Megalitismo |
La Cote Ciombella |
23 Luglio 2015 | ||||||
Testimonianze di megalitismo all’Isola del Giglio
Torno volentieri a scrivere dell’Isola del Giglio, un’isola bellissima cui sono profondamente affezionata. Un’isola che oggi, finalmente, non è più nota al mondo solo per il naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012, ma anche per le sue infinite bellezze naturalistiche e per le sue ricchezze storiche e archeologiche. Due anni fa scrissi su questa rivista che i megaliti dell’Isola del Giglio meritavano attenzione e studio. Ora sono felice di poter dire che questo auspicio ha cominciato a realizzarsi. Domenica 7 giugno, infatti, in Piazza Gloriosa a Giglio Castello è stato presentato il primo itinerario archeologico preistorico dell’Isola del Giglio: il risultato di un progetto realizzato da Italia Nostra, cofinanziato dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano e in collaborazione con la Soprintendenza per l’Archeologia della Toscana. Grazie al lavoro di numerosi volontari gigliesi, della Pro Loco e anche della Protezione Civile, è stato ripulito e reso visitabile il sito megalitico della “Cote Ciombella” in località Le Porte. All’inaugurazione erano presenti Marina Aldi, referente per Italia Nostra all’Isola del Giglio, Cecilia Pacini Guida, Presidente della sede di Italia Nostra Isole Elba e Giglio, Stefano Feri, Consigliere dell’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Sergio Ortelli, Sindaco di Isola del Giglio, Francesco Ricci, Maresciallo dei Carabinieri del Giglio, ed alcuni membri della sede gigliese di Italia Nostra. Gli interventi hanno messo in luce prima di tutto la sinergia fra i vari enti che ha permesso la realizzazione del progetto e sottolineano il lavoro dei volontari, senza il quale nulla sarebbe stato possibile. C’è da ricordare, infatti, che presso il sito restituito alla visibilità è stata per anni tenuta aperta la discarica pubblica dell’isola, con accumulo di rifiuti anche intorno alle pietre: questo ha reso la pulizia difficile ed ancora da completare in profondità. Per fortuna ora la discarica è chiusa, anche se resta da compierne la bonifica. Il progetto, che prevedeva la ripulitura del sito, è stato realizzato, ma si tratta ora di mantenere il luogo pulito e visitabile. Si auspica inoltre di poter proseguire l’opera e di rendere visitabili altri siti di cui si conosce l’esistenza, ma che sono nascosti dai rovi o dalla macchia mediterranea.
Gli intervenuti hanno ricordato gli scavi e le ricerche a suo tempo effettuati dallo studioso Prof. Mario Brandaglia, il quale ritrovò manufatti neolitici in alcune zone dell’isola e in particolare un deposito di ceramiche impresse cardiali (cosiddette dal “cardium”, la conchiglia che veniva usata per decorarle) proprio presso La Cote Ciombella: i reperti giacciono però nei musei fiorentini di Antropologia e di Antichità, in attesa che al Giglio si apra finalmente un Museo dell’Isola dove tali reperti potranno avere una degna sistemazione. Si è sottolineata anche l’importanza dell’iniziativa per valorizzare ambiente e cultura e per sviluppare un turismo non solo stagionale e balneare ma anche culturale. Dopo la presentazione del progetto ci si è incamminati per la visita al sito della Cote Ciombella, una piacevole passeggiata a piedi lungo la quale Marina Aldi ci fa notare un bel menhir con due coppelle verticali. Il menhir si trova lungo la strada per il Capel Rosso, ai margini della pineta del Poggio. Si arriva quindi in località Le Porte, un pianoro tra le alture della Pagana e del Poggio, aperto su entrambi i versanti dell’isola, da cui lo sguardo si perde sull’orizzonte del mare. La Cote Ciombella spicca in tutta la sua maestosità e, devo dire, mi si apre il cuore nel vedere il lavoro che è stato fatto: là dove per anni si era costretti a guardare da lontano, separati da un mare di rovi, ora si apprezza