Megalitismo

I megaliti e il potere del suono

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20 Agosto 2020
Tempio megalitico ipogeo di Hal-Saflieni (Malta), dove sono stati condotti esperimenti archeoacustici dal gruppo di ricerca SB Research Group. Notare le cavità sulle pareti, sul pavimento e sul vano di ingresso che hanno un effetto amplificatorio sulla propagazione del suono
Tempio megalitico ipogeo di Hal-Saflieni (Malta), dove sono stati condotti esperimenti archeoacustici dal gruppo di ricerca SB Research Group. Notare le cavità sulle pareti, sul pavimento e sul vano di ingresso che hanno un effetto amplificatorio sulla propagazione del suono

I criteri con cui nasceva un sito megalitico – Il rapporto per l’uomo del neolitico fra sacralità e territorioLa conoscenza e l’utilizzo delle forze del cuore del pianeta – La scoperta e l’impiego del potere del suono negli stati meditativi vissuti dai nostri antenati


Il megalitismo è uno dei fenomeni archeologici più interessanti e affascinanti della storia della civiltà umana. Rappresenta una manifestazione culturale che appare, secondo le datazioni dell’archeologia accademica, nell’era neolitica, ma ci sono forti indizi scientifici che la farebbe risalire ad una era molto precedente, in certi casi al confine con il mito.

L’architettura megalitica è una testimonianza archeologica di una cultura unica che in tempi arcaici si diffuse ovunque sul pianeta, ed infatti non c’è paese o cultura in ogni angolo del mondo che non ne siano stati interessati e che non ne conservino una testimonianza.

Molto spesso le vestigia della civiltà megalitica che hanno attraversato i millenni per giungere intatte sino a noi, sono spettacolari, imponenti, come suggerisce la parola stessa, mega=grande e lithos=pietra, e trovarsi al loro cospetto sollecita oltre allo stupore per la loro maestosità, anche una valanga di interrogativi sul significato, sulle modalità di costruzione, sulle forti motivazioni sociali o religiosi che dovevano sottendere a queste imprese faraoniche.

L’archeologia e l’antropologia classiche che studiano il fenomeno brancolano nel buio perché non trovano risposte esaustive e definitive a queste domande, anzi a dire il vero neanche se le pongono, avendo orami definito perentoriamente la questione relegando il megalitismo ad una manifestazione culturale spontanea e circostanziale di tutti i popoli neolitici, demarcando ovunque e allo stesso modo il rapporto superstizioso e primitivo che stabilivano con la realtà,alla lucedi una concezione animistica dell’esistenza.

In quest’ottica il megalitismo è riconosciuto dall’archeologia convenzionale come un fenomeno riconducibile semplicemente al culto dei morti.

Questa però è una definizione molto limitante, di comodo, perché la più semplice a portata di mano secondo i dettami della dottrina del rasoio di Occam, insegnati fideisticamente da secoli e ancora saldamente in vigore nella comunità scientifica odierna.

Particolare del sito megalitico dell’Argimusco in Sicilia dove sono stati condotti esperimenti archeoacustici con elettroencefalogramma su volontari in meditazione con stimoli sonori da tamburo e voce umana con risultati sull’attività cerebrale davvero sorprendenti
Particolare del sito megalitico dell’Argimusco in Sicilia dove sono stati condotti esperimenti archeoacustici con elettroencefalogramma su volontari in meditazione con stimoli sonori da tamburo e voce umana con risultati sull’attività cerebrale davvero sorprendenti

In realtà lo scenario che si prospetta dietro al fenomeno del megalitismo, se studiato con gli occhi della ricerca libera e non ipotecata dalle teorie della corrente tradizionale e convenzionale della cultura dominante, appare del tutto diverso, ricco di misteri inspiegabili ma anche di evidenze scientifiche che in nome della conoscenza non dovrebbero essere ignorate.

In questa diversa prospettiva di indagine tra le tante evidenti domande che ci si pone rispetto al megalitismo una, forse la più semplice di tutte, risulta molto intrigante e dalla risposta sfuggevole: come e perché nasce un sito megalitico.

Noi sicuramente possiamo cogliere la magia, l’energia, il misticismo che affiora dalle pietre ancestrali ma non ci soffermiamo mai a domandarci perché un sito nasce in un preciso posto e non in un altro; come vedremo invece la scelta segue una logica ben precisa come concorso di più elementi di varia natura.

