Indigenous Peoples |
I danni della Discovery Doctrine |
28 Luglio 2022 | ||||||||||
Una bolla papale del 1400 ancora oggi in uso decreta che i Nativi possono essere usati come schiavi per “diritto divino”
È comparsa in questi giorni su tutti i media la notizia del “pellegrinaggio di penitenza” di Papa Francesco in Canada durante il quale il pontefice visiterà le comunità dei nativi canadesi per scusarsi degli abusi messi in atto nelle scuole residenziali. Ma alcuni leader spirituali dei Nativi giudicano insufficienti le scuse, paragonate alle immense sofferenze causate alle tribù indigene. Hanno chiesto quindi al Papa, quantomeno, la revoca della Discovery Doctrine e la restituzione dei manufatti indigeni. Questa richiesta non è nuova: subito dopo la nomina del nuovo Papa, 500mila Nativi americani hanno rivolto al nuovo pontefice un appello affinchè venisse abolita la famigerata bolla papale chiamata “Discovery Doctrine” o Dottrina della Scoperta. La speranza dei Nativi era che questo Papa, che sembrava sensibile ai problemi del terzo mondo e delle popolazioni native, abolisse finalmente una legge che ha provocato morti, distruzioni, sopraffazioni, in nome di una presunta “legge divina”. La Discovery Doctrine è una Bolla papale emanata nel 1452 da papa Niccolò V. Fu confezionata su misura per il re del Portogallo Alfonso V, con la quale il pontefice gli garantiva il possesso delle terre scoperte nell’Africa del Nord e affacciate sull’Atlantico. La Bolla fu poi estesa a Colombo per la conquista delle terre d’oltreoceano. Dopo lo sbarco a San Salvador, Colombo eseguì una cerimonia per “prendere possesso” della terra a nome del re e della regina di Spagna, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Le terre scoperte erano considerate “res nullius” ossia terre di nessuno, anche se sopra di esse vi erano popolazioni autoctone che vi dimoravano. Le“nuove terre” appartenevano per diritto divino al Sommo Pontefice secondo la convinzione che il papa, successore di Pietro e rappresentante di Cristo in terra, fosse signore di ogni cosa. I pagani, ossia chi era al di fuori del cristianesimo, non avevano diritto a nulla finché non riconoscevano la sovranità di Cristo e della Chiesa. La Bolla imponeva altresì l’obbligo dell’evangelizzazione degli indigeni, tuttavia, quando ad essi veniva rivolta in latino la richiesta di convertirsi al cristianesimo, essi non capivano la lingua e non potendo rispondere, venivano automaticamente considerati schiavi.
La Discovery Doctrine ha così consentito ogni genere di nefandezza e sopraffazione ai danni delle popolazioni native. Gli indigeni furono schiavizzati, sottomessi, depredati di tutto. Questi effetti si sono protratti anche nei secoli successivi. In Canada ad esempio lo Stato introdusse politiche, pratiche e istituzioni intenzionali e ingiustificabili, per “uccidere l'Indiano che c’è nel bambino”, secondo il tristemente noto motto “kill the indian, save the man” ancora oggi in uso. Le scuole cosiddette “residenziali”, costruite in tutto il Canada, gestite da varie confessioni della Chiesa, ora soggette all’indagine di una Commissione nazionale denominata “Truth and Reconciliation Commission”, hanno strappato i bambini indigeni alle loro famiglie, alle loro comunità, li hanno privati delle loro culture e lingue per “civilizzarli” e assimilarli. Nel frattempo, venivano istituite altre iniziative per impossessarsi delle terre, dei territori e delle risorse dei Popoli indigeni. Le autorità e i sistemi di governo indigeni sono stati sistematicamente rimpiazzati, attraverso l'Indian Act, con sistemi di governo su cui lo Stato aveva controllo legislativo. Inoltre queste leggi determinavano anche chi era e chi non era “Indiano” - uno status legale imposto. Tutto questo, insieme ad altri sforzi di supporto, era progettato per implementare la cosiddetta “Discovery Doctrine”. Questo non è successo solo in Canada ma presso tutte le culture native. In Australia è tristemente noto il caso della “stolen generation” (generazione rubata), venuto alla luce dopo l’indagine del National Inquiry commissionata dal Governo australiano nel 1995 in risposta alla campagna da parte dei movimenti indigeni. L’indagine ha affrontato e analizzato una delle pratiche coloniali più sistematiche e crudeli dello stato australiano all'interno di un'ideologia politica e religiosa di assimilazione. L'inchiesta ha stimato che dal 1911 al 1970 circa 100.000 bambini aborigeni, la maggior parte di discendenza mista e sotto i cinque anni, furono allontanati dai genitori e familiari e rinchiusi in istituzioni religiose, a migliaia di chilometri dalle loro terre.
