Archeologia

Su Etzu, l’Antico

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08 Gennaio 2013

I ritrovamenti di Setzu. Foto: Vincenzo Carìa

Una importante scoperta in Sardegna porta alla luce una città nella foresta e un antico culto


Primavera del 2012. Una segnalazione, pervenuta sei anni fa, ha portato a una importante scoperta. Guidati dall’amico Pierangelo, dopo una indicazione arrivata anni fa dall’altro amico di Oristano, Piero Z., ci avventuriamo su quell’altopiano basaltico che mi ha visto bambino: la Jara. Altre volte abbiamo esplorato questo tavolato che si erge tra la Marmidha e il Sarcidano. Ricovero degli ultimi cavallini selvaggi di una razza simile a quelli delle steppe caucasiche, questo incredibile altipiano conserva tracce di insediamenti antichi di antiche Civiltà. Negli anni cinquanta ci salivamo con tutti i bambini guidati dalle dame della parrocchia per raccogliere il muschio del Presepe. La prima tappa era scontata alla Domu de Janas, “Sa Domu ‘e s’Orku”. Piena di sculture e di coppelle votive.

Prima di giungere al sito di Santa Jttoria, salendo verso l’altipiano, subito dopo sa Domu ‘e S’Orku, troviamo una folta vegetazione cresciuta sui muretti a secco e su presunte (ma ormai certe) rovine di un insediamento dal nome evocativo: S’Uraxi. Abbiamo sempre sospettato che sotto le molas di modhitzi (Lentischio) ci fosse qualcosa di molto simile a un villaggio antico. Quanto stanno ritrovando gli amici di Setzu in mezzo ai cespugli e ai muretti ci conferma la presenza di un insediamento in cui la “tecnologia” era già arrivata. I reperti infatti sono finemente lavorati e somigliano stranamente ad altri di cui parliamo in seguito.

Una parentesi curiosa a proposito di questo nome tanto diffuso in Sardinia: S’Orku. Inizialmente era nostra convinzione che fosse nome preso a prestito dalle favole italiche, ma così non è, pare. Sì, perché tanta diffusione e sempre in luoghi archeologicamente antichissimi porta a pensare a un nome già presente in Sardinia (Sardegna) prima dell’arrivo dei Savoia e degli Italiani poi. C’è anche l’esempio di una maschera del carnevale presente a Fonni che risponde al nome di URTZU o URTU. Anche qui vi è anomalia. L’Orso, animale a cui viene solitamente attribuita la maschera fonnese, in Sardinia non è mai esistito. Allora? Allora, siamo soliti avere una risposta pronta, allorché mettiamo un dubbio su alcune certezze imposteci dalla solita “Scienza Ufficiale”.


Forko. Museo di Tunisi

ORKU, URTU e URTZU, sono lo stesso unico nome di un personaggio che in Sardinia è dato presente fin dai tempi di … Atlante e di Atlantide. Persino nella mitologia greca. Forko, padre di Medusa, re della Tirrenide. Colui che rivaleggiava con Atlante, re di Atlantide. “Forko morì affogato durante un combattimento con Atlante”. Come dire che La Tirrenide, rivale di Atlantide, sprofondò insieme ad Atlantide durante il cataclisma che sconvolse l’umanità nel 9500 a.C.

Quanto a Medusa, anche il suo nome è molto presente in Sardinia in siti inaccessibili e roccaforti riutilizzate dall’età del Bronzo a tutto il Medioevo.

Durante l’escursione di sabato 22 settembre 2012, il nostro amico Piero ci chiedeva se la Doums era orientata a Oriente. Lo è in modo assolutamente perfetto: orientata al sorgere del Sole nei due Equinozi, vede spuntare l’astro dalle pendici orientali della Jara, nella zona detta di Santa Luisa. Una località ove oggi sorge la chiesetta dedicata al solito a questa Santa (Lucia) che spesso ha preso il posto di Orjia, la Jana delle sorgenti. Non a caso vi nasce una bella fonte che le popolazioni del luogo conoscevano bene. Il Sole, nascendo da questa pendice, entra nella Domus penetrando fino all’ultima camera. Impressionante. Non è infatti da meravigliarsi se, salendo sulla roccia monoblocco che forma l’intera Domus, vi si trovano vasche cultuali e altre inicsioni sempre riferiti al culto delle acque e del Sole.