il complesso nella sua interezza. Fino ad ora si poteva solo intuire, immaginare, ma adesso è una realtà tangibile. Ed è veramente imponente. Sono rocce arcaiche e molto lavorate dal tempo, si intravedono qua e là coppelle di varia dimensione. Da qui il nome: Ciombella starebbe per “ciombata” in dialetto gigliese, vale a dire colpita, ammaccata, scavata. La roccia più grande può dare a chi la guarda l’impressione che abbia una forma animale: c’è chi ci vede una scimmia, chi un leone, chi una tartaruga. Ma non è tanto questo l’aspetto significativo, quanto il fatto che dietro alla roccia più grande si allineano in cerchio altre grandi rocce che lasciano al centro uno spazio ben definito. Non è come i regolari cerchi di pietra del Nord Europa perché sono pietre enormi e molto antiche, ma l’area circolare è evidente e sta ad indicare uno spazio sacro. Alcune grandi pietre sembrano cadute e spezzate: una sembra quasi tagliata di netto. Poco discosta, anche una grande lastra verticale infissa nel terreno: forse esisteva un grande cerchio intorno? Un’altra lastra, gigantesca, giace coricata verso la parte centrale del sito. Il luogo è stato usato negli anni anche come ricovero per animali e ci sono alcuni muretti che creano recinti, ma, sotto la roccia più grande, è evidente la presenza di una sorta di “vano” nella roccia stessa che risale a tempi antichissimi. Nonostante la calura della tarda mattinata, tra le rocce si sta freschissimi e si percepisce nettamente la quiete che caratterizza tutti i luoghi megalitici.
La visita si è conclusa con un ottimo buffet innaffiato dall’ancor più pregevole Ansonaco, il vino locale famoso fin dall’antichità. Grazie alla disponibilità di Marina Aldi che ci ha accompagnati anche questa volta con la passione che la contraddistingue, abbiamo avuto la fortuna di poter visitare, qualche giorno dopo, anche un altro sito megalitico: il dolmen della Buzzena. Si è partiti da Le Porte, dove abbiamo lasciato l’auto, e ci si è incamminati a piedi per uno dei sentieri magistralmente puliti dalla Pro Loco, il sentiero che porta fino a Cala degli Alberi, sulla costa dal lato di Giglio Porto. Scendendo in mezzo alla macchia siamo ad arrivati in località La Buzzena. Qui si apre una piccola valle verdissima, ricoperta di felci, tra le quali spicca l’Osmunda Regalis, una felce i cui steli raggiungono gli 1,60 metri di altezza. Un angolo magico e incontaminato dal sapore un po’ giurassico, che non ti aspetteresti in un’isola mediterranea. Tutto grazie alla fonte della Buzzena che non si vede, ma sgorga abbondante sotto le felci. Poco oltre arriviamo al dolmen: un piccolo dolmen, con una tavola orizzontale sostenuta da quattro pietre angolari. Intorno, altre pietre sdraiate, dal taglio regolare, forse dei menhir che circondavano il dolmen stesso. Si potrebbe ipotizzare che siano i resti di una struttura complessa, affondata nel terreno e ricoperta dalla macchia. Un altro luogo pieno di storia e di suggestione. L’Isola del Giglio, dunque, può a buon diritto entrare a far parte di quel mondo che ha visto in tempi remoti la fioritura di una grande cultura, la cultura megalitica, che ha eretto in tutto il mondo monumenti straordinari, simili tra di loro anche a distanza di interi continenti. E, senza coinvolgere tutto il pianeta, basti pensare alle altre isole del Mediterraneo, ricchissime di monumenti megalitici, come la Corsica, la Sardegna, Malta, le Baleari. Complimenti dunque per la realizzazione di questo progetto e auguri per il futuro. In un mondo dove i monumenti megalitici in passato sono stati sistematicamente abbattuti o tenuti occultati, dare loro invece valore e visibilità è un’azione davvero meritoria. Ritrovare il proprio passato, infatti, quello vero che si era perso nei meandri di una storia raccontata da chi voleva tagliare le nostre radici, è importante e può essere l’inizio di una nuova vita. |