Tradizioni Celtiche

GRAAL, l’eterna ricerca

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22 Dicembre 2021
Il Calice di Ardagh, una coppa di pregiata lavorazione in oro e argento ritrovata ad Ardagh in Irlanda nell’VIII secolo. Il Calice di Ardagh è stato identificato con il mito del Graal
Il Calice di Ardagh, una coppa di pregiata lavorazione in oro e argento ritrovata ad Ardagh in Irlanda nell’VIII secolo. Il Calice di Ardagh è stato identificato con il mito del Graal

Un mito universale che ha segnato la Storia


Non è facile parlare di un mito tanto discusso e sviscerato nei suoi possibili significati come quello del Graal. Su di esso sono già state impiegate fin troppe parole, e forse, più cerchiamo di spiegarlo, più rischiamo di allontanarci dal suo vero significato. Ma il fascino di questa leggenda che ha infiammato i cuori di non pochi scrittori e ispirato saghe e simbolismi di varie e contrastanti culture, pare che abbia il potere di rimanere inalterato nel tempo.

Il Graal è comunemente accostato al contenitore che raccolse e conservò il sangue di Cristo, ma in realtà si tratta di un mito molto più antico. L’accostamento con il simbolismo cristiano è nato nel medioevo, quando il mito conobbe momenti di grande gloria e i racconti sul Graal fiorirono e sbocciarono come dal nulla.

Nel periodo che va dalla fine del XII secolo alla metà del XIII comparve in tutta Europa un vasto corpus di testi che proponevano il Graal in tutte le sue possibili varianti. Tra queste, l’interpretazione dei monaci cistercensi ebbe il sopravvento sull’anima celtica della leggenda, e l’errore storico fu perpetrato e ratificato dalla cultura ufficiale.

In realtà il mito che segnò così profondamente la cultura dell’Europa medievale era di chiare origini pagane. Quando Chretien de Troyes, intorno al 1181, introdusse il Graal nel suo “Perceval”, nessuno aveva mai sentito ancora nominare questo strano oggetto e di certo, nel suo romanzo, Chretien non fornisce alcun elemento per poter accostare il Graal all’esoterismo cristiano.

Si sa che Chretien de Troyes basava i suoi romanzi sul background folklorizzato di leggende mantenutesi nelle aree celtiche fino ad allora sopravvissute, come l’antica Armorica (l’attuale Bretagna), la Cornovaglia, il Galles.

Il “Perceval” è una sorta di iniziazione cavalleresca incentrata sul mistero del Graal; ma nonostante il romanzo ruoti attorno al Graal, il significato di quest’ultimo rimane oscuro, e l’autore non fornisce alcun elemento per farsene anche solo una pallida idea. Il Graal fa la sua comparsa in una strana processione, nel bel mezzo di un banchetto regale: i valletti del Re portano una lancia bianca, un candeliere d'oro fino, un piatto d’argento e infine il regalo più prezioso, il Graal. “Quando il Graal fu portato nella stanza, da esso si diffuse un tale chiarore che le candele persero la loro luce come le stelle quando si leva il sole o la luna.”

Da questi scarni e oscuri accenni al misterioso oggetto chiamato Graal scaturirà una ricca letteratura che segnerà profondamente la cultura medievale. Il romanzo di Chretien, pur se incompiuto, ebbe uno straordinario successo, ed ebbe il merito (o il demerito?) di creare una moda. Tra i testi più famosi: il “Parzival” di Wolfram von Eschenbach, il “Peredur”, un racconto gallese della raccolta dei Mabinogion, e il “Roman de l’Estoire du Graal” di Robert de Boron.

L’apparizione del Graal alla Tavola Rotonda in un dipinto medievale. Il dipinto evidenzia la forma della tavola forata al centro, secondo l’antico simbolismo della ruota forata dei Celti
L’apparizione del Graal alla Tavola Rotonda in un dipinto medievale. Il dipinto evidenzia la forma della tavola forata al centro, secondo l’antico simbolismo della ruota forata dei Celti

Nel XIII secolo il mito era ormai famoso, e la “cerca del Graal” era definitivamente identificata come la missione spirituale dei Cavalieri della Tavola Rotonda: una via mistica, costellata di prove iniziatiche, che aveva come obiettivo la conquista dell’ambìto oggetto, fonte di conoscenza e benessere spirituale. Una leggenda simbolica di cui molte scuole spirituali si attribuirono la paternità, sfruttando a proprio uso e consumo l’obiettivo finale, sostanzialmente quello di attribuirsene l’appartenenza.