I bambini venivano usati come schiavi, spesso abusati sessualmente; veniva loro proibito, attraverso severe punizioni corporali, di usare la loro lingua e i loro usi e costumi. Un raffinato genocidio, apparentemente incruento, con il quale si obbligava una civiltà a lavare il suo sangue, mischiandosi obbligatoriamente con i bianchi fino a scomparire. Migliaia di questi bambini morirono per maltrattamenti o suicidi. Nella maggior parte dei casi, le conseguenze furono depressioni o problemi psicologici permanenti. In America migliaia di bambini indigeni sono spariti o morti, altre migliaia hanno riportato danni psicologici irreparabili a causa dell’integrazione forzata nelle strutture religiose, secondo il motto “kill the indian, save the man” coniato da Richard H. Pratt, fondatore della Carlisle Indian School, il cui motto è diventato la parola d’ordine del genocidio. All’inizio del ‘900 il governo americano decise una strategia per estirpare la cultura dei Nativi americani, puntando sui bambini: allontanati dalle famiglie, anche grazie al fatto che nelle riserve scarseggiavano le scuole, erano educati alla vita dei bianchi per ottenere una nuova generazione di Indiani finalmente integrati. Le scuole erano cristiane, e tutte imponevano ai piccoli di dimenticare la lingua, le usanze, i vestiti, il modo di acconciare i capelli, il cibo, tutto ciò che era indiano. Le pene erano severissime. Molti bambini scapparono per ritornare nelle riserve, altri si trovarono “sdoppiati”: pregavano un dio a scuola e celebravano gli antichi riti quando tornavano in famiglia per le vacanze, parlavano inglese pensando nella lingua nativa, studiavano la storia degli Stati Uniti su libri che li dipingevano come selvaggi, imparavano il Giuramento alla Bandiera, senza sapere veramente cosa fosse quel pezzo di stoffa. Sia il governo degli Stati Uniti, sia il Canada emanarono leggi che vietavano espressamente riti e cerimonie indiane, e questa situazione si protrasse fino alla fine del s ecolo scorso. Ma gli effetti della Discovery Doctrine si sentono ancora oggi. Le scuole Indiane in America sono state costruite sul principio che le civiltà indigene fossero inferiori e avessero bisogno di essere cristianizzate e civilizzate. Questa mentalità purtroppo è ancora oggi molto evidente. Nel Forum dei Popoli Indigeni che si svolge ogni anno all’ONU di New York l’argomento della Discovery Doctrine è sempre molto sentito, al punto che nel 2010 il Forum aveva come tema principale proprio la Discovery Doctrine. I Nativi hanno chiesto più e più volte alla Chiesa Cattolica di abolire questa Bolla, ma nonostante Concilio Mondiale delle Chiese l’abbia ripudiata, la Chiesa Cattolica non lo ha mai fatto. Ma i danni della Discovery Doctrine non sono evidenti solo nei Nativi di altri continenti: si sono manifestati anche in Europa.
Le “prove generali” di sottomissione sono avvenute molti secoli prima delle colonizzazioni degli altri continenti. E sono state fatte proprio in Europa, ai danni dei “pagani” che popolavano i nostri territori. Anche in Europa esistono popoli autoctoni che sono stati privati della loro cultura e delle loro tradizioni, culture pacifiche che sono state colonizzate, assorbite e distrutte prima dall’Impero romano e poi dal Cristianesimo. L'Europa ha ospitato una antica civiltà che non ha nulla di meno delle altre civiltà antiche come quella egizia o della Mesopotamia, una civiltà con una elevata conoscenza sia tecnologica che spirituale, come dimostrano i reperti che ancora oggi sono presenti a testimonianza della raffinata forma di pensiero di quella cultura, o i poemi e i miti che ne rivelano la profonda mistica. Un impianto filosofico che ha ispirato correnti di pensiero e religioni successive. Le tecnologie e le conoscenze dell'antica civiltà europea furono assimilate nel nuovo potere, distruggendone le vestigia e integrando forzatamente milioni di individui nei loro sistemi o sterminandoli in vere e proprie pulizie etniche quando resistevano. Lo sterminio dei Catari nel sud della Francia ne è un triste esempio. La filosofia dei Catari, di ispirazione celtica, aveva affascinato tutte le categorie sociali, dagli aristocratici ai ceti più umili. I Catari, definiti “Bon Hommes” (uomini buoni) per la loro filosofia di vita basata sull’umiltà, sulla tolleranza e la fratellanza, con il loro modo di vivere fondato sull’esercizio di povertà, umiltà e carità, avevano una tale presa