L’archeologia non si è mai soffermata su questo aspetto e sicuramente ritiene che il posizionamento delle pietre in un sito megalitico e la scelta del luogo siano del tutto casuali, o tutt’al più dettati da criteri logistici.

Secondo questa visione riduttiva una volta creato un cerchio o un allineamento di pietre, che comunque non dimentichiamolo era un’impresa che richiedeva sforzo e una grande cognizione tecnologica, i nostri antenati utilizzavano quella rozza delimitazione del terreno come un luogo, un recinto in cui celebrare chissà quali culti primitivi e superstiziosi.

Ma un’idea del genere è assai lontana dalla realtà. Per nostra fortuna l’avvento negli ultimi anni di una concezione interdisciplinare di indagini strumentali non convenzionali tesa a trovare spiegazioni scientifiche ai tanti enigmi che il mondo dell’archeologia cela, ci permette oggi di cominciare a comprendere la complessa e straordinaria progettazione che stava dietro all’edificazione di una struttura megalitica.

Recentemente sono stati condotti degli studi da settori della scienza non convenzionale su alcuni siti megalitici particolari utilizzando un rigoroso approccio scientifico supportato dalle più moderne e sofisticate strumentazioni di indagine, che hanno sorprendentemente rivelato quanto l’universo del megalitismo sia molto complesso e in realtà tutto ancora da scoprire.

Gli studi di archeostronomia, dell’archeoacustica, della levitazione acustica, della geobiologia e geofisica, stanno rendendo il megalitismo un fenomeno storico, scientifico e culturale affascinante, mettendo in evidenza che può essere solo l’espressione di una civiltà tutt’altro che primitiva.

La dionosfera, il motore progettato e costruito a metà dell’800 dal meccanico e falegname John Worrell Keely in grado di spostare oggetti e disintegrare la pietra mediante l’energia sonora
La dionosfera, il motore progettato e costruito a metà dell’800 dal meccanico e falegname John Worrell Keely in grado di spostare oggetti e disintegrare la pietra mediante l’energia sonora

Per cercare di fare luce su che cosa ci sia dietro al megalitismo, quale siano state per millenni e millenni le motivazioni che hanno spinto popoli a compiere delle imprese così colossali, per noi assolutamente inconcepibili, dobbiamo partire da alcuni aspetti culturali fondamentali: il rapporto insito nel megalitismo rispetto al concetto di sacralità e il rapporto dell’uomo con il territorio, valori che sembrano ormai estranei alla odierna cultura maggioritaria.

Si tratta quindi in sostanza di capire perché un determinato luogo veniva considerato sacro, quali erano gli elementi che doveva manifestare per essere riconosciuto tale.

Sicuramente erano più di uno, di varia natura e tutti rivolti a diversi aspetti della sfera umana, da quella simbolica e rituale del mondo spirituale interiore nel vivificare il proprio legame con la Natura, a quella della pratica terapeutica, a quella della socialità, a quella relativa al rapporto con i cicli del cosmo da cui dipendeva la sua esistenza, ecc., e per capire come un luogo veniva individuato dobbiamo partire da una constatazione ovvia ma significativa, cioè che l’uomo megalitico viveva in modo completamente diverso da quello moderno.

Per l’uomo di oggi, ad esempio, la percezione della realtà è principalmente basata sulla vista, mentre nella preistoria lo era sull’udito e sulla capacità dell’uomo dell’epoca di percepire le vibrazioni energetiche del pianeta, sia sonore che tattili, fondamentali per la sua sopravvivenza.

Questo ha portato i nostri antenati a sviluppare un contatto con la Terra attraverso gli elementi che sprigionavano il potere del suono, in tutte le sue forme, da cui dipendeva la sua stessa esistenza: il cuore del pianeta con le sue forze invisibili ma percepibili e la magia del cielo con le sue imponderabili energie cosmiche.

In questo quadro ogni cosa che lo circondava era intriso di magia e di sacralità, ma questo non accadeva in modo superstizioso, ma a seguito di una sperimentazione empirica, di un metodo di osservazione e di pragmatica riproduzione e sfruttamento dei fenomeni che l’esistenza riservava loro.

