Antartica |
Alla ricerca del Paradiso Perduto |
31 Maggio 2011 | ||||||||||
L’Antartide al centro delle conoscenze segrete della Chiesa e delle Società Iniziatiche medievali. di Giancarlo Barbadoro L’Antartide e il mito dell’Eden L’inizio della storia dell'umanità viene attribuito ad un evento straordinario: l'atto di creazione del primo uomo e della prima donna da parte di una divinità che li avrebbe collocati nell'Eden. Un Eden da cui i due progenitori sarebbero poi stati scacciati per i loro demeriti e nel loro successivo peregrinare avrebbero popolato la Terra dei loro figli, dando vita all’umanità attuale. I teologi del medioevo e del rinascimento europeo si interrogavano sul luogo dove potesse essere esistito il giardino dell’Eden da cui era sorta l’umanità. La Bibbia non parlava di un allontanamento di Adamo ed Eva che facesse pensare a un viaggio, attraverso i cieli, da un mondo ad un altro, ma semplicemente della loro uscita dall’Eden verso un altro luogo, e questo fece supporre che l'Eden esistesse ancora sulla Terra. Inaccessibile all’umanità, colpevole di avere avuto genitori disobbedienti alla volontà di Dio, ma comunque ancora sulla superficie di questo mondo. I teologi cattolici giunsero così a ipotizzare che se l’Eden esisteva ancora sulla Terra doveva trovarsi nell'emisfero australe poiché, nel loro tempo, era una zona ancora sconosciuta e con rotte marine assolutamente ignote per ogni possibile esplorazione. Questa convinzione non apparteneva solamente al clero cattolico. Molte Società Iniziatiche, costituite da laici e liberi pensatori del tempo, dai Catari ai Templari, custodivano il segreto della dislocazione dell’Eden collocandolo anch’esse nel lontano emisfero australe ancora da esplorare. Eppure le missioni segrete di esplorazione che portassero conferme alle loro convinzioni non dovevano mancare. Può fare testo la presenza dei Vikinghi, coraggiosi esploratori marittimi, nelle terre del nuovo mondo. Ma anche la presenza nelle Americhe dei Templari, dall'inconfondibile croce, e successivamente dei Rosacroce, dalle bianche vesti, prima ancora della scoperta ufficiale di Cristoforo Colombo. Oggi rimangono i Popoli naturali del pianeta a dare qualche indicazione circa la direzione verso cui guardare per trovare l’antico Eden. I Popoli naturali, che si sono difesi da sempre dall’ipoteca culturale delle grandi religioni storiche, sono gli attuali continuatori delle antiche tradizioni che altrimenti sarebbero andate distrutte dalla violenza delle colonizzazioni autorizzate dalla Discovery Doctrine - una bolla papale promulgata dalla Chiesa del XV secolo e subito adottata dalle nazioni cristiane su tutti i continenti, per impadronirsi di schiavi e per distruggere tutto quanto poteva testimoniare sulle radici storiche dell’umanità precedente all’era cristiana.
Le tradizioni dei Popoli naturali pongono l’antico Eden, da cui sorse l’umanità per popolare il pianeta, in un luogo ben preciso, che oggi si può identificare nel continente Antartico, e tramandano che nei tempi remoti quel continente, oggi ricoperto di ghiacci, una volta si trovava in una zona favorevole del globo, quasi sull’equatore, e che era ricoperto da una rigogliosa vegetazione, ospitando varie piante da frutta che davano di che vivere ai nostri lontani progenitori. Queste tradizioni parlano anche di creature rettiloidi - che possono ricordare il famoso serpente dell’Eden biblico - che vivevano accanto a loro e li aiutavano nella loro crescita sociale, tecnologica e spirituale. Ancora oggi presso gli Apache e i Navajos dell’Arizona vengono conservate statuette dei “Katchina”, gli spiriti buoni del sottosuolo e delle montagne. Alcune di queste mostrano creature antropomorfe dall’aspetto serpiforme, simili a piccoli sauri, le quali vengono onorate nei riti come i progenitori