Indigenous Peoples |
La battaglia dei menhir di Carnac |
30 Marzo 2011 | ||||||||||
In Bretagna da 20 anni si combatte per difendere uno dei massimi luoghi sacri dei Nativi Europei
Non si pensa che questo possa succedere anche in Europa. Eppure la lotta che i Bretoni stanno conducendo da 20 anni per difendere il loro massimo luogo sacro ha per molti aspetti delle analogie impressionanti con le lotte moderne degli Apache o degli aborigeni australiani. La Bretagna è un luogo molto particolare: testimonianze archeologiche di un lontano passato si mescolano alla bellezza selvaggia della natura. Gli abitanti trasmettono calore e ospitalità; antichi riti celtici si incontrano irrazionalmente con i culti della religione cristiana. La musica bretone condisce il tutto con la sua guerresca e poetica melodia. Carnac, epicentro culturale e spirituale della Bretagna, è uno dei luoghi megalitici più imponenti e conosciuti a livello mondiale. I menhir di Carnac sono più di 2.700, moltissimi dei quali allineati per chilometri. Pietre imponenti, alte fino a 20 metri. Innalzate dalle antiche popolazioni autoctone tra il 6000 e il 2000 a.C., le grandi pietre erette fanno parte di quel vasto patrimonio planetario ereditato da antiche culture sconosciute, edificato con tecnologie ancora tutte da spiegare. Sebbene venga loro attribuito un ruolo funerario, in realtà la funzione dei templi megalitici sembra essere essenzialmente di tipo spirituale. La gente di Carnac ha sempre convissuto con gli allineamenti dei menhir. Tracce di abitazioni gallo-romane sono state trovate al Kermario, uno dei siti megalitici più importanti della zona, dall'archeologo James Miln nel 1877. Il villaggio del Menec, di epoca medievale, è stato costruito all'interno del cromlech (cerchio di pietre) omonimo. Al Kermario, la "Petite Metairie", la cascina dove oggi si riunisce il movimento di protesta, secondo antichi documenti esisteva già nel 1440. Tutti questi insediamenti sono stati costruiti attorno ai menhir, rispettandoli e senza distruggerne alcuno. Gli abitanti della zona conservano numerose leggende sugli allineamenti. Leggende che si legano alla figura del patrono di Carnac, St. Cornely, a metà fra la figura del druido e del sacerdote, figura conosciuta già nel 1326 e profondamente legata alla sopravvivenza di riti e tradizioni pre-cristiane. La leggenda racconta che St. Cornely, inseguito da un'armata romana, trasformò i soldati in pietra creando così gli allineamenti di menhir. Si racconta anche che i menhir venissero usati per i riti della fertilità e per riti propiziatori. Riti di cui si ha traccia ancora nel 1880. Gli allineamenti di menhir sono anche stati da tempi immemorabili testimoni della "Grande festa dei Menhir": musicisti venuti dai quattro angoli della Bretagna si riunivano presso i megaliti per far danzare le persone sulle arie tradizionali, secondo l'antica usanza dei Fest-Noz. Questa usanza si è protratta fino alla fine degli anni '80, prima che il sito venisse chiuso.
