Animalismo |
Solstizio all’inferno |
23 Luglio 2015 | ||||||||||
L’orrore del festival di Yulin
Ogni anno, durante la festività del solstizio d’estate che in Cina dura circa dieci giorni, a Yulin, città-prefettura di circa cinque milioni e mezzo di abitanti nella regione autonoma del Guangxi, nel sud est della Repubblica Popolare, vicino a Hong Kong, vengono macellati, cotti e mangiati migliaia di cani, circa diecimila nel solo 2013. Oltre ai cani, anche un numero inferiore ma non meno rilevante di gatti, vengono uccisi a fini alimentari, dopo essere stati torturati. Tutto questo per una credenza assurda che ritiene la loro carne fonte di salute, fortuna e vigore sessuale. Da quello che leggiamo nelle cronache, gang di criminali accalappiano i cani tra i randagi che vivono nelle strade della città, animali non vaccinati e in alcuni casi malati; oppure li sottraggono all’affetto delle loro famiglie perché, in questo Grande Paese dove la maggior parte delle persone rispetta i quattro zampe, sono almeno 27 milioni gli animali domestici. Una volta catturati, i cani vengono trasportati in gabbie strettissime, impilate a forza sui camion dove spesso possono subire ferite o fratture e alcuni di loro possono morire di fame e di sete. Infine, senza alcun controllo sanitario, vengono macellati ed introdotti nell’alimentazione umana.
A causa di questo, ogni anno muore tantissima gente dopo aver contratto la rabbia, anche se, da quello che sappiamo, questo virus non viene trasmesso all’uomo cibandosi di carne di cane, ma attraverso il contatto con gli animali che ne sono affetti. Quindi, le persone più esposte al contagio sono i ladri di cani, i trasportatori ed i macellai. Per di più, il consumo della carne di questi animali morti per avvelenamento e, soprattutto, non adeguatamente conservata, può causare comunque gravi effetti sull’organismo umano. La Cina risulta essere il secondo Paese al mondo con persone infettate dal virus della rabbia ed in particolare, secondo il Ministero della Salute, la provincia di Guangxi ha la maggioranza dei malati; difatti, non è casuale che proprio Yulin sia fra le dieci città Cinesi dove risiedono la maggior parte dei contagiati. Inoltre, sconcertano le inaudite e violente modalità di uccisione di questi piccoli animali, tanto che il festival è stato chiamato anche “della crudeltà”. I cani talvolta vengono uccisi al momento della cattura con dardi avvelenati, oppure bruciati vivi, picchiati a morte con bastoni, fulminati, sgozzati o gettati nell’acido, in strada e davanti agli occhi di tutti, per poi essere cucinati e mangiati. Sono tante le foto e i filmati diffusi dai media che documentano la barbarie consumata su questi animali innocenti, e guardarli provoca in tutti noi un’angoscia inenarrabile! Come può essere considerata festa un momento di sofferenza e mattanza di così tanti esseri indifesi? Ma la protesta contro questo Festival aumenta sempre di più e non arriva soltanto dall’Occidente, ma anche e soprattutto dai tanti attivisti locali che, sull’onda dell’indignazione popolare, hanno già fatto chiudere una festività simile, a Jinghua, una città situata più a nord di Yulin. Difatti, i coraggiosi animalisti cinesi ogni anno organizzano manifestazioni di protesta per fermare questo ingiusto ed inutile massacro. Mentre il Governo Cinese ha preso le distanze da questo festival senza peraltro fare niente per abolirlo, proprio per sensibilizzare le autorità è nato il movimento internazionale “Stop Yulin 2015” che, oltre agli animalisti, coinvolge anche attori e politici.
Per fortuna, come ci dice “Animal Equality”, gli animalisti cinesi nonostante le evidenti difficoltà sono riusciti ad ottenere dei buoni risultati, e già nei giorni precedenti il Solstizio d’Estate si sono attivati allo scopo di salvare molti animali; grazie al loro lavoro, 17 ristoranti hanno scelto di non servire carne di cane, riducendone di due terzi il consumo. Inoltre la campagna investigativa di Animal Equality, “Senza Voce”, ha fatto chiudere 33 rivenditori di carne di cane e di gatto, e un macello. Infine, tre animaliste cinesi sono riuscite a bloccare una spedizione di cani destinati al festival e, mosse a compassione, hanno deciso di acquistarli per salvarli. Le Associazioni animaliste ed ambientaliste hanno fatto partire svariate campagne di denuncia e di raccolta firme per abolire questa abominevole pratica che, peraltro, stravolge totalmente il significato della festa del Solstizio d’Estate. Una di queste proteste è stata organizzata il 18 giugno a Roma dagli “Animalisti Italiani” davanti all’Ambasciata Cinese; al Presidio, tra gli altri, era presente la delegazione romana di SOS Gaia che ha documentato l’evento. Gli “Animalisti Italiani” hanno scritto una lettera da inviare all’Ambasciatore Cinese la cui mail è Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , affinché intervenga per fermare questo scempio. Questa è la lettera: Illustrissimo S. E. LI RUIYU