L’opera di cristianizzazione in atto in Europa convertì la leggenda secondo criteri cristici, e così il Graal divenne il contenitore che raccolse il sangue di Cristo, e la cerca del Graal fu tradotta nel misticismo cristiano.

Cercare di addentrarsi nel significato del Graal secondo le leggende celtiche, e nel mondo celtico in generale, tuttavia non è facile né a portata di tutti. Le fonti e le testimonianze originali giungono da quegli autori che rappresentano la cultura che aveva lo scopo di cancellare i Celti dalla storia, ovvero i romani e i monaci cristiani medievali; facile immaginare come tali fonti risentano dell’influenza della storia narrata dai vincitori.

Ma il patrimonio dell’umanità non è costituito solo dai monumenti architettonici del passato: esiste un grande patrimonio tramandato dalla memoria storica dell’umanità, costituito dai miti e dalle leggende di tutti i popoli della terra, che ostinatamente accompagna la storia dell’uomo, pronto per essere interpretato e ricomposto come un enorme puzzle, e geloso custode di millenari miti e di ancestrali insegnamenti.

È proprio da tale patrimonio che possiamo attingere per eludere la censura della storia, per provare a farci un’idea dell’insegnamento conservato nel Graal. Ed è proprio così che di fatto inizia un percorso, quel percorso che anticamente venne definito come la “Cerca del Graal”: un sentiero individuale, personale, alla ricerca del Graal ma anche alla scoperta di se stessi.

Che cosa spinse Chretien de Troyes ad introdurre il Graal nei suoi racconti? E da quali fonti attingeva per le sue ispirazioni? E ancora: che cosa rappresentano quei quattro elementi che ricorrono nella processione del Graal?

Per quest'ultimo quesito, dall'antica tradizione irlandese arriva uno spunto che ci viene in aiuto riproponendoci quattro elementi sotto forma di altrettanti "doni" che venivano fatti agli ancestrali Re d'Irlanda, gli Ard-Rì, provenienti dai mitici Túatha Dé Danann: la lancia, la spada, la coppa e la pietra. Un'usanza che ancora oggi viene in parte conservata nel Regno Unito: la "Stone of Scone", la pietra su cui vengono incoronati i reali d'Inghilterra, è appunto uno di questi quattro doni e, secondo la leggenda, viene tramandata da tempi immemorabili. Quattro doni che ovviamente avevano un significato altamente simbolico, e che forse ci possono aiutare per iniziare ad addentrarci nel segreto del Graal.

La Tavola Rotonda dove è rappresentato il ritratto di Re Artù in un grande dipinto su legno conservato nel castello normanno di Winchester
La Tavola Rotonda dove è rappresentato il ritratto di Re Artù in un grande dipinto su legno conservato nel castello normanno di Winchester

Secondo l’esoterismo del Graal, questi quattro elementi costituiscono altrettante esperienze formative che hanno lo scopo di forgiare spiritualmente l'iniziato nelle sue conquiste metafisiche. Una sorta di cammino mistico che necessita di strumenti, come i sopracitati quattro "doni", per poter essere realizzato nella maniera idonea.

Se Chretien introdusse e sottolineò questi quattro capisaldi della via mistica del Graal, non lo fece certo per caso: in un momento in cui la conversione cristiana era dilagante, egli sentì l'impulso di dare una provocazione introducendo elementi pagani raccolti da tradizioni precedenti. Forse non riuscì nel suo intento, vista l'interpretazione che ne fu data in seguito, ma di sicuro lasciò una traccia indelebile che pose l'accento su un mito universale che mal si prestava ad essere strumentalizzato, e che di sicuro fa riflettere gente di ogni tempo e luogo.

Nelle leggende celtiche appare evidente come il Graal sia un oggetto immateriale, esperienza e insieme cammino iniziatico, una via mistica alla ricerca della conoscenza. Tutte le leggende celtiche, di qualsiasi paese, risentono fortemente del simbolismo del Graal; si può dire che in questo mito ci sia il senso stesso della spiritualità del mondo celtico. Ma ciò che colpisce nel corpus delle leggende celtiche legate al Graal è la somiglianza con altri miti, lontani tra di loro nello spazio e nel tempo.

