Leggende e Tradizioni

2012: il ritorno del Messia o di Kukulcan?

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02 Maggio 2012

Il dio azteco Quetzalcoatl


Siamo arrivati all’anno più discusso del secolo e tra le varie ipotesi catastrofiste emergono, fortunatamente, anche quelle più “leggere” o positive, che parlano di un eventuale ritorno di un Messia. Un ritorno che, paradossalmente, unisce in qualche modo sia le persone “normali” come quelli che si definiscono cristiani, che quelle “alternative” che vedono complotti ovunque.

Eh sì, perché tutti e due i gruppi aspettano il ritorno di una persona importante, solo che alcuni attendono Gesù Cristo e altri un “alieno”.

Ma se per un attimo smettessimo di farci la guerra sui differenti modi di vedere la vita, forse riusciremmo a trovare un punto che ci accomuna tutti. Tutti desideriamo un mondo migliore, una maggiore conoscenza, un’umanità più serena… tutti, infine, attendiamo il nostro salvatore, sia esso impersonato da un giovane alieno o da Gesù Cristo. L’unica differenza è che uno è la rappresentazione dell’incarnazione di Dio e l’altra di un dio.

Chi è, in realtà, il nostro salvatore?

Il termine cristo rimanda a "salvatore, liberatore, redentore. Cristo, quindi, letteralmente è un Messia. Ma nell’antica Persia era Mithra, tra gli Aztechi era Quetzalcoatl, in India invece è Kalki o Shiva. Tra i Maya, invece, è il “grande” Kukulcan!

I Maya da sempre attendono il ritorno del loro liberatore, Kukulcan. Ritorno ripreso anche dal sacerdote maya Chilam Balam di Chumayel. Gesù Cristo, Mithra, il messia ecc. torneranno alla fine dei tempi per aiutarci. Ma qual è la fine dei tempi? Quando il mondo sarà davvero distrutto? Secondo la conoscenza proveniente dal Mesoamerica, la fine dei tempi è la fine di un’era, non la fine del mondo come la intendiamo noi. Una fine di cui si parla sia negli antichi testi maya che nella Bibbia. Per comprendere di che fine si tratta, però, dobbiamo fare un passo indietro e capire il modo di vedere le cose nei tempi antichi.

Secondo alcuni scritti, vi è una croce (albero sacro) nel cielo che è formata dalla Via Lattea e il piano dell’eclittica. La via lattea viene anche detta axis Mundi e rappresenta, per così dire, il tronco dell’albero sacro, mentre l’eclittica è il ramo principale. Il 21 dicembre del 2012 dopo ben 26.000 anni (termine del ciclo precessionale) il Sole si troverà esattamente nel punto centrale della croce (o albero sacro), quello che i Maya chiamavano anticamente utero cosmico (centro della galassia).

Ma che analogie ci sono tra Kukulcan e Gesù Cristo? Di analogie ce ne sono molte e le somiglianze non possono certo essere dovute al caso. Entrambi, per esempio, vengono definiti “dio”. Quetzalcoatl si ritirò nel deserto, alla stregua di Gesù Cristo, per 40 giorni. Nel codex Borgianus messicano è Quetzalcoatl a essere crocifisso. In alcune versioni tra due ladri, e in altre impiccato con una croce in mano.

Tanto che la croce di Quetzalcoatl è forse uno dei simboli più utilizzati dalle antiche popolazioni Maya, così come pure il segno della croce visto come simbolo di potere.

Nel libro di Godfrey Higgins Anacalypsis si legge che la popolazione inca aveva una croce di marmo molto fine e bella di diaspro lucidato a specchio, realizzata con un solo pezzo e dalle dimensioni considerevoli. Questa croce è stata posizionata in un luogo sacro per essere venerata. Solo con l’avvento degli spagnoli la croce fu portata nella cattedrale di Cuzco. In alcune rappresentazioni locali Quetzalcoatl è rappresentato crocifisso nei cieli con un cerchio di diciannove cifre, che rappresentano il ciclo di Metone (19 anni solari corrispondenti a 235 mesi lunari).


La crocefissione di Quetzalcoatl secondo il Codex Borgianus messicano

Ovviamente anche Kukulcan nacque da una madre vergine, fu adorato e tentato come Gesù Cristo ed era chiamato la Stella del Mattino. Questo nome, spiega lo stesso Kukulcan/Quetzalcoatl, sarebbe dovuto al fatto che lui stesso veniva associato al pianeta Venere che, come tutti sappiamo, è il primo a essere visibile nelle prime ore della mattina.