sulle popolazioni che presto si diffusero in gran parte dell’Europa. Questo spinse papa Innocenzo III a proclamare la ben nota crociata capeggiata dall’abate di Citeaux contro gli Albigesi. La crociata durò più a lungo del previsto, dal 1209 al 1244, ma ebbe come risultato l’annientamento quasi totale dei Catari. La Chiesa si assunse così la responsabilità di massacri di ferocia inaudita, fra cui spicca il massacro di Béziers del 22 luglio 1209, quando i crociati massacrarono non meno di 20.000 abitanti fra uomini, donne e bambini. Questo diede il via alla legittimazione dell'Inquisizione nel 1233: l'eresia doveva essere punita per il bene spirituale dell'individuo e per la conservazione della Chiesa. Per risolvere il problema spinoso del catarismo, fu appositamente creato da papa Gregorio IX il Tribunale dell'Inquisizione, con le conseguenze storiche che tutti conosciamo. Sembrano eventi distanti da noi anni luce, eppure la mentalità che ha ispirato la Discovery Doctrine si manifesta ancora oggi. Su tutto il pianeta esistono comunità autoctone che continuano ad essere discriminate e perseguitate. I loro luoghi sacri vengono smantellati, profanati o ne viene impedito l’utilizzo, le loro tradizioni vengono considerate “pericolose”. Possiamo citare il caso della montagna sacra degli Apache, Mount Graham, elemento di unione spirituale per tutte le Nazioni Apache del Nord-Ovest. Questa montagna è stata inspiegabilmente scelta come sito per uno dei più grandi osservatori astronomici internazionali. Uno dei più grandi ma anche il più inutile: infatti il sito non si è rivelato adatto per l’osservazione delle stelle. Il motivo per cui sia stato scelto proprio quel posto è un mistero. I due maggiori sponsor del progetto sono il governo italiano e il Vaticano. Emblematiche a questo proposito le dichiarazioni di Padre Cohen, allora direttore della specola vaticana, che ha dichiarato che “il luogo, secondo la Chiesa, non era da considerarsi sacro”. E ha aggiunto che “la religiosità degli indiani andava soppressa con ogni mezzo”.
Un caso analogo avviene nel Camerun, dove esiste una montagna sacra per i Nativi del posto che da decenni è profanata da una enorme croce cristiana che la Chiesa Cattolica ha fatto installare sulla sua sommità. Un altro caso ancora, tra i tanti, è quello dei Menhir della Bretagna. Il sito megalitico di Carnac è da millenni un luogo di riferimento spirituale per le comunità autoctone della Bretagna, ma da qualche decennio queste comunità non possono più riunirsi nel loro luogo sacro perché il governo ha deciso di recintarlo, con dubbi pretesti di preservazione, impedendone l’accesso a chi lo usava da generazioni. Potremmo citare centinaia di casi analoghi. Anche i territori del Nord Italia sono teatro di storie simili. La Ecospirituality Foundation si è schierata a fianco di questi popoli lottando per la preservazione dei loro luoghi sacri e ogni anno porta all’ONU di New York e di Ginevra gli appelli per denunciare i soprusi ai danni di queste culture. Eppure, nonostante l’opera di smantellamento a cui sono state sottoposte, molte comunità tradizionali sopravvivono ancora oggi in Europa, anche se, memori della tragica lezione del passato, nascondono la loro presenza agli stati europei per paura di possibili persecuzioni e continuano l'antica tradizione. La stessa cosa avviene negli altri continenti. Gli aborigeni australiani portano avanti con discrezione la loro tradizione, così come gli Apache nel Nord-Ovest degli Stati Uniti, o i Nativi del Camerun e del Benin. Queste culture, contrariamente al progetto disegnato dalla Discovery Doctrine, stanno crescendo, si stanno unendo, stanno trovando i legami spirituali che esistono nonostante le diverse lingue e le distanze geografiche. Il Forum degli Indigenous Peoples di New York, diventato l’assemblea più vasta delle Nazioni Unite, ne è la prova. Popoli, tribù, clan che rispettano le idee di chi ha scelto le altre fedi confessionali, ma che chiedono altrettanto rispetto per le proprie idee, per la propria esperienza e per le proprie scelte. A dispetto dell’azione della Discovery Doctrine, tesa ad annientare totalmente le culture che non si lasciavano assimilare dal cristianesimo, una storia parallela sta andando avanti nell’umanità, con discrezione ma con una forza di impatto che nessuno potrà più fermare. Fonte: Civico 20 News - www.civico20news.it
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