Leggende e Tradizioni |
L’arcaica magia degli Uccelli del Paradiso |
05 Giugno 2021 | ||||||||||
Miti ancestrali, simboli leggendari e animali fantastici nei cieli dell’antica Europa…
Riprendiamo i nostri percorsi criptozoologici, questa volta volando sui confini tra zoologia e storia: parliamo di uccelli leggendari, che ci portano nel mondo fiabesco del mito, in particolare nei cieli delle antiche tradizioni slave. Tradizioni di grande suggestione, perché affondano le loro radici nel passato più arcaico del continente europeo, quando popoli provenienti prima dal bacino del Mar Nero e poi dalla Scandinavia posero le fondamenta delle nazioni celtiche dell'Europa orientale, lasciandoci, tra i tanti patrimoni culturali e spirituali, anche un bagaglio ricchissimo di miti e di leggende. Partiamo dall’Alkonost. È un uccello bellissimo, poderoso, grande almeno quanto un’aquila, dal piumaggio talora variopinto talora interamente bianco e dalle caratteristiche semiumane: la sua testa, infatti,appare come un viso di donna e le sue zampe terminano con due mani femminili. La più antica rappresentazione di Alkonо́st si trova in una miniatura del XII secolo: questo magico uccello appartiene a un’arcaica tradizione orale e quanto sappiamo di lui e dei suoi compagni Gamayun e Sirin ci giunge da manoscritti datati tra il 1200 e il 1400 dopo Cristo, dalle antiche cronache russe e anche dall’arte e dall’artigianato. Se ne trovano infatti rappresentazioni in numerosi dipinti, in bassorilievi nelle cattedrali medievali e nell’antica oreficeria; diffusissime poi le rappresentazioni in oggetti di uso comune: articoli per la casa, soprammobili, piatti dipinti, ciondoli,ricami, pizzi, tutte produzioni che, soprattutto nelle aree rurali, ancora oggi riprendono la figura degli Uccelli del Paradiso, testimoniando un sentimento che non si è mai sopito nei millenni.
Una stampa popolare del 1700 ci tramanda una descrizione intrigante dell’Alkonost: il magico volatile è rappresentato in un disegno molto colorato, con la didascalia "Alkonо́st vive vicino al paradiso. Quando canta, non si rende conto nemmeno di sé stesso. E chi si trova lì vicino si dimentica di tutto: la mente si allontana e l'anima esce dal corpo". Una descrizione suggestiva, che richiama a dimensioni che vanno oltre la fisicità, i pensieri e i problemi del quotidiano. Dimensioni che hanno evidentemente accompagnato, da sempre, le antiche civiltà europee. In ogni caso, l’Alkonost, nella tradizione popolare, è portatore di buone nuove, di serenità e di felicità. È considerato protettore dell’alba, il momento in cui la vita risorge con la luce del Sole, così come regolatore del vento e del tempo atmosferico; secondo una credenza, depone le sue uova nell’acqua del mare per portarle poi a schiudersi sulla terra: quando le uova scendono sui fondali marini è come se il tempo si fermasse e per sette giorni, fino a quando non vengono fatte risalire per schiudersi, regnano bel tempo e calma sui mari. Secondo un’altra tradizione, giunge in volo durante la giornata del “Salvatore delle mele”, antichissima festa popolare russa che si tiene ad agosto, per celebrare la maturazione delle mele: si posa sui meleti conferendo ai frutti forza e poteri curativi. È anche un messaggero divino: rappresenta sulla Terra il dio Horsa, dio del Sole dell’antica religiosità slava. Come il Sole, è portatore di doni: viaggia tra il mondo fatato e il mondo degli Umani portando con sé dei fiori, che tiene tra le mani e che sono auspici di rinascita e di prosperità della Natura, in tutte le sue manifestazioni; in alcuni casi, è stato rappresentato come portatore di una pergamena, dove le persone rette avrebbero potuto trovare indicazioni per compiere il proprio percorso verso il Cielo. Tutto questo, trasmettendo un messaggio che è sempre di grande dolcezza e gioia. Anche l’Alkonost, quindi, come tanti altri esseri fantastici, sembra incarnare la possibilità per l’Uomo di conoscere dimensioni diverse da quelle del proprio quotidiano e di percorrere un cammino verso la realtà della Natura. Una visione corroborata anche da altre leggende, tra le quali una secondo la quale l’Alkonost viveva su di una grande quercia nata con l’emergere stesso del mondo: un albero alto e possente che ricorda da vicino l’Yggdrasil, l’Albero della Vita della tradizione celtica. Su questa quercia, secondo la leggenda slava, l’Alkonost e altri uccelli leggendari deposero le loro prime uova, da cui ebbe inizio la vita sul Pianeta Terra. Quindi, animali straordinari, oppure esseri che questi animali rappresentavano o simboleggiavano, visti come fonte di vita e di evoluzione per tutti gli esseri viventi del Pianeta Terra.
