Esobiologia |
Ufo: le testimonianze degli Astronauti |
24 Maggio 2011 | ||||||||||||
Nello spazio fuori dalla Terra, gli astronauti, persone allenate all’osservazione e preparate sul piano tecnico, hanno avuto modo di osservare la presenza di “oggetti non identificati” che hanno affiancato le loro navicelle spaziali. Esistono testimonianze e filmati che dimostrano che nello spazio si manifestano presenze “non convenzionali” che mostrano capacità tecnologiche. Le missioni della NASA e l'incontro con l'inspiegabile Le missioni della NASA, l'ente spaziale americano, hanno portato l’umanità ad interagire direttamente con la dimensione dello spazio siderale in cui si muove la Terra. Nel corso di queste missioni gli astronauti hanno avuto modo di essere testimoni di fenomeni che potrebbero essere riconducibili alla manifestazione di altre forme di vita intelligente operanti nello spazio, che in precedenza si aveva avuto occasione di osservare solo sulla superficie del pianeta. Gli astronauti sono quindi divenuti testimoni quanto mai attendibili della manifestazione del fenomeno UFO sia per la loro preparazione specifica che per le strumentazioni a loro disposizione con cui documentare gli avvistamenti effettuati. Le missioni Gemini Altri casi simili si verificarono durante le missioni della serie “Gemini” della NASA. Nel 1965, in occasione del volo di Gemini IV, l'astronauta Mc Divitt poté osservare dall'oblò tre misteriosi oggetti che fluttuando nello spazio seguivano la sua navicella. L'astronauta descrisse il primo oggetto come un lungo cilindro, vagamente a forma di sigaro, con due grosse pale attaccate sui fianchi. Gli altri due gli erano sembrati circolari e di forma lenticolare. Riuscì perfino a fotografare uno di questi e le foto sono oggi custodite negli archivi della NASA che le ha anche rilasciate pubblicamente alla stampa mondiale. Gli abituali scettici dell'epoca obiettarono che Mc Divitt aveva visto semplicemente un satellite artificiale, ma dal canto suo la NASA negò che in quel momento potessero essercene sull'orbita percorsa dalla Gemini IV in quanto avrebbero potuto pregiudicare la missione e, per di più, di quella forma e dimensione.
Il 4 dicembre 1965, durante il rientro dalla missione nello spazio della navicella statunitense Gemini VII, spettò all'astronauta Bormann osservare e fotografare due oggetti sconosciuti a forma di tazza rovesciata che si muovevano nell'atmosfera al di sotto della sua navicella spaziale. Le fotografie di questi oggetti sono conservate negli archivi della NASA e al tempo della missione furono rilasciate alla stampa americana. Le missioni Apollo sulla Luna Negli anni ’60 la NASA progettò lo sbarco sulla Luna, e in questa prospettiva diede il via alle missioni “Apollo”. Le prime missioni furono solamente di collaudo degli uomini e delle navicelle. In seguito portarono gli astronauti a camminare sulla Luna. Molte di queste missioni storiche furono occasione di incontri con oggetti non identificati nello spazio. Nel dicembre del 1968, durante la missione di Apollo 8, l'equipaggio ebbe modo di osservare e di fotografare due oggetti non identificati che si erano affiancati in prossimità della loro navicella. Tra i più interessanti incontri inspiegabili nello spazio attribuibili alle missioni Apollo, sono indubbiamente da citare quelli che accompagnarono la storica missione di Apollo 11, nel luglio del 1969, che portò il primo uomo sulla Luna. Durante il suo viaggio verso la Luna la navicella venne affiancata e preceduta da un misterioso oggetto non identificato che l’accompagnò sino in prossimità della Luna. Il primo a vedere l’oggetto fu Aldrin, poi si aggiunsero agli oblò anche gli altri due astronauti Armb e Collins. Cautamente chiesero a Houston dove si trovasse l’ultimo stadio che aveva dato la spinta di fuga della navicella verso la Luna. La sua posizione tuttavia risultò troppo distante da loro per essere l’oggetto avvistato. Oggetto che non si limitava a seguirli, ma che addirittura giungeva a precedere di tanto in tanto la loro navicella. Il 21 luglio 1969 il modulo lunare LEM, denominato “The Eagle”, si distaccò dall’altro modulo e iniziò la sua discesa verso la superficie della Luna. L'astronauta Collins, rimasto in orbita con la sua navicella, mentre cercava di identificare a vista il modulo LEM che a suo avviso doveva già essere allunato, vide un oggetto dai riflessi metallici posato sul ripido pendio di un cratere lunare.
