Meditazione |
Tu chiamale se vuoi… emozioni |
11 Marzo 2021 | |||||||
La produzione della mente e la sua sopraffazione
Perché le emozioni sono così importanti? Perché a volte ci sovrastano e non riusciamo a fermarle, anche quando sono negative e sappiamo che ci fanno male? A volte le emozioni ci travolgono come un TIR, sentiamo che stanno per arrivare e non riusciamo a fermarle. Quando sono emozioni positive, è comprensibile. Un innamoramento che manda in fibrillazione la testa e lo stomaco, una gratificazione per un riconoscimento… In quei casi vogliamo conservare quella emozione il più a lungo possibile, la vogliamo trattenere per non farla scappare. Ma quando sono emozioni negative? Quando ti travolge una rabbia incontrollata verso qualcuno (magari senza che neppure sappiamo spiegarcene il motivo), o quando ci sentiamo vittime di una ingiustizia, incompresi, soli nel nostro senso di giustizia e di verità assoluta. Perché voler a tutti i costi conservare quell’emozione che ci fa male? È masochismo? O forse è la sensazione che se lasciamo andare quella emozione, lasceremo andare anche gli elementi che ci potrebbero servire per contrastare chi ci procura quell’emozione. Un po’ come cercare di trattenere dei dati utili alla nostra sete di giustizia. È un processo complicato, ma del resto non c’è niente di logico nella sfera emotiva. In ogni caso, trattenere un’emozione, soprattutto se negativa, non ci fa bene. Non ci fa bene nemmeno fisicamente, perché il corpo e la mente sono collegati, siamo un essere unico. E così, il rischio è di somatizzare le emozioni negative, con disturbi anche fisici.
Le emozioni ti fanno sentire vivo Quante volte abbiamo sentito questa frase. “Guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire”, diceva Lucio Battisti. Non ci vedo niente di geniale in questa frase, se non l’aver identificato l’esigenza di una generazione, appunto, in cerca di emozioni. Ma perché questa ricerca di emozioni? E perché esserne schiavi? La risposta è complicata. Risiede nel vuoto di valori di una società che ci fa vivere di miti, all’inseguimento di princìpi effimeri, con la paura di invecchiare e morire. Le emozioni sono una droga che porta a dimenticare il nostro vero destino cosmico. Il problema risiede nella mente Noi abbiamo un organo con cui ci relazioniamo alla nostra esistenza. Questo organo è il cervello. Il cervello è il nostro produttore di esistenza. A sua volta questo organo produce una funzione astratta, la mente. Per mezzo del cervello raccogliamo dati sensoriali su quanto ci circonda, quindi la mente elabora i dati e li interpreta. Ma attenzione: benché, detto così, sembrerebbe un percorso logico, in realtà la mente interpreta i dati secondo l’impresso, ossia secondo un filtro che lascia passare solo quei dati che non vanno a cozzare contro i condizionamenti che hanno cristallizzato la nostra mente a seconda delle esperienze o delle morali imposte, e che limitano la nostra libertà. Quindi la mente produce un eterno film che costituisce un filtro sulla realtà vera. In più, dobbiamo considerare che il cervello non è uno, è trino! Il processo di evoluzione della specie ha stratificato il cervello a seconda dei bisogni, creando così una sovrapposizione che la scienza ha definito in tre cervelli, come ha descritto molto bene il medico e neuroscienziato statunitense Paul Donald MacLean (1913 –2007), antesignano della teoria del “Triune Brain”, il cervello trino.
