Tradizioni Celtiche |
I Celti oggi: tra neo-druidismo alla Asterix e antica tradizione |
17 Maggio 2011 | ||||||||||||||
"Come si può sostenere di sapere in che cosa consiste il celtismo quando le fonti di conoscenza dei Celti originari sono così infinitamente poche?" "Forse la dottrina e lo spirito dei Druidi sono sopravvissuti in segreto, fino al giorno in cui sarà arrivato il tempo di rianimare il druidismo?" Sulla scia di Celti e Druidi – Terza parte Ancora non ho trovato una risposta alle domande che ho posto in Da Capo dell’Ira alla Fine del Mondo. Invece ritengo che la domanda sia importante, non solo perché fraintendimenti e speculazioni di tutti i tipi fioriscono dappertutto, ma anche perché molti Celti militanti dicono che la loro attuale identità celtica proviene da un’identità cosiddetta “vera” o storicamente “giusta”, esattamente nello stesso modo in cui i monarchi anglosassoni hanno cercato di accaparrarsi la leggenda di Artù per avere legittimità, esattamente allo stesso modo in cui la Serbia rivendicava il suo diritto di praticare epurazioni etniche sul suo territorio “storico” in Kosovo, esattamente allo stesso modo in cui sia israeliani sia palestinesi invocando la storia rivendicano il loro “diritto” sulla stessa città, Gerusalemme, esattamente allo stesso modo in cui molti danesi, un po’ per scherzo, ma anche un po’ sul serio, sostengono che Halland, Blekinge e Skåne siano “in realtà” danesi. Ma come si può sostenere di sapere in che cosa consiste “in realtà” il celtismo quando le fonti di conoscenza dei Celti originari sono così infinitamente poche? Innanzitutto ci sono solo tre tipi di fonti di conoscenza: in primo luogo alcune pagine di testo in latino, per esempio il libro di Cesare sulla guerra in Gallia; poi delle scoperte archeologiche; e, per finire, dei manoscritti in irlandese antico, scritti nel medioevo, ma che sembrano riprendere fiabe, miti e leggende da un lontano passato, forse anche dall’epoca precristiana, l’età celtica prima di Saint Patrick, colui che cristianizzò l’Irlanda nel Cinquecento. Nessuno dei tre tipi di fonti è attendibile con assoluta certezza. Cesare aveva per esempio tutti i motivi per presentare i Celti come barbari e grandi guerrieri piuttosto che un popolo altamente civilizzato con una cultura raffinata: ciò rendeva la sua vittoria molto più grande davanti al Senato a Roma. Le scoperte archeologiche sono notoriamente difficili da interpretare per quanto riguarda la cosa più emozionante, la vita spirituale e religiosa, ciò che i Druidi personificavano e tramandavano.
I manoscritti in irlandese antico non sono molto più affidabili dei testi classici. Utilizzare miti e leggende come documenti della realtà storica è sempre difficile. È difficile con le fiabe irlandesi così come con i racconti antichi di Omero ed altri. Ma a questo si aggiunge che i racconti irlandesi venivano scritti da monaci cristiani (in verità è qualcosa di abbastanza sorprendente: i missionari cristiani in realtà non avevano motivo di dedicare molto tempo a preservare tradizioni e credenze pagane per i posteri). Ci sono molti segnali che indicano che questi parzialmente lodevoli monaci non siano stati fedeli al pagano ed al celtico. Avevano al contrario l’interesse di reinterpretare i racconti orali del popolo in una prospettiva cristiana o ecclesiastica.
