Leggende e Tradizioni

L’abate Garino: la triste vicenda di un prete stregone

Stampa
02 Novembre 2012

La parrocchia di Balme dopo una nevicata notturna

Documenti e testimonianze dell’operato dell’Inquisizione a Balme


Nell’anno del Signore 1713 l’abate Gio Paolo Garino da Castellamonte, viene inviato a guidare la sperduta parrocchia di Balme (Piemonte), povera comunità di montagna. Proprio a quell’anno risale la costruzione del ponte in pietra di Bogone, tuttora esistente.

In data 12 ottobre 1719, sottostando alle imposizioni governative, anche Balme e Chialambertetto istituiscono la Congregazione di Carità, al fine di ridimensionare le prerogative sociali degli ecclesiasti, che fin dal Medioevo si occupavano per consuetudine dell’assistenza ai poveri e ai malati. La Congregazione, che resterà attiva fino al 1927, nasce per porre rimedio alla dilagante mendicità, affidandone la gestione alle singole comunità locali che nel nostro caso ritennero, come si evince dalla Deliberazione degli Officiali, di incaricare quale “Segretaro e Deputato de’ poveri infermi e de’ poveri vergognosi il S.r D. Gio. Paulo Garino Castellamonte curato”, evidentemente la persona più istruita del villaggio.

Sono questi gli anni in cui le trasformazioni politiche e territoriali, che porteranno nel 1720 alla trasformazione del Ducato di Savoia in Regno di Sardegna, sotto la guida del re Vittorio Amedeo II di Savoia, sembrano non riguardare le sorti di queste popolazioni, attanagliate da ben altri problemi.

In quel 1720 la gente è allarmata dalla presenza di un ufficiale e un presidio di 21 uomini a guardia della sanità, considerate le circostanze che vedono divampare in Francia una spaventosa epidemia di peste. La misura assunta è conseguenza evidente di quanto fossero consueti i rapporti con i paesi d’oltralpe.

Non ci è dato ora sapere con esattezza quali eventi preliminari facilitarono il precipitare della situazione, ma imprecisate accuse di stregoneria portarono all’arresto, nel mese di settembre del ’20, del parroco balmese.

Alcuni documenti dell’epoca tuttavia, conservati presso l’archivio di Stato di Torino, ci consentono di far luce quantomeno su quelle che potremmo definire le carte inquisitorie. Quando ormai l’epoca oscura della caccia alle streghe sembra volgere alla conclusione, dopo che per alcuni secoli erano state arse sul rogo un numero impressionante di povere donne, quasi sempre provenienti dagli strati sociali più indigenti, ecco il testo del documento di risposta alla supplica avanzata da Michele Giuseppe Giorgis, ritenuto complice del Garino:



Balme in una foto d’epoca

“Ricorso di Michele Giuseppe. Giorgis detenuto nelle Carceri Senatorie come sopposto Complice coll’Abbate Gio. Paolo Garino Castellamonte Parocco di Balme accusato di sortileggj, con Parere dell’Avvocato Fiscale Gen.le Giussiana.

Il Suplicante Michel Giuseppe Giorgis è stato arrestato nel scorso mese di settembre di compagnia dell’Abate Gio. Paulo Garino Castelamonte Parocco del Luogo di Balme Valle di Lanzo, e di Giuseppe Maria Paulo Franc.co Garino d’età d’anni dieci Nepote del detto Abate d’ordine di S.M., e del Vicario Capitulare Tarino, et ciò à causa che detto Giorgis habbi presentato alla medema Real M.à per mezo del Cavaglier Giuen Suplica con diversi Foglij scritti da quali risultava, che detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co Garino nell’età d’un anno, è mezo fù consegnato ad Antonia Polletta di Castelamonte Regina delle Streghe (A Castellamonte si narra che la “regina delle streghe”, la Polletta sia stata bruciata sul rogo e che l’inquisitore fosse proprio Don Garino… - Gino Giorda in Una comunità e una società all’ombra del Bric di Filia) , ove per lo spatio di mesi tre L’impastorono con Hostie consecrate, e Reliquie d’ogni sorte, e presi li Ossi d’un Dannato ne habbino formato con la carne del detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co altra persona d’una medema sostanza, ed esenza, et doppo cinque anni di Diabolico Magisterio essendo sempre il detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co con l’altra Persona formata con sua carne, ossa del Dannato invisibilm.e per l’aria con Spiriti Maligni, comettendo colpe gravissime, e Maleficij ad ogni sorte di Persone, Bestiami, e Campagne, che perciò detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co implorava dalla prottetione reggia ottimi Sacerdoti per esser liberato da si Forti legami.