Oggi il Fest-Noz di Carnac, uno dei festival celtici più sentiti in Bretagna, si svolge in una radura presso i menhir recintati del Kermario, ed è dedicato alla protesta per le tanto odiate griglie. Il LabGraal, ospite abituale, si schiera a fianco dei Bretoni e ogni volta raccoglie migliaia di persone da tutta Europa che si uniscono nelle musiche, nelle danze e nello spirito della manifestazione. I menhir di Carnac costituiscono oggi un patrimonio che rappresenta l’eredità di un passato lontano migliaia di anni, patrimonio già a suo tempo adottato dai druidi preistorici che lo ricevettero da un popolo sconosciuto, e ai giorni nostri conservato gelosamente da coloro che vantano una tradizione celtica, e che non si sentono francesi, ma orgogliosamente “Bretoni”. Per gli abitanti di Carnac, e per i Bretoni in genere, il sito megalitico degli “alignements” di menhir costituisce un riferimento spirituale e culturale. Da secoli gli abitanti erano abituati a celebrare in mezzo ai megaliti tutte le loro cerimonie principali, dai matrimoni ai funerali, dai battesimi alle investiture dei loro druidi. Le assemblee cittadine venivano convocate lì, tra i menhir, e così pure le manifestazioni culturali, artistiche, religiose, mescolando fra loro antichi riti con culti moderni. Luogo di incontro e di passeggiate a contatto con la natura e con la testimonianza irreale di una tradizione arcaica. E in effetti l’aria che si respira in Bretagna è irreale e onirica. La battaglia dei menhir Da oltre due decadi gli abitanti di Carnac hanno ingaggiato una battaglia che ha assunto nel tempo toni sempre più accesi fino a interessare anche le Nazioni Unite e l'UNESCO. Tutto è nato nel 1991, quando il governo francese decise di recintare il sito megalitico con il dubbio pretesto di un’opera di conservazione e di restauro. Il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di un mega-stabilimento turistico, con tanto di supermercati, ristoranti, trenini per i turisti. Il progetto veniva chiamato dagli abitanti, ironicamente, “Menhirland”. Dopo essere stato per migliaia di anni il riferimento spirituale e culturale degli abitanti della zona, il luogo megalitico improvvisamente veniva tolto all’utilizzo di chi lo aveva frequentato da secoli. Questo, per i cittadini di Carnac, è stato insopportabile. I Bretoni, che per loro natura sono un popolo tutt’altro che mite, hanno reagito con una protesta guidata dall'associazione "Menhirs Libres", protesta che è divenuta sempre più dura con il passare del tempo. Si sono aggregati, hanno promosso petizioni, hanno fatto sit-in di protesta, occupazioni del sito megalitico, si sono fatti ricevere dalle prefetture interessate. Per i Bretoni i menhir sono presenze vive, non reperti da conservare in un museo. Le pietre erette fanno parte della loro storia e del loro scenario naturale, sono amate e rispettate, sono considerate elementi magici e terapeutici. Depositarie di un mistero che le rende ancora più degne di rispetto. Immaginiamo quindi come questo esproprio possa essere visto come una vera e propria profanazione.
In questi 20 anni non sono stati pochi gli scontri con la polizia, uno dei quali, particolarmente violento, è avvenuto nell’ottobre 2002 davanti al Municipio di Carnac, dove un centinaio di cittadini manifestava pacificamente, ma è stato caricato senza motivo dai gendarmi. Ne è seguito uno scontro acceso, e alcuni manifestanti sono rimasti feriti gravemente. La manifestazione era in risposta di uno sgombro appena avvenuto al sito del Kermario, dove il Collettivo Holl a Gevred (che in bretone significa “tutti insieme”) aveva occupato il sito per 41 giorni, per protestare contro la recinzione dei menhir. Un gruppo di Bretoni, composto da intere famiglie con bambini e anziani, si era accampato nel Kermario organizzandosi con tende e addirittura con un gruppo elettrogeno, per manifestare pacificamente contro la chiusura del sito. L'irruzione violenta della polizia aveva costretto i manifestanti, dopo 