Il blog di Stefania Sarsini |
L’animale che io stesso sono |
02 Luglio 2019 |
Il 31 marzo scorso si è svolta a Roma una manifestazione nazionale in difesa dei diritti degli animali: “SOGGETTI NON OGGETTI”. In realtà cosa sono le fiere, le sagre, le corse con gli animali, i palii, se non eventi di sofferenze dove gli animali si usano, si vendono come merce, si maltrattano come oggetti? La violenza dunque diventa anche in questi eventi, erroneamente definiti “culturali”, dominio sugli animali, assoggettamento, schiavitù. L’animale è reso inferiore in questa relazione di dominio Questo dominio ha come conseguenza, negli ultimi decenni la crescita esponenziale dello sfruttamento animale, dello specismo. “L’animal que donc je suis…” (L’animale che io stesso sono”) è la frase iniziale e il titolo di una delle ultime lezioni di Jacques Derrida. Una riflessione antispecista può cominciare da qui. Il superamento dello specismo ha tra i suoi maestri proprio Derrida, la cui lunga lotta contro il “logocentrismo” del pensiero occidentale, insieme a quella inaugurata da Heidegger contro ciò che egli chiama la metafisica, offrono l’apertura decisiva per riconsiderare il nostro rapporto con gli animali. Secondo la nostra classificazione tradizionale, la gerarchia che ci portiamo dentro: mondo minerale, mondo vegetale, mondo animale, mondo umano, gerarchia che ci tranquillizza, anche quando vengono macellati gli animali per cibarsene, ci appare oggi particolarmente problematica. Questa ipotesi è un aspetto di ciò che Nietzsche ha chiamato la “morte di Dio”, la fine delle credenza superstiziosa di un essere supremo che legittima e garantisce l’ordine del mondo, un ordine che l’intelletto umano può conoscere e che deve rispettare nelle proprie azioni perché è l’ordine “giusto” come l ‘essere supremo da cui tutto dipende. Questo Dio della metafisica “muore,” secondo Nietzsche, quando l’umanità, proprio in virtù della credenza in lui, impara a difendersi dai pericolo naturali con la scienza e la tecnica. Proprio la scienza-tecnica (sempre più evoluta nel nostro sistema capitalistico globalizzato) ci mette in condizione di conoscere la vita degli animali e la sua capacità di sofferenza. Non siamo più così sicuri che l’uomo è il re del creato (antropocentrismo), che può fare quello che vuole perché a questo è stato chiamato da Dio stesso. Caduto lo schema metafisico e la gerarchia tradizionale delle Specie, quale principio potrà ancora guidarci? La nuova sensibilità verso la questione animale è legata alla morte di Dio? Se Dio è morto noi siamo totalmente abbandonati alla logica della tecnica e del profitto capitalistico sul cui sistema si muove l’intera economia globale del pianeta. "La fine della metafisica e l’incalzare del sistema capitalistico ci fanno vedere con occhi diversi gli animali e le loro condizione di orribile sofferenza che li accomuna in maniera sempre più tecnicizzata “. Gianni Vattimo, “L’animale che io stesso sono”(Relazione al Secondo Convegno Italiano Antispecista). "In una prospettiva non più metafisica si scuote anche l’edificio su cui si fondava il nostro rapporto con gli animali: la macellazione, la caccia, la vivisezione, le sagre, i palii, ammessi in nome di una pretesa ragione naturale, non reggono più." Questo dominio ci rende ancor piu consapevoli della sofferenza degli animali, su cui sperimentiamo e industrialmente macelliamo. E’ la tecnicizzazione del mondo che ci fa vedere con occhi nuovi gli animali. Questa violenza è oggi sotto i nostri occhi ogni giorno. Con la fine della metafisica si pone il problema della questione dei valori. Se non ci sono essenze date una volta per tutte, se non è più credibile l’ordine del mondo del Dio della metafisica, cosa ci rimane che non sia travolto dalla produzione e dal consumo? Quale etica si pone in una fase post-metafisica? La nostra cambiata sensibilità vede oggi con particolare attenzione la questione animale. Di fronte a noi si erge un’enorme muraglia rappresentata dall’oppressione perpetuata a danno degli animali. Gli attivisti hanno un obiettivo primario: rendere questa muraglia un ricordo del passato. Le nostre letture di Marx, di Freud, di Tom Regan, di Peter Singer, (Liberazione Animale), negli anni ‘70, un manifesto diffuso in tutto il mondo, riteneva sbagliato infliggere sofferenze non necessarie ad un altro essere vivente, un essere senziente, così definito da decenni dall’etologia e dalla biologia e dal 2008 dall’Articolo 13 del Trattato di Lisbona. I movimenti politici a cui abbiamo fatto riferimento come il movimento animalista antispecista, e le sue manifestazioni in tutto il mondo, la liberazione di 2700 cani beagle dall’allevamento per la vivisezione Green Hill; l’ iniziativa europea “Stop Vivisection,” che ha raccolto un milione e trecentomila copie nel 2013,( oggi ancora nei cassetti della Commissione Europea); la liberazione di 1000 (mille) visoni dall’allevamento per le pellicce; due importanti Convegni Nazionali Antispecisti che hanno avuto luogo a Firenze nel 2011 e nel 2014; il crescente numero di Rifugi e Santuari dove vengono accuditi dai volontari centinaia di animali liberati dal macello e dall’abbandono, dagli allevamenti intensivi; 16 occupazioni di mattatoi, organizzati dal 2016 ad oggi, dall’associazione francese “269 Liberation Animale”, l’ultimo a Torino, nel dicembre scorso; tutto ciò ci pone un orizzonte di un etica che non crede più all’essenzialismo specista ma introduce il principio dell’Altro, e della sua alterità, che è stato tacitato dall’oppressione specista, l’altro che è stato tacitato dal dominio del sistema capitalistico e ridotto ad oggetto. Se Dio è “morto”, c’è l’Altro, il mio prossimo con cui dialogare. "L’essere non si può dare se non nel dialogo”(Heiddeger). Un’etica non più metafisica si fonda su l’incontro dell’altro, del più debole, umano e non- umano, ridotto al silenzio, alla schiavitù dal sistema capitalistico. L’emancipazione umana significa eliminare la violenza nei confronti dell’altro vivente, dell’altro senziente, dell’altro natura. E il senso della storia si può dare solo nello sviluppo di una società, di un mondo che da la parola ai silenti. Il 31 marzo scorso si è svolta a Roma una manifestazione nazionale in difesa dei diritti degli animali: “SOGGETTI NON OGGETTI”. In realtà cosa sono le fiere, le sagre, le corse con gli animali, i palii, se non eventi di sofferenze dove gli animali si usano, si vendono come merce, si maltrattano come oggetti? La violenza dunque diventa anche in questi eventi, erroneamente definiti “culturali”, dominio sugli animali, assoggettamento, schiavitù. L’animale è reso inferiore in questa relazione di dominio Questo dominio ha come conseguenza, negli ultimi decenni la crescita esponenziale dello sfruttamento animale, dello specismo. “L’animal que donc je suis…” (L’animale che io stesso sono”) è la frase iniziale e il titolo di una delle ultime lezioni di Jacques Derrida. Una riflessione antispecista può cominciare da qui. Il superamento dello specismo ha tra i suoi maestri proprio Derrida, la cui lunga lotta contro il “logocentrismo” del pensiero occidentale, insieme a quella inaugurata da Heidegger contro ciò che egli chiama la metafisica, offrono l’apertura decisiva per riconsiderare il nostro rapporto con gli animali. Secondo la nostra classificazione tradizionale, la gerarchia che ci portiamo dentro: mondo minerale, mondo vegetale, mondo animale, mondo umano, gerarchia che ci tranquillizza, anche quando vengono macellati gli animali per cibarsene, ci appare oggi particolarmente problematica. Questa ipotesi è un aspetto di ciò che Nietzsche ha chiamato la “morte di Dio”, la fine delle credenza superstiziosa di un essere supremo che legittima e garantisce l’ordine del mondo, un ordine che l’intelletto umano può conoscere e che deve rispettare nelle proprie azioni perché è l’ordine “giusto” come l ‘essere supremo da cui tutto dipende. Questo Dio della metafisica “muore,” secondo Nietzsche, quando l’umanità, proprio in virtù della credenza in lui, impara a difendersi dai pericolo naturali con la scienza e la tecnica. Proprio la scienza-tecnica (sempre più evoluta nel nostro sistema