Meditazione |
La ricerca del Silenzio |
11 Agosto 2019 | ||||||||
Il misticismo dei Popoli naturali nel riferimento a Madre Terra
Il caso storico dei Popoli naturali Oggi viviamo in un mondo che è stato costruito e disegnato dalle grandi religioni storiche del passato che ancora si affacciano nel nostro tempo. Tutto ciò che viviamo avviene all’interno di una precisa filosofia di vita che determina ogni cosa del nostro quotidiano. I Popoli naturali si presentano apparentemente differenti tra di loro per costumi e cultura, così come sono differenti le latitudini geografiche e le epoche storiche in cui essi si manifestano. Ma tutti, dai Nativi americani agli Aborigeni australiani, senza tralasciare i Celti, risultano uniti dalla sola caratteristica spirituale sancita dal rapporto con la Natura che essi esprimono nel concetto di Madre Terra.
Lo Shan e l'immaterialità dell'esistenza Il termine Shan, secondo un antico linguaggio dei popoli autoctoni europei, era il nome che veniva dato alla Natura. Una "natura" non intesa solo sul piano delle forme e dei cicli stagionali, ma anche come l'esistenza nella sua globalità, comprendente la presenza umana. Il concetto mistico di Shan ha ispirato la filosofia dell'arcaico sciamanesimo druidico europeo. Shan è l'antico nome del Graal, una dimensione comune a tutti i Popoli naturali anche se definita con termini diversi. È lo Yemurraki (o Dreamtime) degli Aborigeni australiani, il Wakan Tanka dei Nativi nordamericani, il Mbog dei Nativi africani. L'esperienza del Silenzio La dimensione immateriale dello Shan rappresenta un piano mistico e allo stesso tempo pragmatico dell'esistenza ed esprime una conoscenza segreta che l'individuo può usare per il suo benessere e per la sua evoluzione spirituale. Il Silenzio rappresenta l'esperienza di contatto con la natura invisibile e immateriale del piano reale dell'esistenza in cui essa si manifesta in tutta la sua effettiva entità fenomenica. E' la modalità di percezione mistica dello Shan che apre ad infinite potenzialità cognitive e creative. In tal modo lo spirito recupera la sua vera natura, sottratto all'illusorietà della mente, e può realizzare l'esperienza del Silenzio che si identifica come un’esperienza di "Visione" che apre a alla conoscenza diretta della natura immateriale dello Shan. Un’esperienza che chiunque, e in ogni caso, può vivere al di là di ogni dogmatismo e di ogni ipoteca culturale. Il laboratorio esperienziale della meditazione L'esperienza del Silenzio è pratica comune a tutti i Popoli naturali del pianeta che lo interpretano come la dimensione in cui vivere la natura immateriale dello Shan. In tutte le loro tradizioni esiste un percorso mistico basato sul Silenzio che sviluppano con opportune tecniche della meditazione. La meditazione rappresenta l'esperienza in cui l'individuo realizza il Silenzio come partecipazione alla qualità reale della Natura. In essa possiamo identificare uno spazio di creatività illimitata in cui l'individuo partecipa all'esistenza in tutte le sue potenzialità e parallelamente uno spazio di operatività interiore dove l'individuo realizza la sua armonia e il suo equilibrio. Quest'ultimo identificabile con le tecniche della disciplina operativa della meditazione. La meditazione non rappresenta una qualsiasi operatività che possa essere stata inventata dall’uomo. Essa è l’interpretazione di un archetipo naturale presente in natura, ed è addirittura all’origine di molte tendenze religiose e culturali della storia. E’ un'antica esperienza praticata, nelle sue più svariate forme, da tutti i Popoli naturali. E' praticata dagli aborigeni australiani, dai Nativi americani. Era praticata dagli antichi egizi, dal Popolo del Libro di cui oggi ci rimane ancora l'esoterismo dell'Albero Sephirotico ebraico. Era utilizzata anche presso gli antichi Celti a mezzo della quale i druidi insegnavano i segreti dell'Yggdrasil, l'albero cosmico della vita simboleggiante l'evoluzione che si manifesta nella Natura. I Popoli naturali e le altre forme di vita I Popoli naturali considerano le altre forme di vita come coabitanti di un medesimo ambiente, non disgiunte dagli umani per via della differenza delle forme, e con facoltà pressoché equiparabili a quelle umane. Erroneamente si pensa che tutti i Popoli nativi siano carnivori e cacciatori, e questo può sembrare in contraddizione con il rispetto che questi popoli danno alle altre specie. In realtà non è così. Quei popoli che si sono mantenuti più coerenti alle tradizioni non si cibano di animali. Non avviene la stessa cosa nella società maggioritaria dove, per specifici motivi di origine religiosa, le altre forme viventi sono declassate a semplici funzionalità presenti nella natura e a completa disposizione dell’uomo per ogni suo capriccio o utilizzo. Il pianeta è ricco di manifestazioni di altra vita oltre quella dell’uomo. Vita che popola l’aria, i mari e le stesse terre su cui vive l’umanità. L’interazione della società maggioritaria con le altre forme di vita avviene soprattutto con quelli che vengono comunemente identificati come animali. Ad essi è tolto ogni possibile attributo di intelligenza e di sentimento. Tanto che gli uomini della società maggioritaria li utilizzano come alimentazione ordinaria, fonte di proteine per il loro sostentamento, favoriti da poche élites commerciali che prosperano sulle spalle di questi ignari esseri viventi. In questa prospettiva vengono aperti campi di allevamento e campi di macellazione strutturati in maniera efficiente e produttiva. La società maggioritaria non si limita solamente alla sistematica