41 giorni, a sgomberare il luogo. L'associazione Menhirs Libres, il maggior movimento in opposizione delle griglie intorno ai menhir, è guidata da Céline Mary, una combattiva donna bretone che conduce la protesta seguita dalla maggior parte dei cittadini di Carnac e sostenuta dalla stragrande maggioranza dei Bretoni. La lotta di Céline Mary è supportata da centinaia di persone che non si stancano di organizzare iniziative per divulgare il caso e di protestare presso le autorità. Céline Mary è bretone e vive da sempre a Carnac. Come molti bretoni è una persona semplice, schietta e modesta. Da 20 anni conduce la lotta per difendere il luogo sacro dei Bretoni, e con esso le loro tradizioni e le loro credenze. Una lotta condotta insieme al marito Guy finchè questi non venne a mancare improvvisamente nel 2004, e non sono pochi coloro che ne attribuiscono la causa allo stress dei tanti anni di lotta. Nonostante il vuoto lasciato dal marito, Céline non ha abbandonato la lotta e si è impegnata ancora di più in una battaglia che ha coagulato intorno a lei un movimento sempre più vasto. Dice Cèline Mary: “Questo luogo è sempre stato abitato ed ora lo Stato vuole trasformarlo in un museo. Questo significa togliergli la vita, spogliarlo di tutto. I menhir sono sempre stati un luogo di vita e devono continuare ad esserlo per sempre.” La Ecospirituality Foundation si è schierata al fianco di Menhirs Libres per aiutare gli abitanti di Carnac a difendere il loro luogo sacro. Il caso è stato portato davanti all'Assemblea dell'ONU di New York e presso la Commissione per i Diritti Umani di Ginevra, affinchè la lotta di Carnac venga conosciuta e diffusa come caso emblematico di una violazione dei diritti spirituali e culturali di un popolo autoctono che da sempre lotta per conservare la sua identità. Il “caso”, da nazionale è così diventato internazionale ed è stato esportato fuori da un contesto prettamente locale. Sono state fatte conferenze, è stato realizzato un video che documenta la protesta, se ne è parlato sui giornali europei. Nel marzo 2003, forse a seguito delle dimensioni che la protesta aveva assunto, finalmente un cenno positivo: a seguito di una visita a Carnac del Ministro francese della Cultura, il progetto in atto veniva sospeso per stabilirne uno nuovo, ancora da stilare. Una prima vittoria che tuttavia non ha eliminato le griglie intorno ai menhir e che non ha fatto distendere i Bretoni, convinti che la battaglia sia ancora tutta da giocare. Un sopruso che parte da lontano In realtà il luogo sacro dei Bretoni era minacciato già da tempo. La cronistoria della vicenda rivela particolari inquietanti e un accanimento inspiegabile da parte delle autorità. Già negli anni '70 il sindaco di Carnac, nonchè Ministro dell'Interno, propose di abbattere tutti i menhir e fare delle riproduzioni in calcestruzzo per gestire meglio il flusso dei turisti. Proposta che per fortuna non venne approvata. Negli anni '80 molti menhir vennero abbattuti, nonostante l'indubbio valore archeologico, in un'operazione di "ripulitura" della vegetazione. Nel novembre 1990 il Ministro della Cultura annunciò la messa in opera del progetto "Grand Carnac" per la gestione del sito. Il progetto prevedeva l'acquisizione da parte dello Stato di 150 ettari della zona intorno ai menhir. Le modalità dell'operazione non vennero comunicate agli abitanti, i quali vennero a conoscenza del progetto dai giornali, con l'annuncio dell'esproprio. Nel 1991 vennero installati più di 10 Km. di griglie che ingabbiavano i menhir. L'ingresso fu impedito agli abitanti e vigilato da guardiani. Molti terreni di proprietà divennero inaccessibili, i diritti di passaggio e di proprietà non furono più rispettati. Molti terreni agricoli si trovarono completamente rinchiusi e impossibili ad usarsi; gli agricoltori erano costretti a chiedere ai guardiani di farsi aprire, ma gli orari ne rendevano impossibile l'utilizzo. Gli agricoltori furono costretti ad abbandonare i loro campi.