Leonardo Melis con uno dei reperti ritrovati nella zona chiamata Su Forru ‘e sa Teula o anche Setzu Manna (Setzu Grande)

Riprendendo il nostro cammino verso la Jara si arrivava in cima all’Altipiano vero e proprio, nella zona detta di Santa Jttoria (Santa Vittoria). Sull’altipiano avevano i Kuiles (ovili per le capre) i nostri nonni, paterno e materno. Uno a Occidente della Jara di Setzu era di proprietà de Tziu Kikku Mebi (Federico Melis). Un uomo sanguigno e gigantesco, che “pungeva il vento con la Leppa” (il micidiale coltello che ogni sardo fin da bambino portava con se)… L’altro Kuile, posto a Oriente era del nonno materno Tziu Cicciu Addari (Addaru, il nome dell’ultimo mese dell’anno Shardana/Akkadico). Quest’ultimo risulta ancora oggi nelle mappe geografiche dell’Altipiano e si trova in territorio di Gesturi: “Su Masone de Cicciu Addari”, sul lato orientale dopo il sito denominato Santa Jttoria. Negli anni ‘50 del secolo scorso ci fu uno scandalo su presunte “appropriazioni indebite” da parte di un Comune confinante di alcune porzioni della Jara. Lo scandalo coinvolse anche l’amministrazione di Setzu, dopo la denuncia da parte di un consigliere, allora anche vicesindaco. Si trattava di persona che la Jara la conosceva assai bene, essendo di famiglia di proprietari di bestiame sull’altipiano. Una persona che per la sua onestà dovette subìre l’ostracismo di alcuni componenti il consiglio comunale, evidentemente coinvolti nell’affare poco pulito.

Oggi abbiamo l’occasione per rendere giustizia a quest’uomo, conosciuto con il nome di

Peppinu Mannu (Giuseppe Magno), di cui ci onoriamo di portare il cognome, (Mannu era l’appellativo che si meritò per le sue azioni e forse per la sua grande statura non solo morale).


Il pozzo sacro di Santa Vittoria a Esterzili

Nel luglio del 2012 apprendiamo da alcuni amici d’infanzia che molti reperti di Santa Jttoria giacciono nel cortile di una chiesa di un paese vicino, frutto dell’asportazione coatta fatta da un prete che gestiva le due parrocchie. Mentre abbiamo conferma della (solita) chiesetta fatta costruire in seguito all’espugnazione del sito pagano, posto sull’altipiano, da parte degli armigeri cristiani. Oggi sappiamo con certezza che tutti i siti con questo nome (Santa Jttoria/Vittoria), posti su altipiani inaccessibili, altro non erano che gli ultimi rifugi dell’Antica Religione. Quando la Chiesa riusciva ad espugnarli, ci costruiva sopra una chiesetta con questo nome.

Nell’escursione effettuata nel settembre del 2012 con gli amici del gruppo Jente Shardana di Oristano e Cagliari, abbiamo avuto il premio alla nostra costanza nel ritenere questo sito importantissimo per la nostra storia. Convinzione che cominciò la bellezza di 50 anni fa. Le tracce dell’insediamento cristiano, conseguente alla vittoria sulla gente che seguiva l’Antico Culto in isolamento, sono ben visibili e vicine e sovrapposte a quelle precedenti dei Shardana che abitavano questo magnifico altipiano fortificato.


