Meditazione |
Memoria e Consapevolezza |
29 Giugno 2013 | ||||||||||
La memoria, una preziosa funzione della psiche che può relegare l'individuo in un mondo virtuale che nega la realtà e l'armonia della Natura. La meditazione della Kemò-vad e la riconquista dello stato di Bien-être
L’identità personale e la nostra memoria Possediamo naturalmente una facoltà interiore che ci accompagna, discreta e invisibile nella nostra vita, tanto estranea alla nostra consapevolezza da esserne comunque, paradossalmente, inseparabile. È la memoria, un ente invisibile con cui conviviamo affidandole, volenti o meno, ricordi di ogni genere. Gratificanti o spiacevoli che siano. Lei incamera tutto senza discernimento, dai ricordi di incontri con persone che abbiamo conosciuto, di esperienze vissute e tutti i parametri della cultura acquisita dall'infanzia in poi. Nel tempo abbiamo appreso ad usare la memoria come se si trattasse di un prezioso forziere in cui trattenere dati utili, come le parole che usiamo quando parliamo con gli altri o quelle in lingua straniera quando ci servono dopo mesi o anni di inutilizzo. Le affidiamo anche i numeri di telefono dei nostri amici o le stringhe delle password che utilizziamo per accedere ai vari servizi del web. Tuttavia la memoria è una funzione della nostra sfera psichica che sembra andare al di là dei suoi compiti specifici per i nostri bisogni. Nei suoi strati più profondi contiene infatti anche segreti antichi e archetipali della specie e della sua storia e si manifesta in un affascinante mistero ancora tutto da esplorare che ci lega alla matrice dell’universo intero. Il suo funzionamento sembra semplice. È a due vie: una di input in cui vengono raccolti i dati della nostra esperienza quotidiana, e una di output a mezzo della quale possiamo accedere ai dati immagazzinati, o perlomeno ad una parte di essi. Ad ogni richiesta ciascun dato emerge immediato da questo forziere invisibile mostrando la sua capacità di contenere un numero forse infinito di valori cognitivi. Un sistema che tuttavia non ingombra con il suo contenuto la nostra sfera consapevole del nostro attimo presente, lasciandoci liberi di vivere il senso di noi stessi nell'immediatezza del vissuto quotidiano senza appesantirci di una tappezzeria di dati incombenti. Tutto emerge da un apparente nulla che è dentro di noi, dopodiché, finito l'utilizzo, scompare nello stesso nulla. Eppure, nonostante questa sua apparente invisibilità, attraverso le funzioni della memoria giungiamo ad avere consapevolezza del nostro passato e del nostro presente e quindi della nostra identità personale, la stessa che poi viene a corrispondere al nostro nome anagrafico. La memoria sembra far parte della nostra identità. Ci fidiamo di lei come se ci rivolgessimo a noi stessi affidandole conoscenze acquisite, segreti intimi, nozioni di studio ed emozioni della nostra storia personale.
La nostra convivenza con questa proprietà psichica avviene così spontaneamente che non ci facciamo neppure caso. Non ci accorgiamo di questo solerte e invisibile assistente se non nei momenti in cui per qualche motivo non funziona a dovere. E in questo caso ci rendiamo conto quanto questa funzione psichica sia presente nella nostra vita. Sono circostanze tragiche in cui perdiamo addirittura il senso della nostra identità e delle nostre certezze. Il mondo della memoria: un surrogato di esistenza La memoria fa parte di un sistema complesso di cose del mondo psichico, come ad esempio l'attività incontrollabile del Profondo, o Inconscio, che si perde in funzioni pressoché sconosciute del nostro stato di consapevolezza in genere, ipotecandolo con il suo “rumore di fondo”. Questo ente del nostro sistema mentale è spesso all’origine di varie patologie comportamentali che giungono inattese e che non desideriamo, ma di cui diveniamo soggetti al di là della nostra volontà, modellando le nostre caratteristiche caratteriali. Nella memoria si sovrappongono infatti dati che appartengono alla nostra esperienza consapevole e diretta assieme a pulsioni aggiunte che nascono spontaneamente nel Profondo e che hanno origine alle volte persino dallo stato fisico e metabolico del nostro corpo. E se non ci accorgiamo di questa commistione di dati che vengono posseduti in toto dalla memoria, prendiamo il tutto per una caratteristica della nostra personalità finendo per accettare stati d’essere che non sono propriamente nostri. È quello che, ad esempio, accade al meteoropatico che, suo malgrado, con il mutamento del tempo cambia anche umore e percezione di vita. Dalla dimensione della memoria, condivisa dalle