Sempre in quell'anno venne autorizzata dallo Stato, benchè illegale, la costruzione di un edificio commerciale a poche decine di metri dagli allineamenti. Le Belle Arti depositarono una denuncia, che fu poi inspiegabilmente ritirata. Nel 1994 le associazioni locali tolsero alcuni metri di griglia che ostruivano un sentiero pedonale che si trovava su una proprietà privata. Era solo un atto simbolico, ma Céline Mary fu accusata di "furto di bulloni e catene da chiusura", nonostante i bulloni e le catene fossero stati restituiti dopo l'atto dimostrativo. Céline Mary venne condannata a 6 mesi di prigione e 5.000 franchi di multa "a titolo di esempio". Più altri 6 mesi di prigione per aver ostacolato i lavori di chiusura di un passaggio, pur essendo un diritto di passaggio notificato da atto notarile. Sempre in quell'anno, l'incaricato dello Stato notificò ad alcuni abitanti delle cascine nella zona (ultraottantenni) l'esproprio delle loro case, per la loro imminente distruzione. Furono inoltre costruite altre griglie intorno alle case abitate, impedendone l'accesso. Le griglie, a pochi metri dai perimetri delle case, imprigionavano le abitazioni Nel 1998 più di 250 ettari furono confiscati dallo Stato. Il ministero dei Monumenti Storici acquisì altri 186 ettari tra gli allineamenti del Kermario e del Kerlescan. Per la seconda fase del progetto, altre case furono espropriate. La decisione nel 2003, da parte del Ministro della Cultura, di annullare il progetto fece intravvedere finalmente uno spiraglio. La protesta internazionale aveva dato i suoi effetti, il precedente progetto fu cancellato e venne deciso di stilarne uno nuovo che rispettasse il luogo e le esigenze degli abitanti, in consultazione con "Menhirs Libres". Una prima vittoria che tuttavia non ha portato alla liberazione dei menhir e che non lascia del tutto tranquilli i Bretoni, i quali temono che da un momento all'altro venga stilato un nuovo progetto di utilizzo commerciale del sito. Ora la situazione è in stallo, il luogo è tuttora recintato e i cittadini di Carnac non possono mettere piede nei loro territori considerati sacri. In questa indeterminatezza l'unica cosa certa è lo sfruttamento commerciale del luogo: in attesa di un progetto che risolva l'annosa questione, il posto è diventato un centro turistico, con un imponente belvedere di cemento che incombe sui menhir, chiamato Archéoscope, a cui lo Stato ha accordato il permesso di costruzione senza rispettare il limite dei 500 metri generalmente imposti in prossimità di un sito storico. Nell'Archéoscope è in corso un fiorente commercio basato su ogni sorta di souvenirs relativi ai menhir. Un trenino per turisti incessantemente percorre i vialetti costruiti intorno ai menhir. Visite guidate a pagamento "spiegano" nei minimi dettagli tutti i misteri riguardanti i menhir, la loro costruzione, la loro funzione, sotto gli sguardi ironici della gente del posto, l'unica forse che potrebbe fornire valide informazioni sul proprio luogo sacro.
Un luogo sempre stato, da secoli, tranquillo e ospitale, di libero accesso per chiunque, frequentato dai Bretoni e da un turismo non di massa e rispettoso delle grandi pietre, oggi è ostaggio di funzionari statali che hanno il compito di sfruttarlo economicamente il più possibile e di tenerne lontani gli scomodi abitanti del posto. Dall'altra parte della barricata, il movimento "Menhirs Libres" è impegnato in un nuovo atto della battaglia: l'iscrizione del sito megalitico all'UNESCO, per essere classificato come "patrimonio dell'umanità". Secondo una dichiarazione del Ministero della Cultura francese, il sito ha tutte le caratteristiche per avere l'ambita qualifica, e questa iscrizione lo tutelerebbe da qualsiasi progetto o costruzione futura. Ma la domanda non ha ancora avuto alcuna risposta e sembra si sia arenata nei meandri della burocrazia, con il rischio di lasciare la questione nell'indeterminatezza ancora per molti anni. La determinazione con cui i Bretoni difendono il loro luogo sacro è pari forse solo all'accanimento con cui le autorità cercano di dissuaderli. Una situazione che rivela un conflitto tra due realtà: quella della società maggioritaria e quella delle popolazioni autoctone che vogliono mantenere vive le loro tradizioni e la loro cultura. Nella Dichiarazione dell’ONU sui Diritti dei Popoli indigeni si legge: "I Popoli indigeni hanno il diritto di mantenere le loro caratteristiche spirituali e il riferimento ai loro territori sacri." Questo diritto oggi è negato ai Bretoni. La battaglia dei menhir è un caso emblematico di violazione dei diritti religiosi di un popolo, una violazione che coinvolge una popolazione autoctona del nostro continente i cui appartenenti si considerano Nativi europei. Il fatto avviene in Europa, ma mostra delle straordinarie analogie con le battaglie dei Nativi di altri continenti, come gli Apache o gli aborigeni australiani. Anche i Bretoni sono un popolo che da sempre lotta per conservare le sue radici culturali e per la sopravvivenza della sua identità tradizionale. Una battaglia combattuta ancora una volta per la difesa di una tradizione che non vuole morire. |