Archeologia |
Non chiamatela Piramide di Cheope |
22 Novembre 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Le prove contro la teoria ufficiale superano quelle a favore
Quando un navigatore curioso, con le migliori intenzioni, si dedica alla lettura in rete per comprendere come gli Egizi della IV Dinastia abbiano eretto la Grande Piramide, si imbatte inevitabilmente in una miriade di siti, ufficiali e non ufficiali, e deve districarsi tra tante ipotesi, alcune ardite, altre ridicole. Se è fortunato, può scaricare il seguente studio: l’opera di Maragioglio (egittologo) e Rinaldi (ingegnere civile) dal titolo “L’architettura delle piramidi Menfite”1, che nel 1965 dedicarono un intero volume alla Piramide di Cheope (Parte IV del loro lavoro di ricerca). Nella loro “nota preliminare”, scrivono testualmente: “Precisiamo innanzitutto che consideriamo questa piramide unicamente come tomba del re Cheope (Hwfw) , secondo sovrano della IV dinastia. Non terremo quindi in alcun conto le deduzioni ed illazioni di Piazzi Smyth, dei fratelli Edgar , dell' abate Moreux e di altri che seguono le stesse linee di pensiero”. Ora, è vero che Smyth, Egar e Moreux non sono il massimo della credibilità, ma, capite bene che con una simile introduzione, tutto il lavoro di Rinaldi e Maragioglio nasce ingabbiato nei confini dell’egittologia classica. All’inizio del libro c’è un accenno al trasporto dei monoliti della camera del re e della regina, che cito testualmente: “Il problema della costruzione delle piramidi, e cioè dei mezzi e degli artifici usati per la loro erezione, è posto nella sua interezza da questo imponente monumento. Infatti fu necessario sollevare a grande e altezza blocchi di pietra di volume anche maggiore di 1 metro cubo e quindi pesanti oltre 2500 k g . Per non parlare dei travi di granito della cripta e delle camere di scarico e dei travi a contrasto della copertura della « camera della regina » e dell’ ultima camera di scarico: alcuni di questi travi non pesano meno di 25.000 k g . e si trovano a più di 70 metri dal piede dell'edificio. Il problema , però , potrà essere discusso solo dopo aver studiato tutte le piramidi e quindi ci riserviamo di affrontarlo in una « Questione di ordine generale » alla fine dell'opera”. Scorrendo le pagine fino a fine opera, pag. 185, troviamo il capitoletto “Questione di ordine generale”: con entusiasmo leggo tutto il paragrafo e scopro che parla dell’areazione delle camere interne. Cerco un altro paragrafo, ma purtroppo questo è l’ultimo: segue la bibliografia. Quindi nessun accenno al colossale problema di movimentazione in quota dei monoliti da decine di tonnellate. In quasi 100 pagine di ricerca, troviamo accuratissime descrizioni geometriche corredate da dettagliate planimetrie e disegni (ben dodici tavole) ed indicazioni storiche, numeri, misure, nomi, etc. ma nessun disegno tecnico corredato da indicazioni di fisica e meccanica, nessun calcolo vettoriale, nessuna dimostrazione di tipo scientifico, etc. All’interno di questa opera prestigiosa e punto di riferimento per molti studiosi del settore, si riassumono centinaia di informazioni sulla grande piramide, partendo sempre dall’assioma principale, fattore comune di tutte le ipotesi ufficiali ed accademicamente accettate: “Le piramidi di Giza sono state realizzate dagli Egizi della IV Dinastia”. Ci si sarebbe aspettato un approccio multidisciplinare, grazie al contributo dell’ingegnere e architetto Rinaldi, purtroppo però, l’impostazione teorica del lavoro, è più simile ad un libro di storia/architettura che ad un libro di costruzioni/tecnologia. Questo esempio è importante per capire come, senza un approccio libero dall’assioma fondamentale, anche un prestigioso ingegnere (egittologo) e ricercatore di fama mondiale come Rinaldi, non possa giungere ad altre conclusioni se non quelle ufficiali. Tornando al navigatore curioso di cui sopra, non esiste un sito autorevole che gli indichi con chiarezza tutte le tecniche di costruzione ufficialmente ritenute valide e quelle ritenute degne di approfondimento, quindi è facile imbattersi in informazioni a volte fuorvianti. Che si parli di rampe a spirale, di rampe frontali, di malte cementizie, di rampe interne, etc., tutte le ipotesi si concentrano a spiegare come gli Egizi abbiamo portato in quota e posato la maggior parte dei 2.300.000 blocchi che costituiscono la Grande Piramide, ovvero quelli con peso contenuto sotto le 4 tonnellate (98% dei blocchi). A titolo di esempio, si riporta un disegno dove si evincono le proporzioni e le % dei blocchi:
In effetti, con i blocchi da 1-3 m3 e da 1-3 tonnellate di peso, è possibile formulare diverse ipotesi plausibili, anche se alcune poco verosimili, a mio avviso. Il vero problema si pone quando andiamo ad analizzare “il cuore” della Grande Piramide: la cosiddetta “camera del Re”, costituita da monoliti in granito rosa di Assuan dal peso di decine di tonnellate. I blocchi che costituiscono il cosiddetto “Zed”, pesano circa 70 tonnellate secondo le stime più attendibili2 e sono posizionati a circa 50 metri di altezza dalla base della piramide. Le immagini seguenti, danno indicazione sulle dimensioni e sul posizionamento del complesso “Zed”: Un lettore che osserva per la prima volta le immagini sopra riportate, è subito colpito dalla complessità del sistema di camere e gallerie che si trovano all’interno della piramide a vari livelli. Una complessità che stupisce ancora di più se si pensa che si tratta di un edificio gigantesco, che risulterebbe già ultra-complesso se realizzato solo con blocchi da 1m3; ci si domanda subito perché mai una civiltà appena uscita dal neolitico come quella Egizia della IV Dinastia, si sia complicata la vita con delle megastrutture monolitiche da decine di tonnellate a geometria complessa. La risposta ufficiale (camere sepolcrali) non convince, a mio avviso. Il metodo di analisi che trovo più utile in questi casi, consiste nel partire da dati reali che possano costituire una base di lavoro valida. Su questo argomento, è importante partire da esperienze certe e storicamente provate di trasporto di monoliti nelle antiche civiltà occidentali: esempi perfetti sono gli Obelischi Egizi che troviamo sia a Roma, sia in Egitto e che sappiamo di certo essere stati trasportati ad esempio dai Romani lungo il Nilo e poi nel Mar mediterraneo fino a Roma. Nel mio articolo “Grande Piramide e Colosseo a confronto” (https://www.academia.edu/7932679/Grande_Piramide_e_Colosseo_a_confronto_06-03-2014_) ho evidenziato le differenze di capacità tecnologica che separano l’Impero Romano da quello Egizio della IV Dinastia. Tenendo ben presente queste differenze, analizziamo la seguente tabella per quanto riguarda gli Obelischi che si trovano principalmente a Roma, con particolare attenzione alla pendenza del percorso di trasporto:
In questo caso, ho utilizzato una semplificazione di calcolo: avrei dovuto suddividere il percorso di trasporto di ogni obelisco, in una spezzata e calcolare la pendenza dei singoli tratti ed alla fine ottenere un valore medio, ma, essendo impossibile risalire al percorso di trasporto a distanza di 2000 anni, è sufficiente utilizzare l’altezza sul mare tra il punto di partenza ed il punto di arrivo, quindi tra la città che ospitava l’Obelisco ed il fiume Nilo (con il percorso più breve). L’ordine di grandezza dell’errore è irrilevante, perché l’obiettivo è dimostrare che il trasporto si svolgeva su terreno pianeggiante. Dalla tabella, infatti, si evince che il percorso degli Obelischi dalla loro posizione originale fino al fiume Nilo, è un percorso con pendenze inferiori all' 1 %, quindi pianura (se fosse stato anche il doppio, o il triplo, staremmo sempre discutendo di trasporto in pianura). Gli obelischi proseguivano sul Nilo e poi con le grandi navi romane appositamente costruite per il traporto degli Obelischi, lungo il Mediterraneo, fino al porto di Ostia. La pendenza tra Ostia e Roma è di circa lo 0,21%, quindi di nuovo pianura. Per quanto riguarda gli Obelischi ritrovati in Egitto, essi si ergono su città che distano pochi km dal fiume Nilo, e principalmente in tre città: Luxor, Heliopolis e Tebe (Karnak). Le pendenze da affrontare per il trasporto dal fiume al luogo di erezione sono tutte al di sotto del 1%, praticamente pianure. Come fecero i Romani in epoca successiva e con tecnologie più avanzate, possiamo con ogni probabilità dire che anche gli Egizi affrontarono il trasporto degli Obelischi dalle cave di Assuan lungo il fiume Nilo e poi dalle sponde del fiume Nilo fino ai luoghi di erezione, sostanzialmente in pianura. Ricapitolando, abbiamo i seguenti percorsi: - Assuan – Nilo: percorso in pianura o addirittura a favore di pendenza - Heliopolis – Nilo: pianura (andata per gli Egizi e ritorno per i Romani) - Luxor – Nilo: pianura (andata per gli Egizi e ritorno per i Romani) - Karnak – Nilo: pianura (andata per gli Egizi e ritorno per i Romani) - Nilo – Mediterraneo: percorso a pendenza zero - Ostia – Roma: pianura Sia gli Egizi, sia i Romani, trovarono nella forma allungata degli Obelischi il vantaggio che gli consentiva di moltiplicare i punti di ancoraggio per facilitarne il tiro e la movimentazione. Se anche volessimo ipotizzare che gli Egizi delle Dinastie successive alla IV (dalla XII in poi) avessero movimentato gli Obelischi anche su pendenze maggiori, è indubbio che lo avrebbero fatto in condizioni di lavoro molto diverse da quelle del cantiere della Grande Piramide. Non abbiamo informazioni certe e sufficienti per spiegare come gli Egizi movimentassero gli enormi monoliti, ma abbiamo alcuni dipinti di epoca più recente che ci vengono in aiuto, come quello seguente:
Considerando che la scoperta dell’acciaio è del XX secolo, possiamo dire che le operazioni di spostamento dell’obelisco Vaticano furono fatte sostanzialmente utilizzando la stessa tecnologia degli Egizi e dei Romani dell’età del Ferro. Con l’ausilio di 400 carri trainati da quadriglie e migliaia di operai, in uno spazio aperto vasto, gli ingegneri rinascimentali impiegarono più di un anno per spostare l’obelisco di appena 200 metri in pianura: questi sono gli ordini di grandezza in gioco quando si parla di monoliti che pesano decine di tonnellate. Dati reali, non speculazioni da scrivania (spesso fatte da letterati esperti di archeologia e storia, senza competenze di cantieristica). Il più antico Obelisco4 si trova ad Eliopoli (al-Maṭariyyah) e appartenne a Zenwósre I ,dinastia XII del Faraone Amenemhat I, 1991 – 1962 a.C.. Quindi la storia degli Obelischi monolitici in Egitto nasce ufficialmente a fine età del Bronzo, inizio età del Ferro. All’epoca della V Dinastia abbiamo notizie di un “obelisco tozzo” fatto in muratura: l’obelisco di Abusir5 databile intorno al 2400 a.C. Risulta subito chiara una prima grande anomalia: la IV Dinastia ancora una volta (come dimostrato nell’articolo “L’anomalia della settima meraviglia” https://www.academia.edu/7969307/Lanomalia_della_settima_meraviglia_Giza_contro_tutti_rev4_15_11_2016 ) rappresenta un’anomalia storico-tecnologica in quanto sarebbe stata in grado di realizzare opere ingegneristiche al di sopra delle proprie capacità tecnologiche ufficiali ed in largo anticipo rispetto alle Dinastie successive. Ed oggi, nel 2017, come le trasportiamo noi, uomini ultratecnologici, tonnellate di peso su rampe inclinate? Nelle cave e nei cantieri edili, si usano mega-grù che sollevano, non trainano (né ovviamente trascinano).Un’esperienza personale però, ci da lo spunto per una riflessione che potrà aiutarci. L’analisi comparativa che segue, nasce da una fortuita coincidenza: qualche settimana fa ho utilizzato la linea ferroviaria a cremagliera che porta da Torino alla basilica di Superga, denominata “La Tranvia a Dentiera Sassi-Superga”; si tratta di una linea tranviaria inizialmente mossa con motore esterno e funi, trasformata nel 1934 in tranvia a dentiera con trazione a rotaia centrale ed oggi, nel 2017, completamente ripristinata, offre ai visitatori un viaggio d'altri tempi sulle carrozze originarie. Proprio questo aspetto, mi ha consentito di notare alcuni dettagli molto importanti durante il viaggio. Il percorso si sviluppa per 3.100 metri tra la stazione di Sassi (sita a Torino in piazza Modena, a 225 metri s.l.m.) e la stazione di Superga (a 650 metri s.l.m.). Il dislivello totale di 425 metri è superato con una pendenza media del 13,5%, con punte massime del 21% nel tratto finale tra Pian Gambino e la Stazione di Superga. Il “convoglio” è formato solo da due carrozze: una motrice ed un vagone, di seguito riporto alcune foto: Il treno è dotato di un motore elettrico a corrente continua con tensione di lavoro di 600 V (tipico di quei tempi). La mia fortuna è stata essere alle spalle del macchinista ed accorgermi che, ben in vista, vi erano in cabina un voltmetro ed un amperometro: I valori letti al momento in cui ho scattato la foto sono i seguenti: - Tensione V= 580 Volt - Corrente A= 600 Ampere La potenza P erogata dal motore è nota ed è il prodotto tra tensione e corrente: - Potenza P = V * A = 580 * 600 = 348 kW = 473 cv Anche se l’unità di misura della potenza del S.I. è il Watt, in questa analisi è più utile esprimere la potenza in cavalli vapore (cv): stiamo quindi parlando di circa 473 cavalli. E’ ora importante capire quante tonnellate sta trasportando il motore elettrico, a quale pendenza ed a quale velocità. Per la pendenza ho utilizzato un metodo “empirico” moderno: inclinometro App su Android; ho quindi lanciato l’App ed ho appoggiato il cellulare sul pavimento della carrozza, mentre per la velocità mi è bastato allungare lo sguardo al tachimetro del macchinista. Per quanto riguarda il peso, la situazione è stata un po’ più complicata. Dalla seconda foto si può notare la tara del vagone unico: 9,4 tonnellate. Il problema è sorto con la motrice, perché non riportava alcuna scritta; ho dovuto quindi “interrogare” i macchinisti ed il capo treno che si sono con gentilezza messi a disposizione indicandomi il peso della motrice in almeno 11 tonnellate. Al momento della mia misurazione ho contato nella carrozza motrice 38 persone ed altrettante circa nel vagone. (approssimativamente, perché in fase di ingresso alla stazione Sassi, hanno prima riempito il vagone e poi la motrice dove sono salito io) per un totale di circa 80 persone. Riepilogando, abbiamo: - Inclinazione: 12,8° - Peso totale trasportato: 27.000 kg (sommando 9.400 kg vagone, + 11.200 kg motrice + 6.400 kg passeggeri, stimando un peso medio passeggero di 80 kg) - Velocità: 16 km/h (costante per quasi tutto il tragitto) Con questi dati a disposizione, possiamo riassumere l’analisi nella seguente frase: per trasportare su rotaie un peso di circa 27 tonnellate lungo una rampa inclinata di circa 13° è necessaria una potenza motrice di circa 470 cavalli vapore per imprimere al carico una velocità costante di circa 16 km/h. E’ necessario ora analizzare la definizione di cavallo vapore: la potenza necessaria per sollevare un peso di 75 kg alla velocità di un metro al secondo (ovvero 3,6 km/h). Notiamo subito che il nostro “esperimento” è stato condotto alla velocità di 16 km/h, quindi bisogna rapportare il numero di cavalli vapore per rispondere alla seguente domanda: quante tonnellate sarebbero stati in grado di trasportare 470 cavalli, se il convoglio avesse viaggiato a 3,6 km/h anziché 16 km/h ? A questo livello di approssimazione, possiamo utilizzare una semplice proporzione partendo dal fatto che se 470 cavalli riescono a spostare 27 tonnellate a 16 km/h, se diminuisco la velocità a 3,6 km/h possono trasportare più peso e precisamente il rapporto 16/3,6 che equivale a 4,44; pertanto ottengo il seguente valore: circa 120 tonnellate (questo ragionamento è supportato dal fatto che è sperimentalmente dimostrato che a minore velocità, un cavallo riesce a trainare più peso 6 ). Intuitivamente, si capisce che se il macchinista avesse dovuto trasportare circa 4 volte il peso che stava trasportando (120 tonnellate al posto delle 27 tonnellate), lo avrebbe potuto virtualmente fare solo diminuendo la velocità (essendo la potenza il rapporto tra il numero di giri del motore e la coppia motrice, a parità di potenza, diminuendo il numero di giri motore, quindi velocità del treno, deve aumentare la coppia motrice e quindi la capacità di trasportare più peso). La nostra frase quindi si trasforma nella seguente: per trasportare su rotaie un peso circa 120 tonnellate lungo una rampa inclinata di circa 13° è necessaria una potenza motrice di circa 470 cavalli vapore per imprimere al carico una velocità costante di circa 3,6 km/h. La velocità di 3,6 km/h ci è molto utile perché è convenzionalmente accettata come la velocità di cammino di un uomo. Il prossimo passaggio fondamentale è la trasformazione del valore di potenza da “cavalli vapore” a “uomini vapore”6: per rispondere a questa domanda consideriamo gli esseri umani dalle prestazioni più elevate, ovvero gli atleti di alto livello. I livelli più alti di potenza vengono raggiunti dai ciclisti. La potenza dell’atleta è calcolata moltiplicando la coppia (ovvero la forza applicata sui pedali moltiplicata per la lunghezza della pedivella) per la velocità angolare (numeri di giri motore, tornando a quanto sopra esposto). Il test viene effettuato su speciali biciclette da laboratorio, dette cicloergometri, dotate di sensori. I risultati sono sorprendenti: alcuni campioni riescono a sviluppare potenze massime di circa 1800 W, ovvero quasi 2,5 CV! Dobbiamo dunque credere che uno di questi atleti straordinari sia più potente di una pariglia di cavalli da tiro? In realtà non è così. Valori di potenza così elevati possono essere raggiunti dall’uomo solo per pochi secondi, mentre il valore di 745 W approssima la potenza media che un cavallo può fornire durante tutta una giornata di lavoro di 10 ore. Il valore massimo per questi animali è in realtà di circa 15 HP, ovvero oltre 11 000 W, ma può essere mantenuto per periodi molto brevi. Pertanto il rapporto tra cavallo-vapore ed uomo-vapore è di 1 a 6 (11.000 W / 1800 W); la nostra frase quindi diventa: per trasportare su rotaie un peso circa 120 tonnellate lungo una rampa inclinata di circa 13° è necessaria una potenza motrice di circa 2.840 uomini (473 x 6) per imprimere al carico una velocità costante di circa 3,6 km/h. A questo punto, l’ultimo passo è rapportare i risultati ottenuti con motrice + vagone, al generico monolite di granito rosa che costituisce la camera del Re che pesa circa 70 tonnellate, invece che 120 tonnellate. Con una semplice proporzione, otteniamo la frase finale: per trasportare su rotaie un peso circa 70 tonnellate lungo una rampa inclinata di circa 13° è necessaria una potenza motrice di circa 1.650 uomini per imprimere al carico una velocità costante di circa 3,6 km/h. Questi sono i dati, al netto di alcune imprecisioni ed approssimazioni (ad esempio errori di misurazione, rendimento del motore elettrico, la coppia motrice realmente erogabile dal motore per il trasporto, etc.). Come per gli altri miei articoli, è importante capire le grandezze in gioco e l’ordine di grandezza dell’analisi: è infatti fondamentale capire la meccanica e la fisica del fenomeno ed individuarne un ordine di grandezza credibile e verosimile. Successivamente, andrebbero fatte prove di laboratorio in scala 1:1, ma occorrerebbero cospicui fondi, attualmente bloccati