Esobiologia |
Siamo soli nell’universo? |
30 Dicembre 2018 | ||||||
Il significato della ricerca di altra vita intelligente
Uno dei più affascinanti interrogativi che l’umanità si sia mai posta riguarda certamente se essa sia la sola forma di vita intelligente esistente in tutto l'universo. Non è una domanda facile. Nel passato, soprattutto in occidente, era pericoloso porsela e discuterne con gli altri; basti pensare alla tragica fine del Savonarola arso vivo perché, tra le altre cose, asseriva che nello spazio esistevano creature che non erano angeli ma erano superiori all'uomo. Questa mania geocentrica ha accompagnato la storia della società maggioritaria sotto tutte le latitudini. Dapprima è esistito il riferimento assoluto nella dimensione del clan, come centro di ogni azione umana, sostituito poi dal concetto di nazione, e quindi è stato coinvolto tutto il genere umano. La specie umana si è proclamata con una sua autocertificazione, supportata dalle religioni, come l’unica manifestazione di tutta la vita intelligente nel cosmo. Galileo Galilei fu brutalmente inquisito perché osò formulare l'ipotesi, documentata da dati sperimentali, che non era il Sole che girava intorno alla Terra, ma viceversa. Oggi le cose non vanno meglio: il geocentrismo è applicato alle idee che alimentano le prevaricazioni delle dottrine e delle filosofie sulle concorrenti, ma soprattutto sopravvive nell'ovvietà del modo in cui si conduce la propria vita quotidiana. È la base della dottrina occamista. Una singolare filosofia che prende il nome di “rasoio di occam” e si dichiara di essere un principio razionale e scientifico. Essa dice in sostanza che “tutto ciò che non serve va tagliato via”, proponendo una ricerca e una valutazione solo delle cose che possono essere utili. Questa dottrina nacque in seno alla Chiesa del 1400 ad opera del monaco Guglielmo D’Occam. Essa esigeva dagli individui l’osservanza assoluta di tutto ciò che riguardava la verità e i dogmi della stessa Chiesa, rigettando quanto non rientrasse in questa sua visione. Naturalmente c’è da chiedersi “chi” può giudicare che cosa “serve” e che cosa “non serve”. È inevitabile che si creino strutture gerarchiche che si impongano per affermare il principio e strutture costrittive che finiscano per farlo rispettare, anche con la forza. Rigettando le basi della scienza impostate dalla filosofia sperimentale del Galileo Galilei, oggi si apre uno scenario dove gli occamisti cercano di imporre le loro visioni restrittive come un principio di vera scienza. Un criterio già condannato da molte menti libertarie, da Bertrand Russel al poeta Petrarca, ma che purtroppo porta lontano. Applicando il principio del “rasoio di occam” le conclusioni sono sempre le stesse: gli stranieri, fossero solo gli abitanti della città vicina, sono sempre strani con le loro abitudini incomprensibili. E si potrebbe continuare affermando che i negri non partecipano alla supremazia bianca e quindi possono essere schiavizzati o che le donne non hanno l’anima e devono servire il loro padrone maschio. Una aberrazione dietro l’altra... Per fortuna, nonostante la strenua opposizione dei parascientifici, non si è spenta la curiosità di sapere se siamo o meno soli nell'universo. Oggi sembrerebbe facile poter iniziare una ricerca in questo senso e avanzare una ipotesi possibilista, valutando il problema con il buon senso di chi si è abituato oramai alla realtà dei viaggi spaziali. Tuttavia non è così semplice poiché esistono due correnti opposte di pensiero e prima di sviluppare una ricerca personale sul problema posto dalla nostra curiosità è bene che ci informiamo sull'identità degli opposti campi, perché finiremo per esserne comunque coinvolti.