Quell’uomo sapeva ascoltare la Natura, sapeva percepire il potere di Madre Terra, non sentiva una separazione tra la sua esistenza individuale e quella del cosmo in cui viveva.

Quindi per lui era naturale riconoscere i punti dove era maggiormente concentrato questo potere, dove le forze del cuore del pianeta convogliavano verso la sua superficie per propagarsi poi nel Cielo, e questi luoghi divenivano sacri perché qui era più forte la manifestazione del rapporto con il divino, con la Natura, intesa come celebrazione dell’intimo rapporto con la Grande Dea Madre Terra, soprattutto nella sua accezione mistica.

Così gli edifici megalitici diventavano un trait d’union sacro tra l’uomo, la Terra e il Cielo, sia da un punto di vista simbolico e mistico, sia da un punto di vista fisico ed energetico.

Potenza del suono nella levitazione acustica applicata dai monaci tibetani - Schema di riproduzione del posizionamento degli strumenti musicali secondo il resoconto del Dott. Jarl pubblicato nel libro The Lost Techniques scritto dall’ingegnere svedese Henry Kjellson
Potenza del suono nella levitazione acustica applicata dai monaci tibetani - Schema di riproduzione del posizionamento degli strumenti musicali secondo il resoconto del Dott. Jarl pubblicato nel libro The Lost Techniques scritto dall’ingegnere svedese Henry Kjellson

Sulla base di queste considerazioni diversi ricercatori, scienziati e autorevoli professionisti ponendosi proprio la domanda sul perché veniva scelto un luogo anziché un altro per erigere un edificio megalitico, hanno intrapreso degli studi molto approfonditi e complessi su parecchi siti megalitici nel mondo, alla ricerca di elementi che potessero svelare i criteri selettivi adottati dall’uomo neolitico.

Su questa spinta sono state approntatemolte indagini scientifiche, alcuni iniziate fin dagli anni ‘90, da diversi team assortiti di ricercatori di varie discipline come geologi, biologici, ingegneri acustici, fisici e medici, tra cui si sono distinti per i sorprendenti e significativi risultati ottenuti, il Super Brian Reserch Group, i ricercatori di frontiera Bruno Fazenda dell'Università di Salford e Rupert Till dell'Università di Huddersfield, Paul Devereux, David Lubman,e il gruppo «Princeton Engineering Anomalies Research», diretto dal fisico Robert Jahn.

Queste ricerche hanno evidenziato la strabiliante abilità che gli uomini megalitici avevano sviluppato nell’ascoltare i suoni della Natura, e soprattutto quei suoni dalle basse frequenze, al limite della gamma udibile dall’essere umano, provenienti dal mondo sotterraneo e che oggi scopriamo essere, proprio grazie a queste ricerche d’avanguardia, molto interattivi con la nostra sfera psico-fisica, perché sono inequivocabilmente in grado di sollecitare stati percettivi di coscienza particolari.

Inoltre i risultati a cui è giunta la scienza archeoacustica ci mostrano che i popoli antichi erano in grado sia di individuare e sfruttare i punti in cui erano presenti fenomeni fisici naturali provenienti dal terreno, che hanno un effetto diretto sulla fisiologia del corpo umano e soprattutto sul cervello, sia di riprodurli artificialmente con l’intento di ottenere e anche amplificare gli stessi stati percettivi indotti naturalmente dall’ambiente.

Il sito megalitico diveniva quindi lo strumento magico che condensava questi due canali di energia producendo stati alterati di coscienza in chi li frequentava.

Ma come avveniva tutto ciò in pratica?

È molto interessante analizzare i dati ottenuti dalle sperimentazioni condotte in vari siti megalitici sparsi nel mondo che hanno prodotto ovunque dei risultati pressoché identici fra loro, tra cui ad esempio quelle eseguite dal Gruppo SB Research nel tempio sotterraneo di Hal-Saflieni a Malta.

Il primo criterio di indagine dell’archeoacustica riguarda lo studio nelle strutture megalitiche dei fenomeni della risonanza e del riverbero del suono,riproducendoli attraverso strumenti musicali come il tamburo sciamanico o la voce umana, con il fine quindi di ricreare le condizioni ambientali che venivano prodotte in questi siti millenni or sono.