Ci sono molti errori (alcuni anche voluti) nella storia ufficiale perché si parte sempre dal presupposto che tutte le civiltà antiche che adoravano gli dèi, stessero parlano di una sorta di spiriti/energie provenienti dalla Natura. Questo è sempre stato uno degli errori più clamorosi che ha fatto non pochi danni.

I popoli nativi ancor oggi parlano degli dèi come di esseri in carne e ossa; quindi niente di “invisibile” come ci vogliono far credere. E li descrivevano anche molto bene. Per esempio Quetzalcoatl era un uomo alto, dagli occhi e dalla pelle chiara, con biondi capelli lunghi. Come è possibile che popolazioni primitive descrivessero il loro Dio completamente diverso da loro? Perché si sarebbero inventati una persona così quando sarebbe stato più facile, per loro, descriverla bassa, occhi e carnagione scuri? Forse perché i loro dèi erano davvero diversi da loro?

Quetzalcoatl non era però solo un uomo bravo che compiva miracoli, ma era anche un uomo che insegnava all’umanità poco evoluta una grande moltitudine di arti e scienze.

Quetzalcoatl non è l’unico ad avere molte analogie con Gesù Cristo, in realtà la stessa storia di Gesù Cristo si trova, migliaia di anni prima della sua presunta comparsa, in tutto l’Oriente.

Ma non solo: tra le popolazioni Cherokee e Dakota, si chiamava Je-zoos o Yesuse - Yahowa fra gli Hopi. Nomi peraltro molto simili ai nostri Gesù e Jeova. Ma allora chi era questo Gesù Cristo o questo Kukulcan?

Facciamo un salto indietro nel tempo.

 

Gli dèi che scesero dallo spazio

Niente appare così dettagliato come alcuni racconti che si trovano in antiche tavolette sumere. Anche se gli stessi racconti, compaiono poi nell’antico Egitto e in India.

I Sumeri raccontano di uomini venuti dallo spazio in cerca di oro quando sul nostro pianeta vi erano ancora gli ominidi. Avevano bisogno di forza lavoro, da soli era impossibile estrarre quantità così elevate di oro. Quindi decisero di apportare una piccola modifica genetica agli abitanti (ominidi) terrestri. Per loro non fu né una scelta semplice, né tantomeno facile mettere al mondo un essere che somigliasse a loro. Ma dopo tanti tentativi, finalmente, ci riuscirono. Il nuovo terrestre, chiamato Adam, era diverso da loro più che altro nell’altezza e nel colore di pelle e capelli, ma per il resto era quasi identico.

Il lavoro più grande lo fecero, come raccontano le tavolette sumere, tre scienziati: Ea/Enki, suo figlio Ningishzidda e Ninmah, la sua sorellastra. Lo fecero contro il volere di altri comandanti Anunnaki (lett. quelli che dal cielo scesero sulla terra), ma amarono molto il genere umano e decisero di insegnargli gran parte della loro conoscenza. Loro erano molto più longevi di noi, provenendo da un pianeta la cui rivoluzione orbitale - che dovrebbe scandire l’anno - corrispondeva a 3.600 anni terrestri. Quindi, quando per loro passa un anno, per noi ne passano 3.600. Questo ha fatto sì che abbiano potuto civilizzare per migliaia e migliaia di anni l’umanità in tutto il pianeta. Ma in questi migliaia di anni ci sono stati moltissimi problemi di dominio della Terra: ci sono state distruzioni, guerre e quant’altro.

In Egitto Enki si faceva chiamare Ptah e Ningishzidda, Thot, mentre il fratello era il dio Ra. Quest’ultimo doveva anche coordinare dei lavori sul pianeta Marte – utilizzato come una sorta di stazione di passaggio per l’invio dell’oro sul pianeta da cui provenivano (Nibiru). Lui, come Ptah, governava l’Egitto, tuttavia, quando si assentò per stare alcuni anni su Marte trovò tutto cambiato da suo figlio Thot. Ra era molto arrabbiato per ciò che aveva insegnato all’umanità, così, dopo litigi che durarono ben 300 anni terrestri, Thot decise di andare, su consiglio del padre Ptah, nell’attuale Mesoamerica dove si sarebbe fatto chiamare il serpente piumato (Quetzalcoatl). Solo a quel punto Thot venne cancellato in gran parte dell’antico Egitto e Ra sostituì l’immagine del “leone di pietra” con l’immagine del viso di suo figlio Asar” (I riferimenti si trovano nella 12° tavoletta sumera dettata dal Dio Enki a Endubsar).

Ecco quindi che il Dio buono si fece conoscere in varie parti del mondo con il nome di Kukulcan, Quetzalcoatl e, presumibilmente, anche Shiva.

