fa parte di un lavoro tanto complesso quanto affascinante nel campo della medicina non convenzionale. Gli stessi ricercatori citati auspicano che i loro studi possano avvalersi di un arricchimento e di ulteriori approfondimenti grazie al contributo e allo sviluppo della materia medica da parte di tutti coloro che sono attratti dal cuore della medicina omeopatica, cioè dall’individuare, per ogni singolo individuo, il proprio simillimum. Ovvero trovare il rimedio unico e specifico, quasi come una impronta o uno stampo speculare, dall’azione riequilibrante e armonizzatrice identificata in una sostanza, e proprio quella, offerta dalla natura. Questi lavori esprimono il senso di avventura alla scoperta di tutti quegli elementi naturali ancora poco conosciuti in campo medico nella loro interazione col sistema biologico, ma che forse sono proprio lì che aspettano di essere studiati, interpretati e sperimentati al fine di potersi avvalere del loro apporto terapeutico.
Omeopatia nel mondo Svizzera Sono stati trattati con successo con la medicina omeopatica casi di infezioni ricorrenti del tratto urinario in pazienti affetti da lesioni del midollo spinale. Le infezioni ricorrenti del tratto urinario (UTI) nei pazienti con lesioni del midollo spinale costituiscono un problema clinico frequente e, molto spesso, le misure preventive non hanno successo. I ricercatori della sezione di Neuro-Urologia del Centro svizzero per paraplegici di Nottwil hanno segnalato i casi di pazienti con lesioni del midollo spinale che sono stati trattati con la medicina omeopatica per le infezioni ricorrenti del tratto urinario con risultanti davvero incoraggianti. (Pannek J, MC Jus, Jus MS.-Neuro-Urologia, Schweizer Paraplegiker-Zentrum, Guido A. Zäch- Straße 1, CH-6207, Nottwil, Schweiz) La Gorakhpur Administration, nello stato indiano di Uttar Pradesh, ha notato il successo del trattamento omeopatico contro l'epidemia di encefalite nel vicino Andhra Pradesh e sta valutando in questi giorni di usare la medicina omeopatica, sia per i casi di encefalite ma anche come terapeutica di prevenzione, in quanto è stato osservato che questo tipo di epidemia ha caratteristiche copribili con il rimedio Belladonna e Tubercolinum. Italia Si svolgerà a Cortona (Arezzo), dal 27 al 30 settembre 2012, il Seminario Internazionale di Medicina Omeopatica dal titolo: Flight, il Volo. Verranno trattati vari rimedi e gruppi di rimedi che si esprimono attraverso sensazioni, sogni e immagini, con il volo, proponendo le loro particolarità ma contemplando che nella prescrizione del medicinale omeopatico il tema del volo dovrà essere sempre compreso nella globalità dei sintomi espressi da ogni individuo.
GIUGNO 2012
La scuola di medicina omeopatica venne fondata in Germania, ma la sua crescita fu più esponenziale in America. Probabilmente non tanto per una più elevata capacità da parte dei medici omeopati in questo paese, né per maggiore adesione ed entusiasmo di sostenitori dell’omeopatia oltreoceano, ma piuttosto grazie alle leggi liberali che avevano permesso ai medici di istituire collegi in cui la terapeutica della similitudine poteva essere opportunamente insegnata e dove i neo-laureati non erano stati annebbiati da pregiudizi nei suoi confronti.
Lo stesso spirito di liberalità, che aveva incoraggiato l’istituzione di collegi, aveva anche aperto la strada alla costruzione di ospedali e cliniche, in quanto era stata riconosciuta la capacità terapeutica del trattamento omeopatico. Un omeopata degno di nota e considerato un pioniere dell’omeopatia nello stato dell’Ohio, fu il dottor Joseph Hippolyte Pulte (1811-1874). Il suo paese natale era Mescheel in Germania e il padre era direttore sanitario di una istituzione governativa di insegnamento per ostetriche. Dopo aver conseguito la laurea in medicina presso l'Università di Marburg, si trasferì negli USA. Si stabilì così a Cherryville, Northampton County, dove divenne amico del dottor William Wesselhoff, che lo incoraggiò a studiare omeopatia. Joseph Pulte se ne appassionò buttandosi a capofitto nel suo studio e nel suo approfondimento. Questo non fu certo un compito facile, perché allora non c’erano tutti i libri di materia medica e di repertorio omeopatico che esistono oggi. A quel tempo quasi tutta la conoscenza del metodo di Hahnemann esisteva sotto forma di manoscritti, e tutto doveva essere copiato a mano per averne una propria copia personale. Il suo interesse sulla metodologia clinica omeopatica fu tale che in collaborazione con altri colleghi contribuì a formare la prima società medica omeopatica a Northampton County e a organizzare e sostenere la prima scuola medica omeopatica negli Stati Uniti. Successivamente si trasferì a Cincinnati, impegnandosi molto nella sua pratica professionale. In breve tempo aprì un dispensario privato, che fu frequentato in gran parte dalle classi più povere. La notizia del suo successo dilagò velocemente in tutta la città, così tanto i ricchi che i poveri accorrevano alla sua clinica per avere sollievo e guarigione.
Quando scoppiò il colera nel 1849, il dottor Pulte ebbe la possibilità di avvalersi e contemporaneamente di far conoscere un ottimo metodo di trattamento e prevenzione di tale affezione, grazie alla medicina omeopatica. Durante l'epidemia lui e il suo collega, il dottor B.F. Ehrman, furono occupati giorno e notte ma riportarono un grande successo nelle guarigioni. Nonostante ciò vennero entrambi arrestati con l’accusa di avere omesso la comunicazione del numero dei morti di colera. Nel 1850 Joseph Pulte pubblicò il libro dal titolo Medico Interno, che fu presto tradotto anche in spagnolo e venduto in numerose copie in Inghilterra, a Cuba, in Spagna e in Sud America. Due anni prima della sua morte, nel 1872, istituì il "Pulte Medical College”, all’insegna dell’integrazione della medicina dell’epoca con la medicina omeopatica e della tutela e trasmissione di quella che Hahnemann, il padre dell’omeopatia, chiamava “l’arte del guarire”. È senza dubbio affascinante leggere le esperienze dei medici omeopati di quell'epoca, che si impegnarono a far nascere servizi omeopatici nelle loro città e vedere con quale slancio portarono avanti la scienza medica omeopatica, facendo fronte a sforzi e difficoltà non di poco conto. Se solo questi nomi potessero parlarci direttamente ce ne racconterebbero di aneddoti!
News Farmaci omeopatici e popolazione italiana Presentati a Roma, il 23 maggio 2012, i risultati dell’indagine statistica dal titolo “Medicinali omeopatici e popolazione italiana”. È stata condotta da Doxa Pharma tra febbraio e marzo di quest’anno su un campione rappresentativo di popolazione italiana adulta, con 1.100 interviste personali face to face, più un sovracampionamento di 300 medi-forti utilizzatori di medicinali omeopatici. Ne è risultato che oltre l'82% degli italiani conosce i farmaci omeopatici, e oltre il 16% della popolazione li ha usati nell'ultimo anno, mentre il 2,5% li usa almeno una volta la settimana. Tuttavia la maggior parte di italiani ha una conoscenza superficiale del farmaco omeopatico. Uno su due è al corrente della provenienza naturale e dell'assenza di effetti collaterali ma vorrebbe saperne di più. Inoltre la notorietà dell'omeopatia è dovuta molto più al tam-tam di amici e parenti che al ruolo scientifico di medici e farmacisti. Il 40% degli intervistati accetterebbe la prescrizione di un farmaco omeopatico dal proprio medico senza fare domande. L’auspicio del campione è di un crescente ruolo informativo del medico di famiglia (61%) e del farmacista (26%) nella diffusione di informazioni sull’omeopatia come le indicazioni (40%), l’efficacia (46%), i test scientifici (35%), la posologia e le modalità d’uso (15%). Farmaci omeopatici in Messico
L’omeopatia cura anche le piante L’omeopata olandese, Vaikunthanath Das Kaviraj tratta le piante con l'omeopatia dal 1986. Autore del libro Homeopathy for Farm and Garden, Kaviraj è stato recentemente in Irlanda per condurre un workshop di agro-omeopatia presso il National Botanic Gardens in Glasnevin. Qui ha illustrato che le piante attraggono da sempre parassiti e malattie e che bisogna allargare le vedute in campo terapeutico. Durante la sua relazione ha fatto notare che per comprendere appieno l'incidenza della malattia e la suscettibilità delle piante a un parassita è necessario un approccio di medicina globale adatta a ristabilire l’equilibrio, proprio come la medicina omeopatica è in grado di offrire.
MAGGIO 2012
Il dottor Samuel Hahnemann, ricercatore e omeopata, ebbe modo di osservare, nella sua pratica clinica, che alcuni individui si ammalavano tendenzialmente di certe malattie e non di altre e che potevano a volte incorrere in ricadute sulla stessa tipologia patologica o esprimerne altre. Iniziò così a formulare il concetto di malattie croniche. Oggi questa osservazione potrebbe apparire scontata, ma per i primi dell’800 fu una osservazione importante, che lo portò conseguentemente a lavorare in modo ottimale nella guarigione dei suoi pazienti. Così, nel 1828 pubblicò il libro intitolato “Malattie croniche” in cui presentava per la prima volta quelli che lui chiamò miasmi cronici, attualmente conosciuti come diatesi, ovvero le condizioni responsabili dell’evoluzione cronica delle patologie. Hahnemann intese la diatesi come la modalità, propria di ciascun individuo, di sviluppo e di evoluzione della malattia verso la quale ognuno presenta una sua predisposizione, congenita o acquisita, unitamente a una particolare debolezza costituzionale.
La diatesi rappresenterebbe la vera causa delle malattie croniche, ovvero le condizioni che predispongono al loro sviluppo, responsabili delle ricadute a cui il malato può andare incontro, per l’azione congiunta dei fattori ereditari o della soppressione farmacologica delle malattie acute che danno una guarigione solo sintomatica ma che in realtà ne determina nel tempo un peggioramento duraturo. Hahnemann ne concluse che gli individui potevano essere raggruppati in categorie reattive, ovvero in modi di produrre patologie in base alla loro tendenza ad ammalarsi di una malattia piuttosto che di un’altra, alle modalità di manifestazione e di evoluzione della malattia stessa, alla periodicità e al tipo di manifestazione. Fu così che ebbe l’idea di valutare i soggetti secondo tre profili fondamentali a cui diede il nome di “psora”, “sicosi” e “luesinismo”. A ognuno dei tre corrisponderebbe un quadro sia fisico che comportamentale, che si basa sulla genesi delle patologie, sulle caratteristiche di esse e sui rimedi omeopatici di reazione: vere e proprie modalità reattive di produrre stati patologici. Si può così vedere che il profilo psorico è relativo a tutto ciò che può essere inibizione o difetto, ovvero a quello che si manifesta con reazioni del tipo “ipo”, cioè all’ipofunzione che produce a livello fisico alterazioni cellulari come ipoplasie, ipotrofie o a livello psicologico una sorta di carenza espressa da ansia e insicurezza. Esprime la tendenza a eliminare le tossine attraverso la cute e le mucose o gli organi emuntori come i reni o il fegato. L’espressione patologica tipica della psora sono le manifestazioni cutanee pruriginose, periodiche e alternanti, le convalescenze lunghe con tendenza ad aggravamenti in senso centripeto, cioè verso l’interno dell’organismo con riduzione della reattività. A livello mentale l’espressione tipica è la timidezza, l’insicurezza, l’ansia, le paure, la debolezza psichica, la tendenza alla depressione. Nella fase iniziale prevale l’eliminazione verso l’esterno delle tossine, per cui si riscontrano patologie come foruncoli, prurito, eczema, psoriasi, rinite allergica, aumento della motilità intestinale. Nella fase successiva le tossine vengono convogliate verso organi interni per cui è possibile arrivare a espressioni patologiche come il diabete o la cirrosi. Un’alimentazione abbondante, la sedentarietà, lo stress, l’inquinamento, e i conflitti interiori appaiono come i fondamentali fattori etiopatogenetici della psora, mentre i principali rimedi omeopatici di reazione sono, Sulphur, Antimonium crudum, Phosphorus, Nux Vomica, Hepar sulfur, Lycopodium, Sepia, Graphites, Petroleum, Nitricum acidum, Kalium carbonicum, Calcarea carbonica, Carbo vegetabilis, Psorinum, Baryta carbonica.