Il secondo riguarda la ricerca di fenomeni naturali presenti nelle stesse strutture, che hanno un effetto diretto sulla fisiologia dell’essere umano.

Nah-sinnar, l’antica musica del Vuoto dello sciamanesimo druidico in grado di produrre stati percettivi di coscienza superiori ancor più profondi se riprodotta in luoghi sacri e nel silenzio della Natura. Nella foto:  il ricercatore e musicista Giancarlo Barbadoro, divulgatore di questa antica musica, mentre la esegue al cerchio di pietre di Dreamland
Nah-sinnar, l’antica musica del Vuoto dello sciamanesimo druidico in grado di produrre stati percettivi di coscienza superiori ancor più profondi se riprodotta in luoghi sacri e nel silenzio della Natura. Nella foto: il ricercatore e musicista Giancarlo Barbadoro, divulgatore di questa antica musica, mentre la esegue al cerchio di pietre di Dreamland

Per quanto riguarda la prima tipologia di indagine sono stati effettuati degli interessantissimi esperimenti all’interno delle strutture megalitiche in cui alcuni volontari sono stati sottoposti ad elettroencefalogramma mentre veniva prodotta una precisa frequenza sonora di risonanza, intorno ai 110 HZ, emessa da un punto preciso della struttura megalitica, il cosiddetto ombelico, attraverso la voce umana o il suono di un tamburo sciamanico o di entrambi insieme.

È molto interessante notare che le pareti del tempio sotterraneo di Hal-Saflieni presentano strane e regolari cavità sulle pareti rocciose di cui si è sempre ignorato la funzione, finché non è stato appurato che indirizzando la voce o il suono a bassissimo volume all’interno di queste cavità si otteneva un fenomeno di riflessione acustica che permetteva al suono di propagarsi per tutto l’ipogeo rendendosi perfettamente udibile anche a notevoli distanze. E queste cavità, che si ritrovano spesso nei siti megalitici in posizioni verticali, sembra svolgano la funzione di cassa di risonanza per le particolari frequenze sonore dei canti rituali che venivano praticati.

I risultati degli esperimenti hanno evidenziato come in molti soggetti, alla frequenza di 110 Hz, le aree cerebrali frontali dedicate al linguaggio e al pensiero razionale riducevano sensibilmente la loro attività mentre si accentuava notevolmente quella occipitale deputata alla produzione di immagini e visioni e interessata dagli stati meditativi, accompagnata da un profondo rilassamento e un forte senso di benessere.

È stato rilevato anche un aspetto molto sorprendente e interessante dovuto al fatto che alcune aree cerebrali venivano sollecitate dal suono senza che lo stimolo passasse attraverso l’organo dell’udito, come se i toni avessero un’azione diretta su alcune aree cerebrali.

Inoltre i soggetti che già praticavano forme di rilassamento psicofisico nell’esperimento hanno, in percentuale, ottenuto i maggiori benefici, e questo dato ci rivela un possibile aspetto specifico sulle funzioni dei megaliti, perché sembrerebbe indicare che venissero utilizzati per lo più dagli iniziati o dai praticanti della meditazione, visto che questa, secondo i risultati registrati, sembra venisse molto potenziata all’interno di questi luoghi.

Questo stato percettivo particolare, riscontrato negli esperimenti condotti sia nell’ipogeo megalitico maltese di Hal-Saflieni che in quello di Cividale del Friuli, non è stato registrato solo attraverso i commenti dei soggetti sottoposti all’indagine, ma anche e soprattutto dalle rilevazioni strumentali basate sul fenomeno della risonanza; ad esempio nel sito megalitico siciliano dell’Argimusco, dove sono state registratefrequenze degli infrasuoni, cioè sotto i 20 Hz,di origine naturale provenienti dal sottosuolo e dovuti alla vicinanza con il vulcano Etna, è stato prodotto un esperimento consistente nel sollecitare nei megaliti il fenomeno della risonanza attraverso il suono del tamburo e della voce umana.