Se proviamo a tracciare una scheda dei punti salienti della leggenda, potremo confrontarla con altri miti storici per penetrarne il significato. I punti salienti sono:

. il Graal è un oggetto immateriale, talvolta raffigurato come una coppa, talvolta come una pietra preziosa;

. il Graal è stato donato agli uomini da una stirpe divina in un’epoca primordiale;

. il Graal proviene da un altro mondo e compare periodicamente nella storia dell’uomo;

. il Graal è dispensatore di benessere e di conoscenza;

. il Graal rappresenta una porta verso un piano di realtà normalmente inaccessibile all’uomo.

In molte leggende dei popoli della terra possiamo trovare gli stessi elementi: il Graal, sotto forma di coppa o di pietra (per la maggior parte dei casi uno smeraldo o una pietra verde), emerge da un mondo parallelo al nostro e dispensa conoscenza e benessere a chi ne entra in possesso.

Possiamo citare la coppa donata dai mitici Túatha Dé Danann della mitologia irlandese agli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda; oppure la cornucopia della mitologia greca, ovvero il corno proveniente dalla capra di Zeus, con proprietà simili ai calderoni della mitologia celtica; oppure la coppa della mitologia nordica ricavata dal cranio del gigante Ymir, vista come la sede dove ha avuto luogo la nascita dell’Uomo Primordiale. Ma anche la pietra verde raffigurante una divinità precolombiana: la dea dell’acqua Chalchiuhtlicue; o la divinità peruviana Pachacamac, raffigurata come “luminosa e verde”, o ancora lo smeraldo con cui il sacerdote azteco Quetzalcoatl otteneva la propria potenza dalle stelle.

Frammenti di un puzzle che ci fa intuire qualcosa che trapela al di là dell’apparente puerilità di leggende giunte a noi frammentate e oscure. Pezzetti di una storia che ci parla di un’era in cui l’umanità conobbe antichi splendori e lascia trapelare una realtà posta al di là dell’ovvietà.

Statua preistorica del popolo Yoruba dell’Africa del Nord, raffigurante una figura femminile che tiene in mano la Coppa della Conoscenza
Statua preistorica del popolo Yoruba dell’Africa del Nord, raffigurante una figura femminile che tiene in mano la Coppa della Conoscenza

Presso gli aborigeni australiani questa dimensione viene chiamata “alcheringa”, tradotta con il termine di “dreamtime”, il Tempo del Sogno. Il dreamtime è una dimensione parallela che trae le sue origini da un’esperienza vissuta dall’umanità dei primordi, mantenuta viva, in modo segretissimo, dalla tradizione sciamanica delle società iniziatiche degli aborigeni. Una condizione di eterno presente, tra visibile e invisibile, che si proietta tra passato e futuro, in un continuum esperienziale a cui si può accedere solo con la chiave adatta. Una credenza analoga la troviamo presso gli indiani Hopi, che periodicamente si recano nei posti sacri per incontrarsi spiritualmente con i loro antenati totemici, i mitici Katchina, molto simili per significato e funzione ai Túatha Dé Danann della tradizione celtica. E proprio il mito dei Túatha Dé Danann ci offre la chiave di volta per capire qualcosa di più del significato del Graal.

La leggenda racconta del mitico incontro tra esseri divini provenienti dalle terre “a nord del mondo”, i Túatha Dé Danann, e gli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda. Questi mitici esseri regalarono agli Ard-Rì il Graal. Da questo incontro, secondo la leggenda, nacque la tradizione druidica che diede vita a tutta la cultura celtica e costituì il collante essenziale per popoli diversi e lontani fra loro.

Ma c’è un altro mito che può essere accostato al Graal per il significato che esprime: il mito di Fetonte.

L'evento riguardante la caduta dell'oggetto di natura divina è riportato nella tradizione ellenica dalla leggenda di Fetonte, figlio del Sole, il quale, non sapendo guidare il carro celeste del padre, sarebbe precipitato al suolo. Gli uomini, rinvenuti i resti del carro celeste, avrebbero tratto da essi la conoscenza divina che conteneva.

L’antica leggenda greca di Fetonte riprende il tema del mito del Graal con un riferimento diretto alle vicende del Piemonte. Nelle Metamorfosi di Ovidio, poeta latino di Sulmona vissuto intorno al 30 a.C., il testo cita l’avventura di Fetonte, figlio del dio Sole, che salì sul carro del padre per provare a guidarlo pur essendone incapace, e finì per perdere il controllo del mezzo celeste. Così si avvicinò troppo alla Terra che cominciò ad incendiarsi. Zeus, il sommo dio dell'Olimpo, accortosi di ciò che stava accadendo, per salvare la Terra dalla distruzione provocata dal calore emanato dal carro solare lanciò un fulmine su Fetonte. Questi fu così sbalzato dal carro celeste e cadde sulla Terra precipitando nel fiume Eridano, l'antico nome del Po.