Il profilo sicotico invece può essere associato ad aspetti di eccesso, a espansione, a reazioni del tipo “iper”, che producono alterazioni cellulari come iperplasie, ipertrofie mentre sul piano mentale prevalgono aspetti di eccesso, di ipertrofia dell’ego, come ambizione, intolleranza, prepotenza, autoritarietà, impazienza. Si tratta di reazioni tipiche di processi a carattere produttivo-proliferativo, come la crescita di vegetazioni verrucose, la cui asportazione predispone alla cronicizzazione, la proliferazione di neoformazioni cutanee o mucose, anche a evoluzione maligna, la produzione di catarro cronico, di ritenzione idrica, mentre a livello psichico si esprimerebbe con paure immotivate, fissazioni, fobie. La tipologia di questo profilo esprime un rallentamento degli scambi e la tendenza all’accumulo delle tossine, con conseguente formazione di vere e proprie zone ipertrofiche, che possono apparire come escrescenze, dalle semplici verruche, ai fibromi o ai papillomi. Le predisposizioni patologiche sono le forme catarrali croniche, come la bronchite cronica, l’uretrite cronica, l’arteriosclerosi, l’obesità, la cellulite, i tumori. I fattori predisponenti a una diatesi sicotica possono essere i trattamenti farmacologici ripetuti a lungo, le vaccinazioni ripetute, le infezioni recidivanti dell’apparato respiratorio o genitale. In questo profilo i principali rimedi omeopatici di reazione sono Thuya, Kalium sulphuricum, Sepia, Pulsatilla, Natrum sulphuricum, Silicea, Antimonium crudum, Causticum, Medorrhinum.
Il terzo profilo è il luesinismo, che viene riferito ad aspetti di lesione e di distruzione, cioè a reazioni di tipo “dis”, che danno sul piano fisico alterazioni cellulari come displasie, distrofie, dove caratteristiche più evidenti sono le ulcerazioni, mentre sul piano comportamentale si esprime con atteggiamenti come l’irrequietezza, l’aggressività o la violenza. Esso esprime la fissazione delle tossine o degli agenti patogeni in una zona del corpo con conseguente alterazione o distruzione dei tessuti interessati. Si tratta di reazioni segnate dalla presenza di processi a carattere propriamente distruttivo nei confronti di organi e apparati con la progressiva perdita sia strutturale che funzionale. Questo accade perché il luesinismo presenta una forte anomalia nella reattività, che sfocia nella manifestazione di irritazioni, lesioni ulcerative, sclerosi e necrosi. Il profilo luesinico esprime una modalità di ammalarsi specifica del tessuto connettivo e osseo, con lassità dei legamenti, dimorfismi, asimmetria, interessamento del tessuto di sostegno dei vasi ematici, con varici o occlusione delle arteriole, ma anche disturbi della dentizione, stomatiti, e gengiviti emorragiche, disfunzioni ormonali e con predisposizione a sviluppare patologie autoimmunitarie come, per esempio, l'artrite reumatoide. A livello psicologico appare tormentato e esprime stati di angoscia, ribellione, pessimismo, rancore, invidia, instabilità psichica, disturbi del sonno. Si ritiene che i fattori predisponenti delle espressioni patologiche di questo profilo siano le infezioni recidivanti e le tossinfezioni croniche. I principali rimedi omeopatici di reazione sono considerati: Mercurius solubilis, Argentum nitricum, Kalium bichromicum, Nitricum acidum, Calcarea fluorica, Fluoricum acidum, Aurum metallicum, Baryta carbonica, Iodum, Luesinum, Phytolacca. Grazie a questi studi ancora oggi gli omeopati, nello svolgimento della loro quotidiana pratica clinica, sia essa riguardante la medicina, la veterinaria o la cura delle piante, si avvalgono di questo prezioso lavoro. Attraverso una particolareggiata valutazione delle espressioni patologiche, la prescrizione del rimedio omeopatico non potrà che essere sempre più mirata e specifica per ogni singolo individuo, a qualsiasi specie esso appartenga, volta a riportare l’equilibrio nella sua globalità, curando in modo “rapido, dolce e duraturo” come già auspicava Hahnemann circa due secoli fa.
Ricerca e sue applicazioni cliniche Il trattamento omeopatico rallenta la progressione della malattia di Alzheimer Un dato notevole nel trattamento della malattia di Alzheimer è stato recentemente segnalato in occasione della Neuroscience Conference a Washington dal National Center for Homeopathy. Un gruppo di ricerca ha presentato gli studi su un approccio multi-target, in combinazione con la medicina omeopatica, che si è dimostrato efficace sia per alleviare i sintomi della malattia di Alzheimer sia nell’influenzare la riduzione della formazione di placche amiloidi nel cervello dei pazienti. Gli studi in vitro ed in vivo sono stati condotti in Francia e in Finlandia ed è stato rilevato che i soggetti hanno migliorato le capacità di apprendimento con un incremento della loro capacità di riconoscere oggetti, evidenziando il miglioramento delle prestazioni della memoria dopo il trattamento (National Center for Homeopathy: http://www.nationalcenterforhomeopathy.org/content/homeopathy-for-alz...). Effetti terapeutici del rimedio Arsenicum album sui globuli bianchi in vitro Ricercatori sudafricani hanno appena pubblicato uno studio che evidenzia come l'Arsenicum album in varie potenze di diluizione abbia dimostrato un effetto biologico sui leucociti, ovvero i globuli bianchi. Ancora un altro studio su cellule ha evidenziato che le ultradiluizioni dello stesso rimedio possono avere effetti biologici. Gli studi hanno fornito la prova di come un procedimento biotecnologico (che valuta la vitalità delle cellule) possa essere utilizzato per valutare scientificamente gli effetti fisiologici delle potenze omeopatiche sulle cellule umane. Hanno confermato inoltre che le potenze omeopatiche hanno avuto effetti terapeutici. (Ive CE, Couchman IM, Reddy L.Dipartimento di omeopatia, Facoltà di Scienze della Salute, Durban University of Technology, PO Box 1334, 4000 Durban, Sud Africa) – (Int J Mol Sci. 2012; 13 (3) :3979-87. Epub 2012 Mar 22). La menopausa ringrazia l’omeopatia Un recente studio ha evidenziato come l'omeopatia possa risultare efficace per le donne in cerca di sollievo dai sintomi della menopausa. È stato dimostrato come la terapia omeopatica possa essere utile per alleviare i sintomi della menopausa, come vampate di calore, sudorazioni notturne, ansia, palpitazioni, depressione, insonnia. Si è visto come l’intervento di diversi rimedi omeopatici influenzi i livelli sierici di FSH, colesterolo, trigliceridi. I farmaci ritenuti più indicati nello studio sono stati: Sepia, Lachesis, Calcarea carbonica, Lycopodium e Sulfur. (J Altern Complement Med.. 2011 Nov; 17 (11) :1037-42).
APRILE 2012
Nella medicina omeopatica, l’approccio diagnostico si avvale di quella branca della medicina classica nota come semeiotica medica, ovvero di quella metodica che presta attenzione e si sofferma in modo particolare sui segni e sui sintomi espressi dall’organismo quando si ammala. Vengono presi in esame non solo tutti i sintomi, seguendo ogni singolo apparato, ma anche le peculiarità di questi sintomi, le modalità con cui si esprimono e anche le particolarità caratteriali o psicologiche o le abitudini o le attitudini del soggetto ammalato, in modo che si possa essere facilitati nell’identificare una sua determinata costituzione e predisposizione ad ammalarsi di alcune patologie anziché di altre. Sarà così la convergenza di alcuni sintomi o comportamenti precisi tipici che indirizzeranno a individuare la terapia idonea per il malato, ossia di quale rimedio omeopatico necessiti. Questo per arrivare a scegliere, tra le sostanze classificate nella materia medica omeopatica, proprio quel medicinale specifico che è tipico di un caratteristico quadro sintomatologico che si esprime quasi come se fosse una immagine o una fotografia, in cui è impressa una tipica espressione, sia di atteggiamenti che di segni patologici. Numerosi omeopati fino a oggi si sono dedicati allo studio e alla classificazione di sempre nuove sostanze usate in diluizione a scopo curativo e hanno contribuito ad arricchire la materia medica e il repertorio omeopatico di ulteriori conoscenze cliniche e diagnostiche. Alcuni, tra questi omeopati, si sono anche cimentati a sviluppare, per così dire, una vena artistica, che li potesse agevolare soprattutto nella didattica e nell’insegnamento dell’omeopatia, realizzando caricature, disegni o una sorta di “scatti fotografici” di quelle che possono essere definite le “tipologie” di un rimedio. L’immagine che presento qui a fianco è quella attribuita alla foto di un soggetto Nux vomica, ovvero di chi potrebbe avere bisogno della Noce vomica (pianta della famiglia delle Loganacee) sottoposta a diluizione e dinamizzazione. Possiamo delineare Nux vomica come la classica immagine del manager che sente tutte le responsabilità sulle sue spalle, un ambizioso che subisce tuttavia episodi di avvilimento. È un individuo teso, nervoso e per questo può avere frequentemente spasmi e cefalee. È zelante ma irresoluto, a volte frustrato dalle sue limitazioni. Astioso, stizzoso, irritabile, portato alla lite. È meticoloso, amante dell'ordine, molto accurato. Le sue collere sono molto spesso esagerate e alle volte basta una inezia perché esploda. Non sopporta la consolazione, né la contraddizione, tuttavia contraddice gli altri. I bambini Nux vomica sono decisamente competitivi; incapaci di perdere, si lasciano andare a crisi di collera se perdono anche a un gioco banale. Non ammettono mai di aver sbagliato. Gli adolescenti possono portare rancore verso i genitori e non è raro che si rivolgano a loro con disprezzo e arroganza.
A Nux vomica si attribuisce l’immagine del buongustaio che non disdegna il vino, la birra, gli alcolici, abusa di caffè e fumo, mentre prova disgusto per l’acqua, per gli spinaci o per lo stesso caffè dopo che ne ha bevuto troppo. Ha problemi digestivi accusando un senso di peso come una pietra sullo stomaco, soffre spesso di gastriti accompagnate da forti bruciori e nausea con emicrania durante la digestione e può avere disturbi al fegato, con calcoli e coliche biliari. Il suo nervosismo tende a procurare disturbi cardiovascolari, soffrendo soprattutto di ipertensione arteriosa. Può avere anche gotta, coliche renali, uricemia alta e iperlipidemia. È vorace nel mangiare, ma poi si lamenta perché gli viene mal di testa subito dopo, lamentandosi di un senso di cerchio che stringe il capo o nevralgia. Dopo il pasto ha anche sonnolenza detta postprandiale. Soffre di depressione al risveglio e a volte di senso di vertigine nell’alzarsi. Soffre spesso di insonnia per troppi pensieri che lo assillano e di risveglio precoce. È quindi l’immagine di un soggetto irritabile e suscettibile che in generale si lascia andare agli eccessi. Come aspetto può avere una carnagione scura, capelli e occhi neri. Predilige le temperature calde, sta meglio dopo un bagno caldo, con bevande calde e con il riposo, mentre i suoi sintomi peggiorano dopo aver mangiato o con esposizione al freddo.