Particolare del menhir Lanzon del tempio megalitico di Chavin Huantar, Perù. I rituali che qui venivano praticati usando anche il suono e la voce umana erano udibili anche al livello superiore del tempio, sul piazzale esterno,  grazie ad un sistema comunicante in pietra
Particolare del menhir Lanzon del tempio megalitico di Chavin Huantar, Perù. I rituali che qui venivano praticati usando anche il suono e la voce umana erano udibili anche al livello superiore del tempio, sul piazzale esterno, grazie ad un sistema comunicante in pietra

Questo esperimento, grazie a un software che restituisce graficamente e cromaticamente la differente risposta delle persone e delle pietre all’irraggiamento del suono, dovuta alla loro diversa morfologia, ha mostrato come le due differenti restituzioni cromatiche tendevano, progressivamente all’incedere del suono, a fondersi totalmente in una colorazione uniforme e pulsante al ritmo del suono.

Si può dire che in questo momento tra i megaliti e i soggetti di fatto si era instaurata un’armonia e una fusione totale e probabilmente per il soggetto meditante rappresentava il picco della percezione di uno stato di coscienza superiore.

Aggiungiamo che i suoni a bassissima frequenza, sotto i 30 HZ, e le vibrazioni infrasoniche sono percepite più dai recettori nervosi delle ossa e della cute che dalle cellule dell'organo acustico.

Inoltre questo tipo di vibrazione sonora essendo non direzionale ma a diffusione globale sembra avere un effetto significativo sulla capacità cognitiva dell'organismo umano, e probabilmente è dovuto a questo fenomeno fisico quella sensazione di percepireall’interno di un sito megalitico o dal contatto con le pietre una forte energia proveniente dal basso.

In questo caso le strutture megalitiche funzionano, secondo i ricercatori, come dei veri e propri trasduttori di energia vibrazionale tellurica proveniente dal sottosuolo, a cui si aggiunge spesso quella dovuta alla presenza di faglie acquifere o veri e propri corsi d’acqua; l’insieme di queste correnti vibratorie si diffondono nell’ambiente circostante permeando l’area del sito di energie positive.

Tali vibrazioni, che si collocano nella fascia delle frequenze degli infrasuoni che l’uomo non percepisce con l’udito ma con i recettori della pelle e delle ossa, possono rafforzare le naturali capacità percettive umane e produrre un profondo rilassamento psicofisico fino a raggiungere la condizione di trance, e questo potrebbe spiegare la sensazione mistica che alcune persone percepiscono quando si trovano in profonda meditazione in un contesto sacro ricco di queste frequenze.

Ascoltando le tracce audio registrate dal SB Research Group sul sito megalitico dell’Argimusco, che riproducono una sorta di canto della Terra, una profonda pulsazione ritmica, si ha un’idea dell’impressionante energia vibrazionale irradiata costantemente dal cuore del pianeta in questi luoghi particolari.

Inoltre nel sito dell’Argimusco una di queste rilevazioni strumentali ha permesso di individuare graficamente, tramite un sofware tarato sulla variazione di luminosità delle molecole di vapore acqueo presenti nell’aria e sensibili al campo magnetico, che nel momento in cui si produceva la risonanza creata dal tamburo e dalla voce, avveniva la modificazione del campo magnetico intorno al megalite principale, assumendo una curiosa forma spiraliforme che lo avvolgeva, stessa forma che fra l’altro viene assunta dalla propagazione delle vibrazioni del suono nel sottosuolo.

Pertanto queste analisi ci dimostrano che le strutture megalitiche erano edificate non casualmente, come si vorrebbe far credere, ma seguendo deicriteri fisici ben precisi, il che sorprende davvero molto pensando che questi costruttori, secondo la visione dell’archeologia convenzionale, dovrebbero essere niente altro che degli uomini primitivi e superstiziosi.

Quindi veniva scelta una particolare area piuttosto di un'altra per edificare un tempio o svolgere riti sacri proprio in virtù delle energie presenti in essa, capaci di influenzare la psiche o addirittura di interferire con le onde cerebrali e in genere di facilitare uno stato meditativo.

Newgrange, Irlanda, camera interna del tumulus. La struttura megalitica preistorica produce al suo interno echi composti quando un certo tono è suonato: un tono che equivale ad una nota musicale all'interno della gamma della voce maschile
Newgrange, Irlanda, camera interna del tumulus. La struttura megalitica preistorica produce al suo interno echi composti quando un certo tono è suonato: un tono che equivale ad una nota musicale all'interno della gamma della voce maschile

Per ottenere gli effetti specifici desiderati entravano in gioco anche la forma delle pietre e la loro lavorazione mediante un’accurata levigatura e curvatura specifica delle loro superfici, che le rendono particolarmente adatti a diffondere il suono in un certo modo.