Per la maggior parte delle persone sarebbe sicuramente ridicolo insinuare che “Asterix e Obelix”, con il druido “Panoramix”, siano legati alla realtà. Ma il fatto è che gli autori Uderzo e Goscinny hanno preso ispirazione da Cesare. È in Cesare che c’è scritto per esempio che ci volevano più di venti anni per diventare druido, all’incirca lo stesso tempo che ci vuole oggi per un dottorato di ricerca all’università. Ma ci possiamo fidare di ciò che dice Cesare? È anche colui che in un brano scrive che i Celti sacrificavano uomini ai loro déi. Corrisponde alla realtà? O era solo un modo per Cesare di dare un’immagine dei Celti come barbari? Sembra difficile negare che i Celti avessero il particolare culto di conservare le teste dei nemici morti come trofei. Ma quale parte giocavano i Druidi per mantenere e ritualizzare questo culto? Non ne sappiamo nulla. Il fatto che le fonti siano così poche e difficilmente interpretabili significa ovviamente che molto di ciò che si dice a proposito dei Celti e dei Druidi bisogna prenderlo con le pinze. Non necessariamente perché gli autori coscientemente vogliono alterare la realtà – anche se ci sono anche questi, soprattutto tra i “celtomani” su internet ispirati dal nazionalismo - ma semplicemente perché non si può sapere molto con sicurezza.
Tra coloro che hanno scritto sui Druidi classici vorrei mettere in evidenza Françoise Le Roux e Christian-J. Guyonvarc’h, due ricercatori dell’Università di Rennes che hanno dedicato la loro vita a cercare di capire la cultura e la storia celtica. Il loro libro, Les druides, è dal mio punto di vista il tentativo più completo ed affidabile di dare, a partire da tutte le fonti conosciute, l’immagine più corretta possibile dei Druidi classici. A differenza di molti altri che hanno scritto sui Druidi, Le Roux e Guyonvarc’h hanno delle conoscenze approfondite dell’antico irlandese. Ciò significa che hanno potuto leggere direttamente i vecchi manoscritti irlandesi, anche quelli che non sono ancora stati tradotti e pubblicati da filologi, e hanno potuto comparare questi dati sui Druidi con ciò che si può leggere nei testi classici latini, per esempio in Cesare e Posidonio. Il risultato è diventato un libro ricco e autorevole con opinioni acute che ogni studioso dei Druidi dovrebbe leggere se vuole sapere cosa si sa davvero dei classici Druidi celtici. Ma anche se Les druides contiene più materiale e più dati rispetto a molte altre opere sui Druidi, una parte notevole rimane ancora difficilmente interpretabile. Si potrebbe pensare che si sappia molto di più sulle organizzazioni druidiche nate in Inghilterra e Galles nel Settecento. Ed è vero, in confronto con quel poco che sappiamo dei Druidi classici. Vale a dire, sappiamo abbastanza di quello che è successo dopo la creazione delle prime organizzazioni druidiche. Al contrario sappiamo molto meno di ciò che realmente ha portato William Stukeley ed altri dello stesso periodo a prendere l’iniziativa della creazione di organizzazioni druidiche non solo in Gran Bretagna, ma anche in Francia. Molti storici, tra loro Stuart Piggot, ritengono che il druidismo sia stato riscoperto durante il romanticismo come un risultato della ricerca appassionata di radici diverse da quelle trovate nella Bibbia e nell’antichità. Altri invece ritengono che l’interesse per i Druidi sia stato svegliato da un crescente interesse per i testi classici in cui si parlava di Druidi.
Ma ci sono anche coloro che affermano – sia all’interno che all’esterno delle organizzazioni druidiche – che la dottrina e lo spirito dei Druidi sarebbero sopravvissuti attraverso la storia a partire dall’epoca dei Celti antichi, e addirittura che i Druidi, attivamente e coscientemente, ma completamente in segreto, abbiano continuato a trasmettere le dottrine druidiche fino al giorno in cui fosse arrivato il tempo di rianimare il druidismo. Questa è anche la tendenza di Michel Raoult, che ha scritto una brillante tesi di dottorato sul neodruidismo, Les druides. Les sociétés initiatiques celtiques contemporaines. Come scienziato Michel Raoult è tuttavia prudente nell’affermare senza indugio che ci sia un legame ininterrotto tra i Druidi di oggi e i Druidi originari. Le ricerche future stabiliranno in quale misura esista una linea druidica ininterrotta dall’antichità ad oggi. Tuttavia la domanda è quanto sia importante sapere esattamente come i Druidi e Celti originari pensassero e vivessero. In un libro pubblicato recentemente, The Celts, che rende giustizia alla ricerca sui Celti, Bernard Maier scrive: “L’utilizzo del termine ‘celtico’ per fenomeni diversi dalla preistoria fino alla contemporaneità ha più a che fare con il punto di vista soggettivo dell’osservatore moderno piuttosto che con qualche filo conduttore comune tra questi fenomeni.
