Animalismo |
Gli animali raccontati da Piergiorgio Odifreddi |
07 Giugno 2022 | ||||||||
Intervista al Salone Internazionale del Libro di Torino 2022 in occasione dell’evento “Cuori con la coda” organizzato nello spazio della Regione Piemonte in cui il matematico dialogava con il garante dei diritti degli animali Enrico Moriconi.
Piergiorgio Odifreddi, scrittore, saggista, divulgatore scientifico ha recentemente pubblicato il libro “Sorella scimmia, fratello verme” in cui per la prima volta affronta il tema degli animali tra contraddizioni culturali e scientifiche.
Nell’incontro conclusosi poco fa abbiamo ampiamente parlato del tuo libro "Sorella scimmia, fratello verme". C'è un'assonanza con il Cantico delle Creature, giusto? In realtà è voluto naturalmente, ma non ci dovrebbe essere perché se uno legge veramente il Cantico delle creature di Francesco lui non parla mai degli animali. Questa è una cosa che mi ha stupito. Io ci credevo, perché c'è questa leggenda che lui parlava con gli uccelli, il lupo di Gubbio e così via, mentre invece nel Cantico delle creature parla di Fratello Sole, Sorella Luna, gli astri e così via, ma non degli animali se non in senso generico parlando di tutte le creature.
Non è neanche vegetariano, perché a quanto pare mangiava con gusto la carne. Sì, ma quello succede spesso ai mistici. Per esempio a San Tommaso, che doveva essere un teologo che pensava soltanto alle cose altissime, gli avevano addirittura tagliato il tavolo in forma semicircolare perché doveva avere queste dimensioni... ce ne sono tanti di questi prelati che sono così, quindi evidentemente l'ascetismo non è legato alla spiritualità.
Ma tu, a livello personale, cosa provi per gli animali? Hai simpatia, hai empatia? Dipende, non per tutti certamente. Ad esempio non mi piacciono i cani, ma in quanto a questo credo che l'umanità si divida in due parti: quelli che amano i gatti e quelli che amano i cani, perché i gatti e i cani sono animali molto diversi. So benissimo che molte persone hanno tutti e due, però sono espressioni di modi di vita molto diversi: il gatto è un animale indipendente, è molto difficile fargli fare quello che vuoi tu e così via. Il cane è gregario, Darwin addirittura diceva che il rapporto tra il cane e il padrone è il miglior esempio di quello che c'è tra il credente e Dio: la metafora dice già per se stessa.
Io non ho mai avuto animali domestici, però sono stato adottato da un gatto, nel senso che era un gatto selvatico che però probabilmente prima era stato buttato fuori da qualcuno, perché era castrato. Ha cominciato a venire a chiedermi da mangiare, poi si intrufolava in casa, poi ha cominciato a dormire sui divani... io lo mettevo fuori di notte, poi però alla fine gli ho fatto la gattaiola e adesso sono fregato perché poi uno dice "non posso andare via perché il gatto non ha da mangiare". Come ti capisco! Leggendo il tuo libro sono rimasta molto colpita dall'introduzione, che è una vera e propria denuncia animalista, ma poi mi sembra che ci sia poca empatia nello sviluppo dei capitoli successivi. Perché quella è la storia di come gli animali sono serviti per fare delle scoperte, quindi era una cosa distaccata. Per esempio, quando uno parla di numeri poi magari ha il numero preferito, sai come si dice, "questo numero porta fortuna", il numero sette eccetera. Ma quando fai i calcoli, quelli diventano numeri e rimani distaccato. È il contrario, ho messo l'introduzione per evitare che poi magari qualcuno pensasse che l'unico mio rapporto con gli animali fosse quello di dire "sono degli ingranaggi" di un meccanismo che è quello della Scienza che serve per fare ricerca. Però l'antropocentrismo sta rovinando un po' tutto perché ad esempio, parlando di Darwin, che io sappia ha fatto una raccolta infinita non solo di dati e di reperti, ma anche di animali. Questo come si giustifica? Non poteva lasciarli dov'erano? Gli animali all'epoca, a metà dell'Ottocento quando Darwin fece prima il suo viaggio poi scrisse il suo libro, erano considerati in maniera molto diversa, non c'era nessun pensiero di questo genere. C'era dietro però una grande curiosità, perché uno spesso parla di animali ma in maniera astratta, generica, a parte gli animali domestici, mentre invece lui voleva capire come gli animali erano in realtà inseriti nella vita e come noi fossimo legati con loro. I libri di Darwin che noi leggiamo sono in genere "L'origine delle specie" e "L'origine dell'uomo", ma lui ha scritto dopo una continuazione de "L'origine dell'uomo" in cui parla dei sentimenti degli animali. Ma lo fa non tanto per dirci che gli animali hanno dei sentimenti, ma più che altro per dirci che i nostri sentimenti non sono altro che forme di quelli che sentono gli animali, che noi non dobbiamo pensare di essere così diversi dagli animali.
Dice addirittura della religione, che è quella a cui alludevo prima: noi crediamo che la religione sia la nostra massima espressione di astrazione, ma il mio cane ha la sua religione nei miei confronti e io sono il suo dio. Ed è bellissimo quel libro, perché era un modo per distruggere l'univocità, la singolarità dell'uomo nei confronti del resto del creato. In quello è stato fondamentale e l'ha fatto proprio perché lui amava moltissimo gli animali, aveva dei cani, allevava animali di ogni genere perché li osservava. Non è tanto che facesse quello che poi hanno fatto altri, sezionare eccetera, quello credo che lo facesse molto poco. Era proprio un osservatore, era più un etologo. Grazie, è sempre un piacere parlare con te.
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