Alimentazione Vegan |
Carne coltivata: un compromesso che può accontentare tutti |
12 Aprile 2023 | ||||||||||||||
Si parla molto in questo momento di carne sintetica. In realtà il suo nome corretto è carne coltivata. Si tratta di una carne che è stata costruita in base a ricerche iniziate già nel secolo scorso. Le sue prime applicazioni concrete sono partite nel 2001 ad opera della Nasa, l’ente spaziale statunitense, allo scopo di iniziare una sperimentazione per la produzione di cibo direttamente nello spazio, in previsione dei viaggi su Marte. Successivamente il primo hamburger creato con questa tecnologia fu presentato durante una conferenza stampa a Londra, nel 2013, dal professor Mark Post, direttore scientifico dell’azienda Mosa Meat, che produce carne “in vitro”. Era il risultato di anni di ricerca presso l’Università di Maastricht. Comunque oggi è diventato un argomento “caldo” perché nel novembre scorso la FDA, Food and Drug Administration statunitense, con un pronunciamento ha inviato il primo “ok” ai nuggets di carne coltivata di pollo della Upside Foods, la startup californiana fondata nel 2014 con il nome di Memphis Meat. Ed è proprio del 21 marzo scorso l’ultima news relativa alla FDA che ha completato la sua seconda consultazione pre-commercializzazione per il cibo umano a base di cellule animali coltivate. Il passo successivo previsto affinché la carne coltivata venga commercializzata negli States e successivamente anche in Europa, sarà quello di superare i controlli del Servizio per la sicurezza alimentare e le ispezioni del Dipartimento dell’agricoltura per poi ottenere un parere positivo sui prodotti finali.
D’altra parte i cambiamenti corrono velocemente in molte parti del mondo e Upside Foods ha deciso di seguire la via percorsa dalla concorrente Eat Just, la prima a ottenere i permessi per la vendita di carne coltivata a Singapore, che aveva iniziato a proporla prima in un ristorante esclusivo chiamato 1880, per capire la reazione del pubblico e provare diverse ricette con l’aiuto di grandi chef, poi era passata al delivery e poi ancora alla GDO, la grande distribuzione organizzata. Ma soprattutto oggi di carne cosiddetta “sintetica” se ne parla perché ha suscitato le proteste, principalmente in Italia, da parte di una dirigenza politico-commerciale la quale, invece di guardare avanti, fa un passo indietro proponendo di vietare la produzione e la commercializzazione, addirittura applicando multe esorbitanti, per chi dovesse produrre, distribuire e vendere carne coltivata. Si tratta palesemente di proteste da parte di chi è inserito nel business degli allevamenti di animali per la produzione alimentare e purtroppo sordi allo sfruttamento ad oltranza di nostri simili e ciechi rispetto al disastro climatico che incombe su di noi. Ma cos’è esattamente la carne coltivata? Si tratta di una serie di tecniche di ingegneria molecolare in grado di realizzare veri e propri pezzi di carne commestibili a partire da cellule animali. La carne coltivata è anche chiamata clean meat, proprio perché è carne che non ha bisogno né degli allevamenti e nemmeno della macellazione degli animali. Si tratta a tutti gli effetti di una replicazione in laboratorio di quella che è sempre stata conosciuta come la bistecca, il pollo, il pesce, ecc… Il metodo consiste nel prelevare, con una biopsia, delle cellule staminali da un animale vivo per coltivarle in un bioreattore, che riproduce le stesse condizioni del corpo animale, come la temperatura, i livelli di pH, ecc… Queste cellule vengono alimentate con una miscela di nutrienti affinché si possano moltiplicare in maniera esponenziale.
Nelle prime sperimentazioni veniva usato siero fetale bovino, ma adesso si è visto che basta un semplice brodo vegetale a base di aminoacidi e minerali. Ne è un esempio la startup Migros, che ha investito nell'azienda israeliana Aleph Farms, che utilizza tecniche di fermentazione per sostituire le proteine presenti nel siero bovino. Anche la società statunitense Eat Just, che produce le crocchette di pollo che si vendono a Singapore, ha sviluppato alternative sintetiche al siero animale per alimentare le cellule. Quando le cellule staminali si sono riprodotte, vengono distribuite su degli stampi, chiamati scaffold, per stimolarle a differenziarsi in tessuti connettivi, muscoli e grassi. A questo punto, le cellule possono essere combinate per formare il taglio di carne desiderato, come una bistecca o un filetto. Secondo gli addetti ai lavori, una volta che il processo è partito, teoricamente è possibile continuare a produrre carne all’infinito senza aggiungere nuove cellule prelevate da un organismo vivente. E’ stato anche stimato che, su scala industriale, questo sistema è in grado di produrre da una sola cellula 10 mila chili di carne. In pratica queste cellule, per diventare bistecca, impiegano poche settimane, mentre attraverso la crescita di un bovino, per esempio, occorre un anno e mezzo. Sicuramente c’è da dire che a oggi ci sono circa 400 milioni di persone nel mondo che seguono un’alimentazione 100% vegetale. Ma, accanto all’alimentazione a base vegetale, ben vengano anche soluzioni alimentari alternative con proprietà nutritive e sensoriali paragonabili alla carne, come la clean meat, che possono aiutare a ridurre o eliminare lo sfruttamento industriale degli animali e favorire un nuovo sistema di produzione e consumo alimentare non più basato sulla sofferenza e sulla violenza. Secondo un report della World Animal Protection, già solo l’introduzione di burger e prodotti a base vegetale all’interno dei fast food americani ha contribuito a salvare più di 630 mila animali negli Stati Uniti, tra cui più di 211.000 maiali, 77.000 mucche e 350.000 polli.
