Leggende e Tradizioni

L’ultimo canto della Fenice, tra il magico e il meraviglioso

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20 Agosto 2020
La Fenice, animale fantastico e leggendario
La Fenice, animale fantastico e leggendario

Criptozoologia di confine: l’enigmatico e affascinante mondo degli Animali Fantastici


Riprendiamo il nostro viaggio tra le magie e i misteri della zoologia, alla ricerca di enigmi che dispiegano un’avventura ancestrale: quella dell’animale umano che si interroga sul mondo dove è stato messo a vivere.

E questa volta andiamo al cuore dell’ignoto: entriamo nel mondo degli “animali fantastici”. Costoro accompagnano l’Umanità, nella sua vita sul Pianeta, da sempre. Sono entrati a far parte dei miti, delle leggende e delle religiosità di tutte le culture umane. Hanno assunto il ruolo di simboli, messaggi importantissimi per tramandare concetti ed esperienze. E, da sempre, ci fanno sognare, ci proiettano oltre il quotidiano, oltre le abitudini mentali.

Da dove iniziare? Il regno degli animali fantastici è ricchissimo ma uno di questi spicca per quanto abbia sempre saputo attrarre l’animo umano con grazia e con dolcezza: parliamo della fenice. Un nome di per sé magico, che è entrato nelle lingue e nelle letterature d’ogni tempo.

C’è stato chi ha ritenuto che la fenice fosse un “vero” uccello, in carne ed ossa: sono state fatte tantissime ricerche, la fenice è stata identificata, di volta in volta, con l’airone, il fagiano dorato, il fenicottero, l’ibis, il pavone… ma nessuna identità ha mai avuto il potere di rappresentare la fenice per quella che è la sua caratteristica peculiare e cioè: la fenice è un animale non umano che ha la proprietà di morire e rinascere.

Bennu, la fenice egizia. Affresco dalla tomba di Iry-nefer a Deir el-Medina, Egitto
Bennu, la fenice egizia. Affresco dalla tomba di Iry-nefer a Deir el-Medina, Egitto

Certamente, uno straordinario potere: porta con sé un grande bagaglio di significati, che questo animale fantastico ci ricorda fin dai tempi più antichi.

Che si tratti di un uccello, seppur leggendario, questo è fuor di discussione, da tempi immemori. Ci sono animali che potremmo definire “equivalenti” della fenice nelle culture più arcaiche, come i Sumeri e gli Assiri, ma il primo riferimento letterario alla fenice viene dalla Bibbia, per la precisione dal Libro dell’Esodo, che risale a un’epoca di circa 800 anni prima di Cristo.

Poco dopo ne scrisse il poeta greco Esiodo ed è proprio con i Greci che la fenice assume un’immagine definita che non abbandonerà più, pur tra mille varianti. È un grande della letteratura greca, Erodoto, il padre della storiografia, che ci riporta il dato di un incredibile volatile vivente nelle terre mediorientali: splendido animale, della grandezza di un’aquila, dal piumaggio lunghissimo e variopinto, con colori cangianti dal giallo al rosso all’azzurro e un canto così soave che ogni mattina all’alba persino Apollo, il dio del Sole, fermava un istante il corso del Sole stesso per ascoltarlo.

Da Erodoto in poi, la fenice fu citata da tantissimi autori greci, latini e medievali: Ovidio, Lucano, Tacito, Clemente Romano, Tertulliano, anche il grandenaturalista Plinio il Vecchio nella sua opera fondamentale, la Naturalis Historia, studiata ancora oggi. E poi il Fisiologo, opera redatta ad Alessandria d'Egitto, in ambiente gnostico e intorno al 250 dopo Cristo, un trattato sulla fauna da cui presero ispirazione i “bestiari” medievali. Sempre nel Medioevo, per dirne solo uno, ne scrisse Dante Alighieri… e, un po’ più avanti negli anni, l’astronomo tedesco Johann Bayer in Uranometria, il primo atlante stellare della storia, datato 1603 o Pietro Metastasio nel suo melodramma Demetrio, del 1731 o Friedrich Bertuch, scrittore ed editore tedesco, nel suo Libro delle Creature Mitologiche del 1806. 