funzioni del Profondo sorgono, spontanei e inaspettati, ricordi traumatici e forzature comportamentali che portano a timidezza, fobie, senso di inadeguatezza e altro ancora. Addirittura possiamo cadere, sempre involontariamente, soggetti a un innamoramento a cui ci sottoponiamo senza poterci sottrarre tanto forte è la pulsione di un Profondo sollecitato dal meccanismo di riproduzione della specie. Ma il nostro stato di consapevolezza non è sotteso solamente dalle problematiche funzionali del Profondo. Esso si trova ad essere coinvolto anche dalla serie di dati che giungono dal cosiddetto “mondo degli altri”, la società degli individui in cui siamo nati e in cui ci troviamo a vivere. Questi dati sono cooptati dalla nostra memoria e trattenuti da questa come se si trattasse di nostra esperienza personale, quindi si trovano ad agire nella sfera della nostra personalità comportamentale come assolutamente spontanei e normali. Va da sé che ogni sistema sociale esistente basi la sua esistenza su una serie di convenzioni tradotte in legiferazioni e norme di vario genere che divengono il collante sociale di tutti coloro che ne fanno parte e che finiscono per divenire lo spontaneo modus vivendi con cui gli individui si relazionano tra di loro in maniera coerente e comprensibile, dando corpo alla società di appartenenza. In questo modo si viene a costituire un vero e proprio sistema virtuale basato sulla condivisione dei comuni principi, che ogni individuo, favorevole o meno, si trova ad assorbire nella propria funzionalità mnemonica e a trasformare come luogo comune di vita utilizzandolo per i propri bisogni.
Dati appartenenti al sistema virtuale del mondo degli altri che si sovrappongono all’esperienza personale dei singoli individui divenendo una caratteristica intellettiva difficilmente sormontabile. È per via di questo fenomeno che, in ogni sistema sociale, gli individui si trovano a possedere una loro distinta identità regionale. Per questo motivo esistono molteplici culture, sia pure della medesima specie umana, che sono sostanzialmente differenti tra di loro come può esserlo un islamico e un buddista, tanto da entrare anche in conflitto tra di loro per la differenza con cui si intende l’esistenza. Questo capita anche nell’area cristiana, in cui un italiano che parla la sua lingua ed è imbevuto delle sovrastrutture culturali dell’area italiana si troverà a sentirsi italiano, allo stesso modo di quanto capita ad un inglese o a un tedesco, accendendo interessi regionali di natura campanilistica. Raramente, e spesso solo per forzati motivi di convivenza politica, gli individui dei differenti sistemi sociali riescono a elevarsi al di fuori del loro mondo mentale per confrontarsi effettivamente alla pari tra di loro, quali cittadini dell’universo. Ma il sistema virtuale imposto, per necessità o con costrizione, dal mondo degli altri assume caratteristiche molto più discutibili quando investe il senso della vita interiore di ciascun individuo. Capita spesso infatti che la dimensione virtuale condivisa diventi la dimensione esperienziale vissuta prioritariamente, con cui l’individuo si confronta giornalmente e che finisce per considerare come la manifestazione effettiva del senso dell’esistenza che sta vivendo. Uno stato di esistenza sociale dentro al quale tutto sembra perfettamente naturale e scontato. Le regole sociali e le consuetudini dell'ambiente che operano in schemi comportamentali introiettati dalla memoria vengono identificati come uno spazio di esistenza dentro al quale muoversi e operare. In questa prospettiva, la Natura, in tutte le sue manifestazioni, dal cielo stellato alle distese delle foreste e dei prati, diventa un accessorio risibile che fa parte di un mondo apparentemente muto con cui l’individuo non ha nulla da spartire e che egli stesso tende a rifuggire poiché rappresenta solamente della materia inerte con cui non si può dialogare o interagire esperienzialmente come accade con gli altri individui. La Natura viene vista quindi solamente come una sorta di mondo primario che, come un palcoscenico, supporta le azioni di tutti gli individui e delle altre creature viventi e da cui si traggono passivamente risorse energetiche che consentono la sopravvivenza di ciascun sistema sociale conosciuto. La Natura viene vista in definitiva come un mondo anonimo considerato estraneo rispetto al forte senso di esistenza che invece è riconosciuto attraverso le emozioni e l’interazione con i vari elementi attivi della società. Questo fatto porta inconsapevolmente l'individuo a vivere il suo stato di esistenza secondo quanto