È notevole il percorso storico che gli Uccelli del Paradiso slavi hanno compiuto dai tempi più arcaici ad oggi: le antiche popolazioni locali avevano un rapporto importante e molto diretto con la Natura e con il suo Mistero, identificavano segni e significati importanti nel cielo, nel Sole, nella pioggia, nel vento e negli animali non umani, animali che rivestivano ruoli di protettori della Natura e delle genti. Tutto questo fu spazzato via dall’imposizione forzata del Cristianesimo, nel corso del decimo secolo dopo Cristo: la Chiesa cristiano-ortodossa del tempo abolì i simboli protettivi associati agli animali e in particolare agli uccelli del buon auspicio. Questa operazione di annullamento culturale e spirituale fu aspramente osteggiata dai popoli slavi, fieri delle loro antiche tradizioni, al punto che le gerarchie ecclesiastiche finirono per consentire che gli animali continuassero a venire rappresentati e, nonostante il tentativo di cristianizzare gli Uccelli del Paradiso trasformandoli in Arcangeli o simboli dello Spirito Santo, il senso antico, potremmo dire il Cuore Antico trasmesso da questi esseri straordinari ha resistito fortemente nelle culture slave e resiste tuttora, in innumerevoli riferimenti e rappresentazioni artistiche e artigianali anche del giorno d’oggi. Enigmatica, da sempre, l’origine del nome “Alkonost”: l’opinione più diffusa è che derivi dal greco antico Alkuon. Nell’antica mitologia greca, Alkuon era il nome di una giovane donna che, avendo perso in mare il suo sposo a causa di una tempesta, si gettò intrepidamente nelle acque per cercare di salvarlo. Impietositi da questo gesto disperato, gli dei riportarono l’uomo in salvo e trasformarono per sempre lui e lei in uccelli destinati a vivere in simbiosi con le acque: il ricordo di un essere che doveva le sue sembianze di uccello a un intervento divino restò nella memoria e, forse, fu recuperato nel nome dell’Alkonost. Suggestiva anche l’origine del nome Gamayun, che sembra accomunare un termine iraniano, "humayun", che significa "felice", "buono", con un termine presente in antichi dialetti russi, cioè “hamayun”, che identificauna persona loquace, grande parlatore: due significati che si possono sommare, dal momento che una delle caratteristiche leggendarie del Gamayun era proprio quella di intrattenersi con le genti, parlare con gli Umani e farlo sempre con intenti benevoli e protettivi. Come l’Alkonost, anche il Gamayun era rappresentato alla stregua di un grande uccello, con un lungo piumaggio non bianco o variopinto come quello dell’Alkonost bensì di colori cangianti tra il bruno e il nero. Anche il Gamayun era semiumano, con viso e mani di donna.