Immaginando di aver rilevato il LEM, preoccupato mandò un messaggio alla base sulla Terra per avere conferma dell’osservazione fatta, poiché l'oggetto si trovava troppo inclinato rispetto all’assetto previsto. La base di Houston negò l’attendibilità del suo rilevamento. Contemporaneamente gli giunsero notizie dai due astronauti che avevano pilotato il LEM fino alla superficie della Luna. Gli precisarono che si trovavano in altro luogo e che se si fosse trattato effettivamente del LEM se ne sarebbero accorti e preoccupati, dato che l’astronave non avrebbe avuto alcuna possibilità di poter ripartire, data la sua proibitiva inclinazione. Al ritorno dalla missione lunare, l’astronauta Aldrin, durante una intervista, ebbe modo di dare ulteriori precisazioni sul misterioso incontro avuto nello spazio circumlunare. Disse di aver visto cose strane nello spazio. Alla richiesta dell’intervistatore di essere più preciso rispose: “Ho visto luci misteriose, presenze inspiegabili. Adesso non mi faccia dire che credo agli UFO, ma un UFO c’era, con noi”. Aldrin precisò che questi oggetti non li aveva visti sulla Luna: “Li ho visti durante il viaggio. Poco dopo aver lasciato il campo gravitazionale della Terra diretti alla Luna, tutti e tre, Neil, Mike e io, vedemmo apparire nell’oblò un oggetto luminoso che ci seguiva a distanza; non ci dicemmo niente, ma ciascuno per conto nostro, cominciammo a fare rilevamenti telemetrici. Finalmente io ruppi il ghiaccio, lo dissi agli altri e ne informammo Houston, la base. Pensammo che fosse l’ultimo stadio del Saturno 5, il missile che ci aveva lanciato, ma i conti non tornavano. Non poteva neppure essere la sonda robot lanciata dai sovietici per batterci almeno simbolicamente nella corsa alla Luna, perché era più avanti di noi. Non so che cosa fosse. Non lo scoprimmo mai. L’oggetto ci accompagnò per molte ore e poi scomparve”. Al di là delle dichiarazioni ufficiali di Aldrin, seppure coraggiose per un astronauta che si metteva contro una certa parte dell’opinione pubblica che contestava e ridicolizzava la manifestazione degli UFO, esistono altre testimonianze che fanno da corollario al mistero che ha accompagnato questo grande evento dell’avventura umana. Durante la missione lunare, sulla Terra, molti radioamatori forniti di adeguata attrezzatura si erano infatti messi in ascolto dei messaggi radio che venivano scambiati tra gli astronauti e Houston nel Texas. Proprio nel momento in cui Armb stava mettendo piede sul suolo lunare, ebbero pertanto modo di raccogliere uno strano dialogo tra lui e il centro di controllo. Si udì la voce eccitata dell’astronauta mentre diceva “Houston! Qui non siamo soli... vedo una intensa luce fuoriuscire da un cratere. Vedo altre navi lucenti, sono posate sui crateri intorno a noi. Houston che cos’è questa parata?” e poi ancora “Siamo qui, stiamo tutti bene, ma abbiamo dei visitors. Vi dico che ci sono altre navi spaziali qui e sono tutte allineate al bordo del cratere”.