Nel sito andino di Chavin de Huantar, in Perù, esiste un collegamento acustico tra la piazza circolare del centro cerimoniale e uno degli ambienti sotterranei del cosiddetto Tempio antico, dove sorge il Lazon, una stele monolitica che raffigura la divinità principale del luogo: tra i due punti è stato costruito un condotto che amplifica una determinata gamma di suoni, in particolare le frequenze della voce umana, che divenivano udibili e amplificati in entrambi i luoghi comunicanti.

Non è escluso quindi che la risposta al mistero delle cosiddette Blue Stone di Stonehenge, una particolare pietra dai riflessi azzurrastri che proviene da colline lontane 200 miglia dal famoso sito e la cui inspiegabile presenza ha da sempre posto l’interrogativo del perché i costruttori di Stonehenge avrebbero dovuto compiere un trasporto così fortemente impegnativo, quasi impossibile, vada ricercata proprio nella necessità per gli artefici del famoso sito megalitico di avere a disposizione pietre con particolari proprietà acustiche.

Non è un caso infatti che le cosiddette Blue Stone sono pietre in dolerite, una famiglia di granito, che ha delle proprietà sonore molto particolari; se percossa con un'altra roccia emette un suono simile a quello di una campana o di un gong, a differenza del rumore sordo prodotto dall’urto di pietre comuni; quindi si comporta proprio come un litofono, uno strumento a percussione fatto di pietra.

Pertanto se, come abbiamo visto finora, nella progettazione delle strutture megalitiche era molto importante anche la componente acustica, ecco allora che la presenza di pietre con queste caratteristiche e l’impresa immane per procurarsele, diventa invece abbastanza comprensibile.

Un sito megalitico nasceva quindi in luogo sacro, dove cioè le forze vibrazionali di Madre Terra erano particolarmente tangibili e potevano sommarsi alle energie vibrazionali acustiche prodotte dai suoni rituali dei culti praticati.

La ricerca e la riproduzione di tali energie del resto era essenziale per la vita dell’uomo megalitico che viveva la sua esistenza all’insegna del rapporto con la Natura, in tutte le sue manifestazioni.

Per questo dava molta importanza ai suoni provenienti dalla natura, come i fenomeni naturali, o da egli stesso con il battito del cuore o il suo respiro, suoni ancestrali che sono in grado di sollecitare il profondo della psiche producendo una varia gamma di sensazioni emotive, intuizioni poetiche e di visioni oniriche fino a stati percettivi superiori.

Rilevazione dello schema di propagazione delle onde infrasoniche del sottosuolo all’interno di un cerchio di pietre
Rilevazione dello schema di propagazione delle onde infrasoniche del sottosuolo all’interno di un cerchio di pietre

Per l’antico sciamanesimo druidico la musica rappresentava addirittura una qualità della Natura che si manifestava in maniera invisibile, ma che tuttavia stimolava un potere creativo sull’individuo.

Un potere che secondo i druidi non agiva solo sulla mente degli individui, ma poteva addirittura aver agito, all’inizio dei tempi, anche nei confronti di tutto quanto sarebbe di li esistito, da ogni elemento del pianeta fino al cielo stellato.

Secondo gli antichi druidi la musica rappresentava anche un evento più profondo, che si identificava con la vibrazione primordiale che aveva dato vita all’universo e costituiva il cuore pulsante e vitale di ogni cosa, un fenomeno ondulatorio ben conosciuto e ritenuto, insieme alla matematica, alla base di tutte le cose esistenti.

Gli antichi sciamani avevano quindi osservato l’esistenza di questo fenomeno in molte manifestazioni della natura, dalle onde sull’acqua ai terremoti, e quindi ritenevano che fosse un archetipo alla base della struttura più intima dell’universo.

Anzi svilupparono una vera e propria teoria cosmologica che descriveva proprio la vibrazione del suono primordiale come artefice segreto del quid che ha dato origine al nostro universo, generato da una Causa Prima, un mistero posto al di là della possibile comprensione umana.