Eventi 12 Aprile 2012: Giornata mondiale dell’Omeopatia In occasione della Giornata mondiale dell’Omeopatia, giovedì 12 Aprile 2012, numerosi Medici e Veterinari Omeopati di tutta Italia offrono la loro professionalità aderendo all’iniziativa “porte aperte all’omeopatia” e rendendosi disponibili a un check-up omeopatico gratuito per coloro che lo desiderino e che vogliano saperne di più sulla medicina omeopatica. Consultando il sito www.presidiomeopatiaitaliana.it è possibile conoscere i medici e i veterinari della propria zona che aderiscono all’iniziativa, potendo prenotare la prima visita omeopatica gratuita. A Piacenza dal 12 al 26 aprile: “Omeofest - La Terra” Si terrà la quinta edizione della manifestazione “Omeofest - La Terra”, ciclo di attività e conferenze di divulgazione della Medicina Omeopatica. www.omeofest.it News Sblocco di nuovi farmaci omeopatici sul mercato Dopo 16 anni sarà possibile immettere nuovi prodotti sul mercato e i farmaci omeopatici saranno considerati di serie A e dovranno passare al vaglio dell'Agenzia del Farmaco per la registrazione necessaria alla commercializzazione. È la conclusione di anni di trattative tra Omeoimprese, la Federazione delle aziende omeopatiche, il ministero della Salute e l'Aifa. Trattamento omeopatico della dermatite atopica. Risultati a breve e lungo termine È stato pubblicato quest’anno uno studio osservazionale prospettico condotto da un gruppo di medici italiani e un gruppo di medici argentini (Eizayaga & Eizayaga, e Rossi et al. - Homeopathy. 2012 Jan; 101(1): 21-7 e 13-20) che hanno valutato il trattamento omeopatico della dermatite atopica da due punti di vista, con interessanti implicazioni per la medicina pubblica. Il lavoro ha portato a considerare che nella pratica medica ambulatoriale, il trattamento omeopatico può essere considerato una scelta effettiva per pazienti con questa affezione cutanea.
MARZO 2012
Un concetto che fa da Leitmotiv alla terapeutica omeopatica è quello della forza vitale. Samuel Hahneman, padre dell’omeopatia, scriveva che “L’organismo materiale, considerato senza forza vitale, è incapace di alcuna sensazione, di alcuna attività e di autoconservazione. Unicamente l’essenza immateriale –principio vitale, forza vitale – conferisce all’organismo materiale, nello stato di salute e di malattia tutte le sensazioni e determina le sue funzioni vitali” (da: L’Organon - VI edizione - § 10). In un linguaggio odierno si può tradurre che il dottor Hahnemann evidenzia che la carenza della forza vitale può rendere più vulnerabile un individuo conducendolo verso la malattia; inoltre egli identifica nella insufficiente attività della forza vitale una incapacità di difesa e di auto-conservazione, mentre il mantenimento attivo dell’azione della forza vitale mantiene l’organismo in equilibrio. Ma cos’è questa forza vitale? Di che cosa si tratta? È forse la stessa energia che ha generato il big bang e che tuttora si muove in questo mondo in cui noi ci troviamo a esistere e che regola in qualche modo la vita come noi la conosciamo? O anche qualcosa di più? Di che natura è quest’energia? Sono numerose le culture di questo pianeta che in qualche modo e con nomi diversi contemplano il concetto di una forza vitale insita nell’universo, che compenetra e pone in movimento tutte le cose. Forza vitale in grado di governare l’equilibrio tra le cose e le forme viventi, ispiratrice di evoluzione e dalle capacità riparatrici e terapeutiche. Un “qualcosa” insito in un grande disegno, che fluisce sotto forma di flusso di energia e in cui noi siamo coinvolti. Domande che scienziati curiosi e filosofi si sono posti, desiderosi di conoscere i fenomeni che ci circondano, dedicando la loro ricerca alla comprensione di quel “quid” che fa muovere ed evolvere la vita nell’universo, arrivando a esporre il concetto di "energia vitale", proponendolo non solo come concetto filosofico, ma come un fatto reale, fisicamente dimostrabile. Possiamo citare personaggi a partire da Aristotele, che la identificava nel termine di entelechìa, Ippocrate la chiamava enormon, Paracelso arcanum, Galvani forza vitale, Hahnemann dynamis, forza dinamica o forza vitale, Chahnemann Littefield viataler magnetisnus, W.Reich orgon, A. Mesmer animalischer Magnetismus. L’interesse sulla forza vivificatrice e la sua identificazione è continuato e lo ritroviamo ancora in ricercatori tra il 1920 e il 1983, come Henry Bergson con il termine di elan vital, Hans Driesch: entelechy; Georges Lakhovsky: universion, Dayton Miller la citava come aether; Thomas Hieronymus come eloptic energy; Valere Grishenko come bioplasma; Erwin Schroedinger come negative entropy; Andriia Puharich come psi plasma energy, George de la Warr come biomagnetism, Bjorn Nordenstrom come bioelectricity. In particolare il dottor Samuel Hahnemann considerava la malattia una disarmonia della forza vitale o dynamis e che l’organismo malato, attraverso la materia diluita e dinamizzata, (ovvero il farmaco omeopatico), potesse ricevere un’informazione in merito alle modalità da adottare per guarire, ripristinando l’equilibrio perduto attraverso le sue stesse risorse con un’azione riequilibrante sulla energia vitale: una energia che è presente in ogni essere vivente e in ogni cosa e che può interagire tra organismo malato e sostanza terapeutica. Hahnemann stesso cita nel suo libro intitolato “L’Organon”: “Nello stato di salute dell’uomo la forza vitale, vivificatrice e misteriosa, domina in modo assoluto e dinamico il corpo materiale e tiene tutte le sue parti in meravigliosa attività armonica di sensi e attività, in modo che il nostro intelletto ragionevole si possa servire liberamente di questo strumento sano e vitale per gli scopi superiori della nostra esistenza.” Spiega inoltre come sia necessario esaltare al massimo l’effetto primario dei medicinali omeopatici, cioè il potere medicamentoso delle sostanze utilizzate e quindi nelle sue capacità di riequilibrare l’assetto energetico in un organismo malato; affinché la forza vitale possa essere “costretta ad assumere in sé le impressioni della potenza artificiale agente dall’esterno e a modificare il suo stato” grazie al procedimento di diluizione e dinamizzazione delle sostanze. Sempre su questo argomento, una menzione merita anche il dottor Wilhelm Reich (1897 - 1957), medico e psichiatra austriaco, il cui lavoro di studi e ricerche fu improntato sull’indagine della forza vitale presente in natura. Fu il primo scienziato che riuscì, non solo a confermarne l’esistenza, ma anche a misurare e quantificare il principio energetico, che chiamò energia orgonica o orgone. Dimostrò che questa energia orgonica poteva essere individuata e misurata a terra, nell’atmosfera, negli organismi animali e vegetali e che poteva avere proprietà terapeutiche e positive per la vita. Il suo ingegno lo portò a realizzare diversi dispositivi per poter accumulare, concentrare e utilizzare l’energia orgonica, sia per scopi curativi, che per intervenire sulle condizioni atmosferiche e climatiche e sia per trasformarla in energia meccanica. Dunque un’energia presente e fisicamente dimostrabile e utilizzabile. Di certo gli antichi ne erano già a conoscenza, dal momento che l’avevano identificata e ne facevano tesoro e uso per sue stesse proprietà in campo di terapeutica armonizzatrice. Si può vedere come, per esempio, il druidismo europeo identifichi l’energia vitale nella Korà, l'energia vitale e evolutiva interiore che permea l’universo e porta verso la realizzazione della coscienza cosmica. La Korà, o forza vitale, “è simboleggiata nella mistica dell’Yggdrasil, l’albero della vita, che attiva i nai-tah, le 5 tappe esperienziali e bioenergetiche” localizzate lungo la colonna vertebrale attraverso cui passa il flusso vitale che genera guarigione, benessere e rapporto di armonia col Vuoto, da cui tutto ha origine e in cui tutto viene ricondotto come il vero senso delle cose. La medicina cinese chiama la forza vitale: Qi o Ch'i, responsabile sia del funzionamento del nostro corpo come del movimento degli astri. Il Ch'i é presente in tutto. La corrente dell'energia vitale possiede due aspetti che si completano nel cielo e nella terra e originano armonia. Nella medicina indiana Ayurverdica è identificata come Prana, un’energia vitale che é all'origine di tutte le cose materiali ed immateriali. Il Prana viene irradiato dal sole e viene inspirato ed espirato con l'aria. Vie energetiche conduttrici denominate "Nadis" attraversano tutto il corpo e portano il "Prana" in tutte le sue parti. Se l’energia vitale fluttua regolarmente non si manifesta nessuna malattia. Nelle Hawai il principio dell'energia vitale era la base di un antica terapeutica e questa energia veniva chiamata Huna suddivisa in tre forme: Mana (energia corporale), Mana Mana (energia del pensiero) e Mana Loa (energia spirituale o energia occulta). Il loro simbolo era il sole, fonte di tutte le energie vitali. Questi citati sono solo alcuni esempi di come culture di diverse parti del pianeta, con nomi apparentemente diversi, abbiano identificato e utilizzato anche dal punto di vista terapeutico questo flusso vitale che compenetra tutte le cose, al fine di realizzare e mantenere benessere e armonia.
Persino la saga cinematografica di Star Wars, richiama all’energia vitale che può essere fonte ispiratrice dei complessi fenomeni biologici, psichici e coscienziali dell’universo, con la sua famosa citazione "May the Force be with you ".
News In Norvegia: studio sugli Omeopati in rapporto alla popolazione media È stato pubblicato su THE JOURNAL OF ALTERNATIVE AND COMPLEMENTARY MEDICINE (Volume 18. Number 1,2012, pp. 42—47) uno studio di un gruppo di ricercatori norvegesi, condotto da Marit B. Rise, in cui è stata applicata la nuova classificazione della personalità (NEO Personality Inventory -NEO-P-IR) per descrivere i profili di personalità degli omeopati in Norvegia. La classificazione NEO-PI-R ha espresso i punteggi relativi a cinque tratti: estroversione, apertura, gradevolezza, coscienziosità, nevrosi. L’indagine ha comparato 128 membri dell’Associazione Norvegese degli Omeopati (pari al 39%) con un campione medio della popolazione. Ne è risultato che rispetto alla popolazione normale con punteggio medio 50, gli omeopati hanno avuto un punteggio significativamente più alto sulle 5 tipologie della personalità: apertura (54.7) e gradevolezza (58.0). Piccole ma significative differenze sono state osservate per la coscienziosità (52.3) ed un punteggio più basso per l’estroversione (48.3). nessuna differenza significativa è stata individuata per nevrosi. Se ne è concluso che le persone che lavorano come omeopati possono essere descritte come persone aperte a nuove e differenti idee, come persone premurose, comprensive ed altruistiche. Quindi c’è ragione di pensare che queste predisposizioni siano determinanti nella scelta di essere omeopata come occupazione. Omeopatia e AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco): un nuovo software L'Agenzia AIFA presenta alle aziende il “Sistema Omeopatici", un nuovo strumento informatico che sostituisce l’attuale Banca Dati del Ministero della Salute denominata “Notifica dei medicinali omeopatici" L'Agenzia Italiana del Farmaco ha realizzato un nuovo sistema informatico dedicato ai medicinali omeopatici che sarà presentato alle aziende il 2 marzo prossimo alle ore 10.30 presso la sede dell'AIFA a Roma. Il nuovo sistema sostituisce l'attuale Banca Dati del Ministero della Salute denominata "Notifica dei medicinali omeopatici" e permetterà di censire i medicinali omeopatici attualmente sul mercato in Italia (in virtù delle disposizioni transitorie previste dall'art. 20 del decreto legislativo n. 219/06 come modificato dal decreto legislativo 274/2007) e di aggiornare e implementare i dati già presenti sulla Banca Dati preesistente, consentendo così di poter anche fornire risposte puntuali alle richieste specifiche provenienti dalle altre istituzioni europee.