La tradizione druidica vuole che il carro di Fetonte sia caduto in un luogo che si trovava all'incontro di due grandi fiumi, nella zona dove oggi si uniscono la Dora e il Po. Una zona identificabile nell'area che comprende l'attuale città di Torino e parte della Valle di Susa.

Ma le leggende druidiche non parlano di caduta bensì di “discesa”. Secondo questa allegoria, Fetonte rappresenterebbe una consorteria di dèi venuta dallo spazio che avrebbe insegnato alle creature di allora le scienze alchemiche.
Fa eco al mito di Fetonte quello relativo alla discesa del Graal.

Se si vuole tentare un sincretismo tra le varie interpretazioni della leggenda del Graal, possiamo provare a tracciare una storia. Il mito narra in termini di allegoria antropomorfa la vicenda di una creatura semidivina che in tempi molto antichi precipitò dal cielo finendo per cadere sulla Terra. Nella caduta, lo smeraldo che adornava la sua fronte si staccò precipitando al suolo. Altre creature semidivine lo raccolsero modellandolo in forma di coppa e lo consegnarono ad Adamo nell'Eden, al fine che lo custodisse e se ne avvantaggiasse.

Quando Adamo dovette abbandonare l'Eden, portò la coppa con sé. Attraverso la sua discendenza, la coppa del Graal giunse nelle mani di Osiride, dio tutelare dell'Egitto. Osiride fu ucciso a sua volta per mano di Set e il suo corpo venne da questi smembrato e disperso per tutta la terra, fu così che la coppa andò perduta e gli uomini persero la loro preziosa fonte di conoscenza.

Il Calderone di Gundestrup conservato nel Museo Nazionale Danese di Copenhagen
Il Calderone di Gundestrup conservato nel Museo Nazionale Danese di Copenhagen

Molti secoli più tardi, nella città di Camelot in Armorica, re Artù, aiutato dal druido Merlino, radunò dodici cavalieri, riunendoli in cerchio attorno alla nota Tavola Rotonda, con lo scopo di ritrovare la preziosa coppa del Graal. Riportata la coppa a Camelot, re Artù cercò di utilizzarla per ricostruire un nuovo Eden, ma non tutti i cavalieri erano capaci di sostenere la conoscenza che essa conteneva, tanto che il Graal appariva e scompariva nel centro vuoto della Tavola Rotonda. Interessante notare che la Tavola Rotonda rifletteva il disegno della ruota forata, antico simbolo celtico. Secondo la leggenda, Fetonte, al momento del commiato dagli uomini del tempo, regalò loro una grande ruota d’oro forata che rappresentava la sintesi di tutta la conoscenza che egli aveva insegnato agli uomini.

La ricerca moderna del Graal ha coinvolto organizzazioni iniziatiche di ogni genere, dai Templari ai Catari, fino ai gruppi esoterici più disparati.

Il Graal ha ispirato fortemente anche l’Alchimia: la pietra filosofale infatti viene associata alla "Lapsit exillis", la pietra di conoscenza caduta dal cielo. Molti autori hanno associato la figura di Fetonte alla leggenda di Lucifero: la somiglianza con il mito medievale del Graal è più che mai evidente.

Platone, il filosofo ateniese del 400 a.C., interpreta la leggenda di Fetonte come un simbolismo esoterico la cui esegesi rivela un significato ben concreto, riferito a un evento reale. Nell’opera Timeo, dai Dialoghi, Platone cerca di mostrare la realtà che si supporta sui miti, avvertendo il suo interlocutore che questi ultimi possono essere veicoli di testimonianze storiche.

Platone, in merito al mito di Fetonte, che si riallaccia a quello del Graal, sostiene che esso, come tutte le leggende, non era altro che una favola per bambini che nascondeva un vero significato, ovvero la narrazione della caduta di uno dei tanti oggetti che navigano attorno alla Terra e che ogni tanto, a caso, cadono su di essa provocando morti e distruzioni.

In effetti, se si osservano le foto satellitari eseguite sul Nord Europa, si può scorgere sul suolo piemontese l’impronta livellata dal tempo di un antico impatto, avvenuto presumibilmente milioni di anni fa. In un’epoca in cui probabilmente vivevano ancora i dinosauri, prima della loro inspiegabile scomparsa.