L’intero universo e ogni forma di vita non erano altro quindi che l’effetto del Suono primordiale che si manifestava nella sua vibrazione cosmica estesa all’infinito, come una corda vibrante crea le note e le melodie e le espande nello spazio.

Questa poetica e ancestrale concezione cosmologica vibrazionale nasceva però da un’osservazione pragmatica della Natura che oggi trova sorprendentemente riscontro con la cosiddetta “teoria delle stringhe”, una nuova visione cosmologica concepita dalla fisica moderna per definire l’architettura dell’universo che unifica la meccanica quantistica e la teoria della relatività.

Rispetto al paradigma del “Modello standard” con cui i fisici descrivono l’universo, in cui la materia è composta da particelle, come ad esempio i “quark” che si combinano per formare protoni neutroni e le molecole, la teoria delle stringhe afferma che esse non sono puntiformi, ma risultano costituite da un sottile filamento di energia, centinaia di miliardi più piccolo di un qualsiasi nucleo atomico.

Come una corda di violino può vibrare in modi diversi producendo differenti note musicali, anche i filamenti di energia delle stringhe possono vibrare in più modi, manifestando differenti cariche energetiche a seconda dell’intensità delle vibrazioni e creando particelle con massa e proprietà diverse tra di loro.

Tornando ai costruttori di megaliti, ecco che ora ci appare chiaro come per quei popoli, legati com’erano alla Natura e alle sue forze cosmiche, fosse importante imparare a conoscere e riprodurre nella loro vitatali energie.

Le strutture megalitiche che venivano edificate rivestivano pertanto un carattere sacro perché erano in fondo dei modelli che riproducevano gli archetipi dell’universo, e anche perché grazie al naturale potere catalizzatore della pietra, in tali luoghisi entrava più facilmente in sintonia con il potere energetico e mistico della Natura, con quella vibrazione che proviene dall’origine del tutto e che si manifesta incessantemente ancora oggi in tutte le forme del cosmo.

E questa constatazione conferma ancora di più quanto fosse accurata e non certo casuale la scelta del luogo e della forma dell’edificio megalitico.

Sito megalitico di Chavin Huantar, Perù.  Piazzale esterno, ingresso al tempio sotterraneo dove è stato rilevato un condotto acustico in pietra comunicante con il menhir chiamato Lanzon situato nel tempio sotterraneo sottostante, che consentiva di ascoltare i rituali con suoni e voce umana qui officiati fino al livello superiore del piazzale
Sito megalitico di Chavin Huantar, Perù. Piazzale esterno, ingresso al tempio sotterraneo dove è stato rilevato un condotto acustico in pietra comunicante con il menhir chiamato Lanzon situato nel tempio sotterraneo sottostante, che consentiva di ascoltare i rituali con suoni e voce umana qui officiati fino al livello superiore del piazzale

Per i nostri antenati l’energia del suono, espressione delle forze della natura, giocava pertanto un ruolo centrale anche nel processo evolutivo interiore dell’individuo.

Lo sciamanesimo druidico ne sviluppò nel tempo le proprietà più profonde, grazie alla conoscenza custodita da una ancestrale tradizione proveniente, secondo la leggenda, dall’esterno del pianeta, dispensata dalla mitica figura di Fetonte attraverso i tre doni che, sempre secondo il mito, egli lasciò all’umanità di quei tempi immemorabili; tra questi anche una particolare musica, la Nah-sinnar, appresa e divulgata ai giorni nostri dal recentemente scomparso ricercatore indipendente e musicista Giancarlo Barbadoro.

Il potere di questa musica consiste nella capacità di arrestare il flusso dei pensieri ed attivare e incanalare in chi l’ascolta il potere dell’energia cosmica e raggiungere attraverso uno stato meditativo un benessere individuale e la scoperta del proprio Sè interiore.

Il potere di questa musica dell’interiore, se suonata all’interno dei cerchi di pietre megalitici, viene ancor più amplificato per le caratteristiche energetiche che abbiamo visto essere presentiin essi.

Tuttavia oggi, a proposito del potere del suono, si può dire che è purtroppo anche utilizzato per ben altri scopi.

