Indigenous Peoples

Gli “Alieni” dell’Africa

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05 Luglio 2018
Una donna Mangbetu con il suo bambino
Una donna Mangbetu con il suo bambino

I crani allungati dei Mangbetu paragonati a quelli degli alieni


I Mangbetu sono un popolo dell'Africa Centrale presente nel Nord-est della Repubblica Democratica del Congo. È una tribù Nilo-sudanese, originaria dell'antico regno nubiano (Egitto-Sudan).

I Mangbetu sono una tribù nota per la pratica della deformazione del cranio. Essi infatti avvolgono la testa del loro bambino con delle cordicelle, per un anno, prima della consolidazione delle ossa, procurando loro in questo modo un cranio molto allungato, un segno di bellezza e di intelligenza. L’origine di questa pratica risale all'antico Egitto, ma questa usanza cominciò a scomparire negli anni '50 con l'occidentalizzazione del paese da parte degli europei.

Oggi oltre il 90% dei Mangbetu sono cristiani e hanno abbandonato molte pratiche ancestrali, gli altri continuano a praticare la religione tradizionale.

I Mangbetu si distinguono inoltre fisicamente dalle popolazioni Bantu. Hanno una corporatura atletica, con dei lineamenti forti. Nonostante le compenetrazioni etniche, i Mangbetu sono in generale più slanciati con dei lineamenti più fini, che sono poi le caratteristiche del tipo fisico nilotico. I Mangbetu parlano il Meje, una lingua sudanese. È un popolo di agricoltori e artigiani. Sono noti per essere degli ottimi fabbri e scultori, lavorano anche la terracotta e il vimini. L'arte mangbetu è molto sviluppata, soprattutto le maschere e le figure in legno.

I Mangbetu sembrano essere un popolo ancora poco conosciuto agli occhi del mondo, ma che potrebbe essere stato la tribù di origine della regina Nefertiti poiché la morfologia del suo volto (ritratto in terracotta, su pittura, geroglifico) è stata spesso paragonata a quella delle donne Mangbetu, alcuni archeologi pensano addirittura che Nefertiti (che significa "la bella è arrivata") possa essere originaria di una tribù vicina a questo popolo.


Localizzazione

La scoperta tardiva di queste aree remote e la tradizione orale indigena, fanno sì che la storia dell'Africa Centrale rimanga incerta prima del 1900 e spesso sconosciuta prima del 1850. Durante il periodo del colonialismo (1885-1960), nonostante la quadrettatura del territorio da parte delle autorità belghe e la forte presenza delle congregazioni missionarie, il censimento delle popolazioni indigene rimase sempre incompleto a causa dei numerosi spostamenti delle tribù e degli inafferrabili Pigmei.

Nefertiti
Nefertiti

La posizione geografica dei gruppi etnici varia in base al periodo storico. Negli anni quaranta i Mangbetu erano localizzati a sud della città di Niangara (ex capoluogo del distretto di Haut-Uele, nella provincia Orientale, nell'estremo nord-est del Congo-Zaire).

Il loro territorio che era attraversato dal fiume Bomokandi copriva un'area di circa 200 x 100 km.


Frammenti di Storia

I Mangbele furono i primi MAKERE a raggiungere la provincia di Uele intorno al 1650, un territorio abitato dai Pigmei (Mbuti) con i quali si unirono. A partire della metà del diciottesimo secolo, il clan Mangbetu diventò il gruppo MAKERE predominante, l’aristocrazia delle popolazioni integrate, delle tribù pigmee locali e dei gruppi bantu che migravano verso il nord. Fondato nel 1815 da Nabiembali, il regno Mangbetu combatteva spesso contro i suoi vicini Azande (Zande), anch'essi di origine sudanese.

Il legame tra i due popoli sembra antico, infatti secondo la tradizione Zande, un membro del clan Avongara (Zande) avrebbe fondato la dinastia Mangbetu. I Mangbetu commerciavano con i sudanesi e gli arabi. Il re dei Mangbetu deteneva il monopolio del commercio del rame e dell'avorio. L'aristocrazia, composta da parenti, amministrava il paese diviso in zone e villaggi; la plebe era incaricata dei lavori di coltivazione, del dissodamento del terreno, della costruzione delle capanne, ecc.

Il primo europeo che aveva potuto incontrare formalmente i Mangbetu fu il tedesco Georg Schweinfurth (1836-1925). Esploratore e botanico, fu ricevuto alla corte del re Mbunza nel 1870. A quel tempo il regno conosceva il suo periodo d’oro. Mbunza rafforzò la sua supremazia nella regione, allontanando gli arabi di Mohammed Abu Qorn nel 1867. Questi ultimi riuscirono nel 1880 a frammentare il regno in una moltitudine di sultanati sottoposti alla loro autorità. Poi i belgi presero il controllo dell'Haut Uele subito dopo il loro arrivo. L'antico regno dei Mangbetu fu definitivamente conquistato nel 1895.


Vita equatoriale

Situato su un altopiano (con un’altitudine fra gli 800 e i 1000 m) il paese Mangbetu si trova ai margini della Savana e della grande foresta equatoriale. L'ambiente determina l'habitat: delle capanne rettangolari o circolari ai margini della foresta. I mangbetu non sono attaccati alla loro terra. A volte il villaggio è costituito da una sola famiglia; non è permanente e può essere abbandonato alla morte del capo per esempio, o quando le risorse che si trovano nelle vicinanze diminuiscono. Le circoscrizioni sono un'eccezione e la poligamia alimenta l'esistenza dei villaggi più importanti. L'aspettativa di vita era in media di cinquanta anni. I Mangbetu erano dei bravissimi fabbri, vasai, scultori e cestai.