Secondo questa teoria, il primo cervello è il cervello rettile (o tronco encefalico), che si occupa dei bisogni e degli istinti primari dell’uomo: sopravvivenza, fame, funzioni corporee, procreazione per la prosecuzione della specie, istinti sessuali, territoriali, etc. Poi abbiamo il sistema limbico, o paleo corteccia, detto anche cervello mammifero. Qui agisce l'emotività dell'individuo: bisogno di gratificazioni, aggressività, senso di possesso, innamoramento, richiamo materno, dipendenza. È la sede delle emozioni e dei sentimenti. Il terzo cervello è la neocorteccia o cervello evoluto. Il terzo cervello è deputato alla razionalità, alla logica, agli schemi comportamentali. Noi crediamo di essere una entità unica, invece siamo come minimo tre esseri in uno. Ognuno di questi tre cervelli è come se fosse un individuo a sé stante con dei bisogni che magari fanno a pugni con le esigenze degli altri due. Quando ci assale un’emozione incontrollabile, che ha sede nella paleo corteccia, interviene pure la neocorteccia a farci le morali e a farci sentire stupidi! Ma tutto questo, perché? Se noi siamo dominati dai tre cervelli, è evidente che qualcosa non va. Manca una istanza superiore che li possa controllare. Bisogna andare oltre la mente. La mente ci propone un mondo finto, un continuo film che si svolge nella nostra testa, ma che non è reale. Sembra reale perché è condiviso dagli altri esseri umani che vivono lo stesso film. Siamo attori inconsapevoli di un film eterno. Un film che si ripete all’infinito. Se noi crediamo al film, crederemo anche di essere eterni, penseremo che tutta la nostra vita si svolga sul set di questo film e non cercheremo altro. Vivremo la parte che ci è stata assegnata, credendo che sia la realtà. Non ci porremo il problema di stare su un treno in corsa che ci porta all’ultima stazione, cioè la morte. Perché il set del film è il treno stesso, dove si svolgono tutti gli avvenimenti della nostra vita. Ma non riusciamo neppure a guardare fuori dal finestrino per accorgerci che c’è un “fuori”. Questa è la realtà confezionata dalla società maggioritaria, disegnata dalle grandi religioni storiche. Non c’è quindi da stupirsi che si cerchino emozioni forti, per dimenticare il nostro vero destino. Corpo, mente e…? Tuttavia noi siamo fatti di corpo, di mente e…? Secondo le tradizioni sciamaniche dei Popoli Naturali, noi non siamo fatti solo di corpo e di mente, ma anche di qualcos’altro, difficile da definire.
Possiamo chiamarlo spirito, coscienza, consapevolezza, senzienza… in ogni caso non siamo fatti solo di corpo e di mente. E credo che a volte questa terza istanza si faccia percepire. Si percepisce quando si fa strada l’esigenza di capire DOVE SIAMO, e di conseguenza CHI SIAMO, DOVE STIAMO ANDANDO. Eterne domande che magari non tutti si pongono ma che da qualche parte sono dentro di noi. È l’esigenza di capire del filosofo. Tutto noi siamo dei potenziali filosofi, qualsiasi nostro gesto deriva da una precisa filosofia, anche se magari non ce ne rendiamo conto perché seguiamo la filosofia del “mondo degli altri”. Il filosofo che esiste dentro di noi ha l’esigenza di capire. Di capire dove siamo finiti e che ci stiamo a fare qui, nell’universo. A volte il richiamo arriva da un cielo stellato, a volte da un contatto con la natura in un bosco o, perché no, da un animale che ci stimola questo confronto. Sì, perché gli animali non hanno avuto il bersagliamento delle grandi religioni e da questo punto di vista, quando se lo possono permettere, sono più liberi. E molte volte sono proprio loro che ci dicono: SVEGLIATI! La società maggioritaria ci propone una realtà fittizia asservita ai bisogni del profitto e della produzione di beni di consumo che non corrispondono alle nostre reali necessità. Una produttività incessante e in surplus rispetto alle reali esigenze, che rende tutti noi schiavi e che nell’ipnosi collettiva ci fa credere di vivere in una società civile protesa all’evoluzione. Una società che ci fa dimenticare che viviamo in una parentesi nascita-vita-morte. Tutto questo ci fa scordare che veniamo da un processo naturale in cui la Natura ci ha partorito e fatto da madre. Ma il legame con la Natura è stato interrotto, ne siamo stati privati. E con esso anche le nostre reali esigenze. Per fortuna esistono antiche tradizioni sciamaniche che ce lo ricordano e sono una via per ritrovare noi stessi, il nostro vero sé. E per fortuna esistono persone che hanno conservato queste tradizioni e ce le hanno trasmesse, come il ricercatore Giancarlo Barbadoro che nei suoi corsi di meditazione insegnava proprio a recuperare un rapporto con la Natura e con i suoi insegnamenti. Come dominare la mente La mente ci può portare fuori strada proponendoci delle emozioni che ci sovrastano e che costituiscono un filtro sulla realtà. Ma le emozioni, così come tutta la produzione mentale, non sono da rifiutare. Occorre solo essere in grado di controllarle. Viverle per quello che sono, non confondendole con la realtà reale e, magari, godersele anche di più. |