produce la sua memoria, sia sul piano degli eventi personali e sia su quello del sistema virtuale prodotto dal mondo degli altri. Le morali sociali e le pratiche religiose della propria area culturale di appartenenza diventano la realtà delle cose e l’unico mezzo con cui l’individuo può mediare con il significato dell’esistenza. Il suo stato di consapevolezza viene vincolato dal limite dell’orizzonte percettivo imposto dal mondo degli altri in cui vive. La memoria giunge a costruire un preciso spazio virtuale di vita, soggettivo e incompleto, sempre aperto ad ogni conflittualità e che rappresenta, in antitesi con la logica della Natura, una continua fonte di sofferenza. Rimane evidente che, al di là di ogni sua aspettativa, l’individuo non vive realmente, e che nonostante le sue convinzioni soggettive, oltre la dimensione virtuale del mondo degli altri esiste una precisa realtà di vita, concreta e sostanziale, rappresentata dalla Natura.
Più fortunati sono certamente gli animali, i nostri compagni di viaggio sull’astronave Terra, che non sono prigionieri di inutili sovrastrutture e vivono spontaneamente in seno a questa realtà. Una bella lezione da valutare per ogni forma di antropocentrismo culturale. La realtà sostanziale della Natura La Natura non è affatto un semplice accessorio. Essa ha permesso l’esistenza di tutte le cose, compreso l’individuo e rappresenta un ente che va al di là della sua semplice manifestazione sensoriale. L'individuo nasce e muore, non per il volere del mondo virtuale, ma per una proprietà della Natura che si impone in ogni caso nelle vicende umane. La Natura si rivela come un ente del tutto particolare che è in grado di essere disponibile ad una interazione creativa con l’individuo rivelandosi come fonte inaspettata di effettive certezze di vita con cui rapportarsi e partecipare, trovando armonia e conoscenza. Occorre andare al di là delle apparenze dei fenomeni fisici in cui si identifica la materia, giungendo sino alla sorgente della qualità ultima della Natura, dove ci si rende conto della sua sostanza invisibile e immateriale che manifesta un profondo mistero in cui si trova ad essere il destino e il senso della vita di ogni individuo. La Natura rappresenta una realtà che, per la maggior parte degli individui che vivono il riferimento del mondo degli altri, risulta spesso inesplorata, ma che tuttavia rappresenta la logica fenomenica per cui essi stessi esistono. Una realtà che trascende il quotidiano e che sottomette anche lo stesso mondo virtuale della memoria. Una antica metafora, tradotta in chiave medievale, può chiarire meglio questo concetto. La metafora vuole che l’individuo si trovi a nascere e a vivere in una stanza profondamente buia, davanti alla fiamma di una semplice candela, che rappresenta il nostro grado di consapevolezza, mentre illumina le poche mattonelle visibili del pavimento su cui è seduto, immobile cercando di capire dove si trova. L’individuo ignora che cosa ci sia sulle pareti della stanza, addirittura ignora che la stanza abbia pareti: per lui esiste solo il buio impenetrabile. Un alito di vento che lo raggiunge suscita la sua curiosità e quando non cede alla paura e alla superstizione si mette a speculare sulla causa del fenomeno cercando una risposta qualsiasi che lo soddisfi. Ma questo individuo non si immagina, e non potrebbe fare altrimenti, che cosa ci può essere al di fuori della stanza: il sole che splende sulle cose, le nuvole in cielo, il mare e i gabbiani che volano per l’intorno. Lo stesso grande villaggio di cui fa parte la sua stanza. Tuttavia, se trova il coraggio di farlo, può andare verso la direzione da dove ha sentito venire il soffio d’aria e facendosi luce con la sua candela può giungere sino alla parete dove si apre la grande vetrata che dà sul fuori per affacciarsi alla inaspettata realtà che esiste al di là delle sue convinzioni. A questo punto spetterà a lui il da farsi. Ovvero, se rimanere a rimirare lo spettacolo inconsueto oppure aprire la vetrata e provare a uscire per partecipare alla vera vita di cui può gioire. La morale di questa metafora vuole significare che l’universo non si è fermato nella sua evoluzione con la produzione di galassie e di pianeti, ma che questa evoluzione continua ancora oltre, nella progressione interiore dello stato di consapevolezza di tutti gli individui, umani o animali che siano. L'esperienza di chi ha sperimentato questa opzione dimostra infatti che l'individuo può evolvere interiormente osservando come l'Io consapevole possa uscire dalla propria dimensione egotica in cui la sua ignoranza può imprigionarlo.