FEBBRAIO 2012
Semen Korsakov è stato considerato il promotore della medicina omeopatica in Russia.
Fu membro dell'Ordine cavalleresco di S. Anna, il cui motto dell'ordine era "Amantibus Justitiam, Pietatem, Fidem" ("a quanti amano la giustizia, la pietà e la fedeltà") e l'Ordine di San Vladimiro, fondato da Caterina II di Russia nel 1782, in onore e come riconoscimento agli ufficiali militari e funzionari statali civili che si distinguevano per il loro operato.
Contemporaneo di Samuel Hahnemann, si dice che nel 1829 Korsakov gli scrisse a proposito del suo metodo nuovo per la preparazione dei rimedi omeopatici e lo stesso Hahnemann gli rispose: “Io ammiro lo zelo col quale Lei si dedica alla benefica arte di guarire, non solo al fine di essere d’aiuto alla Sua propria famiglia ed ai vicini di casa ma anche per penetrare nei segreti della natura, come è stato provato dalle Sue note preziose. Con tutte le mie energie io tento continuamente di scoprire qualcosa che potrà essere di più facile uso ai miei discepoli. Io considero questa la migliore strada, nella quale la felicità di noi mortali durante questa breve vita sarà trovata, e sono convinto che anche Lei è di questa opinione. Continui un’attività che soddisfa un cuore sensibile e non riposa. Questo è il mio desiderio, che possa godere il Suo favore. Con la maggiore devozione, S. Hahnemann.”
Il "vettore di informazione" in questi dispositivi erano le schede perforate. I progetti di questi macchinari creati da Korsakov contengono quasi tutti i principi che formeranno il "tabulatore Hollerith", creato più di cinquant’anni dopo.
News Da alcuni dati contenuti nel Rapporto Italia 2012 dell'Eurispes risulta che i rimedi omeopatici rappresentino il 70,6% della scelta preferita dagli italiani per curare i disturbi fisici.
GENNAIO 2012
Uno dei fondamenti principali della medicina omeopatica è quello di prendere in considerazione l’individuo nella sua globalità, sia per quanto riguarda l’insieme dei sintomi e segni patologici, sia nella sua accezione più completa di organismo in equilibrio tra le componenti fisica, mentale e di “forza vitale” che lo anima e lo rende armonico con l’esistenza. Altra peculiarità di questa scienza medica è che per curare la malattia viene utilizzato il rimedio pilù adatto a stimolare le specifiche e particolari capacità di reazione di ogni singolo organismo. Il trattamento omeopatico infatti è sempre individuale, per cui non esiste un trattamento univoco per la stessa malattia; al contrario per un determinato individuo esiste una sola cura valida che comprende l'insieme dei sintomi che esso presenta. Così il medico o il veterinario sceglieranno la terapia adeguata tra parecchie possibilità in base non solo ai sintomi specifici della malattia in atto di quel dato paziente ma anche all’espressione della sua costituzione tipologica. Per costituzione viene inteso l’insieme delle caratteristiche di un individuo sano e in equilibrio e delle patologie a cui è più facile che possa andare incontro proprio sulla base della sua tipologia costituzionale di appartenenza. La classificazione in costituzioni omeopatiche risulta così di valido aiuto nella valutazione diagnostica e terapeutica, soprattutto in pediatria e in medicina veterinaria, dove ci si deve avvalere dei sintomi “non verbali” e dell’osservazione dei segni e atteggiamenti del malato. Già lo stesso Ippocrate (III sec. a.C.) nella sua pratica medica faceva un distinguo tra quattro tipologie di soggetti basate sulla struttura fisica e metabolica: il melanconico, il collerico, il flemmatico e il sanguigno. Questa classificazione fu addirittura usata nella medicina classica fino alla metà dell’Ottocento. Secondo l’omeopatia francese della seconda metà del 1900 e tuttora adottata, negli individui è possibile distinguere quattro costituzioni morfologiche: la costituzione carbonica o brevilinea, quella fosforica o longilinea, quella sulfurica o normolinea e quella fluorica o dismorfica. Ognuna di queste ha delle precise caratteristiche e delle conseguenti predisposizioni a contrarre una malattia piuttosto che un’altra. Così dall’osservazione delle diverse caratteristiche morfologiche, strutturali e anche metabolico-funzionali dei singoli individui, siano essi umani o animali, si possono evincere le differenti predisposizioni patologiche. Così, appare di costituzione carbonica un soggetto strutturalmente di media o bassa statura, con tendenza all’obesità, con muscoli atonici, tipici di un soggetto sedentario, dalla cute pallida, che si stanca facilmente, dai gesti lenti, dalla testa e viso tondo e il collo largo e corto, dalla mano di forma quadrata, così come i denti e le unghie. Tendenzialmente è un soggetto che è portato alla ricerca dell'equilibrio e a compiacere gli altri, di indole calma, pigro, pauroso, ordinato, coscienzioso, disciplinato, rispettoso e responsabile. Tendenzialmente ipotiroideo, può soffrire di una degenerazione dei tessuti vascolari, varici, malattie metaboliche e ipertensione, articolazione rigide e artrosi, reumatismi. In medicina veterinaria possiamo riconoscerlo, per esempio, in un gattone di struttura robusta e arrotondata, dall’andatura dondolante, pigro, docile, di indole buona e non litigioso, pauroso, assecondante. Chi invece appartiene alla costituzione sulfurica è in genere di media statura, con una muscolatura ipertonica e ben sviluppata e un apparato scheletrico robusto. Il torace è quadrato ed in atteggiamento inspiratorio. Se ingrassa, lo fa in maniera tonica che risparmia gli arti. Questi soggetti sono caratterizzati da un grande ottimismo, vivacità, espansività, combattività ed al contempo impulsività nel cercare di portare sempre a termine i propri obiettivi, sono passionali, ipercritici, nervosi. Hanno un carattere intuitivo ed uno sguardo magnetico capace di renderli degli ottimi oratori. Il loro metabolismo tende ad alterarsi, fino a manifestare patologie come diabete, gotta, calcolosi epatica e renale, obesità. Soffrono spesso di sintomi alternanti e che ricompaiono, come prurito, problemi cutanei, secrezioni, bruciori, cefalee e nevralgie. In medicina veterinaria si possono riconoscere le caratteristiche sopradescritte in un gatto di struttura ben proporzionata e tonica, che sta tendenzialmente bene, è coraggioso e reagisce bene a qualsiasi stimolo esterno, individualista ma allo stesso tempo sa farsi amare, vivace ma anche battagliero pronto a difende il proprio territorio. I soggetti di costituzione fosforica, invece, appaiono longilinei, sempre tendenti alla magrezza per l’iperstimolazione del sistema nervoso simpatico e l’ipertiroidismo. Solitamente il viso ha forma triangolare, con la base rivolta verso l'alto, con collo allungato e sottile. Hanno articolazioni flessibili, dita sottili e lunghe. Così come le unghie e denti. Anche il torace è allungato ed in atteggiamento inspiratorio e termina su un addome scavato, con la parte inferiore che eccede su quella superiore, segno di una possibile futura tendenza ad una problematica intestinale. Sono soggetti intuitivi, sensibili, fantasiosi, artistici, intelligenti, rapidi. Si esauriscono facilmente e la loro vita interiore domina su quella di relazione. Soffrono spesso di ipotensione e sono molto freddolosi. Hanno spesso un’intelligenza brillante ma appaiono anche insoddisfatti e scontenti. Raramente soffrono di gravi malattie ma tendono al dimagrimento, anemia e demineralizzazione ossea progressiva e i loro muscoli sono deboli. Sono però predisposti ad ammalarsi di rinofaringiti, bronchiti, pertosse, asma, aumentata motilità intestinale, mal di testa, cistiti recidivanti, squilibri immunitari fino alle patologie autoimmuni. In veterinaria questa costituzione è tipica di gatti magri, con torace esile e con arti lunghi e sottili. Dall’aspetto elegante e armonioso nei movimenti, con pelle rosea e pelo di colore chiaro, di solito rosso o tigrato rosso. Faccia e orecchie sono triangolari e allungate. Sono soggetti caratterizzati da appetito alterno e umore variabile, introversi, temono moltissimo i temporali, sono molto intelligenti, telepatici, veloci e scattanti ma si stancano in fretta e hanno bisogno di riposarsi spesso per “ricaricare le pile”. Infine, la costituzione fluorica mostra una corporatura longilinea e magra ma irregolare nei tratti somatici con asimmetrie e dismetrie. L’apparato scheletrico può presentare curvature patologiche della colonna (cifosi, scoliosi) e difficoltà di crescita. Le dita della mano sono asimmetriche e flessuose. In medicina veterinaria si trovano spesso queste caratteristiche in gattini partoriti per ultimi nella cucciolata o denutriti. L’individuo fluorico può manifestare malattie ulceranti, ipercalcificazioni, osteoporosi, ernie, varici, emorroidi. Questa costituzione può essere caratterizzata da malformazioni congenite o manifestare problematiche vascolari, lassità dei legamenti articolari, ipotonia muscolare, dentizione irregolare. Sono caratteristiche la curiosità, l’ingegnosità, l’instabilità e l’indecisione ma questa costituzione è anche dotata di grande intelligenza, anche se a volte può essere soggetta a manifestazioni di paranoia o sindromi depressive.
News Il dottor Luc Montagnier, medico virologo, Premio Nobel nel 2008 per la medicina, Presidente della Fondazione Ricerca AIDS dell’Unesco a Parigi, sarà presente in Italia al Congresso Internazionale di Medicina Integrata che si terrà a Roma il 23 e 24 marzo 2012. Il suo intervento al Congresso è previsto in seconda giornata, alla terza sessione dedicata alla ricerca. La sua sarà una lezione magistrale dal titolo: “Les ondes electromagnetiques generees par l’ADN en hautes dilutions”, in cui esporrà parte dei suoi recentissimi lavori di ricerca condotti su alcune proprietà della molecola del DNA e della produzione di onde elettromagnetiche in soluzioni acquose altamente diluite. Sarà un’occasione in cui avere approfondimenti sulle implicazioni, non solo in campo medico, delle sue ultime scoperte.
Guida all'omeopatia per la famiglia di Alain Horvilleur. È un libro di facile approccio all’omeopatia e aiuta a farne un uso appropriato. Vi si possono trovare i principali rimedi utili per affrontare anche i piccoli disturbi quotidiani di tutta la famiglia, compresi quelli degli amici animali. Illustra anche le modalità di una visita omeopatica e di come stabilire un buon dialogo con il medico e comprendere le prescrizioni dei rimedi.