Ma come valutare questo dato? Secondo la scienza a quel tempo non doveva ancora esistere la specie umana. Come ha fatto a sopravvivere il ricordo dell’accaduto? Chi ha perpetuato la narrazione di quello straordinario evento? Esistevano forse altre forme di vita intelligente che poi trasmisero le loro conoscenze alla successiva umanità?

C’è anche da chiedersi per quale motivo, se si fosse trattato solo della caduta di un asteroide, l’antica tradizione abbia attribuito a quell’oggetto un significato riferito a una fonte di conoscenza, come viene riportato dall’acronimo degli alchimisti medievali “Gnosis Recepta Ab Antiqua Luce”, ovvero “conoscenza ricevuta da una luce antica”.

Forse questa zona dell'Europa fu teatro di un evento di portata significativa per le creature viventi di quei tempi ed esercitò un richiamo di interesse mistico per molte altre culture di tutti i tempi e di ogni luogo del continente.

Una coppa preistorica ritrovata a Nazca, in Perù. Il simbolo della coppa è presente negli oggetti rituali dei ritrovamenti pre-colombiani
Una coppa preistorica ritrovata a Nazca, in Perù. Il simbolo della coppa è presente negli oggetti rituali dei ritrovamenti pre-colombiani

Il Graal compare in tutte le saghe e le leggende celtiche, dove molto spesso le battaglie e le imprese cavalleresche sono simbolismi di un viaggio iniziatico, e dove la vita e la morte assumono lo stesso valore. Le prove, spesso sovrumane, a cui è sottoposto il cavaliere alla conquista del “suo” Graal, sono facilmente interpretabili come prove iniziatiche per raggiungere quello stato trascendente che è meta di ogni iniziato.

Man mano che ci si addentra nel percorso alla scoperta di questo mito ci si accorge che si ha a che fare con un simbolo universale, infinitamente più antico e più vasto del corpus di leggende medievali che lo hanno reso famoso. Un simbolo che sembra esercitare un fascino sull’umanità di ogni tempo, come dimostrano i film che periodicamente ripropongono il Graal, tanto per citarne solo alcuni: “Indiana Jones e l’ultima crociata”, “All'inseguimento della pietra verde”, “Excalibur”, “Le nebbie di Avalon”. E citiamo alcuni libri tra i più famosi: “Il Codice da Vinci”, “Il Santo Graal”, “Il mistero del Sacro Graal”.

Alcuni ricercatori accostano il Graal alla figura di Maria Maddalena: anche quest’ultima, ammesso che sia mai esistita, può rappresentare un antico culto pagano che si è trasmesso nell’esoterismo cristiano dei primordi. Può essere visto come il tentativo di creare l’anello di congiunzione tra una tradizione pagana e il cristianesimo primitivo.

Paragonandone il significato con altre tradizioni, confrontandolo con simboli di altre culture, constatiamo che non si può restringere il Graal nella visione di un mito dell'Europa medievale, ma lo si deve collocare in un'accezione più ampia, sia storica che geografica; solo così si può cercare di avvicinarsi al suo reale significato. Occorre andare indietro nel tempo e, se i dati storici iniziano a sfumare nella leggenda, rivolgersi a quelle tradizioni mitiche apparentemente spazzate via dalla storia, ma che hanno lasciato profonde tracce nelle credenze popolari che in definitiva costituiscono la memoria storica dell'umanità. Solo così potremo forse darci delle risposte su un mito apparentemente oscuro e misterioso, ed estrapolarlo da un contesto folkloristico fine a se stesso.

Quando ci si addentra nel mito del Graal, alla ricerca del suo vero significato, non è difficile trovarsi in una dimensione al di là del visibile. Inizia un percorso personale fatto di magia e mistero, e i confini tra conoscibile e inconoscibile diventano sempre più flebili.

Il Graal è un mito senza tempo, un oggetto immateriale che ogni tanto sembra ricomparire dalle pieghe della storia per ricordarci il mistero della nostra esistenza. Forse il Graal rappresenta l’esperienza evolutiva che è in ognuno di noi; forse è una profezia in attesa del suo inevitabile compimento.

Forse è la comune intuizione del Graal che ha guidato i Cavalieri di ogni tempo alla ricerca di un mondo migliore, in un percorso interiore verso il mistero più fitto; così come è stato per bardi e poeti di ieri e di oggi, attori inconsapevoli di un copione già scritto, tutti viandanti alla ricerca del Graal.


www.rosalbanattero.net


Fonte: Mystery in History, Yume Edizioni

 

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