Un altro reperto del ritrovamento di Setzu

Proseguendo si sale sull’altipiano vero e proprio. Un sentiero ci portava verso i primi Paules (paludi) e verso la foresta dell’interno. Lungo questo sentiero sostavamo spesso a guardare una strada lastricata che si inoltrava nella vegetazione, direzione Ovest. Questa strada ci ha fatto spesso pensare a un collegamento certo con qualcosa di importante. Oggi finalmente lo sappiamo. Porta verso un altro centro religioso fortificato, abitato da coloro che non vollero accettare la religione del Nuovo Dio imposta con la forza delle armi dei soldati del papa e dei vescovi locali. Non abbiamo mai scordato la frase di papa Gregorio Magno riferita a questa gente: “I Sardi adorano Lignes et Lapides”. Sardi adoratori di piante e pietre dunque. Oggi tale definizione assume altri significati, allora era di un disprezzo immenso. Del resto non era da meno il vescovo di Cagliari “San” Lucifero, il quale soleva affermare che “Jesus non poteva essersi fatto uomo e morire per gente come i Sardi”, sempre riferendosi a questa loro usanza di adorare le pietre e le piante . Chi non accettava di chinare il capo e di inserirsi nella “civile” esistenza, si rifugiava in questi baluardi, vere e proprie città fortificate munite di tutto il necessario per vivere decentemente e autonomamente.

In Sardinia ne abbiamo identificate diverse e quasi sempre con questo nome attuale: Santa Vittoria.

Santa Vittoria di Serri, una città-santuario shardana, ove si può ammirare uno dei pozzi sacri più belli, si trova nell’altipiano che una volta doveva essere unito alla Jara stessa. A Santa Vittoria di Esterzili vi è un pozzo sacro e un sito incredibile con un anfiteatro in pietra scolpita e una sorta di “Megaron” completamente fuori luogo, ove furono trovati bronzetti shardana con figure anomale che ricordano quei bronzetti in forma di guerrieri assiri trovati anche nei pozzi sacri di Sardara. Citiamo ancora Santa Vittoria di Setzu: anche questo un insediamento (sull’altipiano della Jara) di cui rimangono solo le tracce della chiesetta diroccata e il nome.


Il “calcolatore del tempo”

Altri santuari-roccaforte assumono nomi differenti, ma sempre con lo stesso significato. Come Santa Cristina di Paulilatino con il suo pozzo sacro che ricorda le piramidi di Giza. Altre volte il nome è rimasto quello antico e di derivazioni akkadike. Come un sito da noi identificato a Tula (SS). Gli amici “Archeobuoni” (nome coniato dall’Autore per definire ironicamente gli archeologi della “Scienza Ufficiale” – N.d.R.) lo chiamano “Nurake sa Mandra Manna”. Naturalmente, come sospettavamo, di Nurake non vi è manco l’ombra. In compenso il nome è quello che ci attendevamo, cioè “Montagna Sacra” o “Recinto Sacro”. Questo nome è molto presente in Sardinia e spesso fu conservato dagli abitanti di alcuni paesi posti su questi altipiani. Come Mandas (Ca), Baku Mandara e altri.

La nuova roccaforte da noi individuata recentemente sulla Jara non ha un nome preciso, o noi non lo abbiamo trovato (ma indagheremo, perché il nome lo ha). In compenso si tratta di una vera e propria città, con statue ancora intatte, abitazioni, attrezzatura della vita quotidiana come macine, lavabi, pozzetti interni alle case per gli usi quotidiani dell’igiene e altro. Persino una casa nobiliare con piscina, ingressi monumentali, e strani Monoliti simili per intenderci a quello di “2001 Odissea nello Spazio”, il celebre film di Stanley Kubrick. Ora, chiaramente, i nostri detrattori si scateneranno, come fecero a suo tempo quando osammo paragonare il “Quattr’occhi, quattro braccia” a un uomo in tuta spaziale, che del resto è quello che sembra.

Per quanto riguarda le cose “terrestri” ivi giacenti, vero è che avevamo già visto sculture sulla Jara negli anni ‘80 – ‘90 del secolo scorso e ne eravamo rimasti delusi. Pare infatti che sulla Jara fossero presenti negli anni ‘70 alcuni scalpellini con famiglie al seguito e che abbiano eseguito sculture ben diverse da queste Gorgoni.


