Animalismo |
Cos’è l’uovo? Ci serve davvero come cibo? |
17 Dicembre 2020 | ||||||||||||
Se ci soffermiamo un attimo sulla cellula-uovo, scopriamo qualcosa di molto strano che ormai nell’immaginario collettivo è classificato semplicemente come alimento
In realtà stiamo parlando della cellula uovo e andando a ritroso di circa 4 miliardi di anni scopriamo che siamo tutti figli di LUCA: l’acronimo di Last Universal Common Ancestor, ovvero una sorta di virus originario, un melting pot di molecole, un proto-uovo da cui discendono gli esseri viventi. È da qui che partono i misteri più affascinanti sulla vita, primo fra tutti il concetto stesso di origine come processo di trasformazione e che rappresenta un punto fondamentale per la biologia, per arrivare a capire i meccanismi, ma anche i tempi e i modi per cui un sistema che contiene un’informazione di un certo tipo sia in grado di trasformarsi, di crescere e di evolversi. Ovvero passare da un contesto di molecole a cellule, per poi organizzarle nello spazio in tessuti, far ingranare fra loro i tessuti fino a realizzare organi e infine strutturare gli organi in modo tale da costituire un individuo. Non poteva definirlo meglio Carlo Alberto Redi, biologo dell’Università di Pavia, nel libro “Storia di una cellula fantastica” con queste parole: «La cellula uovo è un miniaturizzato laboratorio di biologia molecolare». Addirittura nell’uovo c’è anche la matematica, che disegna l’uovo perfetto con l’intersezione di quattro archi di cerchio su un triangolo equilatero. Ma ancora si può dire che l’uovo sia una piccola perfetta sintesi del cosmo, un microcosmo specchio della totalità, parafrasando Filippo Cangialosi, ingegnere chimico e appassionato di scienza in cucina. La naturale finalità dell'uovo è la perpetuazione della specie degli animali ovipari, ma la sua perfezione lo ha fatto diventare un simbolo. L’uovo cosmico è ciò da cui tutto nasce e similmente è così anche per l’uovo materno, simbolo di generazione non solo fisica, ma anche storica, culturale e coscienziale.
In molte culture del pianeta, l'uovo simboleggia la creazione, è il simbolo della nascita e della vita. Piero della Francesca, nella Pala di Brera, lo dipinge pendente sopra la testa di Maria e nelle tradizioni pagane rappresenta l'unione del cielo (l’albume) e la Terra (il tuorlo). Era simbolo della vita presso i Persiani e motto di buon augurio all'inizio della primavera. Storicamente, nelle antiche tradizioni celtiche si celebra la festa dell’uovo cosmico, alla prima lunazione piena dopo l’equinozio di primavera. Si tratta della Shuda Gere, detta anche la festa della Vita o del Risveglio dove “l’uovo cosmico è generatore del processo alchemico della vita, dell’evoluzione e della coscienza”, così come viene descritto da Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero nel libro “Le feste dei Celti” . Così a rappresentazione del suo alto valore simbolico, riconosciutogli in ogni tempo e luogo della terra, le uova sono da considerare scrigni preziosi e custodi dell’inizio della vita. Ma come è fatto un uovo nel dettaglio e qual è la sua composizione da un punto di vista strutturale e nutrizionale per l’embrione? In biologia un uovo è una cellula riproduttiva sia degli animali che delle piante. Le cellule uovo si formano nel corpo degli organismi femminili e possono poi essere raggiunte da una cellula maschile dando origine a un nuovo essere vivente. In molti organismi, compreso il nostro, le cellule uovo sono minuscole, come tutte le cellule, e non si vedono a occhio nudo. Alcuni animali invece depongono uova visibili senza microscopio, come i volatili, che le depongono avvolte da un guscio protettivo. L’uovo che per ovvi motivi conosciamo meglio è quello di gallina: in realtà non è altro L’uovo contiene tutto ciò che è necessario per la crescita del futuro pulcino e, oltre a ciò, lo protegge e lo isola dall’ambiente esterno, permettendo comunque gli scambi gassosi. Ogni sua parte ha una funzione vitale per poter arrivare a garantire la nascita del piccolo al termine della cova da parte della gallina chioccia.
Le uova che troviamo al supermercato chi le produce? Intanto bisogna precisare che non tutte le galline covano le uova, cioè diventeranno chiocce. La maggior parte degli esemplari in vendita nei consorzi agricoli o nelle aziende avicole, tra cui le note ovaiole Livornesi bianche e le Isa warren marroni sono razze commerciali o incroci che hanno perso l'istinto alla cova a causa della selezione umana orientata esclusivamente alla produzione industriale di uova e che scomparirebbero in pochissimo tempo se l'uomo non provvedesse a riprodurle tramite incubazione artificiale.