Feng, la fenice cinese. Statua nella città di Nanning, provincia di Guangxi
Feng, la fenice cinese. Statua nella città di Nanning, provincia di Guangxi

E diversi altri, giusto per rimanere nel mondo della cultura, diciamo così, occidentale. Perché, se ci spostiamo un po’ per il mondo, troviamo riferimenti alla fenice in tantissime altre culture. Presso gli Inca, gli Aztechi, i Nativi nordamericani, gli Ebrei, i Russi, gli Indù, i Mongoli.

E anche in Cina, dove la fenice, insieme con la tigre, la tartaruga e il drago, era uno dei 4 animali cosiddetti “spirituali”, che sostenevano tradizionalmente le vicende delle terre e dei popoli cinesi. In questo sistema, la fenice era chiamata Feng: era la personificazione delle forze primordiali dei Cieli e rappresentava il potere materiale e spirituale così come la prosperità, diventando per questo un attributo esclusivo dell'imperatore e dell'imperatrice, che erano gli unici in tutta la Cina ad essere autorizzati a portare il simbolo del Feng.

O ancora in Giappone, dove Ho-oo, la fenice, divenne addirittura il simbolo della famiglia imperiale, in virtù di alcune sue particolarissime connotazioni. Infatti, nell’antica cultura giapponese, la fenice era un essere disceso dal cielo a portare aiuto all’umanità. Era portatore di benessere ed era solito ritornare ai luoghi celesti da cui proveniva, per scendere di nuovo, periodicamente, sulla Terra quando ci fosse stato il bisogno di promuovere una nuova era. Una leggenda davvero intrigante che richiama ai miti dello Sciamanesimo druidico europeo, che parlano di Fetonte, il dio civilizzatore sceso dal cielo all’alba dei tempi a portare conoscenza ed evoluzione sul nostro pianeta. Saga di cui ha spesso narrato Giancarlo Barbadoro, compianto direttore Shan Newspaper, in molti articoli pubblicati su questa rivista.

Richiamo che diventa ancor più forte se esaminiamo altre caratteristiche di questo incredibile uccello, così come tramandate in varie leggende. Ad esempio, era solita nidificare in luoghi appartati, nei pressi di una fonte d’acqua sorgiva: cosa che richiama il culto dell’acqua, acqua che, per tutti i popoli della Terra, ha sempre avuto una valenza mistica legata al suo potere vitale e terapeutico. E richiama ai pozzi sacri, luoghi importanti nella tradizione del popolo che eresse in tutto il mondo le architetture megalitiche, dove i pozzi sacri erano santuari, sedi di ritualità e di celebrazioni.

La Fenice che risorge, dal Libro delle Creature Mitologiche di Friedrich Bertuch 1806
La Fenice che risorge, dal Libro delle Creature Mitologiche di Friedrich Bertuch 1806

Oppure il suo nutrimento: si dissetava con acqua purissima, bevendo la rugiada e si nutriva esclusivamente di vegetali (erbe, resine, bambù), insomma, niente che danneggiasse altre specie animali: un bel messaggio ecospirituale e antispecista che ci arriva da migliaia e migliaia di anni orsono.