DICEMBRE 2011
Quello che in omeopatia viene definito come profilo mentale caratteristico di un rimedio, lo si può capire più facilmente con l’esempio della sperimentazione clinica, ovvero il “proving”[1], che gruppi di studio di medici ricercatori sperimentano in prima persona su se stessi, testando un singolo rimedio omeopatico per volta. La necessità di sperimentare i rimedi su un uomo sano per poterne definire meglio le proprietà curative è stata la grande intuizione di Samuel Hahnemann: attraverso tale procedimento si registrano, seguendo un protocollo abbastanza rigido, i sintomi d’ordine psicologico, generale e fisico che un rimedio produce su di un gruppo di sperimentatori (solitamente medici e studenti di omeopatia) che siano esenti da patologie in atto. Dal saggio “L’Organon” di Hahnemann: “Se a scopo di ricerca, si somministrano rimedi solo a persona malata, sia pure in modo semplice e uno per volta, non si vede nulla o poco di preciso nei riguardi della loro azione pura, perché le alterazioni da aspettarsi, specie dello stato di salute sono combinate con i sintomi della malattia naturale presente.” “I medicamenti non potrebbero in alcun modo guarire le malattie, se non possedessero la facoltà di modificare lo stato dell’uomo nei suoi sentimenti ed attività ed anzi unicamente in questa proprietà è riposta la loro forza di guarigione”. Il gruppo di studio del proving segue un preciso protocollo, con tanto di direttore della sperimentazione e di supervisori, oltre agli sperimentatori, ovviamente. Praticamente succede che allo sperimentatore viene consegnato un rimedio a un determinato dosaggio, che dovrà assumere quotidianamente. Lo sperimentatore non deve sapere qual è il rimedio, per non essere influenzato nella sua reazione ai sintomi accusati, e nemmeno il supervisore. Solo il direttore ne è a conoscenza. Dopo un certo periodo di tempo di somministrazione, che varia da individuo ad individuo, iniziano a comparire i primi sintomi, solitamente non accusati normalmente (in quanto lo sperimentatore gode di buona salute) sia a livello fisico: per esempio mal di testa, vertigini, mal di stomaco, che a livello mentale, quali irritabilità, tristezza, noia; paure, angosce, sogni strani, particolari preferenze alimentari, disturbi del sonno e così via. Ogni sperimentatore annoterà tutti i sintomi peculiari che noterà durante il proving. Così sarà evidente che, ad esempio se il rimedio è Arsenicum, dopo un periodo di tempo tutti gli sperimentatori avvertiranno un inusuale senso di ansia, fastidio verso il disordine, fobie quali quella della morte, delle malattie, ansia per il futuro, senso di fame d’aria o addirittura crisi di panico, oltre a sintomi fisici caratterizzati da senso di bruciore, freddo, sete soddisfatta a piccoli sorsi, e noteranno che tutti i sintomi migliorano con il caldo, tranne il mal di testa che migliora con applicazioni fredde. Tutti i rimedi omeopatici hanno una "mente" cioè hanno delle sintomatologie mentali peculiari che permetteranno di individuare quel sintomo simile che compare nel soggetto affetto dalla patologia con quei sintomi specifici evidenziati e catalogati grazie alla sperimentazione effettuata. Ecco quindi che i rimedi omeopatici risultano utili sia per le sintomatologie legate alle varie patologie fisiche, ma anche per quel che riguarda l’interessamento della psiche, come ad esempio stati ansiosi, stati depressivi, fobie, crisi di panico e le diverse patologie della sfera mentale. L’attenzione alle caratteristiche “mentali” inoltre aiutano a inquadrare la patologia nel suo complesso, con sintomi fisici e mentali caratteristici, e a “scremare” il rimedio più idoneo per ogni specifica persona, ovvero il simillimum. [1] Il proving è un esperimento clinico (trial) condotto su di un singolo individuo sano somministrando una singola medicina; più trials condotti su diversi individui sani permettono di conoscere le proprietà di quel preciso medicinale omeopatico
News
Il tema congressuale è “Homeopathy for Public Health”, e lavora su un interessante programma che copre l'intero ambito delle specialità cliniche mediche e va a includere lo scenario della salute pubblica. La missione dichiarata dal comitato organizzatore del congresso è quella di fornire un forum internazionale per medici omeopatici e ricercatori che sono interessati allo sviluppo di questa scienza e al suo ruolo nella promozione della medicina istituzionalizzata pubblica. Questa è un’importante occasione che va ad offrire sia lo scambio di idee che la valorizzazione della conoscenza di questa disciplina. Questo incontro internazionale è stato concepito come una piattaforma per portare professionisti e ricercatori sotto lo stesso tetto in modo da beneficiare di una importante e rara opportunità. Il tema affrontato, cioè il ruolo e il contributo della medicina omeopatica nella Sanità pubblica, vuole sancire il successo della istituzionalizzazione della medicina omeopatica a vari livelli come l’istruzione universitaria, le pubblicazioni scientifiche, i centri sanitari di base, la ricerca organizzata e le adeguate misure di controllo delle materie di partenza dei rimedi omeopatici.
Con questa decisione si è ribaltata una sentenza del Consiglio di Responsabilità Medica svedese che aveva denunciato un medico per avere raccomandato una cura omeopatica ad un paziente. Questa denuncia aveva avviato un dibattito molto controverso nell’opinione pubblica svedese. La Corte Suprema ha sostenuto invece che il paziente non è stato esposto ad alcun pericolo e che il medico aveva utilizzato le necessarie conoscenze scientifiche. Questo episodio va a incrementare un dato di fatto: l'omeopatia sta ottenendo sempre più un riconoscimento istituzionalizzato in molti paesi di tutto il mondo. Basta citare che la medicina omeopatica è già stata ufficialmente riconosciuta da svariati governi, come un sistema di medicina o di specializzazione medica, in stati del Centro e Sud America, Asia ed Europa. In alcuni di questi paesi, inoltre, l'omeopatia è stata integrata nei sistemi di assistenza sanitaria nazionale, come nel caso di Brasile, India, Messico, Pakistan, Sri Lanka e Regno Unito.
NOVEMBRE 2011
A oggi sono circa settecento i rimedi omeopatici usati dalla farmacopea mondiale. Sono tutti costituiti da sostanze presenti in natura, cioè ricavate da quelli che sono conosciuti e classificati come regno minerale, regno vegetale, regno animale, ma non solo. Esistono anche altri ricavati a cui è stata assegnata la nomenclatura di Nosodi, Sarcodi e Imponderabili. Fanno parte del regno minerale i rimedi comprendenti i cationi, gli anioni, i sali, gli acidi, i metalli e i gas, catalogati basandosi sullo studio della tabella periodica degli elementi. Per quanto riguarda il regno vegetale, dall’ultimo decennio si è maggiormente adottata in omeopatia la classificazione in famiglie botaniche, ognuna delle quali ha gruppi di rimedi con tematiche, sia fisiche che mentali, specifiche e ben identificabili. I rimedi del regno animale sono sostanze di derivazione animale, studiati e usati a partire dallo stesso Hahnemann, ma che oggi hanno portato alcuni omeopati sensibili al discorso del rispetto verso i nostri compagni di viaggio su questo pianeta, a riflettere sul loro uso e soprattutto sulla loro preparazione a volte piuttosto cruenta e a sceglierne di conseguenza di alternativi. Questo discorso vale anche per i Sarcodi, che sono ricavati da tessuti o secrezioni biologiche di organismi sani, come ad esempio derivati di tiroide, ipofisi o timo. I Nosodi invece sono un gruppo di rimedi che derivano da tessuti malati e vengono preparati omeopaticamente (cioè diluiti e dinamizzati) in modo che le caratteristiche del processo patologico siano riflesse appunto nel nosode. Una menzione va anche ai rimedi detti “imponderabili”: studiati e applicati da alcuni ricercatori come i raggi X, il magnete, il sole, la luna e la musica, quest’ultima studiata anche da un illustre omeopata della scuola anglosassone. Numerosi lavori sono stati condotti, sia in campo clinico che sperimentale, tali da portare a evidenziare delle precise caratteristiche di appartenenza a seconda delle tipologie di rimedi di ciascun regno o gruppi di ricavati. Si sono potute classificare anche le caratteristiche mentali, considerando ciascun gruppo di appartenenza. È stato così possibile riconoscere le peculiarità espresse dai rimedi minerali, che sono quelle di struttura e organizzazione. Si è visto che chi necessita di questa categoria di rimedi ha un approccio con il mondo attraverso la famiglia, le relazioni, il lavoro, i ruoli, l’adempimento di compiti, la progettazione e l’ordine. Cioè si presenta in modo strutturato e solido, proprio come un minerale. I rimedi animali vengono considerati come più complessi nella loro manifestazione e hanno come tematiche la sopravvivenza, l’attrazione, la competizione, il potere e le gerarchie. I rimedi vegetali hanno come fulcro qualsiasi tipo di sensibilità, quindi rispecchiano soggetti sensibili ai traumi, alle ferite, ai cambiamenti, all’ambiente. Le espressioni sono indice di emozionalità, incostanza e variabilità. Così, per fare qualche esempio, si può dire che, se una persona appare strutturata e considera qualsiasi problematica sopportabile e risolvibile, il rimedio utile nelle sue disfunzioni è di competenza minerale. Se invece fosse molto sensibile e vulnerabile, il cui atteggiamento di vita è gestibile e non necessita di essere condiviso, si può pensare a un rimedio di competenza del regno vegetale. Tutto ciò sottolinea come le caratteristiche attribuite a ciascun gruppo possano essere d’aiuto nel circoscrivere tutti i sintomi nella globalità della malattia manifestata e usare di conseguenza il rimedio più adeguato per curare.
News: NATO e medicine non convenzionali È del 17 ottobre 2011 il comunicato stampa della AIOT (Associazione medica Italiana di Omotossicologia) che annuncia: “La NATO avvia un progetto sulle medicine non convenzionali. Il primo incontro all’Ordine dei Medici di Bologna, con la partecipazione di sei Nazioni.” La notizia riporta che vi è stato un forte incremento nell’utilizzo delle Medicine Non Convenzionali da parte del personale militare. I dati parlano di una percentuale superiore al 50% della popolazione militare, inclusi i dipendenti, negli ultimi anni. Sempre meno, per contro, sono coloro che si avvalgono dei tradizionali servizi medici militari, prendendo le distanze dai farmaci da prescrizione medica e dagli OTC (Over The Counter, ovvero “prodotti da banco”) a causa dei potenziali effetti collaterali. Questa tendenza ha indotto la NATO a istituire un gruppo di studio sulle medicine complementari, il NATO Integrative Medicine Interventions for Military Personnel, nell’ambito del NATO RTO - Research Technology Organisation (*) L’obiettivo del gruppo di studio è di determinare con quale frequenza le medicine vengono utilizzate, se l’accesso avviene direttamente o tramite prescrizione medica, nonché accertare in che misura sono regolamentate dai servizi sanitari e condividere tutte le ricerche disponibili sulle indicazioni e sugli effetti, tanto benefici quanto eventualmente collaterali. Il progetto, che avrà durata triennale, vede la partecipazione di Francia, Germania, Ungheria, Paesi Bassi e Italia, sotto la direzione degli Stati Uniti. In rappresentanza del nostro paese è stato nominato, dal Ministero della Difesa, il Prof. Paolo Roberti di Sarsina, esperto in medicine non convenzionali del Consiglio Superiore di Sanità. (*) La NATO Research and Technology Organisation (RTO) conduce ricerche scientifiche in cooperazione promuovendo lo scambio di informazioni tecniche tra le 28 Nazioni della NATO e i 38 partner, avvalendosi del lavoro di oltre 3.000 scienziati e ingegneri.
OTTOBRE 2011
Dopo il dottor Hahnemann (1755-1843), nello sviluppo e nelle successive applicazioni della medicina omeopatica, si sono andati a creare tre diversi metodi di prescrizione. Capita così oggi di sentir parlare di omeopatia unicista, pluralista e complessista. Quella unicista si è sviluppata soprattutto in Gran Bretagna, sotto la guida del dottor Kent (1849-1976) considerato l’autorevole successore di Hahnemann, che nei suoi scritti spiega che per ogni malato bisogna prescrivere un solo preciso rimedio, il simillimum, quello che copre tutti i sintomi del paziente nella sua globalità, esattamente come nel caso in cui, per ogni serratura, vi è la propria corrispondente chiave.