dell’umanità, oggi benevoli custodi dei loro destini. Secondo queste tradizioni, un giorno il Sole smise di sorgere e di tramontare dalla sua abituale posizione e l’Eden si venne a trovare nel freddo e nella neve che andava a coprire ogni cosa. Fu quello il momento in cui i nostri progenitori abbandonarono la loro terra ancestrale per rifugiarsi sugli altri continenti alla ricerca di luoghi dove sopravvivere. Soprattutto raggiungendo il continente africano dove, con l’aiuto dei “Katchina”, stabilirono un secondo e importante “focolare” dell’umanità. Rimase solitario nella sua nuova collocazione a sud del pianeta, come in una narrazione di fantascienza, un mondo celebrato ormai solo nel ricordo, forse completamente abbandonato e ricoperto di ghiacci perenni, a fare da monumento in memoria della culla dell’umanità. Sarà per questo motivo che nel nostro tempo le maggiori nazioni del pianeta si sono date il compito di inviare équipe di ricercatori e di stabilire delle basi sul suolo dell’Antartide? Senza reclamare alcun diritto di possesso territoriale come invece hanno sempre fatto? Una particolarità del tutto insolita se si pensa alle sanguinose dispute che varie nazioni conducono da anni per il contenzioso nei riguardi di piccole isolette del Pacifico, o di qualche metro di fiume sul territorio asiatico e così via. Forse potrebbe essere illuminante un passo del “Trattato Antartico” stabilito dalle nazioni del pianeta che ora si trovano sul suolo dell’Antartide, messo a punto per gestire le modalità di insediamento e di esplorazione del continente. Il Trattato venne stipulato su invito degli Stati Uniti e siglato nel 1959 a Washington da quasi tutte le nazioni a seguito dell’Anno Geofisico Internazionale che si era svolto pochi anni prima. Il Trattato rappresentava la prima intesa politico-militare internazionale dopo la seconda guerra mondiale e fu sponsorizzato dall’allora presidente americano Dwight D. Eisenhower. Un presidente che nel corso della guerra aveva avuto modo di far esplorare e valutare i territori antartici dall’Ammiraglio Richard Evelyn Byrd, anche con la spedizione aeronavale militare “Deep Freeze” del 1955. Il Trattato Antartico invitava i paesi firmatari, che potevano avanzare rivendicazioni di sovranità territoriale, ad interrompere le loro richieste e rinunciare allo sfruttamento economico o all'utilizzo per scopi bellici del continente, interdicendo ogni attività di tipo militare e ogni azione che implicasse esplosioni nucleari o installazioni di depositi di materiale radioattivo. Non sarebbe stato più ovvio scegliere proprio l’Antartide per effettuare lo stoccaggio dei rifiuti provenienti dalle centrali nucleari del pianeta invece di tenerli sui territori abitati o in continuo transito sui treni appositamente attrezzati? Alcune pagine del Trattato sono evocative e recitano: “… è proclamata la libertà di ricerca scientifica sul territorio ed è prevista la cooperazione in essa anche nello scambio delle informazioni ottenute su territori che sono considerati patrimonio dell’umanità”.
E ancora: “Nessuno stato può arrogarsi il diritto di occupare il territorio antartico che è patrimonio dell’umanità, nemmeno se ha delle stazioni di ricerca su tale territorio”. Guardando alla schiera di accampamenti e di insediamenti fissi dei ricercatori, viene inevitabilmente da pensare a novelli “cavalieri della Tavola Rotonda” in cerca del Graal che si aggirano sulla superficie gelata di quel “santuario” di ghiaccio cercando i resti dell’antico Eden con cui poter riscrivere la storia. Purtroppo, vista la segretezza di cui già fin d’ora i risultati delle ricerche sono ammantati, viene inevitabilmente da pensare che questa ricerca sarà destinata ad essere un’altra storia segreta da tenere nascosta per non destabilizzare le religioni e i sistemi sociali del pianeta.