Così la produzione di carne coltivata potrebbe inserirsi in questo trend, contribuendo in modo incisivo alla riduzione degli allevamenti di animali e alla loro sofferenza, sulla via della totale e definitiva eliminazione di allevamenti e macelli.
E che dire dei benefici sulla crisi climatica? Tenendo conto che il consumo globale di carne si attesta a circa 350 milioni di tonnellate all’anno, secondo una ricerca condotta lo scorso anno dall’Università della California a Berkeley e della Stanford University, la sospensione delle attività dell’industria della carne, compresa la chiusura degli allevamenti, potrebbe portare a una diminuzione annuale del 68% delle emissioni di CO2 globali. Significa abbassare considerevolmente le emissioni inquinanti su scala globale, perché creare carne in laboratorio darebbe la possibilità di dire addio agli allevamenti intensivi, ormai noti per essere una delle maggiori cause della crisi climatica che stiamo vivendo. Sarebbe una riduzione drastica riguardo anche le emissioni di ammoniaca e metano e, per di più, i reattori in cui viene prodotta la carne possono essere alimentati con energia rinnovabile. Inoltre si tratta di una produzione della carne che richiederebbe meno acqua e meno suolo: così come per le emissioni, la scelta di produrre carne senza allevamenti intensivi consentirebbe di risparmiare sugli spazi dedicati alla produzione, così come sulle risorse idriche utilizzate oggi. Secondo gli esperti, il passaggio alla produzione su larga scala consentirebbe di risparmiare addirittura il 99% del suolo e dell’acqua richiesti per la produzione attuale. E per la nostra salute? C’è da sottolineare che trattandosi di un alimento “costruito”, la carne coltivata ha la possibilità di essere più sana di quella attuale ricavata dagli animali allevati. Non solo si tratta di una carne senza gli ormoni e gli antibiotici normalmente somministrati agli animali negli allevamenti, ma questa tecnologia consente anche di scegliere alcuni componenti della carne prodotta, poiché, in fase di produzione, si possono ponderare i quantitativi in grassi e colesterolo, arrivando a comporre un prodotto più salutare e addirittura ad hoc per diverse esigenze di salute. Produrre e utilizzare carne coltivata significa ridurre gli allevamenti intensivi e a sua volta significa anche diminuire il rischio concreto di diffusione di malattie zoonotiche, cioè trasmissibili da animale ad animale e da animale a uomo, che sono malattie con potenziale pandemico: vedi l’aviaria, la suina, ecc. Gli allevamenti intensivi sono purtroppo luoghi a rischio per la salute degli animali e delle persone. Infatti è stato stimato che il 60% delle malattie conosciute e il 75% di quelle emergenti derivano dagli animali legati agli allevamenti.
La produzione di carne coltivata invece risulta più sicura: non solo azzera il rischio di diffusione di virus negli allevamenti, ma consente di evitare potenziali contaminazioni successive, e senza fare uso di ormoni e di antibiotici che possono diventare un rischio per la salute di tutti, come sta accadendo oggi e a cui bisogna porre rimedio al più presto. Sicuramente siamo arrivati a un punto della storia umana in cui i cambiamenti climatici, le guerre, le epidemie costituiscono problemi pressanti che ci costringono a cambiare cosa e come mangiamo. Si tratta prima di tutto di un impegno individuale, ma che coinvolge anche i produttori di cibo e l’industria alimentare che vede l’impegno di sempre più startup a utilizzare la biotecnologia per imitare il gusto, l'aspetto e la consistenza di carne, formaggio e altri prodotti animali verso un'alimentazione etica e sostenibile.