Un’altra immagine dell’importante ritrovamento

Alcuni bassorilievi ricordano la Dea Ishtar con la testa in forma di specchio e con i seni nell’impugnatura. La testa è come avvolta in un turbante o velo e ricorda alcune raffigurazioni dei templi egizi. Un’altra figura, che pare maschile sta con le braccia sollevate in modo di preghiera e presenta ancora tracce dei genitali maschili, seppur in parte logorati dal tempo e poco visibili a uno sguardo distratto.

Un altro manufatto che ci ha molto incuriosito è una specie di tavola circolare con delle sezioni che ci portano a pensare a qualche calendario o Calcolatore del Tempo sul genere di quelli da noi studiati e pubblicati nei libri precedenti. Inizialmente lo abbiamo scambiato per una delle tante vasche sacrificali con canalette per lo scorrere del sangue o dell’acqua dei sacrifici. Questo però, oltre a essere più grande, è anche più complesso nei disegni scavati per uno scopo ben preciso. Tutti i manufatti sono eseguiti nel basalto nero e poroso tipico della Jara.

Altra strana forma è una specie di sombrero che potrebbe essere una macina molto tecnologica. Le persone che ci accompagnarono nell’escursione esplorative, del Gruppo “Jente Shardana”, ricordo che restarono a bocca aperta alla vista di questa città rasa al suolo in modo sistematico ma ancora presente in tutte le sue cose. Una demolizione scientificamente voluta. Con la popolazione deportata. Come può apparire dalle immagini di una casa nobiliare ancora ben visibile in tutti i suoi vani.

Chissà, forse in una prossima edizione del libro potremo dirvi anche il nome e la storia di questa città fantasma, ignorata (al solito) dai nostri “Archeobuoni”. Se questa scoperta fosse avvenuta in altra parte del mondo, oggi saremmo su tutti i giornali.


Il nuovo libro di Leonardo Melis “Shardana, la Bibbia degli Urim”, PTM Editrice

Un libro diviso in tre parti unite fra loro da un filo invisibile nascosto dalla Storia Ufficiale, ma riscoperto da Leonardo Melis in quarant’anni di studi e viaggi nei luoghi calpestati da personaggi della Storia spesso ignorati o confusi con figure a volte inventate da chi scrisse i Testi, anche quelli Sacri.
1° Parte: la Bibbia, vecchio Testamento. La (ri)scrittura di questi Testi non vuole essere blasfema o negazionista, ma storicamente documentata con la comparazione degli Scritti dei Popoli confinanti, quali: Assiri, Babilonesi, Egizi. Naturalmente agli scritti si aggiungono le scoperte archeologiche avvenute in questi tempi, nei luoghi definiti “Santi” da chi aveva redatto i Libri Sacri.
2° Parte: Dossier Statue di Monti Prama. La pubblicazione degli articoli apparsi sui giornali locali dal 1974 al 1977 e successivamente quelli del 2005, quando le statue furono riscoperte anche grazie alle pubblicazioni di Leonardo Melis. Le dispute fra la Sovrintendenza e l’Università di Cagliari. Tra il Sovrintendente capo e un gruppo di studiosi oristanesi. Le querelle e le accuse farcite di dichiarazioni roboanti di scoperte da attribuire invece a volonterosi studiosi privati.
3° Parte: Le scoperte effettuate da Leonardo Melis in questi ultimi anni, grazie anche a segnalazioni fatte da amici e lettori. Sfingi, Piramidi a gradoni, disegni giganteschi sulle rocce, persino un’intera città rasa al suolo e conservata nella foresta. La ricostruzione infine della Vela Shardana, che “Non ha bisogno di timone né di timoniere”, grazie alla passione di un amico ingegnere.



Leonardo Melis, scrittore e ricercatore, ha pubblicato numerosi volumi sulla storia antica e le origini celtiche della Sardegna, tra cui il bestseller “Shardana: i popoli del mare”.



 

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