Cranio fasciato del bambino
Cranio fasciato del bambino

Famosa per il suo realismo, l'arte Mangbetu è stata sviluppata dai capi dei clan. Le celebrazioni erano l'occasione per esibire oggetti di lusso. Le figure in legno rivelano probabilmente dei ritratti ereditari (figure antropomorfe riconoscibili dall'allungamento della testa). L'organizzazione sociale era simile a quella delle altre tribù della foresta: la caccia e la pesca erano riservate agli uomini, le donne erano incaricate delle coltivazioni. Tuttavia, a differenza di altri popoli del Sudan, solo gli uomini Mangbetu erano autorizzati a mungere il bestiame  costituito da capre.

La provvidenziale banana era consumata cruda, grigliata, bollita o fritta nell’olio di palma. Le sue fibre erano utilizzate per l'elaborazione di corde, le foglie entravano nella preparazione dei coloranti o erano trasformate in buste. La manioca, la vera "patata degli indigeni", è stata importata dall'America. Seguì il percorso opposto degli schiavisti e la sua coltivazione iniziò  nell’Haut-Uele solamente intorno al 1880. Nonostante l'abbondanza di cibo, i Mangbetu si rivelarono dei temibili antropofagi; il cannibalismo ha perpetuato le sue pratiche tardive fino agli anni venti.

Nobosudru, la donna Mangbetu
Nobosudru, la donna Mangbetu


Le teste allungate

La deformazione della testa è una pratica che si può trovare un pò ovunque nel mondo in tempi diversi. Presso il popolo dei Mangbetu, diverse ragioni spiegano l'allungamento volontario della scatola cranica. Una semplice espressione della bellezza per alcuni, ma la testa a forma di pan di zucchero permetteva comunque una facile identificazione del gruppo. Inoltre i Mangbetu consideravano gli uomini con la testa piatta come degli esseri inferiori, la fronte allungata veniva percepita come un segno di intelligenza e di saggezza.

Tecnicamente, l'operazione consisteva nel fasciare il cranio del bambino con una cordicella (realizzata in rafia o crine di giraffa), stretta costantemente per un anno prima del consolidamento delle ossa del cranio. La pelle tirata su verso l'alto conferisce agli occhi una forma a mandorla. Come prova del suo successo, questa usanza fu adottata da alcuni dei loro vicini. La sua pratica è durata fino agli anni cinquanta.



L'arte capillare

L'acconciatura aggiunge valore all'estetica della testa. I capi indossavano ornamenti decorati con piume rosse o multicolori. Il copricapo cerimoniale delle donne si presenta come una miscela di crini di giraffa e peli di elefante, posizionati su un telaio di legno rigido e mischiati con i capelli. Il numero di forcine, fatte in ossa di scimmia che fissava il tutto, indicava il rango sociale della donna. A partire dagli anni venti le donne si rifiutarono di indossare questo copricapo; la lunghezza della sua preparazione e la posizione scomoda durante il sonno, ne furono il motivo.

Nobosudru, la favorita del capo Touba è la donna Mangbetu più famosa tra i bianchi. Il suo copricapo indica il suo alto rango principesco. Il suo ritratto, mille volte riprodotto, fa parte delle foto scattate da Léon Poirier e Georges Specht durante la seconda spedizione Citroën in Africa (La Crociera Nera: 1924 -1925).

La donna Mangbetu diventò un motivo ricorrente della propaganda coloniale belga negli anni trenta. Ritroviamo questo profilo stilizzato in molti manifesti di quell’epoca e su altri supporti pubblicitari.

Questo sfruttamento iconografico non si limitò ai paesi francofoni e l'immagine dei Mangbetu si diffuse in tutto il mondo occidentale.


Le banconote

Le banconote

Selezionati fra i duecento gruppi etnici che compongono la popolazione del Congo-Zaire, i Mangbetu compaiono tre volte sulle banconote della “Banque du Congo Belge” (BCB 1909-1952) e su quelle della “Banque Centrale du Congo Belge et du Rwanda-Urundi” (BCCBRU 1952-1960).

Un record, sapendo che non ci sono più di una ventina di miniature che illustrano le banconote dell'ex colonia belga. Queste incisioni hanno un ulteriore interesse: riproducono la testa e l'acconciatura femminile in varie fasi (a capo scoperto, con un piccolo copricapo e un grande copricapo cerimoniale). Le banconote del Congo Belga sono rare: sono state emesse in piccole quantità rispetto alla popolazione totale (circa 15 milioni di abitanti intorno al 1950) e sono state vittime delle ripetute manipolazioni e delle condizioni meteorologiche avverse per la carta.

Le banconote con alto valore nominale (tagli da 500 e 1.000 franchi) sono state utilizzate esclusivamente dagli europei. In alcune regioni gli indigeni adottarono a partire dagli anni trenta delle banconote di piccolo taglio (5 e 10 franchi). Le emissioni più recenti (dal 1950 al 1960) furono indirizzate agli europei e a una minoranza di nativi. È molto probabile che pochissimi Mangbetu abbiamo visto le banconote che li rappresentavano. Le cifre riguardanti il numero di banconote dell'ex colonia belga continuano ad essere poco precise. Che si tratti degli enti emittenti o delle tipografie, molti documenti relativi a tali emissioni sono scomparsi o sono risultati inaccessibili. In alcuni casi, il numero di banconote emesse è solo una stima basata sulle banconote recuperate nel corso degli anni.


Paterne Akonkwa Bushunju, Repubblica Democratica del Congo, è corrispondente dall'Africa


 

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