Nell’omeopatia unicista le indicazioni e la prescrizione di un medicinale unitario richiedono un approfondimento di farmacologia omeopatica. In commercio il medicinale unitario riporta il nome dell'unico principio curativo presente, seguito dal grado di dinamizzazione o potenza, cioè il numero e la sigla della scala di riferimento (CH=centesimale, oppure LM=50 millesimale, oppure K=korsakoviana) e ha la posologia individualizzata secondo la prescrizione del medico omeopata. La confezione del rimedio però è priva di foglietto illustrativo, in quanto non esistono indicazioni e posologia standard: la prescrizione è specifica per ogni individuo, nel suo “simillimum”. Ecco quindi che le indicazioni di un medicinale unitario richiedono un approfondimento specifico di farmacologia omeopatica. Secondo l’omeopatia pluralista, legata allo sviluppo della cosiddetta Scuola francese, la guarigione avviene attraverso la somministrazione di piu’ rimedi associati, ma alternati tra loro, senza tradire il concetto base dell’omeopatia, che è la ricerca del simile. Il Pluralismo, permette di somministrare più di un rimedio anche nella stessa giornata, purché in tempi diversi. L’esponente più importante del pluralismo omeopatico fu il francese Léon Vannier (1880–1963). Questa metodica semplifica la ricerca dei rimedi, riferendosi alla costituzione del paziente. Secondo il costituzionalismo della Scuola pluralista classica, gli individui sono caratterizzati da tre costituzioni morfologiche: quella carbonica, quella sulfurica e quella fosforica. Il metodo della diagnosi e della cura si basa sull’analisi di tali costituzioni. Dagli anni '50, invece, alcune scuole tedesche hanno studiato formulazioni di più rimedi omeopatici, realizzando i cosiddetti “complessi”, molto simili, nel loro utilizzo clinico, al farmaco allopatico. Questo perché sono stati studiati per essere prescritti esattamente come nella medicina classica, ma senza un reale approfondimento omeopatico. Sono utili come sintomatici, cioè per curare il sintomo, ma risultano più superficiali nella loro azione terapeutica. Può essere utile in qualche caso acuto, in cui non si ha il tempo di praticare un’indagine accurata. Oppure è il metodo di chi si avvicina all’omeopatia a piccoli passi. Oppure è il metodo usato dai farmacisti, che non possono esaminare il paziente e praticare l’omeopatia nella sua accezione pura. Il Complessismo contempla quindi l’associazione di più rimedi contemporaneamente presenti nello stesso farmaco, cioè una miscela mirata a curare lo stesso sintomo (per esempio, per la cura della febbre si mettono tutti insieme nella stessa capsula o compressa o soluzione: aconitum, belladonna, eupatorium, bryonia, ferrum phosphoricum, ecc…) nell’ottica che uno di questi sia il “simile” e che quindi agisca. È ancora oggi un metodo caratteristico della scuola tedesca: una tecnica di somministrazione di sostanze diluite e dinamizzate basata sulla somministrazione contemporanea di una miscela di tanti rimedi col presupposto che abbiano un‘azione sinergica.
La Tintura Madre, cos’è e come viene preparata La Tintura Madre, siglata “TM”, è una soluzione alcolica concentrata della sostanza di partenza. Quest’ultima non è altro che la sostanza base che può essere costituita da piante intere, foglie, gambi o steli, cortecce, legno, radici, frutti, semi, gemme, germogli. L’estrazione alcolica della sostanza la si ricava lasciando macerare le piante fresche o le loro parti in alcool a una titolazione adeguata (quindi in modo misurato e controllato), per un periodo minimo di tre settimane. Dopo il periodo di macerazione, viene filtrato il surnatante (cioè la parte liquida che sovrasta il deposito solido), mentre il residuo depositato viene spremuto ad una prestabilita pressione ed il liquido di spremitura filtrato. Il rapporto tra la sostanza allo stato fresco ed alcool è di 1:10, quindi se per esempio, 50 g di pianta fresca danno luogo ad un residuo secco pari a 4 g, la quantità in pianta fresca di 50 g fornirà 40 g di Tintura Madre finale (rapporto 1:10). In genere le Tinture Madri hanno una validità di 5 anni dal momento della loro data di preparazione. La tintura madre è importante perché rappresenta una delle basi di partenza da cui inizia la preparazione delle diluizioni omeopatiche. In fitoterapia, la tintura madre, come la si acquista, la si può utilizzare disciolta in acqua (10-20-30 gocce in un po’ di acqua, a seconda della prescrizione), oppure così come si presenta, in caso di applicazioni locali, o aggiunta a gel o creme per applicazione sulla cute.
SETTEMBRE 2011
Il dottor James Taylor Kent, laureatosi nel 1874 all’Università di Cincinnati in Ohio, divenne docente di anatomia all’Università di Saint Louis nel 1881 e docente di chirurgia nel 1882, attenendosi nell’esercizio della sua professione medica, sia nella teoria che nella pratica, alla metodologia della medicina ortodossa del suo tempo.
Tutti riconoscevano in lui una coscienziosità, una correttezza morale e una lucidità intellettuale, pari alla sua profondità di spirito e allo stesso tempo alla modestia nel suo rapporto coi pazienti. Successe però a un certo punto, nel corso della sua vita personale, che, in occasione di una seria malattia della sua amata moglie, nessun farmaco della farmacopea ufficiale fosse in grado di curare l’anemia con grave stato di deperimento di cui era affetta, aggravata da una irriducibile forma di insonnia. Si vide così costretto, per necessità e per affetto, a cedere alle insistenze della moglie stessa nel rivolgersi a un suo collega medico esperto in omeopatia. Così il dottor Kent, pur lasciando trapelare il suo iniziale ironico scetticismo verso la possibile efficacia di questa disciplina dovette ricredersi e cedere all’evidenza. Le cronache riportano che la moglie migliorò progressivamente e sensibilmente, tanto che Kent rimase incuriosito dalla scienza omeopatica e si documentò su tutto lo scibile disponibile in quel campo. Si dedicò quindi allo studio e alla sperimentazione omeopatica, nonché alla sua numerosa clientela privata e all’insegnamento universitario della Materia Medica. Fu così che il dottor Kent si guadagnò una fama mondiale nel campo della medicina omeopatica, tenendo corsi post universitari in molte importanti università americane. La Filosofia è una raccolta di lezioni che spiegano con un linguaggio chiaro i fondamenti della medicina omeopatica, partendo dagli scritti di Hahnemann. Il Repertorio dei sintomi invece è un'opera pubblicata per la prima volta nel 1897, in cui Kent raccolse tutti i sintomi, opportunamente catalogati per una facile consultazione, con le loro modalità, che sono stati provocati dai rimedi sulle persone sane attraverso le sperimentazioni omeopatiche. Il Repertorio è ancora oggi uno strumento importantissimo per la diagnostica, disponibile in questo ultimo decennio anche in versione informatizzata e completo dell’intervento clinico degli omeopati a livello mondiale.
News dalla Svizzera Dal 1° gennaio 2012 e per un periodo transitorio che va sino alla fine del 2017, cinque medicine non convenzionali, tra cui l’Omeopatia (oltre alla medicina antroposofica, la terapia neurale, la fitoterapia e la medicina tradizionale cinese) saranno rimborsate dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (AOMS) a determinate condizioni. È quanto è stato deciso in Svizzera dal Dipartimento Federale dell’Interno (DFI), che ha informato il Consiglio federale delle proprie intenzioni. Il periodo transitorio servirà a chiarire gli aspetti controversi: sinora, infatti, non è stato possibile provare che queste terapie di medicina complementare soddisfano pienamente i criteri di efficacia, appropriatezza ed economicità (EAE) stabiliti dalla legge. La decisione del Dipartimento Federale dell’Interno (DFI) ha tenuto conto dell’esito della votazione popolare del 17 marzo 2009, nella quale il Popolo e tutti i Cantoni svizzeri hanno accettato l’articolo costituzionale che prevede una maggiore considerazione della medicina complementare. Così l’ordinanza del DFI sulle prestazioni sarà modificata in modo tale da stabilire le condizioni alle quali l’AOMS rimborserà i costi delle cinque terapie succitate. Il DFI ha incaricato l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) di preparare nel primo semestre del 2011 la modifica di questa ordinanza, che per ognuna delle terapie dovrà precisare le modalità di rimborso. Ciò rappresenta a cascata un’azione ad ampio raggio anche per quello che riguarda le professioni mediche. Si prevede di includere la medicina complementare negli obiettivi della formazione dei diversi cicli di studio: medicina umana, farmacia, odontoiatria, chiropratica e veterinaria, con la relativa costituzione di cattedre o istituti universitari. Inoltre una revisione di legge per facilitare l’accesso al mercato dei medicamenti della medicina complementare e dei preparati utilizzati tradizionalmente. Nel progetto vi è anche inclusa la promozione della ricerca, in cui si prevede che i mezzi per la ricerca siano accessibili anche alla medicina complementare se le relative domande di sussidio soddisfano le esigenze poste dal Fondo nazionale svizzero.
AGOSTO 2011
Secondo un antico detto: "se c’è acqua c’è vita"… Nel nostro corpo è l'elemento più presente: costituisce circa il 60% del peso in un individuo adulto, il 75% in un bambino, fino a scendere a circa 50% in una persona anziana. Sembra scontato, ma l’acqua ha un ruolo fondamentale nella dinamica della nostra macchina organica. Addirittura le ultime scoperte dimostrano che è necessaria a vari livelli di processi biologici e sembra essenziale per un’efficiente duplicazione e «lettura » delle informazioni nel Dna. Lo stesso vale anche per il regno vegetale: le piante assorbono l'acqua dalle radici e la conducono fino alle foglie da dove viene traspirata sotto forma di vapore acqueo. Inoltre il movimento dell'acqua verso l'alto deve essere veloce, per non ricadere e affrontare la forza di gravità. Come si spiegano i fenomeni nei quali l'acqua riesce a salire sia per pochi centimetri che per decine e decine di metri? Chi guida questo processo? La struttura dell'acqua è la chiave della particolare versatilità che questa molecola possiede. L'ossigeno elettronegativo può formare legami di natura debole con gli idrogeni elettropositivi delle molecole di acqua adiacenti. In questo modo si formano i cosiddetti legami intermolecolari. Esistono legami intermolecolari che coinvolgono l'acqua ed altre molecole che presentano residui polari come, ad esempio, il glucosio che vi si scioglie. Le molecole d’acqua in ogni istante si agganciano e si sganciano in continuazione tramite le loro estremità cariche e danno luogo ad una rete dinamica di interazione. Così l’acqua è in grado di formare deboli legami con tutto ciò che non sia neutro, grazie al fatto che poli positivi e poli negativi si attraggono: un effetto che viene rafforzato da un interessante fenomeno spiegabile con la meccanica quantistica e chiamato "energia di punto zero". Questo fenomeno provoca una vibrazione dei nuclei atomici che genera uno "stiramento" dei legami fra idrogeno e ossigeno, rendendo più facili le interazioni fra le molecole d'acqua e le loro vicine. L’acqua è anche un elemento fondamentale nella composizione dei rimedi omeopatici. Essa praticamente funzionerebbe da vettore dell’impronta delle strutture con cui viene a contatto nel processo di diluizione e di dinamizzazione. Infatti si conformerebbe nello spazio in reticoli, in modo da copiare e allo stesso tempo, anche veicolare all’interno di un organismo vivente l’informazione peculiare della struttura stessa della sostanza di partenza con cui è stato preparato ogni rimedio specifico. Succede però, che nel processo di diluizione dei rimedi omeopatici, man mano che si procede nelle diluizioni in modo esponenziale, arrivati alla dodicesima centesimale Hahnemanniana (cioè al di là della diluizione 12 CH), non è più possibile evidenziare nemmeno una sola molecola della sostanza in essa disciolta da cui si era partiti. Quindi, a rigor di logica “classica”, quello che compare alle diluizioni maggiori potrebbe essere solo acqua. Ebbene, nonostante ciò, ogni rimedio omeopatico altamente diluito risulta avere sue caratteristiche particolari, come la rifrazione della luce o la capacità di determinare la remissione di patologie, non solo in campo della medicina umana, ma anche in veterinaria o in botanica. Nonostante gli Skeptics, o scientisti di turno, si appellino a quanto espresso dalla fisica classica, secondo cui oltre un certo numero di diluizioni (secondo il numero di Avogadro) non è possibile reperire nell’acqua nemmeno una molecola della sostanza di partenza in essa disciolta, i medicinali omeopatici che sono stati sottoposti a sperimentazioni controllate, si sono rivelati attivi da un punto di vista terapeutico e efficaci anche in campo veterinario e in agraria, evidenziando la risoluzione delle patologie da cui erano affetti i “soggetti” ammalati. Questo è un fatto tangibile che non è certo attribuibile a effetto placebo o a fenomeni di suggestione del malato, trattandosi di animali o piante. A conferma di questi dati sono stati numerosi, per esempio, i lavori di studio e ricerca condotti presso la facoltà di Agraria dell’Università di Bologna. Se ne possono citare alcuni, tra cui una sperimentazione in cui è stata evidenziata l’efficacia di trattamenti omeopatici ad altissima diluizione su piante di tabacco inoculate con il virus del mosaico del tabacco. Così come interessante è sicuramente un altro lavoro in cui è stata messa in evidenza l’efficacia di trattamenti omeopatici ad altissima diluizione sulla crescita in vitro di piantine di grano. È stato inoltre significativo che lo stesso modello sia stato riprodotto da un gruppo di ricercatori svizzeri che hanno ottenuto gli stessi significativi risultati.
