Animalismo |
La mezzanotte di Torino |
08 Gennaio 2023 | ||
La Città di Torino, il 30 dicembre scorso, ricordava con un apposito comunicato che sul proprio territorio era “tassativamente vietato far esplodere botti e petardi di qualsiasi tipo”. Il Comune evidenziava, in quella occasione, come il divieto fosse posto a tutela delle persone e degli animali, la cui vita veniva messa a rischio dalle esplosioni di fine anno. L’utilizzo, nonché la vendita, di prodotti pirotecnici è inoltre vietato dal “Regolamento per la tutela ed il benessere degli animali in città”, in vigore a Torino dal 2006 (modificato nel 2011 e infine nel 2014). La norma prevede, a fronte della sua violazione, sanzioni pecuniarie sino a un massimo di 500 euro, ma a quanto pare non è impresa facile applicare il dispositivo. Gli effetti dei botti sulla salute degli animali d’affezione e degli esseri che popolano le aree verdi urbane sono conosciuti da tempo. I fuochi d’artificio sono spettacolari, ma il giorno seguente è facile per chiunque constatarne gli effetti, soprattutto sull’ambiente. Per avere un riscontro immediato è infatti sufficiente contare i corpicini di passeri e scoiattoli che giacciono a terra morti, oppure leggere sul web le testimonianze di coloro che hanno un amico a quattro zampe in casa: racconti strazianti che narrano di corse notturne dal veterinario e di decessi dopo interminabili minuti di terrore. A quanto pare i torinesi, in quest’ultima notte di San Silvestro, non hanno rispettato per nulla il divieto, anzi. Durante il passaggio all’anno 2023, la città è letteralmente esplosa in un unico enorme boato, illuminandosi quasi a giorno per il massiccio uso di botti e allestimenti pirotecnici. Gli stessi Vigili del Fuoco, dallo scoccare della mezzanotte, hanno risposto a molteplici chiamate eseguendo oltre 60 interventi: una gran quantità di incendi e ustioni ha salutato la prima alba torinese del nuovo anno. Una famiglia, dal balcone dell’ultimo piano di uno stabile sito in zona Santa Rita, ha contato una quindicina di punti di lancio per fuochi attorno alla propria abitazione, e almeno una trentina di esplosioni spettacolari sopra Mirafiori. Evidentemente la mania dei botti non passa di moda, ma coinvolge, unendoli sotto un’unica cultura globale, vecchi e nuovi abitanti del capoluogo subalpino. Ma un’altra passione sta conquistando i torinesi, termine quest’ultimo in cui si includono anche gli oltre 130mila stranieri residenti, ossia quella delle lanterne: leggeri palloni di carta sollevati in alto da candeline che producono colonne di aria calda, e destinati a cadere in fiamme su tetti e alberi in caso di imprevedibili correnti d’aria. Torino, durante la notte del 31 dicembre, assomigliava a una metropoli in guerra, sotto bombardamento. Il giorno seguente i suoi abitanti si sono svegliati in una città anche più sporca del solito, poiché ai cumuli di foglie morte, non rimossi da tempo, si sono aggiunti i contenitori usati per lanciare in cielo i fuochi d’artificio, gli involucri delle lanterne cadute a terra, qualche cadavere di animale morto dalla paura e una miriade di frammenti di bottiglie rotte. La spesa affrontata da chi si è dedicato all’accensione delle micce è senza dubbio fonte di riflessione, giacché sicuramente ammonta a molte centinaia di euro. È probabile che per alcuni si sia trattato di un vero e proprio investimento: diventare “famoso” in quartiere comporta un esborso, un sacrificio economico, per stupire e meravigliare i vicini, oltre i propri amici. Insomma, Torino ha varcato la soglia del 2023 facendo un passo avanti nella sua trasformazione da città industriale, nonché ex capitale d’Italia, ad agglomerato urbano dove la classe operaia ha lasciato il posto all’individualismo più sfrenato; dove la solidarietà tra lavoratori si è trasformata in aggregazioni contraddistinte per appartenenze di varia natura. Uno strano luogo in cui può essere punito chi fa una passeggiata oltre i 200 metri dalla propria abitazione durante il lockdown, ma non chi mette a rischio la comunità trasformando il territorio in un poligono d’artiglieria. Per quanto mi riguarda, amo i fuochi d’artificio sin da quando ero alle elementari, mi affascinano, ma a un certo punto si cresce. Sacrificare il proprio futile desiderio di divertirsi a vantaggio della salute degli altri essere viventi è null’altro che un piccolo segno di maturità (anche politica, oltre che umana), mentre oggi per troppe persone è uno sforzo eccezionale reso impossibile da un grande quanto preoccupante vuoto culturale: baratro che ha inghiottito una buona parte della società.
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