Solo con grandi riserve possiamo motivare la creazione di una nazione celtica o stabilire legami con una lingua proto-celtica sulla base dei dati archeologici dalla preistoria o dalla storia antica.” Per coloro che devono scrivere la storia è ovviamente importantissimo cercare di capire cosa sia veramente successo e poi descrivere questi eventi nel modo più veritiero possibile. La verità è, come sottolinea Maier, che sappiamo per ora relativamente poco dei Celti e dei Druidi. Non voglio esprimermi sulla questione se sia importante oppure no per i membri delle organizzazioni druidiche stabilire la verità storica dei Celti e dei loro principali rappresentanti spirituali, i Druidi. Invece vorrei affermare che non si può assumere la storia come base per decidere come si debba agire e comportarsi oggi. In altre parole, anche se esistono delle fonti che ci dicono in dettaglio esattamente come i Celti e i Druidi vivessero e pensassero allora, qualche migliaio di anni fa, dobbiamo ugualmente domandarci se è così che vogliamo vivere e pensare adesso. Nessuna società, nessuna nazione, sarà mai legittimata solo perché ha una storia lunga. Cent’anni sono un’età notevole per un’associazione volontaria come l’Antico Ordine dei Druidi Unito. Un’età così rispettabile indica che c’è qualcosa nel movimento druidico che ha forza e energia, qualcosa per cui i membri sono pronti a fare sacrifici e che secondo loro vale la pena difendere. Come esterno posso solo esprimere la speranza che questo sia qualcosa di più di semplici vecchie tradizioni e rituali, che l’Antico Ordine dei Druidi Unito abbia avuto una lunga vita perché personifica dei fondamentali valori umanistici, perché ha preso cura dell’aspetto migliore e più umano della tradizione celtica. Voglio comunque affermare che anche per i non-druidi ci sono degli elementi nella tradizione celtica e druidica che vale la pena di considerare seriamente, per esempio il fatto che si può mantenere una forte identità senza stato nazionale e chiesa.
Lo scrittore bretone Ronan Le Coadic ha detto che ci sono tre tipi di identità: il primo è l’identità del sangue, quella che si basa sulla parentela. È stato il tipo di identità che la destra politica difendeva, soprattutto la variante reazionaria, xenofobica e nazionalistica, ma anche molti estremisti religiosi. Il secondo tipo è l’identità della terra, che si basa sull’idea che ognuno appartiene alla nazione in cui si è nato. Questa è tradizionalmente stata l’opinione della sinistra umanistica ed è quello che si trova scritto nelle leggi. Secondo questo punto di vista si è semplicemente svedesi se si è nati in Svezia. Se dovessi scegliere tra sangue e terra, scelgo senza dubbio la terra, perché è più umana. Ma c’è un terzo tipo di identità, ed è quella che Ronan Le Coadic afferma come base per l’identità celtica e bretone. Questa identità è l’identità del cuore: “Non il diritto del sangue o della terra, ma del cuore”, scrive e aggiunge: “Colui che ama la Bretagna, il suo paesaggio o la sua cultura, può diventare bretone.” Ed è proprio quello che fa la differenza tra l’identità del sangue e della terra da un lato, e l’identità del cuore dall’altro. L’identità che si basa sul cuore dà all’uomo la libertà di scegliere a quale cultura e a quale storia vuole appartenere. E in fondo non c’è un’altra identità celtica a parte quella che si sceglie di fare propria. Essere celta o druido oggi è qualcosa che si sceglie, non qualcosa con cui si nasce. Proprio per questo l’identità sopravviverà probabilmente un altro paio di migliaia di anni almeno, se riuscirà ad evitare le autodistruttive creazioni di confini dello stato nazionale. Niente è così forte nell’uomo come la libertà stessa. Se si vuole essere uomo, ovviamente. Altrimenti fa lo stesso.
|