 

Quetzacoatl e l’adorazione del salvatore


Nell’antico Messico veniva adorato un salvatore, ma non si chiamava Gesù Cristo. Si chiamava Quetzacoatl. Il salvatore, nato da una vergine, era sorvegliato da 12 guardie e sarebbe morto per espiare i peccati. Ma tutti ne attendono il suo ritorno. Uno dei suoi simboli erano le tre croci (una più grande dell’altra). I Messicani usavano il battesimo per i loro bambini, in modo simile a quello odierno dei cristiani, ma molto prima dell’avvento del Cristianesimo. Non solo: i loro sommi sacerdoti si chiamavano “Papi”.


Durante la conquista spagnola le similitudini con la Chiesa cattolica erano troppe, c’era solo un modo per smentire: con frasi simili a quelli di Cortes: “il Diavolo aveva veramente insegnato ai Messicani le stesse cose che Dio aveva insegnato alla cristianità”. Per maggiori informazioni potete leggere il libro The Christ Conspiracy di Acharya S / DM Murdock.


Ma perché la stessa storia ovunque?

Negli anni si è fatta molta confusione e la storia di Gesù Cristo non è mai stata compresa appieno. Kukulcan viene forse crocifisso? Ovviamente no! Kukulcan è costretto ad andarsene per amor di pace – obbligato da altri Anunnaki. Ma promette a tutti i terrestri di tornare alla fine dei tempi per ristabilire la pace su questo pianeta, come inizio di una nuova era.

Gli insegnamenti degli “dèi” erano molto profondi e saggi e non sono stati compresi da molta gente. Non è un caso se vicino alla croce di Kukulcan ci sono dei numeri che si riferiscono al sistema solare. Per loro il cosmo non è affatto staccato dalla nostra vita, anzi, detta la nostra evoluzione, crescita e spiritualità. I pianeti sono considerati da loro degli esseri viventi, delle vere e proprie divinità da cui dipende la nostra vita. Come spiegare, quindi, a un’umanità non ancora dotata di conoscenza, i segreti del cosmo? Interpretandoli, in primis! Ecco che Quetzalcoatl spiegò all’intera umanità la fiaba più bella e saggia di tutto il pianeta, la favola che in Egitto chiamerebbero: Horus is raisen – Horus è sorto! Una storia che non è nata in Palestina ma ben tremila anni prima di Cristo. Il racconto ha valenza esclusivamente astronomica nonostante parli di un uomo nato da una vergine il 25 dicembre, di tre re magi e così via.

Questo è scaturito dal fatto che il 24 dicembre, Sirio, la stella più luminosa del cielo, si allinea in maniera perfetta con le tre stelle della cintura di Orione. Stelle che, ancora oggi, vengono chiamate i “tre re”. Se il 24 dicembre si traccia una linea immaginaria tra Sirio e le tre stelle (i tre re)… sapete cosa accade? Che il 25 dicembre la linea toccherà esattamente il punto dove nasce il Sole (Cristo). Il Sole, infatti, fin dall’antico Egitto è considerato l’unico vero Dio che crea ogni cosa, che dà la vita sulla Terra. I tre re – le tre stelle – quindi, seguono la stella dell’est per essere portati fino al luogo dove il 25 dicembre nascerà Cristo - il Sole.

Ma non è finita qui. Il giorno del solstizio d’inverno, il 22 dicembre, nell’emisfero Nord il Sole raggiunge in assoluto il punto più basso dell’orizzonte. Qui resterà “fermo” per ben tre giorni davanti a una costellazione chiamata la Croce del Sud. Dopo essere quindi stato crocifisso per tre giorni, finalmente “rinasce”. Per il resto dell’anno il nostro dio/sole viaggia insieme alle 12 costellazioni o ai 12 discepoli, se volete. Non è un caso se in tutte le rappresentazioni antiche Gesù è sempre raffigurato con in testa un cerchio e una croce, la croce dello zodiaco per l’esattezza. Una favola meravigliosa, quindi, che aveva lo scopo di istruire l’umanità attraverso un linguaggio poetico e simbolico. Linguaggio che è stato, con gli anni, adulterato e divinizzato, in alcuni casi, anche allo scopo di rendere ignoranti e soggiogare le masse.

Ma il 2012 è arrivato. E il 21 dicembre il nostro dio/Sole cambierà. E con esso, tutti, cristiani e non, attenderanno il ritorno del Messia, di una nuova era. Magari di nuovo insieme ai nostri dèi, ai nostri insegnanti. Con la speranza che questa volta l’umanità non impolveri di nuovo tutta la conoscenza acquisita negli anni.


Stefania Del Principe, giornalista e scrittrice, da anni scrive per diversi quotidiani e riviste di settore. Ha pubblicato oltre venti libri tradotti in inglese, spagnolo, sloveno e altre lingue.



 

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