macellazione degli animali preposti, ma li usa anche come schiavi nelle aree dove le fonti di energia sono limitate e in mano a specifici ed esclusivi centri di potere. In questo caso si assiste a quanto già accadeva tra gli stessi umani nelle società produttive del passato dove, al posto di un possibile sviluppo tecnologico, venivano utilizzati schiavi umani per l’esecuzione del lavoro. Così come, successivamente, incominciò l’utilizzo delle classi sociali deboli da parte di altre classi minoritarie in grado di esercitare il loro potere sugli altri. In altri casi l’uccisione degli animali avviene anche a causa dei vari orientamenti propri della società maggioritaria e produttiva, come nel caso dell’uccisione rituale praticata dalle religioni o dell’uccisione elevata a sport per i bisogni psicologici della classe dei cacciatori. La società maggioritaria tuttavia paga questa sua violenza con i risultati disastrosi della dieta carnivora sugli individui e con la conflittualità che si manifesta all’interno della stessa. L’affermazione della superiorità degli uomini sugli animali ha portato alla creazione delle categorie, dando origine ad un principio pericoloso e deleterio che ha avuto come conseguenza l’allontanamento dell’uomo dall’armonia con la natura. Principio che si è esteso alla stessa umanità creando supremazie razziali e sessiste. Da questa deviazione si sono generate inutili conflittualità e sofferenze e si è rallentato il progresso di tutta l’umanità, portandola a privarsi dell’esperienza di altre porzioni di cielo. Ma questa visione degli animali non nasce per caso, né rappresenta una situazione di fatto. Il problema nasce da una precisa visione delle cose che condiziona l’atteggiamento degli uomini nel loro rapporto con la vita e induce ad accettare verità acquisite e non sperimentate. Una visione che condiziona l’uomo nelle sue scelte quotidiane e ipoteca persino la scienza, che non basa le proprie tesi partendo da una posizione di equidistanza verso il problema degli animali, ma da posizioni religiose che inducono a studiare le altre specie per comprendere se siano o meno in grado di esprimere una loro intelligenza. Questa visione giustifica che gli animali siano visti come automi, che possano essere schiavizzati e uccisi per essere mangiati oppure sacrificati ritualmente, e che questa barbarie sia addirittura considerata la normalità.
La spiritualità animale Se l’esistenza manifesta la proprietà di una trasmutazione della sua qualità esperienziale, perché attribuire questa proprietà esclusivamente agli uomini? La scienza, che vanta la sua imparzialità, affronta il problema degli animali con il pregiudizio che essi siano degli automi incapaci di provare sentimenti e di sviluppare una intelligenza alla pari degli esseri umani. Non studia oggettivamente l’argomento cercando di capire che cosa rappresenti l’altra vita del pianeta. Applica un pregiudizio e basta. Ancora una volta si evince la sottile e penetrante ipoteca che le grandi religioni storiche riescono a mettere in atto, in questo caso perfino nei confronti della scienza. È inevitabile che i Popoli naturali, immuni da questa ipoteca, considerino l’identità degli animali in maniera più pragmatica e oggettiva. Il preconcetto relega gli animali al rango di automi privi di sentimenti. Ma l’osservazione senza preconcetti mette in relazione l’uomo con gli animali e consente di scoprire una esperienza che accomuna tutte le forme di vita. Al di là dei pregiudizi sull’argomento si fanno scoperte interessanti e sconvolgenti: si può scoprire che gli animali hanno sentimenti, che al pari dell’uomo provano un valore di sofferenza consapevole. Si può scoprire che i cosiddetti “animali” sono esseri dotati di una autocoscienza e gestiscono consapevolmente la loro vita in relazione agli stessi interrogativi esistenziali che si pongono gli esseri umani. Questo discorso porta a rendersi conto che non si può escludere a priori la possibilità che, così come accade tra gli umani, anche tra gli animali possano esistere individui in grado di sviluppare una loro spiritualità. È inevitabile interrogarsi sul senso della spiritualità, allargata anche alle altre specie. È invitabile provare un senso di fratellanza che si estende anche agli animali e ci può unire all’intera esistenza. I Popoli naturali e l'ecospiritualità La comprensione dell'identità esperienziale manifestata dai Popoli naturali e dalle culture tradizionali che essi esprimono è importante per realizzare una conoscenza della loro natura storica e della loro esperienza intrinseca, allo scopo di portare alla luce valori che fanno parte delle radici di ognuno di noi e che costituiscono un prezioso bagaglio di conoscenze, patrimonio di tutta l'umanità. Una estensione di valori attribuibili alla Natura che conduce sino al concetto più completo di ambiente, con cui l’uomo può interagire, visto come lo stato di esistenza inteso sul piano di natura mistica e filosofica dello Shan, la natura immateriale del tutto. In questo modo l'uomo non è più l’incontrastato signore del cosmo, ma è parte di esso e partecipa alla sua manifestazione convivendo con i suoi fenomeni in un rapporto di fratellanza e nel rispetto della vita, alla ricerca della libera conoscenza. La spiritualità dei Popoli naturali, nel suo riferimento alla Natura, può essere esempio di come si possa vivere in contatto con la Natura stessa, della necessità di rispettarla, della possibilità di una effettiva fratellanza tra i Popoli e di una unità spirituale nel riferimento ad una religione naturale che sia comune a tutti i Popoli del Pianeta. |