C’è da chiedersi se Armb allora fu oggetto di una allucinazione per lo stress, o per il chiarore solare che si rifletteva sui picchi lunari producendo inusitate immagini, interpretate nella suggestione dell’ “incontro ravvicinato” vissuto durante il volo verso la Luna. Oppure Armb vide effettivamente qualche cosa di inusitato ma reale? Dopo tutto la testimonianza di Collins, rimasto in orbita intorno alla Luna, porta a considerare che laggiù di luminoso, oltre al LEM, sul bordo di un cratere c’era davvero qualcosa... Nelle foto e nei filmati che sono stati resi pubblici dalla NASA non esiste alcuna documentazione di quanto può essere avvenuto realmente sulla Luna. Ma quanto è stato mostrato ai telespettatori di tutto il pianeta, ovvero la scena di Armb che scende dalla scaletta del LEM, non è altro che un evidente replay. Armb doveva essere sceso per forza una prima volta per andare a piazzare la telecamera che lo ha poi inquadrato mentre scendeva. Dei momenti cruciali che hanno caratterizzato la vera discesa sul suolo lunare di Armb non esiste più traccia. Anzi, è sparita proprio ogni traccia poiché proprio nel momento in cui il Freedom Act statunitense avrebbe imposto il libero accesso al pubblico di tutti i documenti della NASA, curiosamente i video che avrebbero potuto dare una qualche spiegazione al misterioso evento verificatosi sulla Luna sono scomparsi. È accaduto infatti che ben 698 nastri relativi ai filmati interessati a questi fatti, dei 700 che costituivano l’intera documentazione della missione, siano andati inspiegabilmente perduti. Trentasette anni dopo il primo sbarco sulla Luna l’evento dell’incontro ravvicinato venne nuovamente ripreso da Aldrin che evidentemente ne era rimasto segnato. In questa occasione Aldrin rivelò ulteriori particolari della loro singolare avventura: secondo lui l'Apollo 11 non era effettivamente solo nello spazio. Il racconto di Aldrin prosegue dichiarando che, durante il volo verso la Luna, l'equipaggio aveva chiesto alla base di Houston dove si trovasse la loro navicella rispetto all'S-IVB, il terzo modulo del razzo che li aveva spinti verso la Luna. Houston aveva risposto che si trovava a circa 11 mila chilometri. “Non poteva dunque essere quello”, ribadì Aldrin, “il grande oggetto che vedevamo dall'oblò ad una certa distanza da noi. Era a forma di anello e si muoveva ad ellissi. Collins decise di guardarlo meglio con un binocolo, non era sicuramente il nostro razzo”.
All’epoca i tre astronauti decisero di non comunicare alla base a terra nulla di quanto stava accadendo nello spazio e di parlarne solo al loro ritorno. “Che cosa potevamo fare?”, ha spiegato Aldrin, “C’era molta gente che ascoltava le comunicazioni tra noi e Houston. Temevano che qualcuno potesse chiedere di annullare la missione, a causa di una minaccia aliena. Così decidemmo solo di informarci per precauzione su dove si trovasse l'S-IVB”. Tornati sulla Terra, accolti dal presidente americano Richard Nixon a bordo della portaerei Hornet, gli astronauti raccontarono le fasi dell'avvistamento del misterioso oggetto ai responsabili della missione. La Nasa decise quindi di non renderle pubbliche. Il caso di Apollo 11 non fu l’unico a mostrare particolari risvolti inspiegabili riferibili agli UFO. Il 14 novembre 1969, durante la missione di Apollo 12, la navicella spaziale venne inseguita per lungo tempo da un oggetto sconosciuto che la tallonava senza mai avvicinarsi, mantenendo una distanza costante. L'astronauta Conrad, a bordo della navicella, lo descrisse come un grosso cilindro con lunghe braccia estese in fuori. In un primo tempo venne avanzata l'idea che si trattasse dell'ultimo stadio del vettore di lancio, il Saturn, che seguiva per inerzia lo stesso percorso dell’Apollo 12. Ma ad un certo momento del viaggio verso la Luna, Apollo 12, come previsto dai piani di bordo, si pose su un'orbita ibrida calcolata dal computer di bordo, che portava la navicella verso il satellite della Terra uscendo dall'orbita naturale iniziale determinata dalla forza di attrazione gravitazionale della Luna. A questo punto anche l'oggetto inseguitore, invece di precipitare verso la Luna, si pose su una identica orbita ibrida negando di fatto l’ipotesi che potesse trattarsi del Saturn. L'oggetto sconosciuto nell’assumere la nuova traiettoria, che era stata calcolata dagli astronauti della NASA al computer di bordo, dimostrò così di possedere una sua fonte autonoma di energia propulsiva che gli consentiva di manovrare a suo piacere.