Nelli Foglij poi congiunti alla detta Suplica vi sono li nomi di quantità di Demonij consistenti in sette pagine di carta grande, et in altri foglij vi sono pure scritti li nomi di diversi Stregoni, frà quali vi sono anche persone di qualche distint.ne frà quali detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co attesta haver veduto, e ritrovato in ogni operat.ne di stregherie il Frate Vincenzo Speciale del Convento di S. Franc.co di Paula di questa Città. Tal suplica, et Foglij mi sono stati rimessi da S. M., e vedendo che contenevano cose inverisimili andavo dilungando l’affare non sapendo cosa mi dovesse credere tutto che fossi tutti li giorni instato (corretto sembra che fosse scritto invitato) dal detto Giorgis di render captivo il detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co , qual Finalm.e ivi fù presentato dal detto Abate suo Zio, e dal detto Giorgis di loro motto proprio, et sentito detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co alla presenza delli detti suo Zio, et Giorgis disse d’esser d’età d’ottocento dodici, et che ogni cent’anni ritornava Bambino, e rinasceva, et che era Figlio d’un Frate Guardiano di S. Fran.co di Paula chiamato Paulo Rino, et di Gioanna Acra Abadessa del Monastero di S.ta Teresa ambi della Città di Pariggi, da dove dice esser fugitti, et portatisi in Ox nella Morea, et doppo haver narrato quantità di Stregarie, e Maleficij, che hà com’isso à gionto a dire, che aveva fatto morire S.A.R. il Principe nostro di Piemonte di Gloriosa memoria, è d’haver cospirato per via di tali maleficij il Giorno di S. Gio: Batta 24 del scorso mese di Giugno nelle Persone Reali mentre si ritrovavano alla Tribuna nel Duomo al tempo de Divini Officij.


I roghi dell’Inquisizione in un dipinto antico

Ma alla vista de Soldati di Giustizia che traducevano il detto suo Zio, et il Suplicante Giorgis alle Carceri, messosi à piangere ha detto che quanto aveva deposto non era la verità, ma esser stato istigato à cosi dire dal detto Abate suo Zio à forza di mali trattamenti, e battiture, et che il contenuto in detti Foglij è stato scritto a dettame del medemo suo Zio, parte de quali in presenza del detto Giorgis, qual avendo detto al detto suo Zio che un Frate di S. Fran.co di Paula nominato Fra Vincenzo gli aveva levato la fortuna, e perciò detto suo Zio li dettò, e fece scrivere che il medemo Frate era un Stregone.

Disse pure esser stato rebatezato per due volte dal medemo suo Zio nella parochiale di Balme alla presenza di Pietro Poma loro servitore, quale esaminato admette d’haver veduto à quello rebattezare per due volte avendo lui assistito, tenendo lui il Cereo Pasquale alle mani per tali funzioni d’ordine di detto Parocho.

Esaminato il Suplicante Giorgis dice esser stato due Giorni alla casa del detto Parocho Garino, sendosi colà portato in cercha di miniere, et avendo sentito che detto Giuseppe Maria Paulo Franc.co nominava tanti Demonij, e Stregoni l’interrogò se aveva veduto Frà Vincenzo di S. Fran.co di Paula, che fa il Speciaro al che li fù risposto chè detto Frate si ritrovava in tutte le funzioni, perciò lo pregò in carità, se cio era vero di fargliene un attest.ne, et in cio dire essendosi assettato vicino al Fornello restò addormentato, et sendo indi stato svegliato detto Parocco, e Fig.lo li lessero l’attest.ne fatta, nella quale si ricorda, che detto Fig.lo s’intitulava Capo de Stregoni General.mo di tutto il mondo, et che aveva avuto detto Frate Vincenzo in tutte le funzioni di Stregarie.

Che in tanto hà ricercato tal attest.ne atteso che detto Frà Vincenzo era sempre in casa di Gio: Pro. Cadena suo Zio, trafettando con Madalena sua Moglie, e perché nell’Heredità di detto suo Zio non si sono ritrovati danari, hà sospettato che detto Frà Vincenzo quelli habbi asportato,e quant’onque detto suo Zio li avesse promisso di lasciarli doppo sua morte doppie dieci con tutti li instromenti di botegha, non hà pottuto haver cos’alcuna, sospettando pure che li Frati di S. Fran.co di Paula uniti à detta sua Zia siano la causa, sospettando ancora che detto Fra Vincenzo habbi sposato detta sua Zia, atteso massime che li fù detto dalla moglie dell’Hoste di Rivoli Sanregra di haver veduto un annello alla medema sua Zia che disse averli datto detto Frate, volendo sostenere che veramente d.° Giuseppe Maria Paulo Franc.co habbi fatto maleficijt massime in casa sua, sendosi sentito lui una notte à stringer il collo, et una delle sue Figlie si è sentita prender per le Treccie.