E anche il Gamayun veniva visto come una sorta di messaggero divino: rappresentava un altro importante dio dell’antico pantheon slavo, vale a dire Veles, un’intrigante figura divina considerata divinità della saggezza, custode dei grandi segreti che riguardano il Mondo e la creazione dell’Uomo. Per questo al Gamayun veniva tributato un altissimo riconoscimento spirituale: era visto come una creatura profetica, in quanto consapevole di tutto ciò che sia accaduto, accade e accadrà nel Mondo nonché dei destini prevedibili o segreti degli Umani. Ruolo davvero ricchissimo dal punto di vista culturale, sociale e spirituale, oltreché molto suggestivo dal punto di vista criptozoologico. Nella sua infinita saggezza, il Gamayun era considerato portatore di felicità, di prosperità e di armonia: come l’Alkonost, aveva una voce melodiosa e si esprimeva con bellissimi canti. Secondo una credenza, poterlo ascoltare era un grandissimo dono e solo pochi Umani, puri di cuore, erano in grado di comprendere il messaggio dei suoi canti: a questi pochi, era riservato un destino di opulenza, dove possiamo leggere, così come nelle vicende di diversi altri animali fantastici e leggendari, la possibilità, attraverso di loro, di arrivare a godere di uno straordinario tesoro non solo materiale ma, eminentemente, spirituale. Quindi, l’Uccello del Paradiso Gamayun come portatore di conoscenza e di benessere, ma non solo: era anche visto come intermediario tra il mondo dei Vivi e il mondo dei Morti, traghettatore delle anime dal nostro mondo all’Aldilà. Il grande rispetto nutrito nei confronti di questo straordinario e profondissimo animale non umano è anche testimoniato da documenti medievali conservati presso l’Accademia Russa delle Scienze: sono per lo più missive di carattere politico o diplomatico, in cui venivano riconosciuti ai destinatari delle corrispondenze meriti o onori “paragonabili solo a quelli dell’Uccello Gamayun”. E così pure, tra i titoli di grande onore, le città russe di Smolensk e di Mikhailovsk riportano sul loro stemma proprio l’immagine di un uccello Gamayun. Uccello a proposito del quale si narra una leggenda molto particolare, secondo la quale se una persona riesce ad avvicinarsi molto a un Gamayun e a stargli vicino, questi muoverà le sue ali accarezzandogli il capo e creando un vento intorno a lui e questa persona potrà diventare un re. Simbolismo particolare, che suona più o meno così: chi riesce a comprendere e a vivere l’esperienza di saggezza di cui il Gamayun è portatore potrà soffiare via dalla propria testa ogni ingombro e divenire padrone di sé stesso. Concludiamo con il Sirin. Anch’esso dall’aspetto imponente, bellissimo a vedersi e morfologicamente semi-umano, sempre con viso di donna e mani femminili al posto delle zampe. È forse il veterano tra gli Uccelli del Paradiso slavi di cui si abbia testimonianza: le più antiche raffigurazioni di Sirin risalgono infatti al decimo secolo, realizzate su utensili di terracotta e su ornamenti d’oro e d’argento.
Il Sirin si distingue dall’Alkonost e dal Gamayun per il colore del suo piumaggio, talora grigiastro ma piùspesso dipinto con forti tonalità di rosso e arancio. Anch’egli è dotato di un magico canto ma rappresenta un po’ il lato oscuro dei poteri degli Uccelli del Paradiso: non per niente pare che il suo nome derivi dal greco “seiren”, sirena, a tramandare l’esperienza dell’Uomo attratto dalle suggestioni della mente. Infatti, da un lato leggenda vuole che il canto del Sirin dissipi le tristezze, i desideri, le ambizioni irraggiungibili ma, dall’altro, può indurre alla malinconia e può far perdere la cognizione del mondo che ci circonda. Ed è di particolare suggestione la credenza che sia possibile opporsi agli effetti negativi del canto del Sirin: lo si può fare cantando meglio e più forte di lui. La persona che riesce a far emergere la propria voce induce il Sirin ad un atteggiamento benevolo che può essere ricco di consigli per la propria vita. Testimonianze dell’antica tradizione slava tramandano che l’abilità di superare il Sirin nel canto ricorda all’Uomo che i valori più alti nella sua vita sono quelli spirituali. Così come il Sirin, perpetuando il ruolo degli Uccelli del Paradiso di mediatori tra gli Umani e le divinità, viene anche visto, nell’antico pantheon slavo, come messaggero degli dei che sovrintendono al Nav, il regno dei Morti. Ma è una mediazione dai caratteri particolari: infatti, chi ode il canto del Sirin non ha più paura della morte e può percepire il filo invisibile che unisce le generazioni passate a quelle presenti e future. Una particolarità: spesso Sirin e Alkonost vengono rappresentati insieme, in un simbolismo che ricorda l’eterno susseguirsi di morte e rinascita, non solo nel passaggio da una vita terrena a una vita ultraterrena ma anche nel morire e rinascere a sé stessi, sempre gli stessi ma sempre diversi, nel corso della nostra avventura su questa Terra. Nell’insieme dunque, la triade di Uccelli del Paradiso della mitologia slava è davvero sorprendente, per la sua ricchezza e bellezza di simboli e di messaggi: un autentico regalo criptozoologico che viene da molto lontano…
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