Chiediamo gentilmente un intervento urgente presso il Governo Cinese affinché fermi la prossima strage di cani prevista per domenica 21 giugno, durante una festa tradizionale nella quale crudeltà e morte diventano purtroppo le principali protagoniste. Nel giorno del solstizio d’estate, nella Regione autonoma di Guangxi vengono macellati oltre 10.000 cani, detenuti in gabbie ed in pessime condizioni igieniche e sanitarie. Secondo dati ufficiali del Vostro Ministero della Sanità, ogni anno muoiono tra le 2.000 e 3.000 persone a causa della rabbia contratta per il consumo dei suddetti cani. Inoltre Le chiediamo gentilmente di intervenire presso il Governo Cinese per chiedere l’abolizione del consumo di carne di cane e gatto, già vietata in altri Paesi asiatici come Taiwan, Filippine, Singapore e Hong Kong. Confidiamo nella grande sensibilità di un Paese di antica cultura e civiltà come la Cina per superare questi delicati problemi che stanno molto a cuore ai Paesi Europei. Grazie
Al Presidio erano centinaia le persone intervenute appositamente per protestare contro questa orribile usanza. L’evento si è svolto in due momenti: all’inizio è stata inscenata la modalità di uccisione degli animali; nella seconda parte si sarebbe dovuta consegnare la lettera all’Ambasciatore Cinese che, però, non ha voluto ricevere il Presidente degli Animalisti Italiani Walter Caporale, chiudendo i suoi uffici in largo anticipo rispetto all’orario stabilito. E quando Walter Caporale ha provato a varcare il limite consentito dalle autorità che si occupano della sicurezza dell’Ambasciata, è stato prontamente bloccato dagli addetti, mentre un cordone di poliziotti a sua volta fermava gli altri manifestanti. Quasi al termine del Presidio comunque, il Presidente degli Animalisti Italiani è riuscito a suonare il campanello dell’Ambasciata, anche se ovviamente nessuno è venuto ad aprire, ed infine ha gettato al di là del cancello la lettera ed i guanti insanguinati della rappresentazione teatrale. Ricordo anche che contro la festa dell’orrore sono intervenuti molti animalisti del nostro Paese, come l’Onorevole Michela Vittoria Brambilla, Presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, che ha dichiarato: «Lo chiamano “festival” ma di “festivo” non ha assolutamente nulla. Anzi, è una delle più cruente manifestazioni dell’unica vera “bestialità” che conosco: quella umana». Aggiungo ancora, per rendere l’idea, che il Dog Meat Festival è stato anche definito “sagra della crudeltà” o “sagra dal sapore macabro”. L’intento degli attivisti è di salvare gli animali, ma non solo, anche di combattere la criminalità che si occupa di questo commercio illegale, ed infine di evitare il diffondersi di pericolose malattie. Era presente alla manifestazione davanti l’Ambasciata Cinese, la scrittrice, insegnante di lettere ed animalista Giuliana Corea, che è intervenuta per sostenere il diritto alla vita dei cani di Yulin. Giuliana Corea è autrice del libro “Gli Orsi della Luna e altre storie”, composto da diciannove favole indirizzate ai bambini dai sei agli undici anni, alcune delle quali hanno ricevuto dei premi in concorsi letterari per l’infanzia. Quello degli Orsi della Luna è un altro di quei casi che fanno indignare.
Si stima che circa diecimila esemplari di questi animali siano tenuti prigionieri nelle fattorie cinesi, in attesa di essere munti regolarmente per l’estrazione della bile con metodi invasivi e dolorosi che possono generare gravi infezioni. Questa sostanza viene impiegata nella medicina tradizionale cinese, nonostante oggi la conoscenza medica offra delle valide alternative erboristiche e sintetiche altrettanto efficaci, a basso costo e senza causare sofferenza agli animali. Come per i cani di Yulin, gli Orsi della Luna vengono detenuti in gabbie piccolissime che non consentono movimenti, spesso sono catturati fin da cuccioli e possono sopravvivere in queste assurde condizioni anche per tutta la vita, fino a trenta anni. Ci dice Giuliana Corea che, essendo volontaria e animalista da tanti anni, la prima favola del suo libro è dedicata proprio agli Orsi della Luna, allo scopo di donare il ricavato ad “Animals Asia” ed agli “Animalisti Italiani”. Giuliana Corea è un’insegnante di lettere che fa lezioni di educazione all’ascolto per indirizzare i bambini al rispetto di tutti i viventi. Le sue fiabe naturalmente hanno uno scopo didattico, perché ognuna di esse contiene un messaggio di tolleranza, di amore e di rispetto per la vita in tutte le sue forme e, ci dice ancora, è una vera soddisfazione vedere come i bambini afferrano perfettamente il significato delle storie e intervengono con delle domande pertinenti. Aggiunge infine che il futuro del nostro mondo è nell’infanzia, ed è in quest’ambito che va coltivato il rispetto per l’ambiente. Il libro “Gli Orsi della Luna e altre storie” è stato anche presentato nella trasmissione “Animali e Animali” di Licia Colò su TV 2000. In conclusione, mi preme rammentare che tutti gli esseri viventi vivono in simbiosi con l’ambiente e Madre Terra, tutti uguali davanti al creato, e gli animali sono portatori dei nostri stessi diritti e soprattutto sono riconosciuti esseri senzienti. È per questo che devono essere rispettati e vivere accanto a noi, come fratelli.
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