In effetti è sufficiente che l'individuo, attraverso il riferimento al suo solo stato di consapevolezza, effettui il distacco dal mondo soggettivo proposto dal Profondo e automaticamente si trova a procedere all'acquisizione di uno stato di coscienza che può metterlo a contatto con altri valori di vita legati alla Natura che si presentano sostanziali e non più riferibili alla soggettività del proprio ego e al plagio del mondo degli altri. Naturalmente questa esperienza non significa l’abbandono del mondo degli altri o l'avversione per questo stesso, ma rappresenta piuttosto l’occasione per migliorarsi al di là dei limiti culturali e storici. Danzare nel vento per divenire vento nel vento La Natura, come si è detto, può essere fonte di armonia e conoscenza. Ma per partecipare a questa sua facoltà occorre poter entrare in sintonia con la sua intima qualità fenomenica. In questo caso l'individuo deve porsi in una condizione di Silenzio interiore, in cui l’Io consapevole non sia più frastornato dal rumore prodotto dai sensi e dalla mente e possa consentirgli di prendere atto della sua reale natura e delle sue proprietà creative. In questa condizione l'individuo, nel suo stato di consapevolezza, viene a trovarsi a contatto con l’aspetto più intimo e reale della Natura, intesa non solo come il verde dei prati e l’incedere delle stagioni, ma come la globalità reale e mistica di tutta l’esistenza. È il concetto di Shan, con cui gli antichi druidi definivano la qualità immateriale e invisibile della Natura a cui tutto è sotteso nella sua logica fenomenica, dall’individuo all’intero universo. Nel rapporto con la Natura l’individuo può rendersi conto che l’esistenza manifesta una sua qualità mistica, ben diversa dalla dimensione virtuale e soggettiva tracciata dal proprio ego e dal mondo degli altri, in cui può trovare occasioni di armonia, benessere e conoscenza. Si rende disponibile, in suo aiuto, l’antica esperienza della meditazione, un vero e proprio laboratorio del trascendente basato su principi archetipali e spontanei elargiti dalla stessa Natura. Una dimensione creativa che è in grado di consentirgli di realizzare il Silenzio interiore ogni volta che vuole o che ne sente il bisogno, esperienza che apre al piano reale dell'esistenza, ben lontano dal mondo della memoria. L’individuo che realizza il Silenzio interiore entra in sintonia con il mistero che è fonte del tutto sino ad introiettare le sue potenzialità cosmiche e divenire anche lui parte consapevole di un Potere creativo interiore da destinare a se stesso e a tutti coloro che possono versare nel bisogno. In tal modo l’individuo realizza il principio, citato dall’antico sciamanesimo druidico, di "divenire vento nel vento" che simbolicamente gli consente di entrare in sintonia con il Mistero immanente a tutta l’esistenza. Un vento invisibile e immateriale ma che si manifesta in tutta la sua forza e potere. È l’occasione per ogni individuo di poter vivere concretamente l'armonia della Natura per realizzare la condizione di Bien-être, che nell’accezione del druidismo bretone significa il benessere che comporta, oltre a quello della dimensione psicofisica, la conquista di gioia di vita propria della conoscenza interiore a cui l’individuo accede. In parole semplici, è quello che accade nella pratica della Kemò-vad, nel suo significato di “danzare nel vento” degli antichi druidi, in grado di portare l’individuo in sintonia con il segreto e l’armonia della Natura. Un’antichissima tecnica di meditazione dinamica basata sul “gesto consapevole” che celebra le origini del suo insegnamento nel mito del Graal e in quello di Fetonte. Un’esperienza che può essere l'inizio di un nuovo cammino interiore da esplorare e da valutare. |