News scientifiche Da Huston: omeopatia efficace contro cellule tumorali
L'uso dei rimedi omeopatici in alte diluizioni continua a far parlare di sé e solleva interesse o controversie nella comunità scientifica. Fortunatamente la vera ricerca continua e sempre più seri scienziati rivolgono i loro sforzi per chiarirne i meccanismi d’azione e per allargarne il campo di applicazione terapeutica. Da un recente studio di laboratorio “in vitro” arrivano nuovi dati sull'azione di questi farmaci ad effetto collaterale pressoché nullo, in particolare in campo oncologico.
In questa ricerca sono stati testati per la prima volta in laboratorio alcuni rimedi omeopatici su cellule di tumore al seno. Quello che si è osservato è stato un effetto positivo nel contrastare la crescita delle cellule in esame. L'esperimento è stato ripetuto almeno due volte per ciascun rimedio testato: Carcinosinum, Conium maculatum, Phytolacca decandra e Thuja occidentalis.
LUGLIO 2011
Il Dottor Costantine Hering (1800-1880), assistente del dottor Robbi all’università di Lipsia, fu incaricato dalla classe medica dominante della seconda metà dell’Ottocento, di studiare i principi e le applicazioni dell’omeopatia al fine di screditare e rendere evidente che la medicina omeopatica è empirica e si tratta solo di un bluff.....
Ma ciò non successe: egli nella sua ricerca si rese conto del contrario, tanto che si appassionò allo studio e all’applicazione terapeutica dei rimedi e il suo contributo clinico arricchì addirittura la Materia Medica omeopatica, la cui metodologia è ancora oggi strumento di riferimento per i medici omeopati e lui stesso riconosciuto come uno dei maggiori omeopati di tutti i tempi, per il suo rigore scientifico e la sua metodologia di ricerca. I suoi studi, che lo portarono a dichiarare la validità terapeutica della medicina omeopatica, gli costarono il fatto di venire allontanato dalla classe medica. Viene riportato che egli stesso contrasse un’infezione che guarì proprio con un rimedio omeopatico, quando invece dei suoi colleghi medici “classici” gli avevano detto che avrebbe dovuto farsi amputare la mano. Si trasferì dunque a Philadelphia (USA) dove costituì una scuola di omeopatia. Interessante è il fatto che i suoi studi riguardarono anche gli usi della nitroglicerina trent’anni prima che la medicina tradizionale la utilizzasse. Nel corso delle sue ricerche cliniche egli codificò le “leggi di guarigione” secondo natura che esprimono come, nel malato, il decorso e la direzione dei sintomi procedono dall’alto in basso, dall’interno verso l’esterno e in ordine inverso di comparsa, cioè, per fare un esempio: in fase sintomatologica compare prima eczema cutaneo, poi asma, poi gastrite. In fase di guarigione, il primo sintomo che scompare è la gastrite, poi l’asma e quindi l’eczema cutaneo. Nelle sue Leggi fondamentali di guarigione, Hering spiega che l’organismo, nella malattia, esprime un momento di manifestazione di sintomi, non solo fisici, ma anche mentali e vitali. Se si sopprime solo il sintomo, senza averne compreso la causa profonda, si rischia di compromettere sempre più lo stato generale del paziente portando all’instaurarsi della cronicità patologica.
Immunologia e omeopatia: un aiuto reciproco La metodologia omeopatica suggerisce nuovi orizzonti alla medicina classica, nel campo della Micro-Immunoterapia.
Nasce già nel 1967 la Micro-Immunoterapia, coi risultati incoraggianti ottenuti dal dottor Maurice Jenaer attuati mediante la somministrazione di acido desossiribonucleico (RNA) aspecifico altamente diluito e dinamizzato a pazienti malati di cancro, con l’intento di stimolare le loro difese immunitarie. Nel 1990 il dottor Bernard Marichal scopre le proprietà terapeutiche degli SNA (Acidi Nucleici Specifici) impiegandoli in Micro-Immunoterapia in associazione alle citochine. Vengono dunque sperimentati, con risultati terapeutici promettenti, medicinali complessi, costituiti da citochine, per ristabilire la giusta comunicazione all’interno del sistema Immunitario; da proteine recettoriali trans-membrana HLA, in grado di interferire sul legame tra antigeni attivanti ed i recettori trans-membrana della cellula infettata; da acidi nucleici specifici che limitano gli effetti proliferativi e di de-differenziazione, tipici della perdita del controllo metabolico cellulare.
Alcuni anni più tardi, nel 1994, le formule di Micro-Immunoterapia vedono la loro produzione industriale espandersi in Europa.
GIUGNO 2011
Anno 1839 Anno 1840 Anno1844 Viene istituita a Palermo, per decreto regio, l’Accademia Omiopatica. Venivano stampati almeno due giornali omeopatici e vi era un ambulatorio pubblico con dispensario gratuito per i pazienti meno abbienti. Con l’istituzione dell’Accademia Omiopatica, Palermo fu l’unica città italiana nella quale, per quasi vent’anni, esistettero due Università mediche concorrenti, con pari dignità legale. Anno 1846
Anno 1854 A Palermo, l’Accademia Omiopatica si chiama “Siciliana” (o “Sicula”). Il dottor Constantine Hering ne era membro. La prima azione ufficiale dell’omeopatia in Italia fu in concomitanza di una epidemia nel 1833 a Messina, grazie al prof. Scuderi e successivamente, nel 1854, per l’epidemia di colera a Palermo, dove il dottor Crimi, su incarico del governo, curò omeopaticamente gli ammalati, tenendo sotto controllo l’epidemia in appena 10 giorni Questo successo provocò meraviglia e scalpore in tutta Italia al punto che il Ministro della Marina, dell’Industria e della Guerra decise di far curare le truppe con rimedi omeopatici. Oggi, nella nuova sede dell'Archivio Storico della Città di Torino è stata riallestita quella che fu creata nel 1862 da Pietro Arnulfi in contrada della Provvidenza (l’attuale via XX Settembre in Torino) e nominata la «Magnifica» farmacia omeopatica. Essa venne rilevata nel 1876 dall'«Instituto Omeopatico», che poi fu annesso nel 1929 all'ospedale Omeopatico Italiano ed ereditato nel 1985 dal Comune. Accanto agli strumenti utilizzati un tempo per la preparazione dei rimedi omeopatici, sono presenti tuttora oltre 250 volumi superstiti della biblioteca specializzata dell'Istituto: trattati ottocenteschi, rare riviste del primo Novecento, preziosi manuali di scienza medica nuovamente consultabili.
…ancora sulle diluizioni In linea generale, si possono suddividere le diluizioni Classiche Hahnemanniane (CH) in basse (la 4CH e la 5 CH), medie (la 7CH e la 9 CH) ed alte (la 15 CH e la 30 CH). Le basse vengono utilizzate indicativamente quando il sintomo da curare è prevalentemente fisico, la similitudine con il rimedio è limitata ai soli segni locali d’organo e può non essere perfetta nei dettagli; per l’utilizzo delle alte è necessario che la similitudine riguardi il comportamento generale e le corrispondenze devono essere complete, i sintomi da curare coinvolgono anche la psiche e la parte energetica più sottile dell’organismo. Qui sotto si riporta uno schema di base sulla classificazione delle diluizioni centesimali Hahnemanniane e uno schema sulla durata di azione media. CLASSIFICAZIONE DELLE DILUIZIONI CH
DURATA D’AZIONE MEDIA DELLE DILUIZIONI CH
Ecco anche, per comodità, lo schema qui sotto che riporta una “scala di conversione” approssimativa fra diluizioni CH e K (Centesimali Hahnemanniane e Korsakoviane):
MAGGIO 2011
Dal 1806, con Hahnemann, la diffusione dell’Omeopatia passò dalla Germania all’Austria, e al seguito delle truppe austriache, anche all’Italia, a Napoli nel regno dei Borboni di Ferdinando I. Arriva in seguito a Torino e a Roma. Si diffuse poi, condizionata dagli eventi politici-culturali nel resto dell’Europa, specialmente in Francia e Gran Bretagna e poi in Brasile (1818) e Stati Uniti (1825) La medicina omeopatica prende piede efficacemente negli USA grazie al lavoro clinico e sistematico del dottor Kent (1849-1916) che con la sua pubblicazione del 1905 de “La Materia Medica”, porta un grosso contributo scientifico e di conoscenza per l’attuale medicina omeopatica. Il post-Hahnemann, comunque, si rivela altrettanto prolifico e l'omeopatia continua a progredire rapidamente grazie a studiosi e sperimentatori come: Clark, Hering (al quale si deve l'introduzione dell'omeopatia in gran parte degli Stati Uniti), Von Boenninghausen, Griesselich, Quinn (al quale si deve lo sviluppo in Gran Bretagna), De Guidi (che la sviluppò in Francia), Necker, medico dell'armata austriaca d'occupazione a Napoli, che la introdusse nel Regno delle due Sicilie, Kent che sperimentò la duecentesima diluizione centesimale e diede un prezioso contributo alla Materia Medica,Vannier che propose una nuova suddivisione tipologica, fino ad arrivare, in tempi più recenti, a Julian e Tetau. Nel XIX secolo l'omeopatia prese decisamente piede ma divenne anche oggetto di continua animosità da parte della medicina tradizionale.