Il vero passato dell’Antartide La tradizione druidica, al pari di quella biblica, ricorda la terra primordiale dell’umanità, la “Terra Imperitura”, come una terra rigogliosa, ricoperta di vegetazione e generosa di frutti e di vita di ogni genere. Per certi versi la descrive addirittura come una grande foresta di alberi che si apriva su una immensa pianura dove vivevano i progenitori dell’umanità. Un clima favorevole dove non esistevano malattie e gli uomini, che vivevano completamente nudi, si cibavano esclusivamente di frutta e di varie piante, convivendo in pace tra di loro e con le specie di animali che abitavano l’Eden. Questa antica descrizione porta a considerare che il continente Antartico doveva essere stato una terra che ospitava abbondante vegetazione e immense foreste, che poi successivamente sarebbero state ricoperte dai ghiacci. A conferma dell’antica narrazione della tradizione druidica si può citare il fatto che nel corso delle esplorazioni sul continente australe sono stati rinvenuti effettivamente numerosi reperti fossili di alberi e foglie che dimostrano come sul territorio un tempo, nel corso del periodo Permiano di 200 milioni di anni fa, fossero esistite grandi foreste. I geologi hanno avuto modo di rinvenire i resti di tre antiche foreste di Glossopteris, complete dei fossili delle foglie cadute, sparse alla base degli stessi alberi. Hanno potuto osservare addirittura gruppi di tronchi pietrificati ed eretti nella stessa posizione che ebbero in vita. La geologa Molly Miller della Vanderbilt University del Tennessee ha dichiarato che si trattava di alberi di enorme altezza. Valutando il diametro del loro fusto, alcuni sono stati stimati dell’altezza di circa 25 metri. I Glossopteris antartici vivevano in gruppi di quasi un migliaio per acro. Il loro aspetto arboreo li vedeva slanciarsi verso l’alto come gli abeti, ma invece di aghi avevano grandi foglie lanceolate. Miller è convinta che questi alberi vivessero nell’Antartide in un periodo in cui il clima del continente era molto più caldo. Lo studio degli anelli fossili dei Glossopteris ha rivelato che questi alberi crescevano costantemente ogni estate e che la loro crescita si arrestava al sopraggiungere dell’inverno, come accade ancora oggi per le piante decidue che rallentano e poi bloccano la loro crescita quando arriva la stagione fredda. Ciò significa che gli alberi di Glossopteris non solo testimoniano che l’Antartide si doveva trovare in una condizione climatica favorevole, ma anche che era soggetta al succedersi delle stagioni.Cosa che non poteva verificarsi se il continente antartico fosse stato da sempre nella sua attuale posizione australe. Ovvero significa che doveva trovarsi necessariamente in una posizione climatica temperata o quasi equatoriale, soggetta al mutare delle stagioni. In una zona come potrebbe essere oggi quella prossima al centro Africa. In effetti la tradizione druidica afferma da sempre che l’attuale Antartide, la "Terra Imperitura" del genere umano, si trovava posizionata quasi sull’equatore e godeva di un clima ottimale per la vita umana e per quella vegetale.
Ma oggi l’Antartide è un continente ricoperto da ghiacci perenni che riflettono il calore del sole e il terreno non ha occasione di riscaldarsi per svelare cosa si nasconde sotto la sua superficie, mantenendo così sepolta ogni possibile testimonianza dell’antico passato. Che cosa è accaduto? La constatazione che ora il continente dell’Eden si trova al Polo Sud non ha altra spiegazione se non quella di ipotizzare un evento planetario che ha causato uno spostamento dell'inclinazione dell’asse terrestre e quindi la creazione di due nuovi poli. Considerando il fatto che la calotta principale del ghiaccio che ricopre l’Antartide sembra essersi formata intorno ai 30-15 milioni di anni fa, l’evento dovrebbe risalire all’incirca a quest’epoca. Esistono in merito varie tradizioni che sembrano testimoniare l’accaduto narrando di un evento planetario che avrebbe provocato lo spostamento dell’asse terrestre con il conseguente spostamento dell’Antartide alla sua posizione australe attuale. Le Upanishad, la parte conclusiva dei Veda indiani (600 a.C.), citano: “… in un tempo antico i grandi oceani si sono prosciugati, le montagne sono cadute, la stella polare si è spostata dal suo sito, la ruota dei venti si è spezzata, le terre sono state sommerse, esseri divini hanno abbandonato le loro antiche dimore…” Le tradizioni dei Lakota, Nativi nordamericani, ricordano che “nei tempi antichi il sole sorgeva ad ovest, dalla parte opposta di come avviene oggi”. Platone scriveva nel Timeo: "le stelle sembrarono ruotare impazzite nella volta celeste e il Sole sorgere da un'angolazione mai vista". Dal mondo classico, a conferma delle tradizioni dei Lakota, emerge la testimonianza di Erodoto che, nel secondo libro delle