Le diverse selezioni di razze di galline hanno portato alle uova odierne, che rispetto a quelle di qualche decennio fa, hanno un contenuto in colesterolo inferiore, con una differenza di circa 130 mg per 100 g di alimento in meno (sono passate infatti da 504 mg a 371 mg). Questo è riconducibile alle differenti modalità di allevamento e alle diverse tipologie di ovaiole utilizzate. Esistono però anche molte razze selezionate, facenti parte della categoria delle cosiddette galline ornamentali, che hanno mantenuto l'istinto alla cova. L'istinto di cova è un fattore ormonale. L'ormone prolattina, che causa nella donna l'ovulazione e la produzione di latte, è lo stesso che attiva nella gallina l'istinto di covare, bloccando contestualmente la deposizione. Così la gallina che cova le uova e alleva i pulcini è definita chioccia. Nella produzione industriale di uova non c’è la necessità di fare covare le uova per ottenere nuove gallinelle, perché vengono utilizzate le incubatrici, da cui nasceranno pulcini e qui una nota dolorosa: siccome i maschi non servono per produrre altre uova, verranno uccisi appena nati, triturati o gassati. Ma fare la chioccia è per una gallina un lavoro davvero molto impegnativo, della durata totale tra i 3 o 4 mesi e che le sottrae molte energie: infatti smette di deporre le uova. Una chioccia si occuperà della covata delle uova con la massima cura. L'accudimento dei pulcini appena nati sarà la sua ragione di vita per le prime settimane. Niente di più semplice e naturale a questo e insegnerà loro le cose secondo natura, come scegliere l'alimento giusto da mangiare. Una chioccia di solito mangia, beve ed evacua solo una o due volte al giorno. Consuma l'80% in meno di cibo rispetto al solito. Col tempo quindi la cresta potrebbe diventare pallida, le piume perdere di lucentezza e potrebbe perdere una notevole quantità di peso. Le modalità della cova sono controllate dall'istinto, dagli ormoni e dalle condizioni di luci. Lasciata alle condizioni naturali una chioccia giacerà su un cumulo di uova per circa 21 giorni fin quando queste si schiuderanno. Solitamente una chioccia preferisce un luogo ombreggiato, privato e comodo dove covare, così non è raro venire a conoscenza di galline che scompaiono dal pollaio e ritornano tre settimane dopo con i pulcini al seguito.
Quando qualcuno dice di mangiare uova di galline contente, è bene però precisare una cosa fondamentale: nel momento in cui le si portano via le uova, lei cercherà nuovamente un posto riparato per poterle rifare e poi covare, in modo che i predatori, in questo caso l’umano, non le trovi. Comunque continuerà a rifarle e questo comporta stress, indebolimento fisico e psicologico. Purtroppo la rarefazione ossea, per poter fornire il calcio al guscio, è uno dei sintomi più frequenti. Una chioccia può prendersi cura e mantenere al caldo circa 12 uova, proporzionalmente alle sue dimensioni e a quelle delle uova, così una gallina nana sarà capace di covare in media 7-10 uova, una media 12 , una di razza gigante arriva fino a 15 uova. Ma un destino più crudele lo subiscono le galline degli allevamenti, da quelli più atroci in gabbia fino a quelli comunque considerabili meno drastici, ma pur sempre di allevamenti si tratta. Le galline ovaiole vengono sollecitate a deporre circa 300 uova all'anno. Come paragone bisogna tenere presente che in modo naturale una gallina deporrebbe fino a 36 uova all'anno. Senza poi considerare gli effetti della riproduzione selettiva di questa specie, che comprendono complicazioni dolorose a carico di organi e apparati, come l’infiammazione della cloaca, fratture delle ossa, soprattutto dello sterno, deformazioni delle unghie o ulcere causate dal contatto continuo del metallo delle griglie, beccaggio delle piume, autolesioni e cannibalismo. Oppure dalle lesioni inferte direttamente dagli allevatori, la più usata è quella del taglio del becco. E che dire della condizione in cui si trovano a vivere una breve e tristissima vita, imprigionate nelle gabbie o in capannoni affollati, alla luce artificiale senza ritmi naturali, con modalità di vita imposte dall’uomo anziché dalle loro esigenze etologiche? Le galline sono persone intelligenti, socievoli, a cui piace fare i bagni di polvere, appollaiarsi, razzolare, becchettare e si prendono cura amorevolmente dei propri piccoli. Gli allevamenti in gabbia sono per loro dei veri e propri lager e le gabbie sono così piccole e sovraffollate che le galline non hanno la possibilità di esprimere neppure i comportamenti naturali più basilari, come distendere le proprie ali ed è triste a dirsi, ma moltissime di loro non riescono nemmeno ad arrivare all’età di due anni: non ce la fanno in condizioni simili e muoiono prima, dimenticate e spesso i loro corpi rimano anche a lungo così insieme alle loro sorelle.