Ma ritornando alla carne coltivata: nel 2020 Singapore è stato il primo Paese al mondo ad autorizzare il commercio di crocchette di pollo realizzate coltivando cellule animali, di pollo appunto, utilizzando una tecnica che non necessita di occupare ettari di superficie agricola, somministrare antibiotici o macellare milioni di animali. Sempre questa città punta ad aumentare la sua produzione alimentare con cibo prodotto nei suoi bioreattori dal 10% al 30% entro il 2030, prevedendo di includere bistecche e filetti di manzo, che quest’anno vengono sviluppati da una start-up svizzera con cui ha condiviso macchinari e progetti. Infatti anche l’Europa non è da meno sul futuro del cibo coltivato e in Svizzera nello specifico, la start-up Mirai Foods, sta lavorando alla riproduzione delle cellule staminali prelevate da animali vivi prevedendo di ottenere da due grammi di cellule ben 1000 tonnellate di carne bovina di qualità “svizzera”. Con questa tecnologia la Svizzera stessa, dove si consumano ben 51 kg di carne a persona all'anno, alla fine dell’iter legislativo, potrebbe contare di ridurre l'impatto ambientale della produzione di carne da animali d'allevamento. La startup svizzera spiega di “produrre carne vera, senza dover allevare animali interi per 18 o 24 mesi o macellarli“ e spera di poter entrare nel mercato europeo entro il 2025. In ogni caso il cambiamento è iniziato e, prime tra tutte, le aziende asiatiche del tech food ora lavorano anche sul pesce, proprio perché anche l'itticoltura è molto sensibile ai cambiamenti climatici. Singapore ha la tecnologia già collaudata del pollo coltivato, e così su questo collaborano diverse start-up internazionali che lavorano allo sviluppo in laboratorio di tonno, granchio, astice e caviale.
La carne coltivata può dare una svolta anche al cibo PETS
Si potrebbe valutare che, in previsione di un cibo futuribile, la carne coltivata può essere considerata una fase di transizione alimentare per gli onnivori e per carnivori incalliti, ma può già essere un’ottima soluzione per nutrire i nostri amici animali di casa.
Già da fine 2021 una startup ha sviluppato una carne alternativa per animali domestici a partire da materiale genetico di una gallina e con l'utilizzo della tecnica della fermentazione. Si tratta della Bond Pet Food che ha attuato una collaborazione con Hill’s Pet Nutrition, azienda di alimenti per animali domestici basata sulla ricerca bio-chimica, finalizzata alla produzione di clean meat grazie alla fermentazione di precisione. La fermentazione di precisione produce proteine identiche a quelle animali senza macellare o far del male agli animali. La BPF ha prelevato un piccolo campione di sangue da una gallina e questo campione è stato utilizzato per estrarre il codice genetico delle proteine del pollo. Quindi il codice è stato miscelato con lieviti specializzati, zucchero, vitamine e minerali e fermentato in tini di acciaio inossidabile per produrre proteine della carne. Bond Pet Food produce pollo, manzo, pesce e altre proteine della carne che hanno lo stesso valore nutrizionale delle loro controparti animali. Grazie alla partnership, le due società sviluppano cibo per animali che funge da alternativa alle proteine della carne per cani e gatti, avendo inoltre un prodotto più sostenibile rispetto agli altri alimenti per animali domestici e per giunta di alta qualità. Anche questo è un bel passo avanti, perché in effetti ci sono sul mercato molte opzioni di carne a base vegetale e alternative per gli umani, ma non così tante per cani e gatti. Eppure proprio l’alimentazione degli animali domestici è quella che causa maggiori preoccupazioni di tipo sia politico che ambientale, oltre che etiche, come la provenienza prevalentemente da allevamenti industriali, la presenza di sottoprodotti della macellazione come occhi, zoccoli, pellame, l’utilizzo di animali di provenienza ignota, l’uso di sostituti alimentari economici, e senza contare l’utilizzo di ingredienti che possono risultare tossici o dannosi come ormoni e farmaci. A conclusione di quanto visto fin qui, la carne coltivata potrebbe essere davvero un passaggio importante per arrivare all’abbandono degli attuali sistemi di allevamento che prevedono lo sfruttamento di miliardi di animali, oltre ad avere un impatto positivo enorme sul pianeta.
Proviamo a soffermarci anche solo un momento su cosa possa significare umanamente e civilmente un pianeta senza le sofferenze legate alla vita in allevamento e alla macellazione: significherebbe un colpo di spugna sugli oltre 80 miliardi di animali uccisi ogni anno per essere ridotti a cibo, a fronte di una biopsia o addirittura solo un prelievo o, come già capita per i polli, senza nemmeno toccarli poiché basta qualche cellula di una piuma caduta... Davvero un’azione che può portare all’instaurarsi di un riconoscimento della dignità di esseri senzienti diversi da noi per forma ma non per sostanza. E’ fuor di dubbio che questa tecnologia rappresenti un grande passo verso l’abolizione dello sfruttamento animale che ancora imperversa sul pianeta!
Riferimenti: https://www.theworldcounts.com/challenges/foods-and-beverages/world-consumption-of-meat https://www.wwf.it/pandanews/societa/mondo/un-anno-dal-lockdown/ https://finlessfoods.com/about/ Miriam Madau è medico omeopata e nutrizionista vegano. Conduce su Shan Newspaper le rubriche “Felicemente Veg” sull’alimentazione vegana e “H2O” sull’omeopatia. Conduce inoltre la trasmissione “VeganSì” su Radio Dreamland www.radiodreamland.it
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