Sotto forma di bassissime frequenze, verso gli infrasuoni, ma ad altissimo volume, è infatti impiegato come potente arma di distruzione dagli eserciti e polizie di mezzo mondo e come arma di tortura.

Questo per evidenziare quanto la sua energia sia indiscutibilmente enorme e alla luce di questa considerazione ci si potrebbe allora chiedere se i nostri antenati, che lo conoscevano e utilizzavano molto bene, non fossero in grado di impiegarlo anche, perché no, nella costruzione dei siti megalitici.

In un passo della Bibbia che narra la conquista di Gerico da parte di Giosuè si trova un significativo riferimento alla potenza del suono delle trombe e dell’urlo umano che insieme avrebbero fatto crollare le mura della città. E se lo stesso suono fosse stato utilizzato per costruirle?

Su questo affascinate scenario esiste un fatto di cronaca riportato con un resoconto ricchissimo di particolari dall’ingegnere svedese Henry Kjellson nel libro che scrisse nel 1961 dal titolo The Lost Techniques, in cui raccontò l’esperienza del suo amico Dr. Jarl vissuta in un soggiorno in Tibet, durante il quale ebbe la possibilità di documentare dettagliatamente, con tanto di schemi geometrici e disegni, una tecnica adottata dai monaci con la quale riuscivano a sollevare e spostare massi pesantissimi usando la levitazione acustica.

Camera interna del Cairn di Mashowe, Scozia. Studi condotti in questo sito rivelano che una delle funzioni rituali del suono fosse quella di generare stati mentali alterati ed aiutare le visioni extrasensoriali
Camera interna del Cairn di Mashowe, Scozia. Studi condotti in questo sito rivelano che una delle funzioni rituali del suono fosse quella di generare stati mentali alterati ed aiutare le visioni extrasensoriali

Utilizzando il suono di determinati strumenti i monaci tibetani riuscivano a sollevare grosse pietre che raggiungevano un’altura a 250 metri più in alto dove altri monaci li ricevevano e li posizionavano.

Dai disegni riportati dall’ingegnere si evince inoltre che questa tecnica presentava uno schema geometrico di applicazione che rifletteva i principi della sezione aurea, quel particolare rapporto matematico che rispecchia l’armonia delle forme dell’architettura dell’universo e che evidentemente è in grado di sprigionare anche il potere sotteso ad esse.

Questa cronaca ha dei connotati pazzeschi e se fosse confermata, ma c’è da dubitare fortemente che la scienza ortodossa si adoperi per farlo, pone la questione molto interessante sull’origine di tale conoscenza.

I tibetani sicuramente non l’hanno scoperta ma ereditata, e quindi viene spontaneo chiedersi da quale cultura?

Questa straordinaria tecnica fu in parte ripresa e sviluppata nella seconda metà dell’ottocento da un meccanico e falegname di nome John Worrell Keely (1837-1898) che inventò una serie di macchine per sollevare in aria gli oggetti e disintegrare la pietra utilizzando il suono prodotto da strumenti musicali e propagato attraverso un filo metallico. Molti i testimoni dei suoi esperimenti: da Jules Verne a Thomas Edison, tanto da spingere i grandi finanzieri dell’epoca a costituire un’azienda, la Motor Keely, impegnando ben cinque milioni di dollari nell’impresa.

Certo un fenomeno del genere ci fa venire in mente la leggenda di Mago Merlino, secondo la quale fu lui l’artefice di Stonehenge che costruì trasportando in volo le enormi pietre con una forza magica.

Solo una evocativa leggenda per bambini?

I nostri antenati megalitici, dipinti come primitivi, sembra proprio che fossero invece detentori di una conoscenza scientifica, tecnologica e spirituale anni luce più avanti della nostra.

Può sembrare esagerata un’affermazione del genere, tuttavia i dati scientifici raccolti da schiere di ricercatori non convenzionali sembrerebbero andare in quella direzione, o quantomeno pongono inquietanti domande sul grado della loro civiltà e sulla qualità della loro vita che scaturiva dal rapporto totale e armonico con la Natura, dalla quale traevano la conoscenza per utilizzare le forze che sprigiona.

Quando ci troviamo al cospetto di un sito megalitico e ci chiediamo il suo significato, per cercare di comprenderlo non possiamo fare altro che porci nella stessa condizione percettiva con la quale lo vivevano loro.