Storie, cita il primo re d'Egitto, che chiama Mene, esistito 341 generazioni prima, ovvero 11.340 anni prima che lo storico greco visitasse i sacerdoti di Tebe. In quel tempo "il Sole si sviò quattro volte dall'usato suo corso. Per due volte sarebbe spuntato dalla parte di dove ora tramonta; e dove ora sorge, sarebbe tramontato per altre due volte”. Nel Papiro egizio dell’Hermitage, custodito presso il museo omonimo di San Pietroburgo, e in quello noto come il Papiro Harris, conservato al British Museum di Londra, si può leggere in maniera quasi simile che: "il sud divenne il nord… e la Terra si rigirò". Il papiro egizio noto come Papiro di Anastasio IV contiene cenni che paiono inequivocabili: “è venuto l’inverno al posto dell’estate, i mesi sono invertiti e le ore in disordine”. Sembra indubbio, dalle prove derivanti dalle analisi condotte sugli alberi fossili e dalla concordanza delle narrazioni storiche, che il continente antartico in origine non si trovava nella posizione attuale. Ma che cosa potrebbe aver portato la Terra a modificare il suo assetto? Le tradizioni druidiche parlano di una cometa, un bolide infuocato, che passò attraverso il sistema solare, vicinissima alla Terra, provocando terremoti, lo scuotimento della Terra dalla sua sede e vari sconvolgimenti nel cielo. Oggi alcuni ricercatori hanno cercato di spiegare la possibilità dello spostamento del continente antartico attribuendolo alla deriva naturale dei continenti. Altri ancora hanno avanzato l’idea che lo spostamento dell’asse terrestre sia stato causato dall’effetto di grandi terremoti del passato, prodotti dallo scontro tra le placche tettoniche della crosta terrestre. Quest’ultima teoria sembrerebbe confermare quanto ricordato dalla tradizione druidica, dato che il passaggio del bolide vicino alla Terra avrebbe potuto produrre un “effetto marea” sulla crosta terrestre, provocando gli scontri tra le placche tettoniche che avrebbero rilasciato onde sismiche di inimmaginabile entità in grado di spostare l’asse terrestre. Per fare un esempio di quanto i terremoti possano effettivamente incidere sull’assetto della Terra e produrre lo spostamento dell’asse di rotazione del pianeta si può ricordare come, nella nostra epoca, fu sufficiente l'impatto del terremoto del Giappone, nel marzo del 2011, per spostare l'asse di rotazione terrestre di quasi dieci centimetri.
Senza dimenticare lo spostamento precedente di sette centimetri, avvenuto in seguito al grande terremoto di Sumatra del 2004, e quello di otto centimetri, avvenuto a seguito del terremoto del Cile del 1960. Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo... La ricerca delle origini dell’umanità, dal mito dell’antico Eden perduto al mistero di creature sauroidi che sembrano aver abitato il pianeta in tempi immemorabili, ci porta inevitabilmente ad affacciarci su una realtà non convenzionale, diversa da quella in cui siamo abituati a vivere. Le tradizioni dei popoli che sono rimasti al di fuori delle ipoteche culturali delle grandi religioni storiche e le testimonianze che si possono evincere dagli antichi documenti custoditi dalle Società Iniziatiche del passato portano a intravedere un’altra storia dell’umanità. Se veramente è esistito un Eden, è impensabile che nessuno abbia tramandato la saga dell’umanità nel corso della colonizzazione del pianeta. Soprattutto, nel tentativo di far sopravvivere una cultura che rappresentava la propria “Terra Imperitura”, dopo la perdita di una società naturale nata in una dimensione senza le ideologie che dividono, come accade oggi, l’umanità, e probabilmente anche dopo la perdita di una conoscenza tecnologica di cui oggi ripercorriamo il cammino, riscoprendo cose già conosciute. Forse questo potrebbe spiegare l’esistenza di opere “impossibili”, in cui di tanto in tanto ci imbattiamo e che la scienza ufficiale non riesce a spiegare o tenta di occultare. Opere indecifrabili come le grandi piramidi europee ricavate nelle montagne o il sofisticato meccanismo a ingranaggi dell’epoca ellenica rinvenuto in una nave greca affondata nel mare di Antikitera. Un’altra volta ancora ci troviamo ad affacciarci su un aspetto sconosciuto del nostro pianeta, ma soprattutto sulle antiche radici dell’umanità che affondano nella storia di chissà quanto tempo fa. Un’avventura vissuta molto probabilmente a fianco di creature sconosciute che la società maggioritaria ha cancellato per sua convenienza e che oggi rimangono solo nei miti a ricordare la dimensione planetaria che stiamo vivendo a nostra insaputa. L’accademismo scientifico, con la scusa di una ricerca razionale, tende a censurare ogni cosa che possa contraddire i paradigmi ideologici in cui ha rinchiuso la storia dell’umanità. Ma questo non significa che sia impossibile sviluppare una libera ricerca. Gli elementi probanti esistono, è sufficiente cercarli. |