Abbandonata la corsa alla Luna, la NASA si orientò alla costruzione di una stazione spaziale orbitante e programmò le missioni degli Shuttle che avrebbero dovuto fungere da spoletta tra la Terra e la stazione stessa. Anche in occasione di queste nuove missioni gli astronauti evbbero modo di essere testimoni della presenza di oggetti non identificati e soprattutto di origine palesemente non terrestre. Il 2 agosto 1991, durante la missione dello Shuttle Atlantis, l'equipaggio ebbe modo di osservare un oggetto che era comparso all'improvviso a pochi metri dalla navicella e che vi rimase affiancato per alcune ore per distaccarsi poi all'improvviso scomparendo nel buio dello spazio. L'oggetto venne descritto dagli astronauti come un grosso paraurti di un'auto, di forma oblunga e con due coppie di corti alettoni. L'inspiegabile fenomeno venne anche fotografato e ripreso in video da uno degli astronauti dell'equipaggio. Un altro “incontro ravvicinato” con oggetti non convenzionali avvenne durante la missione dello Shuttle Discovery, nel settembre del 1991. L’equipaggio fu testimone dell’avvistamento di una serie di vari oggetti sconosciuti, che vennero anche filmati con una videocamera personale di uno degli astronauti impegnati nella missione. Gli oggetti che si avvicinarono alla navicella erano numerosi e di varie dimensioni. La maggior parte di essi si presentavano come piccole sfere luminose di pochi centimetri di diametro. Sembravano possedere un movimento proprio e alle volte antagonista con la direzione orbitale della navicella. Alcuni di essi da una posizione ferma si lanciavano all’improvviso in avanti per poi scomparire, producendo una sorta di lampo-flash, riapparendo immediatamente dopo a pochi metri di distanza.
In una sequenza del filmato ripreso da un astronauta del Discovery si vede posizionarsi in coda allo Shuttle anche un oggetto scuro a forma di cappello che ricorda l'oggetto fotografato da George Adamski durante il suo controverso incontro con gli alieni nel 1952 nel deserto dell'Arizona. Una coincidenza che lascia abbastanza sorpresi e apre a varie riflessioni su Adamski e sulla sua testimonianza, visto che sino ad allora si era pensato che il resoconto del testimone americano fosse dovuto solo alla mistificazione di un mitomane. L'incontro degli Shuttle con oggetti non identificati ha continuato a verificarsi ancora in altre occasioni. Il 20 settembre 2006, lo Shuttle Atlantis era nuovamente in orbita. Aveva terminato la sua missione intorno alla Terra e si stava apprestando a fare ritorno, quando all’improvviso il suo rientro fu inspiegabilmente rinviato dalla NASA di alcuni giorni. A preoccupare i responsabili della NASA era stata la comunicazione ricevuta dagli astronauti dell’Atlantis che avevano relazionato sull’apparizione improvvisa di alcuni oggetti luminosi non identificati che si erano affiancati a poca distanza dalla navicella. Uno di questi oggetti aveva la forma di un globo luminoso, un altro ancora di una sorta di inconsueta piattaforma con due grandi braccia mobili, dissimile da qualsiasi satellite conosciuto dagli astronauti e con le caratteristiche già osservate durante la missione di Apollo 12 nel 1969. Ma i dubbi furono presto fugati dall'ispezione condotta direttamente dagli astronauti dell'Atlantis e dalle rilevazioni telemetriche degli oggetti sconosciuti che orbitavano accanto alla navicella. Alla fine, visto che non stava accadendo nulla di particolarmente pericoloso per la navicella spaziale e che non si riusciva a prendere contatto con i misteriosi oggetti non identificati, la base di Houston diede finalmente l’ordine di rientro allo Shuttle, che atterrò sulla pista a terra senza riportare danni. La relazione dell’incontro ravvicinato tra gli astronauti e gli UFO finì come sempre negli inaccessibili archivi della NASA. Rimasero solo le preziose testimonianze personali degli astronauti che rivelarono l’accaduto ai giornali statunitensi. |