capitalistico globalizzato) ci mette in condizione di conoscere la vita degli animali e la sua capacità di sofferenza. Non siamo più così sicuri che l’uomo è il re del creato (antropocentrismo), che può fare quello che vuole perché a questo è stato chiamato da Dio stesso. Caduto lo schema metafisico e la gerarchia tradizionale delle Specie, quale principio potrà ancora guidarci? La nuova sensibilità verso la questione animale è legata alla morte di Dio? Se Dio è morto noi siamo totalmente abbandonati alla logica della tecnica e del profitto capitalistico sul cui sistema si muove l’intera economia globale del pianeta. "La fine della metafisica e l’incalzare del sistema capitalistico ci fanno vedere con occhi diversi gli animali e le loro condizione di orribile sofferenza che li accomuna in maniera sempre più tecnicizzata “. Gianni Vattimo, “L’animale che io stesso sono”(Relazione al Secondo Convegno Italiano Antispecista). "In una prospettiva non più metafisica si scuote anche l’edificio su cui si fondava il nostro rapporto con gli animali: la macellazione, la caccia, la vivisezione, le sagre, i palii, ammessi in nome di una pretesa ragione naturale, non reggono più." Questo dominio ci rende ancor piu consapevoli della sofferenza degli animali, su cui sperimentiamo e industrialmente macelliamo. E’ la tecnicizzazione del mondo che ci fa vedere con occhi nuovi gli animali. Questa violenza è oggi sotto i nostri occhi ogni giorno. Con la fine della metafisica si pone il problema della questione dei valori. Se non ci sono essenze date una volta per tutte, se non è più credibile l’ordine del mondo del Dio della metafisica, cosa ci rimane che non sia travolto dalla produzione e dal consumo? Quale etica si pone in una fase post-metafisica? La nostra cambiata sensibilità vede oggi con particolare attenzione la questione animale . Di fronte a noi si erge un’enorme muraglia rappresentata dall’oppressione perpetuata a danno degli animali. Gli attivisti hanno un obiettivo primario: rendere questa muraglia un ricordo del passato. Le nostre letture di Marx, di Freud, di Tom Regan, di Peter Singer, (Liberazione Animale), negli anni ‘70, un manifesto diffuso in tutto il mondo, riteneva sbagliato infliggere sofferenze non necessarie ad un altro essere vivente, un essere senziente, così definito da decenni dall’etologia e dalla biologia e dal 2008 dall’Articolo 13 del Trattato di Lisbona. I movimenti politici a cui abbiamo fatto riferimento come il movimento animalista antispecista, e le sue manifestazioni in tutto il mondo, la liberazione di 2700 cani beagle dall’allevamento per la vivisezione Green Hill; l’ iniziativa europea “Stop Vivisection,” che ha raccolto un milione e trecentomila copie nel 2013,( oggi ancora nei cassetti della Commissione Europea); la liberazione di 1000 (mille) visoni dall’allevamento per le pellicce; due importanti Convegni Nazionali Antispecisti che hanno avuto luogo a Firenze nel 2011 e nel 2014; il crescente numero di Rifugi e Santuari dove vengono accuditi dai volontari centinaia di animali liberati dal macello e dall’abbandono, dagli allevamenti intensivi; 16 occupazioni di mattatoi, organizzati dal 2016 ad oggi, dall’associazione francese “269 Liberation Animale”, l’ultimo a Torino, nel dicembre scorso; tutto ciò ci pone un orizzonte di un etica che non crede più all’essenzialismo specista ma introduce il principio dell’Altro, e della sua alterità, che è stato tacitato dall’oppressione specista, l’altro che è stato tacitato dal dominio del sistema capitalistico e ridotto ad oggetto. Se Dio è “morto”, c’è l’Altro, il mio prossimo con cui dialogare. "L’essere non si può dare se non nel dialogo”(Heiddeger) . Un’etica non più metafisica si fonda su l’incontro dell’altro, del più debole, umano e non- umano, ridotto al silenzio, alla schiavitù dal sistema capitalistico. L’emancipazione umana significa eliminare la violenza nei confronti dell’altro vivente, dell’altro senziente, dell’altro natura. E il senso della storia si può dare solo nello sviluppo di una società, di un mondo che da la parola ai silenti. |