per altri scopi (ad esempio trovare altre mummie in giro per l’Egitto e studiarle nei minimi particolari). Ai più attenti non sarà di certo sfuggito un particolare di non poco conto: l’analisi suddetta è svolta per “trasporto su rotaie”, ma è noto che all’epoca della IV Dinastia, gli Egizi non conoscessero la ruota, né tutte le sue sfumature tecnologiche. Tutti gli studi ufficiali infatti parlano di "traino” su slitte. Se immaginassimo quindi di bloccare le ruote del convoglio e di “trascinarlo” sulle rotaie, avremmo il passaggio da un moto con attrito volvente ad uno con attrito radente. Il valore del coefficiente di attrito cinetico “acciaio-acciaio” passa dallo 0,000556 (cerchione da 900 mm su rotaia) per il rotolamento, allo 0,15 per il trascinamento: circa 270 volte maggiore. Per comprendere meglio quanto sopra esposto, riporto alcune figure semplificative: La formula per determinare la forza di attrito radente su un piano (freccia rossa, immagine sopra) è la seguente: - FAr = P x µ dove µ è il coefficiente di attrito dinamico di cui abbiamo accennato in precedenza. Quindi la forza di attrito è proporzionale alla forza peso secondo il coefficiente di attrito µ che è sempre minore di 1. Quando andiamo sul piano inclinato, la forza di attrito radente (freccia verde nella seconda immagine sopra) diventa: - FAs = P x sinα + P x µ x cosα = P x (sinα + µ x cosα) Senza entrare troppo nel vivo della formula, basti notare che la FAs è sempre maggiore della FAr (la somma sinα + cosα è sempre maggiore di 1) e che aumenta all’aumentare dell’inclinazione α del piano inclinato. Volendo tenere in considerazione che l’ipotesi ufficiale sostiene che le slitte trainate lungo le rampe per il trasporto dei monoliti, fossero costantemente sottoposte a trattamento con grasso animale per ridurre l’attrito (magari un giorno qualche studioso si degnerà di stimare quante tonnellate di grasso animale sarebbero state necessarie per la costruzione della Grande Piramide e di conseguenza quante migliaia di animali sarebbero dovuti essere uccisi, ma prima ancora allevati, nutriti e macellati in tempo utile), vogliamo determinare l’ordine di grandezza di questa riduzione di attrito. Un ottimo grasso sintetico9 oggi riesce a ridurre l’attrito tra due superfici generiche a bassa scabrosità, di circa 100 volte7 (al massimo): utilizziamo (a vantaggio di sicurezza) il valore massimo, ipotizzando che il grasso animale utilizzato dagli Egizi avesse le stesse capacità di lubrificazione dei migliori grassi sintetici moderni. Pertanto otteniamo il seguente risultato: il coefficiente di attrito per trascinamento passa da 0,15 a 0,0015. Il nuovo rapporto è quindi di 2,7 volte e lo moltiplichiamo per il numero di uomini-vapore ed approssimiamo per difetto. La frase definitiva si trasforma nella seguente: “per trasportare su slitte opportunamente ingrassate per ridurre l’attrito, un peso di circa 70 tonnellate lungo una rampa inclinata di circa 13° è necessaria una potenza motrice di oltre 4.000 uomini per imprimere al carico una velocità costante di circa 3,6 km/h. Questi sono i numeri: 4.000 uomini per ogni monolite di granito. Una teoria più recente, formulata da ricercatori olandesi e riportata anche sul sito ufficiale Treccani (http://www.treccani.it/magazine/atlante/scienze/svelato_il_segreto_delle_piramidi.html ) cerca di dimostrare che gli Egizi non usassero grasso animale per diminuire l’attrito tra le slitte ed il terreno, ma semplicemente bagnassero la sabbia/argilla creando una fanghiglia lubrificante. Ora, che per altri trasporti fosse questo il metodo, possiamo anche accettarlo, ma per quanto riguarda i monoliti della camera del Re, torniamo in una situazione impossibile, sostanzialmente per i seguenti punti: 1) i monoliti dovevano essere trascinati sulla rampa inclinata fatta di blocchi di calcare, mattoni di argilla cotti o altro materiale in grado di sopportare delle sollecitazioni così importanti (ricordiamo che la tecnica delle “terre armate” è recente e di certo sconosciuta alla IV Dinastia); quindi gli Egizi avrebbero dovuto prima ricoprire di sabbia la rampa e poi bagnarla, con l’evidente conseguenza che assieme all’acqua sarebbe scivolata a valle (la rampa è inclinata, ricordiamolo) anche la sabbia, oltre al fatto che l’acqua avrebbe indebolito la struttura a mattoni della rampa; 2) ammettendo per assurdo che la tecnica della sabbia bagnata fosse quella realmente utilizzata dagli Egizi per il traino dei monoliti, otterremmo di certo una diminuzione della capacità lubrificante rispetto al grasso sintetico che abbiamo ipotizzato precedentemente; di conseguenza il numero di uomini per il traino cresce proporzionalmente e diventa più di 4.000: ancora una volta, la coperta è corta. Per quanto riguarda il “piano inclinato” su cui trasportare i monoliti, vogliamo riportare l’esempio più accreditato (almeno così risulta dalle mie ricerche): si tratta della teoria che prevede l’utilizzo di una gigantesca rampa frontale in abbinamento ad una rampa a spirale interna alla Grande Piramide. La foto successiva aiuta a capire meglio di cosa stiamo parlando:
La rampa interna (come spiega bene la seguente simulazione 3D tratta dal sito National Geografic https://www.youtube.com/watch?v=lasCXujNPfs ) non permetteva il passaggio dei monoliti, né ovviamente era pensabile poi farli ruotare di 90 gradi lungo la rampa con una colonna di 2000 uomini al tiro, considerando che la colonna sarebbe stata di certo più lunga del lato di rampa disponibile. La rampa esterna7, opera colossale al pari della Grande Piramide per complessità, mole e peso, avrebbe dovuto avere una pendenza minima di 6,5°, quindi circa la metà dei gradi di pendenza dalla linea Tranvia a Dentiera Sassi-Superga dell’analisi precedente. E’ immediato e banale far notare che utilizzare lo stratagemma di “allungare la rampa” per abbassarne la pendenza, incuranti del fatto che in questo modo la mole della rampa diventa inverosimile, è una forzatura inaccettabile. Non potendo verificare sperimentalmente, ci accontentiamo in questa sede di variare proporzionalmente il numero di uomini-vapore in base alla pendenza minima (sempre per metterci nella posizione di “vantaggio di sicurezza” nella trattazione) ipotetica di questa rampa colossale: “per trasportare su slitte opportunamente ingrassate per ridurre l’attrito, un peso di circa 70 tonnellate lungo una rampa inclinata di circa 6,5° è necessaria una potenza motrice di circa 2.000 uomini per imprimere al carico una velocità di circa 3,6 km/h.” Ora, non sono riuscito a reperire informazioni univoche in merito alla larghezza della rampa, ma possiamo ipotizzare che per trasportare i monoliti, dovesse essere almeno larga quanto i monoliti stessi; essendo i monoliti larghi circa 6 metri abbiamo bisogno di una rampa di almeno 8 metri, stabilendo un margine di sicurezza di almeno 1 metro per lato per evitare che i “trainanti” cadessero da altezze considerevoli; assumendo uno spazio di ingombro di 1 metro-uomo per il trascinamento, otteniamo circa 333 file da 6 uomini: una colonna di circa 333 metri che tira con funi pesantissime ed ingombranti (non esistevano catene all’epoca della IV dinastia) almeno n.9 monoliti da 70 tonnellate per circa 575 metri. Pertanto la colonna di uomini occuperebbe più della metà della lunghezza della rampa ed una volta arrivata al bordo della piramide non saprebbe come proseguire, considerando che non ci sarebbe stato abbastanza spazio per riuscire a portare in posizione il blocco. Vogliamo poi ricordare al lettore che, secondo questa teoria, la rampa dovrebbe essere imbrattata di grasso animale in quantità industriale, per consentire la diminuzione di attrito: ammettendo di riuscire perfettamente nell’operazione per il primo blocco, ci troveremmo nella situazione che per il traino del secondo blocco bisognerebbe pulire per bene la rampa, altrimenti la colonna di 2000 uomini scivolerebbe nell’operazione di traino. Ovviamente bisogna ripetere l’operazione fino al nono monolite (non trascurando il fatto che nel deserto c’è sabbia, che si mescola al grasso e ne riduce le proprietà di lubrificazione). Il lettore attento, a questo punto troverà chiaro che, nonostante le tante approssimazioni dell’analisi e nonostante la scelta di parametri tutti a vantaggio di sicurezza (ovvero tutti a favore della teoria ufficiale), ci troviamo difronte all’assurdo che per convalidare la teoria ufficiale bisogna utilizzare delle forzature che sfiorano il ridicolo: - una rampa frontale la cui difficoltà di realizzazione e le cui dimensioni e peso la renderebbero di diritto l’ottava meraviglia del mondo antico; meraviglia al punto tale da rendere lo sforzo di smantellamento illogico e inutilmente lungo; - bisogna attribuire delle tecniche di traino agli egizi della IV dinastia, di gran lunga superiori a quelli della XII Dinastia e successive, le quali sono state in grado di trasportare Obelischi in condizioni molto meno gravose: terreno pianeggiante e spazi di manovra ampi e senza costrizioni; - difficoltà di cantierizzazione, reperimento materiale (si pensi solo alle centinaia di tonnellate di grasso animale, o ai vettovagliamenti per le colonne di uomini da traino, etc.), sicurezza di esecuzione (quanti lavoratori sarebbero morti per lo scivolamento del monolite sul grasso animale? Oppure sarebbero caduti dalla rampa?) coordinamento maestranze, etc sono aspetti che non possono essere trascurati o ignorati. L’immagine seguente, tratta dal seguente filmato (https://www.youtube.com/watch?v=lasCXujNPfs) mostra l’imponenza della rampa frontale, pari soltanto all’imponenza della forzatura ingegneristica e tecnologica che bisogna fare per ammetterne l’esistenza.
