Indigenous Peoples |
Credenze spirituali africane |
29 Gennaio 2020 | ||||||
Mamiwata, una divinità conosciuta da molti popoli del continente nero.
Si dice che l'Africa sia la culla dell'umanità! Secondo quest'affermazione, il popolo africano di oggi viene da molto lontano. E, attraverso i secoli, sono tante le credenze spirituali che segnano l'identità di questo popolo. Tra queste credenze, la divinità Mamiwata occupa un posto di rilievo. Mamiwata, un mito popolare Mamiwata è la Madre delle acque, metà donna metà pesce, metà dea terrestre, semi-acquatica, dea del culto Vudù in Benin e Togo. Spirito dell'acqua temuto dai popoli dei paesi della costa dell'Africa occidentale e centrale, vaga nella notte africana, sotto forma di fantasma. Mamiwata è una divinità oggetto di tanti culti quanti seguaci. Eroina di racconti lacustri e leggende metropolitane, ricopre svariati simboli e culture, incarnando tanto virtù quanto speranze. Può apparire nei sogni e nelle visioni di chi le è devoto, assumendo qualsiasi aspetto desideri. Si dice inoltre che cammini per le strade delle moderne città africane, apparendo come una donna magnifica e sfuggente.
Mamiwata, un essere ibrido Mamiwata, oltre ad essere un essere ibrido, è una divinità straniera. Straniera agli uomini e estraneo alla natura. E' una creatura soprannaturale perché incarna l'intersezione di tre mondi: animale, umano e spirituale. Questo essere ibrida, che è di fatto una deformità, perché rende Mamiwata un “mostro”, le conferisce paradossalmente tutti i suoi poteri. Mamiwata è anche l'unica divinità africana, venerata o conosciuta in uno spazio geografico che riunisce culture e popoli diversi come i Fon del Benin, gli Ewé del Togo, gli Ibo della Nigeria, i Batanga del Camerun e i Kongo della Repubblica Democratica del Congo. Sebbene sia oggetto di diversi culti e sia legata a simboli molto specifici a seconda di etnie, credenze, ma anche background sociali, si può dire che Mamiwata è una dea "panafricana". Spiritualità attorno a Mamiwata Le divinità acquatiche e lacustri erano ampiamente rappresentate, nell'Africa occidentale come nell'Africa centrale. Nella cultura Ibo della Nigeria, erano venerati gli Ndi mmili, degli spiriti acquatici, mentre nella civiltà Kongo, questi spiriti erano chiamati mbumba e facevano spesso riferimento a un grande serpente mitico. La divinità Mamiwata è stata integrata nel pantheon degli dei preesistenti del vudù sulla base di una o più divinità acquatiche, ma soprattutto attraverso il culto Dan del pitone reale, praticato dai Mina, dagli Ewé , gli Adja, i Fon, gli Yoruba e gli Ibo. Avendo la religione vudù attraversato l'Atlantico, con gli schiavi africani, nel corso di quasi quattro secoli di tratta, la sirena Mamiwata è molto presente anche in alcuni culti della diaspora nera. In particolare quelli di Candomblé in Brasile, dove si chiama Yémanja, e quelli della Santeria a Cuba, dove i discendenti di schiavi africani la battezzarono Yemoya. Mamiwata è quindi una sottile combinazione di credenze africane e immagini sia europee che indiane. L'aspetto "straniero" del mamiwata è sempre stato fortemente sottolineato nella sua rappresentazione pittorica, come simbolo degli sconvolgimenti culturali causati dalla tratta degli schiavi e dalla colonizzazione europea.
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