Come vengono preparati i rimedi omeopatici Il metodo elaborato da Hahnemann sulla preparazione dei rimedi omeopatici era basato sulla diluizione, in cui il materiale di partenza in tintura madre (ottenuta macerando in alcool sostanze provenienti dal regno vegetale, animale, minerale e biologico), veniva diluito in flaconi separati, con operazioni successive. Per ogni diluizione Hahnemann eseguiva almeno 100 succussioni, ossia dinamizzazioni: agitava ripetutamente il composto ottenuto perché riteneva che così potesse liberare al meglio le sue proprietà terapeutiche. Oggi, i rimedi omeopatici si preparano a partire dalla Tintura Madre (Tm), secondo quanto riportato dalla Farmacopea Ufficiale Francese – X edizione del 1983, con supplemento del gennaio 1989, dove la tintura madre subisce successivamente i procedimenti di diluizione e di dinamizzazione. Le diluizioni hahnemanniane (H) di più frequente utilizzo sono: -in rapporto di 1:10, che è la diluizione decimale, indicata dalla sigla DH; qui una goccia di soluto (sostanza) viene unita a 9 gocce di solvente, cioè acqua e poi scossa (dinamizzata). In questo modo si ottiene la prima decimale Hahnemanniana, ovvero DH1. Da qui viene prelevata una goccia di questa preparazione e unita a 9 gocce di acqua in un boccettino nuovo, il tutto scosso e quindi si ottiene la DH2….e così via nelle diluizioni successive. Questa metodica viene chiamata: diluizione hahnemanniana o a flaconi separati (H); -se il rapporto è di 1:100, la diluizione sarà invece centesimale o CH; qui una goccia di soluto (sostanza) viene unita a 99 gocce di solvente, cioè acqua e poi scossa (dinamizzata). In questo modo si ottiene la prima centesimale Hahnemanniana, ovvero CH1. Da qui viene prelevata una goccia di questa preparazione e unita a 99 gocce di acqua in un boccettino nuovo, il tutto scosso e quindi si ottiene la CH2….e così via nelle diluizioni successive. -Esiste anche la 50 millesimale, indicata dalla lettera LM o 50 Millesimale, in cui la prima diluizione è di 1:50.000, elaborata da Hahnemann nell'ultima edizione del suo trattato: ”l'Organon”. Esistono anche le diluizioni Korsakoviane (K) (metodologia del dottor Korsakov), che sono invece diluizioni preparate a flacone unico. Cioè il flacone, a ogni diluizione viene svuotato e riempito, considerando che le pareti del contenitore contengono ancora la sostanza che ha accolto il recipiente, e così via, riempito e svuotato a ogni passaggio, dove la soluzione viene sempre dinamizzata, passando in successione dalla 1K, 2 K..ecc..dopo ogni riempimento, scuotimento e svuotamento A parità di passaggi le diluizioni K risultano molto più concentrate rispetto alle H, in quanto le pareti del contenitore risultano avere più di una sola goccia di preparato.
Le diluizioni H sono meno economiche ma più precise; tuttavia molti omeopati ancora oggi continuano ad apprezzare ed usare le diluizioni Korsakoviane, per la loro ecletticità d’azione, in quanto è come se la diluizione finale contenesse in sé simultaneamente tutte le precedenti.
APRILE 2011
Samuel Hahnemann, rispettato e bravo medico dei primi dell’’800, rendendosi conto di quanto la medicina della sua epoca fosse limitata e non risolvesse le patologie (non tollerava che tutto dovesse venire curato coi salassi e purganti) decise di smettere di fare il medico, tanto che, d’improvviso, un giorno mandò via dal suo ambulatorio tutti i pazienti, dicendo: “…via! andate tutti via!... io non sono in grado di guarirvi!”. Si dedicò dunque alla chimica e per vivere e mantenere i numerosi figli, intraprese traduzioni di testi scientifici, poiché conosceva numerose lingue (inglese, francese, italiano, greco e latino oltre che arabo e caldeo).
Proprio durante la traduzione di uno di questi testi, un trattato di “Materia Medica” del medico scozzeze William Cullen, venne a sapere che gli operai che lavoravano la corteccia di china (dalla quale si estraeva il chinino per curare la malaria), sviluppavano sintomi che ricordavano proprio quelli della malaria stessa. Hahnemann decise allora di provare gli effetti di quella sostanza su se stesso (in dosi ponderali ed in tempi successivi) pur trovandosi in buono stato di salute. Dopo l'assunzione constatò la comparsa di sintomi tipo "febbre intermittente", gli stessi che la sostanza era in grado di curare. Iniziò così a sperimentare anche altre sostanze che, come la china, venivano utilizzate come farmaci. Nelle sue varie sperimentazioni il risultato fu sempre il medesimo: le sostanze utilizzate a scopo terapeutico, se somministrate ad un individuo sano, producevano i sintomi della malattia per le quali venivano somministrate. Ipotizzò quindi che una serie di sintomi si potessero curare con la sostanza che in una persona sana avrebbe prodotto gli stessi sintomi. In base a questi studi, Hahnemann fece propria l’antica legge del “similium” ossia della similitudine: “similia similibus curantur”, ovvero “i simili si curano con i simili”, principio utilizzato già da Ippocrate, e che divenne il cardine della terapia omeopatica. Il frutto delle sue ricerche ed applicazioni cliniche sarà riportato su tre importanti opere: L’Organon, l’arte del guarire (che aggiornò man mano in sei edizioni), Le Malattie Croniche e la Materia Medica.
10 Aprile 2011: Giornata Mondiale dell'Omeopatia Il 10 aprile 2011 sarà la Giornata mondiale dell'Omeopatia. Rappresenta un'iniziativa promossa annualmente dalla Lmhi, Liga Medicorum Homeopatica Internationalis, organizzazione presente in oltre 60 paesi nel mondo. Per il 2011, la Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopatici aderisce, insieme alle associazioni europee, all'iniziativa e lancia in venti città italiane la sua campagna di informazione e di raccolta fondi per le iniziative umanitarie e si trova quest'anno impegnata nel finanziamento delle possibilità di prevenzione e cura della malaria in Africa, dove saranno finanziati due ambulatori per la formazione di personale e per la prevenzione e cura delle popolazioni a rischio.
Secondo la FIAMO ”la Giornata dell'omeopatia anche quest'anno vuole essere un evento che raccoglie non solo l'interesse di chi ha scelto di usare la medicina omeopatica per curarsi, ma anche quello di far comprendere a chi non usa l'omeopatia o a chi la avversa, l'importanza del confronto con un paradigma scientifico diverso, rinforzando il messaggio della libertà di scelta terapeutica, soprattutto in considerazione delle attuali scelte legislative che molte regioni stanno mettendo in campo e alla luce delle ultime evidenze scientifiche internazionali.”
MARZO 2011
L’omeopatia viene ufficialmente fatta nascere con il medico tedesco Samuel Hahnemann, che nelle sue pubblicazioni scientifiche, a partire dal 1806, ne gettò le basi in modo sistematico e metodologico. L’omeopatia non rappresenta solamente una scienza medica ma anche una scuola di pensiero che si avvicina alla malattia e al malato in quanto considera l'individuo nella sua globalità. Tale filosofia medica, sebbene sia stata approfondita, soprattutto in Occidente da circa due secoli ha, in realtà, radici molto antiche. C’è chi la attribuisce già a Ippocrate (400 a.C.) che affermava "Similia Similibus Curentur" ossia il simile cura il simile. Per questa ragione egli venne definito il progenitore del principio di similitudine, principio base della medicina omeopatica. Circa due millenni dopo, fu Paracelso (nella prima metà del 1500) a proseguire i suoi studi e, grazie alla pratica dell'alchimia, a gettare ulteriori basi per la formulazione della medicina omeopatica. La nozione di analogia in medicina, tuttavia, esisteva anche prima di Ippocrate, infatti, le cosmologie dei Popoli naturali, con il loro impatto in medicina, si fondano essenzialmente su rapporti di analogia che l’uomo aveva stabilito con l’ambiente e la Natura e fu utilizzata da molte culture, inclusa quella Maya, Indo-americana, Indo-asiatica, Cinese, Europea di tradizione druidica e Greca. I greci riproposero l’intuizione delle profonde correlazioni con la Natura e il rapporto della medicina con la natura globale cosa che, d'altronde, la medicina cinese aveva già codificato da vari secoli, dando luogo alla teoria delle costituzioni umane in relazione ai 4 elementi naturali: terra, acqua, aria e fuoco. Ma ancor prima, già in Europa i Celti la applicavano in riferimento alle conoscenze druidiche sulle terapeutiche dell’acqua e degli elementi presenti in Natura, molto vicine agli attuali studi sulle proprietà delle diluizioni infinitesimali (altro principio base della medicina omeopatica) e le caratteristiche dell’acqua secondo la fisica quantistica.
L’omeopatia rispetta la prima regola medica: “non nuocere”, già contemplata da Ippocrate (“ primum non nocere”), in quanto nella scelta terapeutica bisogna innanzitutto non arrecare danno all’organismo già ammalato privilegiando il trattamento che presenta meno controindicazioni. Un’altra sua prerogativa è quella di trarre dalla natura la cura stessa: il “natura sanat”. Infatti i tre fondamenti che la caratterizzano sono: - i medicinali omeopatici vengono preparati attraverso l’utilizzo di sostanze prese in natura; - l’applicazione del “principio di similitudine”, cioè “il simile cura il simile”. Questo è un approccio diverso da quello utilizzato dalla medicina ortodossa, la quale è invece una medicina “del contrario”, “anti-pathos” dove, per esempio, l’acidità viene curata con un anti-acido, un’infiammazione curata con un anti-infiammatorio, ecc; - l’uso delle dosi infinitesimali, cioè le sostanze curative di partenza vengono molto diluite in acqua fino a dosi così piccole che spesso non contengono più neppure una sola molecola della materia di partenza. Oltre a essere diluite vengono contemporaneamente dinamizzate (ovvero sottoposte a succussione, cioè scosse dentro i contenitori in cui vengono preparate). Come si usano i prodotti omeopatici - Granuli, cioè piccole sfere di saccarosio e lattosio, che però oggi è possibile reperire anche senza lattosio e glutine, per gli intolleranti (basta chiedere al farmacista: oggi vi sono ditte che li producono) contenuti in tubetti di quattro grammi. Vanno assunti possibilmente senza essere toccati dalle mani, lasciandoli sciogliere sotto la lingua, preferibilmente non ravvicinati all’assunzione di cibo, per aumentarne l’assorbimento. - Globuli (piccolissime sfere di circa un decimo più piccole rispetto ai granuli) contenuti o in tubetti di un grammo oppure presentati in capsule predosate, apribili al momento dell’uso e dove i globuli si fanno cadere sotto la lingua. Vanno assunti con la stessa prescrizione indicata per i granuli. - Gocce (diluizioni a vario grado alcoolico). Vanno assunte direttamente sotto la lingua oppure diluite in un po’ d’acqua, previa succussione del flacone e non devono venire a contatto con metalli (tipo cucchiai in metallo: meglio l’uso di quelli di plastica). Si consiglia che tutti i rimedi in forma liquida siano tenuti lontano da fonti elettromagnetiche (cellulari, tv, radio, computer) quindi se in borsetta ci si porta il flaconcino del rimedio, meglio non porlo vicino al cellulare, o a casa vicino a emittenti di campi elettromagnetici. Come via di somministrazione è da privilegiare quella sublinguale, ma in caso di necessità, tipo in bambini molto piccoli o in animali è possibile usare la via transcutanea su cute sana, ovvero facendo cadere qualche goccia su una porzione di cute sana (non ammalata o ferita). - Compresse con base di lattosio (miscele di rimedi ed eccipienti, in polvere). - Collutori orali (in diluizioni alcoliche). Vi sono inoltre anche le fiale orali, le supposte, le pomate e gli ovuli vaginali che sono presentati come nelle forme farmaceutiche classiche.
Se in gocce: ricordarsi sempre di effettuare la dinamizzazione prima della somministrazione. In campo veterinario è stato visto che i rimedi omeopatici funzionano comunque anche ponendoli direttamente nel cibo o nella ciotola dell’acqua o, come già accennato sopra, alcune gocce del rimedio su una porzione di cute sana: per esempio per un gatto il contatto di qualche goccia sulla cute dell’orecchio (cute che si presenta particolarmente irrorata da vasi capillari) può essere sufficiente.
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