Oltre à quanto sopra si sono pur ritrovati diversi biglietti indosso al detto Giorgis, de quali alcuni d’inciarmi (1) per non esser colpito d’arma da Fuoco, et per il tormento della Tortura, avendo pure un pezo di carta sovra quale restano scritti il nome del Pontefice, dell’Imperatore, et altri Potentati, che hà tentato di lacerare in tempo del ritrovamento d’essi.

La onde non essendo la Causa contro il Suplicante ancor à suo termine, dovendosi confrontare col detto Parocco delle Balme, attorno quale oggidì il Giudice Ecclesiastico proseguisse la causa, sarei d’Humil.o sentimento si dovesse per ora sospendere le Gratie di S. M. sin’à tanto si creda l’esito del detto Prete per pottere conoscere, qual Dolo sia concorso nella persona del Suplicante nell’haver fatto nominare il Fra Vincenzo, et se habbia avuto qualche parte, et intelligenza col medemo Parocco nella present.ne della suplica e del detto Giovine Gius.e Maria Paulo Fran.co

(firmato) Giussiana


Una veduta di Balme

ASTO - Borelli - Editti antichi e nuovi

Parte 3° libro 6° pag. /46-747 Editto del 2 luglio 1673

Carlo Emanuele II Principe di Piemonte

(1)(Degl’incantesimi, ò Stregarie popolarmente chiamati Inchiarmi. Dichiaratione, chi sarà ritrovato con Inchiarmi adosso, ò convinto d’averli adoperati, sarà condannato à morte ove però il Magistrato non stimasse di moderarla, ò per l’età, ò per l’ignoranza dell Delinquente, ò qualità del delitto, ò circonstanze d’esso. C. Emanuele 2 luglio 1673)


Pur non disponendo di ulteriori notizie circa la sorte accaduta al Giorgis e al giovane nipote del parroco, sappiamo invece che il Garino, oggetto probabilmente di infiniti interrogatori e torture ed evidentemente giudicato colpevole, nel 1723 era stato tradotto come prigioniero e indicato come “mentecatto furioso” nelle carceri del Forte di Ceva, dove le spese del suo mantenimento vennero pagate dall’Arcivescovado di Torino fino al 1725, probabile data del suo decesso.

Il Forte di Ceva, di cui rimangono i resti ai nostri giorni, fu realizzato sulla rocca che sovrasta la città, fortificata a partire dal 1560 per volere del Duca Emanuele Filiberto di Savoia e i lavori terminarono sotto Carlo Emanuele. La fortezza aveva forma quadrangolare, su tre lati era cinta da possenti bastioni protettivi, mentre a strapiombo sulla città bassa vi erano le caserme e gli alloggi. Fu inespugnabile per lunghi secoli, e servì anche da prigione per personaggi illustri, tra cui l’illuminista Pietro Giannone (1738-1744). Fu distrutto dai francesi dopo il trattato di Cherasco e la vittoria francese di Marengo.

A Balme, dove sono frequenti i racconti delle cosiddette “masche” e dove “vè al màschess” (vedere le masche) è sinonimo di tribolazione e patimenti, analoghi a quelli che dovette subire il povero Garino, si tramanda una storia in cui il protagonista è, neanche a farlo apposta, un prete.

Non siamo in grado di risalire alla nascita di tale leggenda ma pare, come si racconta ancora, che un tale che trascorreva l’estate in località “Tchavanàttess”, poco prima di giungere al Pian della Mussa dalla parte del sentiero, dove ancora si vedono i resti di un rustico diroccato, vedesse ogni giorno verso l’imbrunire un gatto che tentava di infastidirlo. Pur senza cedere alla paura ma evidentemente turbato da tale insistente presenza, una sera decise di prendere l’archibugio e sparare un colpo contro quell’animale così perseverante.

L’esplosione fece fuggire il gatto zoppicante ma, il giorno successivo, quando l’uomo si recò in paese, si accorse come il parroco, probabile artefice di misteriosi sortilegi (la fisica), si trovasse con un braccio vistosamente appeso al collo.