Qualche acuto osservatore, magari obietterà che la rampa frontale fosse più ampia degli 8 metri da me ipotizzati. Ma se anche raddoppiassimo la larghezza della rampa, avremmo comunque una colonna di uomini formata da 166 file ! Inoltre, come ho già accennato in precedenza, aumentare le dimensioni della rampa per giustificare le forzature della teoria, è un tentativo goffo e ridicolo, perché se da un lato si dimezza la lunghezza della colonna trainante, dall’altro si stanno raddoppiando le dimensioni della rampa (la coperta è corta!). Con questo “mezzuccio” logico, si potrebbe arrivare all’assurdo di ipotizzare una rampa talmente grande, da diventare essa stessa una meraviglia del mondo antico, forse più della piramide! E’ doveroso ricordare che l’egittologo Georges Goyon ha affrontato il tema del traino dei blocchi su rampa inclinata molti anni fa, e nel libro “Il segreto delle Grandi Piramidi” è stato capace di “teorizzare” l’azzeramento del coefficiente di attrito, pur di ridurre il numero delle colonne di uomini al traino. Con questa “licenza scientifica” (al pari di una licenza poetica per letterati, essendo egli un letterato principalmente) ha stimato che occorrevano “solo” circa 450 uomini al posto dei circa 2.000 che aveva correttamente calcolato egli stesso con un coefficiente di attrito verosimile (è lo stesso numero di uomini che ho calcolato in precedenza partendo dall’esperienza reale della tranvia a dentiera). Queste “licenze scientifiche” (azzerare il coefficiente di attrito, aumentare a dismisura le dimensioni della rampa per diminuirne l’inclinazione ed aumentarne la larghezza, aumentare all’inverosimile il numero di operai nel cantiere, etc.) sono “allegramente” accettate dal mondo accademico (egittologi in primis) perché mettono fine ad ogni confronto scientifico serio sul tema. E’ uno stratagemma che inchioda la ricerca su posizioni sempre meno difendibili. Tornando alle tecniche di trasporto degli Obelischi, alla luce di quanto sopra esposto, risultano evidenti le contraddizioni e le forzature che la storiografia ufficiale adotta quando asserisce che i monoliti costituenti la Camera del Re della grande Piramide, furono movimentati dagli Egizi della IV Dinastia (ricordiamo che avevano a disposizione tecnologie dell’età del Rame, quindi niente catene, niente chiodi e soprattutto niente ruota, né carrucole): 1) in netto anticipo rispetto alle Dinastie successive, i Faraoni della IV Dinastia sarebbero stati in grado di movimentare monoliti dalla forma tozza, quindi più difficili da movimentare rispetto agli Obelischi con forma allungata, e soprattutto con tecnologie più vecchie; 2) unico caso nel mondo antico, i faraoni della IV Dinastia sarebbero stati in grado di movimentare monoliti tozzi da 70 tonnellate su rampe inclinate ed in spazi ristretti (sono posizionati a circa 50 metri di dalla base della Piramide, nel cuore della Piramide stessa); 3) è impossibile coordinare 2.000 uomini al tiro di un monolite da 70 tonnellate su rampe inclinate strette e lunghe, oppure ancor peggio nelle curve a gomito che si sviluppano a spirale. Situazione ancor più critica se si fa riferimento alle strettissime e mal illuminate rampe a spirale interne: non basterebbe lo spazio per posizionare in file la colonna di 2000 uomini (ricordiamo che 2000 uomini è il valore minimo ipotizzabile per il tiro su rampa inclinata, sempre nella condizione di continuo ingrassaggio delle slitte con grasso animale stimato con proprietà pari ai migliori grassi sintetici moderni). Per semplicità di trattazione, elenchiamo nella tabella seguente i principali punti deboli della teoria ufficiale con le relative forzature giustificative:
Pertanto la teoria della ricopertura, non è in contrasto con le prove archeologiche recenti e passate, né con le testimonianze storiche, in quanto ipotizza solo di ridimensionare l’opera di Cheope, senza negarla. La nuova teoria rende più credibili e più gestibili i limiti della teoria classica: ad esempio, il fatto che l’interno della piramide non sia “tappezzato” dal carteggio di Cheope, è legato al fatto che, all’epoca di Cheope, tutti sapessero che la piramide era preesistente e quindi Cheope sarebbe stato ridicolo ad attribuirsela. Il punto 4 della tabella precedente, credo rappresenti un passaggio importante: il fatto che la teoria ufficiale abbia un punto molto forte di credibilità, rappresenta una sfida per la ricerca alternativa. Purtroppo, a mio avviso, anche la ricerca alternativa soffre della stessa patologia della ricerca ufficiale: un atteggiamento “corporativo” che tende a creare lo scontro piuttosto che il confronto. E’ fondamentale quindi ammettere che anche la migliore teoria alternativa, resta una teoria con dei punti di forza e dei punti deboli e che inevitabilmente farà uso di forzature giustificative. Talvolta, quella che nasce come forzatura giustificativa si trasforma in una prova schiacciante, ma solo dopo anni di ricerca seria e strutturata. In ambito fisico, l’esempio cardine è la teoria della relatività generale: Einstein ipotizzò che la velocità della luce fosse un limite invalicabile. Una “forzatura giustificativa” senza la quale tutte le speculazioni della teoria crollavano. Eppure, nel 2017 arriva l’ennesima conferma della teoria con il rilevamento di onde gravitazionali (sarebbe finalmente il caso di parlare di “Legge della relatività” e non più di teoria, ma questa è un’altra storia……). La recentissima scoperta, pubblicata su Nature, di una nuova cavità al di sopra della camera del Re, è emblematica:
Per alcuni Egittologi è la conferma che esistesse una camera più in alto di quella del Re per consentire ai monoliti di essere calati dall’alto, o semplicemente per altre esigenze di cantiere; per tutti gli altri, rappresenta la conferma che i monoliti non sono stati trasportati dagli Egizi della IV Dinastia, perché significa aumentare ancora di più la difficoltà di movimentazione, alzando ancora di più la rampa frontale. Questa camera quindi non ha alcuna spiegazione logica secondo la teoria ufficiale. Quindi? Ancora stallo. Nessun confronto, solo scontro. Per il noto egittologo Zahi Hawass, si tratta di una delle tante camere vuote della piramide (punto e basta!), cito testualmente: “La cavità? Non è un mistero. Se avete chiaro come sono state costruite le piramidi, saprete che all'interno della struttura ci sono molti, ma molti spazi vuoti. Questo non significa che i vuoti siano vere e proprie stanze, e di conseguenza non significa che è stata fatta una scoperta”; l’atteggiamento del dott. Hawass, comune a tutti gli egittologi, rappresenta l’ostacolo, ad oggi insormontabile, verso un approccio scientifico serio al problema della costruzione della grande piramide. Perché la comunità accademica tra storici ed egittologi, non prende in seria considerazione una valida teoria alternativa? Ho affrontato in parte l’argomento nell’articolo “La nuova archeologia teorica” (https://www.academia.edu/23104719/La_Nuova_Archeologia_Teorica ), ma credo che la motivazione più indicibile sia la racchiusa nella seguente domanda: se togliamo la paternità agli Egizi delle Piramidi di Giza, con il loro immortale fascino ed il mistero irrisolto che portano con se da millenni, cosa rende la civiltà Egizia così diversa da quella Assiro-Babilonese? Nell’elenco delle 7 Meraviglie del mondo antico, gli Egizi compaiono solo se gli si attribuisce la paternità della Grande Piramide, altrimenti non sarebbero citati, mentre gli Assiro-Babilonesi compaiono di diritto per i Giardini pensili. E le domande pungenti sono la seguenti: quanti musei Assiro-Babilonesi si contano a New-York, a Torino o a Berlino? Quante cattedre di “Assiro-Babilonogia” ci sono in giro per le maggiori Università del mondo? Purtroppo, finché ci saranno interessi così grandi e così potenti a sostegno della teoria ufficiale, non ci sarà spazio per nessuna teoria alternativa, per quanto questa possa risultare più credibile e meno lacunosa. La ricerca è impantanata in ipotesi ottocentesche e gli sforzi degli studiosi (quelli veri, non quelli come me che di giorno si occupano di ingegneria e di notte “perdono tempo” a scrivere articoli come questo) sono concentrati su binari morti. Pensiamo ad esempio all’analisi che ho riportato in questo articolo: ogni anno si investono cospicue somme per indagini su mummie egiziane anche di secondo rilievo, utilizzando TAC, analisi del DNA, etc. eppure in tanti decenni, nessuna Università ha stanziato fondi per effettuare delle prove su scala reale per il trasporto dei monoliti della camera del Re. Basterebbe proprio simulare il traino su rampa inclinata con 2000 uomini per 500 metri, con ingrassaggio continuo delle superfici di attrito: un esperimento che andrebbe a fugare ogni dubbio sulla reale possibilità di trasporto dei monoliti da parte degli Egizi della IV Dinastia. Se non si riuscisse a trainare il monolite, coordinando le colonne di traino di migliaia di uomini, ingrassando continuamente le superfici, o generando continuamente fango, etc. significa che la teoria ufficiale non può essere più ufficiale. O almeno, significa che i ricercatori ufficiali devono sforzarsi di trovare una nuova soluzione più credibile alla movimentazione e al posizionamento in quota dei monoliti. Non dico quindi di abbandonare la teoria ufficiale, ma almeno di abbandonare l’assioma fondamentale e di consentire e supportare lo sviluppo di altre teorie in parallelo. Invece, l’onere della prova è demandato a ricercatori alternativi, o, peggio ancora, a “ricercatori" della Domenica” come nel mio caso, che, proprio di Domenica, mentre salivo verso Superga su una tranvia a dentiera, ho immaginato le “povere migliaia” di operai Egizi che trainavano la carrozza e mi sono detto: “Poverini, devo liberarli da questo fardello !” ed ecco che ho tirato fuori questo articolo. Diciamo che più che uno studio tecnico-storico, è un’azione sindacale postuma.... Non me ne vogliano gli egittologi e gli storici accademici che (per sbaglio, si capisce) si imbatteranno nei miei articoli, ma questi piccoli studi servono affinché, prima o poi, giunga il momento per procedere insieme, con un vero approccio multidisciplinare, verso la verità storica sulla costruzione delle piramidi e più in generale sulle origini della civiltà umana. Spero solo di essere ancora vivo per poterlo vedere. Nota 1 : http://www.gizapyramids.org/static/pdf%20library/maragioglio_piramidi.pdf Nota 2: peso dei monoliti dello Zed Nota 3: Obelisco Vaticano: http://it.cathopedia.org/wiki/Obelisco_Vaticano http://fabriziofalconi.blogspot.it/2012/04/gli-obelischi-di-roma-3-obelisco.html Nota 4: Obelisco più antico: (http://www.treccani.it/enciclopedia/obelisco_%28Enciclopedia-Italiana%29/ ). Nota 5: Obelisco Abusir https://www.andreavitussi.com/rep-abugourab-niuserra Nota 6: Cavallo Vapore e Cavallo reale: http://storiediscienza.altervista.org/blog/quanti-cavalli-vapore-sviluppa-un-cavallo/ Nota 7: “Magia delle Piramidi: Le mie avventure in archeologia” Di Zahi Hawass Nota 8: il Diario di Merer http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=586 Nota 9 : grasso lubrificante https://www.pontogliovincenza.com/lavorazioni/durafosf-plus.html Nota 10: http://civiltaanticheantichimisteri.blogspot.it/2016/09/erodoto-e-le-piramidi.html Misure Grande Piramide: http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/Asia-Minore/Cheope.html Uomo Vapore: http://ebook.scuola.zanichelli.it/mandoliniparole/download/20755 Attrito e piano inclinato: http://www.youmath.it/lezioni/fisica/dinamica/2969-piano-inclinato.html |