Viene da domandarsi quale ragionevole motivazione giustifichi una vita così crudele per loro, degli esseri che come noi derivano dalla stessa matrice dell’universo che ci ha generati e che ancora ci comprende tutti. Ma ritorniamo alle migliaia di uova che troviamo giornalmente al supermercato. In Italia vengono consumati 12 miliardi di uova ogni anno. Parte del consumo delle uova avviene indirettamente, con l'assunzione di alimenti che contengono uova, come pasta all'uovo, dolci, creme, gelati, biscotti e quant’altro. Le uova destinate al consumo diretto sono quelle di categoria A, denominate anche “uova fresche”, mentre le uova di categoria B, denominate di “seconda qualità”, sono quelle destinate all'industria alimentare e non alimentare. Le uova fresche vengono classificate secondo il peso, cioè in quattro taglie, ovvero: grandissime, grandi, medie e piccole. Sul proprio guscio, le uova hanno un codice stampato. Le prime cifre indicano il tipo di allevamento da cui provengono e il paese di origine. Le cifre successive indicano la provincia e il comune di allevamento e l’allevamento specifico da cui proviene. Le uova da allevamento per lo più in un terreno naturale e all’aperto di tipo estensivo hanno il codice zero. Il codice 1 è per l’allevamento all’aperto di tipo intensivo dove le galline per alcune ore al giorno possono razzolare in un ambiente esterno e le uova vengono deposte sul terreno o nei nidi. Il codice 2 è per l’allevamento a terra, cioè le galline vengono allevate in un capannone e le uova vengono deposte sul terreno. Il codice 3 si riferisce all’allevamento in gabbia ( ovvero in batteria): le galline sono allevate in un ambiente confinato, in gabbie, anche a più piani, le une sulle altre, senza possibilità di movimento, di razzolare, di pulirsi come loro sanno naturalmente fare sul terreno e sull’erba, obbligate a deporre le uova direttamente in una macchina preposta alla raccolta. Purtroppo, ancora oggi, la maggior parte delle uova destinate al consumo diretto, cioè circa l’86% , provengono dagli allevamenti in gabbia.
Una cosa è certa in questa industria delle uova: più o meno cruenta, di ennesima schiavitù si tratta. E che dire del destino dei pulcini maschi alla schiusa delle uova che avviene nelle incubatrici? Non essendo femmine dal destino di ovaiole questi cuccioli vengono subito, appena usciti dall’uovo, gassati o ancora peggio triturati vivi per poi finire come immondizia o come componente di farine per altri animali. Diciamo che intanto per questo un po’ di sollievo arriva, perché proprio in questi giorni i principali produttori italiani hanno approvato, dopo un appello di AnimalEquality, l’introduzione dell’in-ovo sexing, una tecnologia che consente di individuare il sesso dell’embrione direttamente all’interno dell’uovo così da evitare la nascita di pulcini maschi che sarebbero poi scartati e abbattuti. È un primo passo e ben venga, visto che è stimato che porterà a risparmiare la vita di ben 25 milioni di pulcini maschi all’anno in Italia, ma questa transizione si prevede sia completata da parte dell’industria dell’uovo in Italia non prima del dicembre 2022. In tutto il mondo la stima dei pulcini maschi uccisi ogni anno va dai 2,5 agli 8 miliardi. C’è davvero da chiedersi come può essere concepita una cosa simile e come ha potuto essere tenuta all’oscuro di tutti per tanto tempo. È sicuramente un buon inizio quello dell’in-ovo sexing, ma non basta e non è la risoluzione del problema e dell’errore che esiste già in partenza: quello dello sfruttamento per l’utilizzo delle uova come cibo per l’uomo. Un cibo che, tra l’altro, non è essenziale per il nostro metabolismo e regime alimentare. Se calcoliamo che la composizione di un uovo medio, all'incirca di 60 grammi di peso, è percentualmente distribuita in 65% di acqua, 12 % di proteine, 11% di sali minerali e 11% di grassi, tutto questo è perfettamente sostituibile da una alimentazione a base vegetale, come diverse tipologie di legumi e di cereali e di semi oleosi. Infatti, da un punto di vista nutrizionale, l’alternativa all’uovo esiste ed è rappresentata proprio dai legumi, che grazie alla tipica abbondanza proteica, se opportunamente associati ad altri alimenti, possono raggiungere un valore biologico appropriato tale da sostituire i cibi di origine animale. A livello pratico, i legumi possono essere utilizzati, in varie preparazioni associati ai cereali o in accompagnamento alle pietanze, per raggiungere un valore biologico pari se non superiore a quello delle proteine dell’uovo. Anche da un punto di vista culinario l’uovo ha davvero molti sostituti per poter realizzare piatti abituali. Solitamente è utilizzato per le sue capacità emulsionanti e leganti, in grado di amalgamare e di tenere uniti gli ingredienti come creme, dolci, mousse, polpette, maionese, oppure usato per gonfiare gli impasti, attraverso quella che viene chiamata “lievitazione fisica”, o per realizzare le impanature. Sono ormai numerosi i ricettari che vengono in aiuto a questa tipologia di alternativa, acquistabili o consultabili sul web, per cui non resta che cimentarsi e provare nuove esperienze in cucina, soprattutto in previsione di preparare piatti buoni e cruelty free in occasione delle vicinissime festività natalizie. Miriam Madau è medico omeopata e nutrizionista vegano. Conduce su Shan Newspaper le rubriche “Felicemente Veg” sull’alimentazione vegana e “H2O” sull’omeopatia. Conduce inoltre la trasmissione “VeganSì” su Radio Dreamland al sito www.radiodreamland.it |