Innanzitutto ci sono i possibilisti e i fautori che caldeggiano l'idea e la ricerca sulla presenza di altra vita intelligente nello spazio. Purtroppo ai ricercatori seri si affiancano spesso coloro che si spingono troppo oltre, nella suggestione di loro personali convincimenti, o alla ricerca di facili sensazionalismi giornalistici. Poi ci sono gli occamisti che rigettano, con profondo fastidio, l’idea di una pluralità dei mondi abitati, come se accettare la semplice idea che esistano altri esseri intelligenti nell'universo possa essere la negazione di una logica scientifica. In questo caso viene il sospetto che tanto calore nel sostenere questa posizione aprioristica nasconda qualche paura inconscia di dover accettare nuovi orizzonti esperienziali. Sospetto che si rafforza quando si vede seguire, alla negazione del pluralismo vitale nell’universo, l'accorato appello a dedicarsi a problemi giudicati molto più concreti e importanti perché riguardano in specifico la nostra Terra. Naturalmente non possiamo ignorare l’esistenza e il missionarismo di questa corrente di pensiero. Innanzitutto perché essa rivela il condizionamento martellante a cui i ricercatori di esobiologia vengono sottoposti, e che accettano molte volte per paura della rappresaglia sistematica del dileggio a cui potrebbero essere sottoposti. Paura ben riposta, poiché i seguaci di occam si costituiscono in precise organizzazioni in grado di operare con mutua assistenza ad obiettivi simili. Una minaccia che pende sul capo di tutti i ricercatori. Persino la NASA, quando scoprì i microrganismi fossili all’interno delle meteoriti marziane, dovette penare per sottrarsi all’attacco dello scetticismo intentato dagli occamisti e che avrebbe portato discredito all’ente americano. L’attacco si spense solo dopo che la NASA rivelò i protocolli di laboratorio con cui aveva condotto la sua indagine e mise a disposizione frammenti di meteorite per dare la possibilità di ripetere la stessa esperienza di ricerca. L’azione inibente delle organizzazioni occamiste potrebbe essere l’indizio dell’esistenza di una corrente di pensiero che contrasti volutamente la ricerca esobiologica. Infatti, la negazione a priori di una possibilità ancora da verificare, al di là di ogni possibile spiegazione dovuta ad una miopia intellettuale, potrebbe rivelare l'esistenza di una precisa intenzione da parte di qualcuno di impedire che l'opinione pubblica possa orientare il suo interesse in questo senso, e notare ciò che non deve essere notato. Che possa in definitiva prodursi una cambiamento nello status quo. Si può sorridere pensando al grande complotto del silenzio, della cover up dei governi sull’esistenza di altre civiltà extraterrestri, che tra l'altro è stato denunciato da molti ricercatori nel campo esobiologico; ma non è forse vero che la NASA, negli anni '60, nel redigere il suo statuto inserì precise clausole che stabilivano proprio una specifica politica del silenzio da attuare nel caso fosse avvenuto un incontro degli astronauti con civiltà aliene, al fine di non destabilizzare i sistemi sulla Terra...?
Se è così, allora la ricerca di intelligenze diverse può divenire ancora più entusiasmante e stimolante di quanto il solo interrogativo lasci supporre. Sviluppare una qualsiasi ricerca di tipo esobiologico significa portare il nostro orizzonte intellettuale oltre i confini dell'ovvio e dei condizionamenti di cui siamo oggetto inevitabilmente dalla nostra nascita, e senza averli potuti scegliere noi stessi. Significa forse poter capire meglio la storia del genere umano. Tutti gli astronauti delle missioni spaziali della NASA, non si ha idea di cosa potessero pensare all'epoca quelli sovietici, hanno dichiarato prima o poi che da lassù le cose cambiavano, tutto si relativizzava e la Terra perdeva il senso di ovvio, con le sue frontiere e con le sue morali di latitudine. Alcuni di questi astronauti, al termine del loro servizio nella NASA, si sono poi dedicati ad attività di ricerca filosofica in contrapposizione con la loro mentalità di formazione militare di origine. Entrare nella prospettiva consentita dalla ricerca esobiologica significa quindi prendere le distanze da una cultura massificata che ha il solo scopo di vendere idee e “saponette”. Significa elevarsi ad un confronto diretto e personale con il mistero del cosmo per scoprire un senso diverso da dare alla vita. Una percezione dell’esistenza che non è più settaria, e che si pone al di fuori della chiusura cieca delle proprie idee subordinate al pensiero di altri. Una visione della vita che è aperta e protesa alla natura, al cosmo, nella ricerca di una unione con l'universo che è inequivocabilmente dentro di noi, con la sua misteriosa natura d’origine, per guidarci nella nostra curiosità. Ed è un sentimento universale che si estende a tutto il pianeta e a tutte le epoche. Scriveva nel 1800 il poeta simbolista Jules Laforgue: “... Per ogni dove, io lo so, su questi mondi lontani, pellegrini come noi delle pallide solitudini nella dolcezza delle notti tendendo verso di noi le mani, delle Umanità sorelle sognano a moltitudini!”