E che dire poi della sua morte, a cui seguiva inevitabilmente una rinascita? In una visione criptozoologica, potremmo dire che la fenice vivesse un’epopea spettacolare! Come veniva descritta? Dopo un ciclo vitale che, per la maggior parte delle leggende, era di 500 anni (in certi casi si diceva fino a mille), la fenice si ritirava in pace, sulla sommità di un grande albero. Qui, avendo prima raccolto una grande quantità di erbe aromatiche, con queste si costruiva un nido e vi si adagiava. Leggende raccolte nel mondo greco raccontavano che la fenice passasse in questo nido la sua ultima notte e, ai primi chiarori dell’alba, cantasse per l’ultima volta. Canto tanto struggente che il Sole stesso si fermava un istante ad ascoltare, dopodiché riprendeva il suo corso inviando i suoi raggi a scaldare il nido, fino ad incendiarlo. La fenice si lasciava morire inondata dalle fiamme. Non tutte le tradizioni concordano su questo: ad esempio, per gli Egizi la fenice si lasciava invece annegare nelle acque del Nilo, mentre in Oriente spirava quietamente, senza alcuna fiamma.

Quello però con cui tutte le mitologie concordano è la rinascita: dalle ceneri o dai resti della fenice che si era lasciata morire, compariva chi dice un uovo chi dice una larva: era il cucciolo di fenice originato dalla morte dell’individuo che lo aveva preceduto. Cosa curiosa: questa comparsa avveniva dopo tre giorni dalla morte della fenice genitrice: un numero che sicuramente ricorda qualcosa e che ci fa pensare che la resurrezione di Cristo dopo tre giorni dalla morte sa un po’ di copiatura da tradizioni molto più antiche.

Tradizioni che, sul conto della fenice, ci riservano ancora grandi sorprese.

La Fenice nella cultura ellenistica. Mosaico a Dafne, sobborgo di Antiochia, Turchia, 300 circa d.C.
La Fenice nella cultura ellenistica. Mosaico a Dafne, sobborgo di Antiochia, Turchia, 300 circa d.C.

Andiamo a scoprire, ad esempio, cosa ne pensavano gli Egizi della fenice. La chiamavano Bennu, ed è tra l’altro da questo nome che poi derivarono il foinix greco e il phoenix latino. Ritenevano che la sua casa non fosse di questo mondo: per gli Egizi Bennu era la vera e propria “anima”, nonché il simbolo, di Ra, il dio Sole, l’ente da cui tutto traeva origine. L’ente che incarnava il processo continuo di morte e rinascita nella natura, morendo e rinascendo ogni giorno. Un compito, quello della fenice, decisamente fondamentale nel pantheon delle divinità egizie. Ma non solo, un compito che si portava dietro riferimenti ancor più intriganti. Gli Egizi infatti associavano Bennu a Venere, l’astro celeste che per primo risorge dopo ogni tramonto, apparendo come il più scintillante del cielo: il pianeta Venere veniva chiamato “la stella della nave del Bennu”, cosa che dà adito a interpretazioni molto suggestive sull’ipotesi, che citavamo prima, di un’origine extraterrestre della fenice o di quanto la fenice simboleggiava. Fenice che, peraltro, nel Testo dei Sarcofagi era definita come “L’Uccello che riempie il mondo di quello che il mondo ancora non sapeva”: nel suo canto, gli Egizi vedevano la rappresentazione del “soffio divino”, di quella “musica” o “vibrazione primordiale” creatrice dell’Universo che era ben nota all’ancestrale cosmologia dello Sciamanesimo druidico.

Bene, ce n’è abbastanza per fare della fenice un grande mistero della storia e della natura e una bellissima avventura cripto zoologica… e non è ancora finita. Nel suo morire e rinascere, come non intravvedere la possibilità che la fenice ricordi, agli uomini di ogni tempo, l’esistenza di un percorso che ci può portare a sperimentare sempre nuove dimensioni di esistenza, morendo e rinascendo a sé stessi, per così dire? Un percorso che è nella natura dell’essere vivente. Non a caso, probabilmente, il percorso spirituale dell’Alchimia, che secondo alcune leggende druidiche risale agli insegnamenti di Fetonte, dona alla pietra filosofale l’appellativo di “Fenice” e si conclude proprio con una fase che della fenice porta il nome.

In una parola… l’avventura continua!

 

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