Le ipotesi degli antichi sulla vita extraterrestre Il concetto della pluralità dei mondi abitati nell'universo è vecchio quanto la cultura dell'umanità che ci è data di conoscere. Dai tempi più remoti affiorano considerazioni teologiche e filosofiche ben disposte ad accettare questa possibilità cosmica. Cita ad esempio un antico buddista, lo Saddharma-Pundarika, come Dio si riunisse ad un'assemblea di saggi fatti giungere da tutti i mondi del creato per ribadire il significato della Sua Parola. Ma il vero serbatoio considerevole del nostro postulato fu il mondo classico. Sembra sia stato un discepolo di Talete, Anassimandro, a fornire per primo, in chiave pseudo-scientifica, l'idea che doveva esistere un numero infinito di altri mondi come la Terra. Le sue concezioni astronomiche vedevano però il nostro pianeta come un cilindro sospeso al centro dell'universo e il Sole poco più grande di esso. Un contemporaneo di Pitagora, del 500 a.C., il filosofo Senofane di Colofone, in una sua opera contro la dogmatica religiosa del tempo, nel tentativo di ridimensionare e di collocare al suo giusto posto la figura dell'umanità, postulò la presenza nell'universo di altri mondi e di altre creature dotate di intelletto. Spettò tuttavia a Democrito, meglio conosciuto come l'autore della prima teoria atomica della materia, di determinare una innovazione più radicale del concetto della pluralità dei mondi abitati. Egli sosteneva che la Terra si era formata in seguito alla concentrazione di un ammasso turbinante di atomi nello spazio che si erano conseguentemente consolidati in un blocco compatto, permettendo così che la vita comparisse a sua volta sulla superficie di questo corpo. Democrito aggiungeva anche, dato il peculiare movimento degli atomi che si verificava in ogni luogo dell'universo, che questo processo di consolidamento si manifestava possibile altrove nello spazio senza alcuna limitazione di tempo, portando la materia allo stadio finale già citato, cioè alla creazione di innumerevoli mondi capaci di ospitare la vita come il nostro pianeta. Alla ricerca di altri mondi Proprio sulla falsariga del ragionamento di Democrito, la moderna astrofisica ha dato modo di formulare un postulato più preciso e documentato con osservazioni sperimentali. Infatti proprio partendo dallo studio del nostro sistema solare nel cercare di stabilire se la sua creazione fu dovuta ad una regola ben precisa delle leggi che operano nell'universo, piuttosto che determinata dal semplice caso, si può costruire un percorso di ricerca e di possibile conferma dell’esistenza di altra vita intelligente nel cosmo. Nel 1755, Emanuel Kant propose l'idea di un universo primordiale formato di gas che condensandosi si fosse frantumato in tante bolle di maggiore densità. Una di queste iniziò a ruotare sotto la spinta di processi nucleari, si appiattì e si concentrò sino a divenire quello che è il nostro attuale Sole. Altri nuclei minori vennero attratti dalla massa così creatasi e iniziarono a ruotare intorno ad essa, dando origine al nostro sistema solare. Un contemporaneo, Pierre Simon, meglio conosciuto come Laplace, enunciò un'altra teoria, più perfezionata, che per molto tempo ottenne il favore degli studiosi rispetto a quella di Kant. In sostanza essa non si presentava granché differente da quella esposta precedentemente. Il modello cosmologico di Laplace considerava un nucleo di polvere cosmica che nel condensarsi assumeva una velocità di rotazione tale da appiattire la periferia del nucleo che si andava formando. Quando era la materia esterna a contrarsi per effetto gravitazionale, questa periferia nebulare si frantumava in tanti nuclei, i quali a loro volta si condensavano in pianeti. Ai nostri giorni si sono suggerite innumerevoli teorie, e ogni suggerimento fornito da sempre nuove scoperte astrofisiche ha permesso di perfezionarle ulteriormente; ma le teorie proposte da Kant e da Laplace rimangono fondamentali e ancora oggi i principali modelli cosmologici relativi alla nascita del sistema solare attualmente considerati, contemplano una base nebulare. |